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Capitolo 6

-Eun-ho-

Si calò maggiormente il cappello sugli occhi per non rischiare di essere riconosciuto.

Se qualcuno gli avesse detto il giorno prima che si sarebbe trovato nell’attuale situazione avrebbe riso davvero di gusto pensando di essere nel mirino di uno scherzo.

Muovendosi in maniera agitata si appoggiò con la spalla al lampione accanto a lui, fingendo di lanciare sguardi al telefono mentre in realtà teneva d'occhio i tavolini del bar davanti al quale era appostato.

L'agente Song che lo aveva accompagnato lì, gli aveva assicurato che quello era un luogo sicuro, in cui nessuno lo avrebbe riconosciuto, ma non riusciva a fidarsi. Non poteva farsi vedere da qualche reporter o fan, fuori dalla caserma, con il rischio che lo fotografassero e rendessero pubbliche le foto, doveva evitare di farsi riconoscere.

Quando una figura a lui ben nota, entrò nel suo campo visivo, il suo cuore accelerò i battiti emozionandolo. Yoona entrò con il solito passo sicuro e lungo nel bar che teneva sott’occhio, e lui riuscì a intravederne fugacemente il profilo, quando lei si fece di lato davanti all'entrata per far uscire una donna che stava lasciando il locale. Aveva sperato di trovarla diversa. Aveva sperato di accorgersi che in realtà non gli piacesse così tanto una volta che l'avesse rivista, ma in realtà persino quel fugace sguardo al profilo di lei aveva fatto sanguinare il suo cuore.

Yoona uscì di lì a poco dal bar per sedersi ad un tavolo esterno con la sua ordinazione servita su un piccolo vassoio.

Song doveva aver dato alla sua manager precise indicazioni su dove doveva sedersi. Era stato l’agente a organizzare quell'incontro; Yoona non sapeva di doversi incontrare con lui quel giorno, era solo al corrente di doversi vedere con qualcuno che voleva aiutare, in maniera anonima, Park Hana e la figlia.

In realtà la verità era proprio quella.

Non voleva che Min-jae sapesse che lo stava aiutando, perché nel caso in cui il suo compagno fosse venuto a sapere di cosa voleva fare per lui, si sarebbe sentito in debito e non voleva che quello accadesse.

Lanciando una nuova occhiata attorno a sé per essere sicuro che non ci fosse nessuno che potesse riconoscerlo nei dintorni, prese poi un grosso respiro e si incamminò verso Yoona. Lei ora stava scorrendo pagine sul suo tablet, sfogliandole virtualmente. Quando la vide da una distanza più ravvicinata, la trovò leggermente sciupata, Yoona era visibilmente stanca; il suo bel viso era segnato dalla preoccupazione e dal poco sonno probabilmente. Tutto ciò in ogni modo non la rendeva meno bella ai suoi occhi.

Quanto gli era mancata dannazione!

Quando sedette sulla sedia davanti a lei, Yoona sollevò lo sguardo velocemente.

Ci mise la frazione di un istante a riconoscerlo, nonostante indossasse mascherina, cappello e occhiali da sole a specchio. L'iniziale stupore di lei si trasformò velocemente in una gioia evidente, che gli fece male più di una pugnalata.

Le labbra di Yoona, nel riconoscerlo, si sollevarono appena in un meraviglioso sorriso, che le illuminò lo sguardo. «Eun-ho» disse poi piano, quasi commossa e lui annuì solo. Rimase dopo di che a lungo immobile a fissarlo, cercando probabilmente di catturare nel poco che vedeva del suo viso, i segnali che le avrebbero permesso di capire come stava. Lo faceva sempre, era un'ottima osservatrice, per questo lui si era sempre dovuto sforzare in maniera erculea per nasconderle i suoi veri sentimenti.

«Non pensavo fossi in libera uscita» disse dopo un po' Yoona, non riuscendo a mascherare una certa insoddisfazione.

Lui sapeva che lei odiava quando qualcuno dei suoi ‘ragazzi’, come chiamava lei i membri dei Timelers, si nascondeva dietro gli occhiali a specchio, ma anche se lo sapeva, quel giorno non aveva davvero potuto evitare di indossarli. Non era stato affatto sicuro di poter fingere di essere indifferente davanti a lei, dopo tanto tempo che non la vedeva. Se Yoona lo avesse guardato negli occhi in quel momento, si sarebbe accorta in un’istante dei sentimenti che provava. Doveva, prima di togliersi gli occhiali, prendersi qualche minuto di tempo per riabituarsi ad averla davanti, poi sarebbe riuscito a tornare a fingersi distaccato, quel tanto che sarebbe bastato, a non tradire la sua emozione.

