LIBRO 2 Edward Capitolo 6
EDWARD
Sono Edward, Edward Stephan Nasseaux, il primo di tre gemelli. Mio padre era granduca del Lussemburgo e, non l'ho mai conosciuto. Mio padre è infatti morto dodici ore prima che io nascessi. Ironia della sorte ha vissuto per essere padre e non è mai riuscito a vivere con e per i suoi figli.
Mia madre ha fatto di tutto perché noi nascessimo in tempo per poterlo conoscere. Ma siamo stati lenti, o forse papà è stato troppo veloce. Insieme a me sono nate anche le mie due sorelle gemelle, Emmanuelle ed Elisabeth, entrambe nate a distanza di mezz'ora da me. Ciò ha fatto sì che io e le mie sorelle, come dice Emmanuelle, nascessimo con due segni zodiacali diversi. Sarei dovuto essere dei gemelli, come le mie sorelle del cancro. Ma credevo poco all'astrologia per cui le lasciavo chiacchierare e mi facevo scorrere tutto.
Con gli anni lasciarmi scorrere tutto era diventata la mia abilità. Questo perché nonostante tutto ero cresciuto senza un padre e non ero neanche riconosciuto come erede al gran ducato di Lussemburgo. I miei genitori infatti non si erano mai sposati, per cui tutti i diritti che avrei dovuto avere non esistevano.
Sinceramente era un sollievo, per me e per le mie sorelle. Senza un titolo saremmo potuti essere liberi di vivere una vita normale, senza restrizioni ed etichette. Anche se i nostri zii e cugini ce le insegnarono tutte.
Mia madre non era sempre in Lussemburgo, avrebbe dovuto trascorrere sei mesi l'anno in Inghilterra, sua patria madre. Ma tornava a casa solo per Natale e per l'estate, portando anche noi in Scozia, lì dove vivevano i suoi genitori. Nonno Edward e nonna Martha.
L'educazione era la stessa che davano a mio cugino Luc. Anzi, quando era stato per me il momento di entrare a scuola, nello stesso collegio dei miei fratelli maggiori, Luc e Gil erano stati iscritti con me al Santa Maria intanto che le ragazze entravano al Kleine Frau.
Eravamo cresciuti in quel collegio, ero circondato dai miei fratelli, tutti. All'epoca non lo sapevo e non capii, che eravamo veramente tutti lì.
Quando la zia Helene veniva a prendere Gil a scuola, tirava su anche Giaele, Heinrich e Thea. Quando veniva a trovarci in Lussemburgo loro c'erano sempre.
Heinrich era inquietante. Mi fissava sempre, che fosse a palazzo o al collegio. Se cadevo durante le ore libere in giardino era lì che mi aiutava ad alzarmi. Se qualcuno mi prendeva in giro interveniva sempre. Se in mensa vedeva che non mangiavo, veniva ad imbroccarmi chiedendomi cosa non andava nel piatto. Era... asfissiante e possessivo e non ne capivo il motivo.
Poi crescendo capii. Avevo nove anni Heinrich aveva finito il Maria da un po' e di nuovo lo rividi al palazzo del gran ducato.
Evitai di farmi vedere da lui e da Thea e sospettoso li seguii. Passarono a salutare i nonni, parlarono con loro per un po', dopodiché fecero altrettanto con lo zio Jean Marie e la zia Mirelle che erano rientrati da poco. Lo zio accolse i due con tanto calore che mi parve strano vederlo comportarsi come una persona normale e senza etichette.
Lo zio non era mai stato così con me o con nessun altro. Anzi, tutte le volte che incrociava il mio sguardo si intristiva, forse perché, come dicevano tutti, io ero identico al papà.
Lo zio Pierre, raccontava che lui e papà erano stati molto uniti.
Seguii lo zio Jean Marie ed Heinrich Thea e la zia Mirelle chiacchieravano e li precedevano.
Uscimmo dal palazzo e continuai a seguirli fino a quando non arrivammo alla cripta di famiglia.
Non ci andavo molto, solo quando la mamma ci portava all'anniversario della morte di papà o al suo compleanno.
Il piccolo gruppo si riservò proprio dove si trovava la foto del papà. In silenzio i quattro restarono fermi fino a quando non sentii Thea parlare, forse per la prima volta.
"Ciao papà. Come stai?" Chiese stupendomi: papà? "Sono entrata alla Royal academy e spero di diventare una prima ballerina proprio come la mamma. Sono stata anche in Italia e... sapevi che era chiamata l'angelo della danza?" Concluse singhiozzando. "Mancate... spero di rendervi fieri tutti e due."
"Papà non preoccuparti per Thea." Intervenne Heinrich. "Né per i gemelli, penso io a loro. Anche Tom e Joel cercano di essere presenti, non sono soli." Volevo piangere! Erano i miei fratelli! Perché nessuno mi aveva detto nulla? E chi era la loro mamma? "Sono entrato all'università di Zurigo, mi piace studiare medicina, vedrai papà diventerò un bravo dottore, così potrò salvare tante vite." Concluse.
Non potevo più sentire! Avevo voglia di piangere e urlare. Così corsi fuori dalla cappella, mi immersi nel giardino del palazzo e tirai tutto fuori. Fratelli? Erano i miei fratelli.
In ginocchio nel prato piansi tanto. Mi calmai solo quando sentii una mano leggera sulla mia spalla.
"Edward... cosa ci fai qui da solo?" Sentii chiedermi dalla zia a Mirelle.
"Sei caduto? Stai bene tesoro?" Chiese Thea che era seduta accanto a me. La mano gentile era la sua, poggiata dolcemente adesso sulla mia schiena mi fissava con quei bellissimi occhi color nocciola.
Ero caduto? Si andava bene come scusa.
"Lasciatelo stare." Intervenne Heinrich inginocchiandosi anche lui di fronte a me. "Ogni tanto noi maschi abbiamo bisogno di stare un po' da soli. Vero?"
Lo fissai. Indossava una camicia nera sopra la giacca dello stesso colore, una cravatta azzurra, spezzava quella monotonia. Gli occhi verde nocciola come quelli di Thea erano seri ma comprensivi, non sorrideva ma sentivo che cercava di incutermi serenità.
"Sei vestito elegante." Dissi fissando anche Thea. Lei indossava un vestito verde muschio che le aderiva al corpo senza essere volgare, i lunghi capelli scuri erano legati con una coda bassa. Era bellissima.
"Questi sono i vestiti della scuola dei grandi." Disse Rich.
"Sta andando all'università lui." Mi disse Thea tirandosi su e scompigliandomi i capelli.
"Tu no?" Chiesi curioso.
"Lei va in una scuola delle arti a Londra." Rispose Rich. “È diventata una ballerina.”
“Ma frequento anche una scuola per preparatori atletici. Ho ereditato una scuola di ballo.” Mi informò.
Annuii. Quei due non erano estranei, erano i miei fratelli.
“Tornerete?”
“Qualche volta si. Ad agosto sicurante.” Rispose Thea.
“Mi faccio trovare e anche le gemelle.” Dissi stringendo Thea per le gambe. “Ma passate a trovarci.”
“Sei con la tua mamma in quel periodo. Me lo dice sempre Tom.” Rispose Rich.
“Ma io voglio esserci.” Dissi.
“Abbiamo tutto il tempo Edward.” Rispose Heinrich. “Cercherò di esserci quando ci sei anche tu. Va bene?” Chiese.
Andava bene? Si, decisamente andava meglio che non vederli. Anche perché non volevo perdere nessuno di loro, nonostante fossero grandi rispetto a me.