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LIBRO 1 Dallas - Capitolo 4

DALLAS

I sei mesi in Somalia non erano stati come me li aspettavo. Forse perché ormai si parlava poco delle rivolte che si susseguivano nel paese. Eravamo lì in missione di pace, ma le controversie tra le vari parti si ripercuotevono anche su di noi, che eravamo lì per difendere i più poveri. perché qualcuno bussò alla mia porta.

Il governo non sosteneva il suo popolo, povero e condannato. Pensava a difendersi dagli attacchi di Al- Shabaab o dallo Stato islamico. Noi stessi eravamo a un certo punto costretti a rispondere al fuoco per evitare di venire colpiti.

In quel periodo avevo imparato il primo soccorso, non era mettere un cerotto e dare un bacio per far passare la bua, come mi era capitato con Adam. Ma qualcosa di più importante come marginare una ferita, impedire un'emorragia, fare una saturazione o correggere una slogatura. Quando non ero di turno con il plotone del mio sergente ero invece a studiare con altri due colleghi.

Avrei voluto laurearmi in diritto umanitario, per farlo però era necessario che prima prendessi la biennale in diritto. Poi mi sarei dovuto specializzare in diritto umanitario che comprendeva il diritto internazionale. Ero stanco ancora prima di iniziare, le cose da studiare erano molte e quando sarei rientrato a casa avrei dovuto fare gli esami.

In pratica mi ero completamente sconnesso con la società, sentii i miei genitori e la mia famiglia solo a Natale, poi a gennaio e febbraio per pochi minuti. Non avevo mai avuto messaggi o lettere di Alaska a cui avevo scritto. Solo Ed mi aveva risposto ad una lettera per Natale e poi mi aveva scritto in una mail che ci saremmo parlati da vicino.

In pratica le persone a cui tenevo di più si erano completamente disconnesse.

L'ultimo periodo fu più sfiancante del solito, forse perché sentivamo che stava per finire e che saremmo rientrati a casa. Infatti il quindici marzo lasciammo la Somalia con un convlgio che ci avrebbe portato in Italia e da lì saremmo ripartiti per gli Stati Uniti.

Mi rilassai solo quando il nostro volo sul cargo partì verso la base NATO in Italia. Mi rilassai tanto da avvertire il profumo del mare e il vento nei capelli, solo amando capii che non ero io a provar quelle sensazioni aprii gli occhi. Mi toccai la testa accuratamente rasata a zero come richiesto in esercito e sorrisi. Sarebbe stato difficile godermi la brezza tra i cspelli.

Era Alaska! Lei stava provando quelle emozioni. Eravamo di nuovo connessi e la cosa mi fece piacere.

Con questa bella sensazione, dopo quattro ore di volo concentrato nello studio, mi addormentai.

Fu un sonno sereno, per la prima volta dopo mesi non mi svegliai nel cuore di una veglia, anzi dormii come un bambino. Ad un certo punto sognai anche., mia mamma e mio padre, Adam e Simon i miei nipotini, i miei fratelli tutti e infine un uomo dalla pelle color bronzo e con i particolari occhi nocciola.

"Yannis!" Sentii sussurrare.

Mi svegliai di colpo guardandomi in giro. C'era uno che si chiamava Yannis tra di noi? Mi guardai intorno, non avevo conosciuto tutti per via dei turni. Ma non sembrava esserci questo Yannis tra di noi! Scossi mi riaddormentai, fortunatamente senza fare sogni strani. Il mio compagno Dave mi diede uno scossone svegliandomi quando stavamo per atterrare. Avrei dovuto chiedere al maggiore se era possibile prendere una licenza, sarei potuto passare a Genova, oppure a Zurigo per trovare Brooklyn. Si! Decisamente se il maggiore mi dava il permesso potevo passare a trovare i miei fratelli. Andare in Grecia da Alaska e London. Così una volta atterrati e ritirato le nostre cose avevo chiesto un colloquio al maggiore. "Sei di stanza fino al trentuno. Dopo potrai andare dove vuoi. Ricordati di rientrare per gli esami però. " mi ricordò.

Giusto gli esami. Anche se prima era importante per me andare dai miei fratelli. Attesi trepidante che iniziasse la mia licenza. Comprai anche un biglietto diretto verso Skyanthos, fortunatamente non mi mancavano i fondi personali. Così il trentuno marzo, poco prima di mezzogiorno arrivai alla Olympic marine.

All'ingresso mostrai il tesserino dicendo di essere il figlio di Simon Thompson e che ero andato a trovare London. Fortunatamente dopo aver controllato il documento mi fecero passare. Al confdsidi la segretaria di Lon fu più categorica, forse spaventata dal mio aspetto. Mi dissi di aspettare ma io la seguii come un mastino.

"Signor Thompson c'è una visita per lei." Disse sulla soglia della porta.

informò la segretaria.

