Capitolo 5
TOBIAS
I giorni si susseguono lenti, l’uno uguale all’altro. E infine arriva il dannato weekend. Mi alzo di buonora, mi butto sotto la doccia e mi vesto. Quando suona il campanello mi sto facendo la barba; mi passo l’asciugamano sul mento e attorno agli zigomi, poi lo getto nel cesto dei panni sporchi dirigendomi spedito verso il citofono.
Stavolta la piccola Amy è in orario.
Bene. Ha imparato la lezione.
Le do le istruzioni per salire: ascensore di destra, ultimo piano. Scelgo sempre il meglio, per questo vivo in un attico con una vista mozzafiato su New York. Lei impiega un attimo a salire, il tempo di aprire la porta e me la ritrovo davanti, con indosso il solito paio di jeans e una maglietta. Ai piedi calza un paio di ballerine.
Persino il suo abbigliamento è virginale, da brava ragazza. Mi chiedo se non possegga una minigonna.
«Ciao», mi saluta spostando il peso da un piede all’altro. È nervosa. Lo intuisco anche da come si tormenta il labbro. Forse dovrei dirle che ogni volta che lo fa, a me vengono in mente le sue labbra che si muovono intorno al mio cazzo. Sicuramente smetterebbe. Ed è il motivo per cui mi guardo bene dal dirglielo.
Mi sfugge un sorriso. «Ciao, entra pure. Accomodati». Le faccio strada all’interno dell’appartamento. Le mostro il soggiorno, la cucina e il bagno dotato di doccia e vasca idromassaggio. Per ultima lascio la camera da letto. Lei osserva tutto in silenzio, continuando a mordersi il labbro. Se continua così, giuro che la faccio inginocchiare e le do una dimostrazione pratica di quello a cui sto pensando.
«Ti va un drink?», chiedo per stemperare la tensione. Lei annuisce, visibilmente sollevata. Cosa pensava? Che l’avrei sbattuta sul letto, così, senza un minimo di seduzione? Ok, di solito sono molto diretto. E senza dubbio uno stronzo. Ma non c’è alcun divertimento nel fottere una ragazza terrorizzata, per di più alla sua prima esperienza sessuale. Persino uno stronzo come me capirebbe che occorre andare per gradi.
Torno in cucina, apro il frigo e tiro fuori una bottiglia di champagne ghiacciato. Riempio due flûte, poi raggiungo Amy. La trovo che curiosa nel mio salotto, lo sguardo rivolto alla mia immensa libreria.
«Ti piace leggere?», chiede inarcando un sopracciglio.
«Ti sorprende?».
Lei scrolla le spalle. «Un po’».
«Ho fatto studi classici, prima di specializzarmi in fotografia. Amo le arti in genere, dalla letteratura, alla pittura, alla musica…». Le porgo il bicchiere e lei lo afferra con le sue dita sottili. Per un istante le nostre mani si sfiorano; la vedo rabbrividire. «E tu?»
«Io cosa?». Si tocca i capelli, sistemando una ciocca dietro l’orecchio. Poi prende un sorso di champagne, come per darsi coraggio.
«Cosa ti piace?»
Non risponde subito, sembra riflettere sulla mia domanda mentre si morde nuovamente il labbro. Sorseggia ancora un po’ di champagne. «Più o meno le stesse cose», ammette alla fine, come se il fatto di avere qualcosa in comune con me le risultasse odioso o perlomeno insolito. Mi avvicino lentamente a lei e le sfilo il bicchiere di mano, per posarlo insieme al mio su un tavolino lì accanto. «E poi? Che altro?».
Arrossisce e mi fissa insistentemente le labbra. Siamo così vicini che i nostri respiri si mischiano, sento il suo profumo avvolgente nelle narici: un sentore di vaniglia misto a qualcosa che non riesco a cogliere, rose selvatiche forse. Decido di passare all’azione e le passo una mano dietro la schiena, posandola sulla sua vita sottile; l’attiro a me e mi impossesso delle sue labbra. Sono morbide e calde sotto le mie. Vorrei divorargliele, ma mi impongo di andarci piano. Le sfioro lentamente con la lingua, poi le mordicchio. Di solito non sono un tipo da baci, ma non mi è venuto in mente altro per aiutarla a rilassarsi. Comunque credo di essere sulla strada giusta: lei si illanguidisce, il respiro diventa più veloce mentre mi passa una mano dietro la nuca come per trattenermi, mugolando piano contro la mia bocca. Dischiude le labbra e io ne approfitto per infilarle la lingua in bocca e intensificare il bacio. Sa di cannella e champagne, un’accoppiata che non avrei mai detto fosse così afrodisiaca. Più l’assaggio, e più ne voglio ancora. Credo che lei stia provando la stessa, identica sensazione: le nostre bocche si aprono, le lingue giocano, si accarezzano, si leccano.
A un tratto la sollevo e la porto verso il divano, dove la lascio cadere lentamente senza smettere di baciarla. Le sollevo la maglietta, lei alza le braccia per permettermi di sfilargliela dalla testa. Sotto indossa un reggiseno bianco, di cotone. Persino la biancheria intima sembra quella di una bambina. Mi stacco da lei giusto il tempo per guardarla e scuoto leggermente la testa, sulle labbra un sorrisino divertito.
«Che c’è? Ho fatto qualcosa di sbagliato?». Lei si irrigidisce all’istante, ma stavolta non le permetto di ritrarsi e fuggire via com’è accaduto l’altra sera in quel locale. Le copro di nuovo la bocca con la mia e le succhio piano la lingua.
Lei sembra gradire.
Il suo mugolio di piacere mi manda una scossa direttamente all’uccello che si tende e scalpita nei pantaloni.
Continuiamo a baciarci così per un po’ mentre le mie mani vagano sul suo corpo; le accarezzo piano un seno attraverso la stoffa sottile del reggiseno, poi sgancio il ferretto e lo faccio volare via per prendere quelle setose rotondità nelle mani. Le soppeso. È vero, questa ragazza non ha il fisico di quelle modelle anoressiche, piatte come tavole. I suoi seni sono tondi, sodi. Né troppo grandi né troppo piccoli.
Li adoro.
Lei ansima contro la mia bocca. Non deve essere mai stata toccata così, reagisce come se tutto per lei fosse nuovo ed eccitante. Il che me lo fa venire ancora più duro.
Mi scosto dalla sua bocca per prendere fiato e le fisso le labbra, adesso gonfie dei miei baci. Vorrei fotografarla così, verrebbe uno scatto splendido.
«Per quale motivo tu e il tuo ragazzo non avete mai fatto sesso?», chiedo invece. Sono curioso.
Lei si passa le mani tra i capelli, distoglie lo sguardo. «Non ci sentivamo pronti, nessuno di noi due voleva bruciare le tappe, correre troppo».
Non riesco a trattenere una risatina. «Andiamo, nessun ragazzo al mondo rinuncerebbe a fare sesso con una bella ragazza come te. Da adolescenti noi uomini siamo infoiati, passiamo le giornate a farci di seghe».
Lei sussulta. Forse sono stato un po’ brutale, ma è esattamente quello che penso.
«Quanti anni hai?», domando subito dopo.
«Diciotto».
«E il tuo ragazzo ha la tua stessa età?».
Annuisce, guardandomi coi suoi occhioni smarriti. Mi fa quasi tenerezza.
«Be’, scusa se te lo dico, ma o ha un’altra o è gay. Non esistono altre opzioni».
«Cosa?». Sgrana gli occhi e scuote la testa, scioccata. «Non è vero! Abbiamo solo deciso di aspettare, tutto qui. Progettavamo di andare al college e trasferirci in un piccolo appartamento, le cose sarebbero successe per gradi. Senza fretta».
Sembra convinta di quello che dice.
Povera ingenua.
«E come mai tu sei finita qui e lui è rimasto in Minnesota?», la incalzo. Voglio metterla in difficoltà, vedere come reagisce alle provocazioni. In risposta lei si mordicchia un’unghia, agitandosi sul divano.
«Mi sono resa conto che io e lui non sognavamo le stesse cose», ammette dopo un po’. «Io voglio fare la modella, il Minnesota cominciava a starmi stretto».
Annuisco. «Non sei obbligata a farlo».
«Fare cosa?»
«Venire a letto con me».
Si tormenta le labbra, gli occhi le si riempiono di lacrime. «Non ti piaccio abbastanza?»
Cristo! È questo che pensa?
Scuoto la testa. «Certo che mi piaci, ma se non ti senti pronta non sei obbligata».
«Voglio farlo».
«Perché? Per uno stupido servizio fotografico? Sei una bella ragazza, fotogenica… troverai un altro ingaggio. Posso raccomandarti a qualche altro fotografo. Ne conosco uno che sta facendo una pubblicità di abiti da sposa per Elle. Saresti perfetta. Virginale al punto giusto…».
Lei si irrigidisce, una lacrima le riga il volto pallido. «Non voglio lavorare per un altro fotografo, voglio lavorare per te». Si asciuga gli occhi con il dorso della mano, un’espressione risoluta e combattiva. «E sono pronta a perdere la verginità. Con te». La voce le si affievolisce, diventa un rauco sussurro.