"Ma non ho appuntamenti per almeno una settimana, giusto Clio?" Sentiirispondere. Era proprio la voce di London. .

"No signore, in realtà non so neanche come sia entrato." Rispose la donna.

Indispettito intervenni. "Guarda che se gli dici chi sono mi lascia passare."

"Dallas?!" Esclamò mio fratello oltre l'uscio.

"Dio ti ringrazio, la tua segretaria ancora non vuole farmi passare." Affermai oltre la porta. Ma si poteva parlare così.

"Ha veramente un militare per fratello signor Thompson?" Chiese Clio. La mia supposizione ebbe conferma. Temeva il mio aspetto.

"Certo che si." Dissi London apparendomi di fronte.

Era lui, alto, elegante e bello come sempre con i suoi occhi azzurr, i capelli biondi e il volto abbronzato.. "Dallas." Disse felice abbracciandomi. "Come mai sei qui?"

Feci spallucce indicando l'ufficio e lui mi fece entrare chiedendo di non essere disturbati. Io en approfittai e feci una smorfia alla megera.

"La missione è finita. Invece che scendere a Norfolk ho chiesto di concludere qui la missione. Sia tu che Brooke mi avete detto di non stare a casa e ho pensato. Adesso mi fermo anche io in Europa, voglio passare a trovare il mio amico Ed anche." Raccontai.

"Quindi sei fermo." Mi disse sedendosi accanto a me..

"Si! Ho due mesi di licenza, quindi starò un po' con te, poi andrò a Zurigo da Brooke, in Inghilterra. Infine torno da mamma e poi di nuovo alla base al lavoro a preparare la prossima missione." Conclusi.

"Bel programma. Perché non sei andato prima da Brookly? È tanto tempo che non la vediamo."

Già! Perché non lei? Guardai oltre la finestra e sospirai. "Volevo respirare l'aria del paese che si è scelta." Risposi sincero.

Mi guardò stranito alche scoppiai a ridere.. "Non sono uno stupido Lon. Tutte le volte che ho chiamato Alaska non c'era mai, lei non mi ha mai cercato a telefono e non è normale. Non per il rapporto che abbiamo sempre avuto." Affermai.

"Perché credi che sia qui? Non me la sono portata dietro."

"Andiamo Lon! Sono venuto da te perché sei concreto e realistico, non mentiresti mai al fine di illudere le persone." Risposi tranquillo. "Davvero non vuoi dirmi cosa succede? Perché Alaska non mi cerca?"

Mi fissò attentamente poi annuì. "Ok! Ti racconto tutto. Ti ricordi che Alaska partì con il panfilo di Philip Hoffman anziché fare il tour in Italia?" Chiese.

Assentii e nel farlo mi raccontò ciò che era accaduto dopo la mia partenza. Del lungo viaggio in barca e della grande stronzata che aveva fatto Philip, condannando nostra sorella Alaska.

Fortunatamente lei stava bene.

"Io e Diamond siamo qui e stiamo ancora cercandola." Concluse London.

"Quel porco di Philip. Gli avevo detto di stare lontano da Alaska, invece no!" Ringhiai. "Però ha ragione Diamond. Alaska è viva, sta bene." Affermai tornando accanto a lui sorridente. "È relativamente felice, nel posto dove vuole essere, per questo sono qui." Dissi indicando la finestra. "Ultimamente riesco a percepire quanto sia felice, è stata una sensazione di circa una settimana fa, lei si sente libera. Le piace sentire il vento tra i capelli e l'odore di salsedine. Sicuramente è nella penisola greca."

London mi guardò sorpreso. . "T-tu... puoi portarci da lei?"

Sospirai. Per chi mi aveva preso, per un santone? "No. Lei adesso vuole stare da sola, la sento vicina, molto. Ma la tradirei se seguissi il mio istinto e la trovassi. Ti prego London, smetti anche tu di cercarla.".

"Vorrei almeno vederla. Dals..."

"È presto. London nostra sorella sta fiorendo, se andiamo a prenderla adesso sarebbe come farla appassire prima del tempo." Cercai di spiegare .

"Diamond non si arrenderà." Mi disse.

"Le parlo io. Portami da lei, sono sicuro che mi ascolterà." Dissi.

"Al momento è nel Kleinsten, suo fratello ha avuto un bambino." Rispose.

"Andiamo in questo Kleinsten. Hai capito vero che ho poco tempo?" Dissi spiccio.

Sospirò. "Si l'ho capito. Ma non puoi dirmi in quale parte della Grecia si trova?"

Scossi la testa andando a prendere la sacca. "No! Adesso alza il culo e andiamo. Voglio vedere Diamond e rassicurarla." Dissi aprendo la porta.

Dietro di essa a pugno alzato c'era un uomo del volto conosciuto. Era Yannis, mi fissò spaventato. Cosa ci faceva qui il tizio del mio sogno?

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