«Sicura? Non potrai tornare indietro».
«Sicurissima». Allunga una mano per stringermi il polso. «Ti prego».
Non so resistere alle preghiere di una donna o forse è a lei che non riesco a dire di no. Cazzo, mi sto comportando da coglione. Mi perdo in inutili discorsi, quando potrei già essere dentro di lei. Prendermi la mia parte di piacere. Da quando sono diventato così sentimentale?
«Probabilmente non mi sentivo pronta a farlo col mio ragazzo», insiste lei, scambiando le mie riflessioni per esitazione. «Forse hai ragione, c’era qualcosa di sbagliato nel nostro rapporto e mi sono rifiutata di vederlo. Con te è diverso. Lo voglio davvero».
Un campanello d’allarme mi risuona nella testa. «Ehi, ragazzina, sia chiaro che…».
«Lo so, è solo sesso. Nessun coinvolgimento sentimentale. Credo che sia proprio ciò di cui ho bisogno per lasciarmi andare. Non voglio più essere considerata una ragazzina, è così frustrante. Cazzo, ho diciotto anni. Sono una donna».
«Ok». Se è ciò che vuole, non sarò certo io a tirarmi indietro. La sollevo e mi dirigo verso la camera da letto; la metto a sedere sul bordo del materasso e le sfilo le ballerine dai piedi. Poi le sbottono i jeans, tiro giù la lampo e riprendo a baciarla, senza fretta. Voglio che torni a rilassarsi. Lei sta al gioco, mi succhia la lingua e seppellisce la mano nei miei capelli. Li accarezza in un modo che mi fa rizzare i peli delle braccia. Al termine del bacio le sfilo lentamente i jeans e gli slip, anch’essi bianchi e di cotone come il reggiseno. Seppellisco la faccia tra le sue cosce, cogliendola di sorpresa.
Adesso basta scherzare, passiamo alle cose serie.
La apro con le dita e la lecco, stuzzicandole il clitoride con la punta della lingua. Lei sussulta e geme.
Sorrido tra me. Questa cosa di essere il primo a toccarla in questo modo mi piace. Continuo a leccarla, esercitando una pressione via via più decisa, fino a sentirla mugolare di piacere. Viene contro la mia bocca, sulle labbra un gridolino estasiato.
Aspetto che si riprenda, intanto la osservo. Ha le palpebre abbassate, il respiro veloce, le labbra leggermente dischiuse.
È dannatamente bella.
Dopo un po’ si solleva sui gomiti, mi fissa. «Tu non ti spogli?». Un sopracciglio schizza verso l’alto e io rido. Poi mi sfilo la maglietta dalla testa e aggredisco i jeans. In un attimo i miei vestiti giacciono sul pavimento, esibisco la mia nudità con fierezza. Amy abbassa lo sguardo sulla mia erezione e arrossisce; non le concedo il tempo necessario a ripensarci, stavolta. Apro un cassetto del comodino, prendo un profilattico e strappo la confezione coi denti. Lo infilo senza staccare gli occhi dai suoi, infine la copro col mio corpo e la penetro.
«Farà un po’ male», l’avviso.
«Non importa». Stringe i denti, ma non protesta. Lascia che le scivoli dentro, fino in fondo. Dio, com’è stretta. E calda. E scivolosa. La sua fica sembra adattarsi alla perfezione al mio cazzo. Comincio a muovermi e lei mi avvolge le braccia dietro la schiena. Si inarca.
Cristo.
Affondo ripetutamente in lei e gemo, le labbra premute contro il suo collo. Lei ansima. Gode. Lo intuisco da come sbatte velocemente le palpebre e da come si morde le labbra. E con lei godo anch’io. Infinitamente. Velocizzo gli affondi, le braccia ai lati della sua testa, i muscoli dei bicipiti che si gonfiano, si tendono. Ho l’impressione che il cuore mi stia esplodendo nel petto, un’emozione strana, insolita per me. All’improvviso sento la sua fica che si contrae intorno al mio uccello. Amy viene con un grido, le sue unghie si conficcano nella mia schiena aumentando il mio godimento. La seguo a ruota e raggiungo l’orgasmo; chiudo gli occhi e tremo, poi mi accascio su di lei ansimando.
Ho bisogno di ossigeno.
Sento le sue dita fra i capelli, mi accarezzano dolcemente. Forse dovrei dire qualcosa, ma non so cosa. Mi sento spossato, ma incredibilmente appagato. Pensavo che scoparmi una vergine sarebbe stata una delusione, invece devo ricredermi.
Cazzo, ricomincerei tutto da capo.