«Non lo sono. L'agente Song che ti ha contattata è riuscito a farmi uscire per qualche ora» rispose lui mentre il ghiaccio nel caffè americano di Yoona si muoveva sciogliendosi al calore del sole. Un dettaglio che notò perché cercava di non guardarla in viso.

«So che sei qui per Min-jae, ma dimmi come stai prima, ti prego» rispose Yoona sporgendosi nella sua direzione, come a volerlo vedere più da vicino.

Prendendo un respiro più profondo degli altri lui poggiò una mano sul ripiano del tavolino, prendendo a giocherellare con il portafiori che fungeva da centrotavola. «Sto bene. È dura, ma sto bene» le rispose con noncuranza, poi le lanciò uno sguardo. «Tu come stai? Mi sembri stanca. Lavori troppo? Come sempre.» Torcendo poi le labbra in una smorfia si maledisse mentalmente. Si era ripromesso di non interessarsi a lei!

Yoona sorrise mesta in risposta. «Come vuoi che possa avere un'aria riposata dopo la bomba che è scoppiata ieri notte?»

Lui fece una seconda smorfia. «Scusa» le disse sincero e lei scosse il capo in risposta.

«Non devi scusarti. Ammetto di aver pensato un paio di volte che avrei voluto non saperlo, ma entrambi sappiamo che non è così. Non è vero?» ribatté poi Yoona con fare complice, cercando ancora una volta il suo sguardo, che non poteva vedere.

Annuendo non rispose alla domanda, ma chiese: «Cosa farai con l'agenzia?»

La sua manager sospirò tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia. «Sinceramente? Non lo so Eun-ho. So solo che non possono rimanerne all'oscuro per sempre, o passeremo tutti dei guai, ma per il momento mi premono maggiormente trovare una sistemazione alla bambina e la salute di Hana.»

«A proposito di questo…» Pescando con la mano nella tasca del borsello che portava, lui ne estrasse una carta di credito e la depose sul tavolo. «Voglio che paghi le spese mediche e le necessità della bambina con questa.»

Davanti al suo gesto, Yoona sgranò lievemente gli occhi guardando dalla carta di credito a lui. «Cosa stai dicendo?» domandò poi perplessa. «L'operazione di Hana sembra essere molto costosa, non puoi pensare di sostenere tu i costi ospedalieri.»

Diniegando con il capo per allontanare le evidenti proteste che stavano per arrivare e lo scetticismo di lei, la interruppe: «Seriamente Yoona, non voglio discussioni. Usa la mia carta, non farti problemi.»

Yoona si zittì serrando le labbra in una linea dura. Era molto sicuro che ora la mente di lei fosse in estrema indecisione, sapeva che necessitavano molti soldi per le cure di Hana e probabilmente non sapeva come aiutare Min-jae, ma di contro non voleva gravare su di lui.

Per quel che lo riguardava come cantautore riceveva i diritti dei pezzi che aveva scritto, e aveva anche il sostegno della sua agiata famiglia alle spalle, quindi non si preoccupava del costo che avrebbe dovuto sostenere, lo faceva volentieri; per i suoi compagni avrebbe fatto questo e molto altro.

«Sul serio Yoona, fidati di me» la tranquillizzò lui. «Non ci sono altri veloci metodi al momento per agire e Hana deve essere operata.»

Yoona continuò a titubare, sempre fissando la carta sul tavolo, senza accennare a prenderla, allora lui vi appoggiò due dita sopra e la fece scivolare sulla superficie fino a che questa non si trovò davanti al bicchiere di americano freddo.

«Però non voglio che Min-jae lo sappia» sottolineò spronando la sua manager a prendere la carta con un gesto della mano.

Yoona sollevò lo sguardo su di lui a quelle parole, non era di nuovo concorde, così le ribadì il concetto con fare ancora più serio. «Non deve saperlo. Digli che hai attinto a un qualsiasi fondo speciale dell'agenzia o di aiuti agli indigenti, non mi interessa, basta che non sappia che vengono da me.»

Yoona serrò leggermente gli occhi indurendo l'espressione del suo volto. «Min-jae ti ucciderà Jeon Eun-ho se un giorno lo verrà a sapere e si arrabbierà con me per avertelo permesso.»

«Sì, è probabile. Auguriamoci allora che non lo scopra mai, e nel caso, che io sia abbastanza in là con gli anni per essermi goduto un po' la vita» le ribatté serafico senza batter ciglio.

La sua manager non sembrò voler unirsi in un primo momento al suo tentativo di alleggerire l'atmosfera. Rimase pensierosa e imbronciata per un po', ma era troppo pragmatica e intelligente per non riconoscere che in fondo quella da lui proposta era la soluzione più veloce e accettabile tra quelle che sicuramente lei aveva già vagliato, quindi dopo poco sospirò e si arrese.

«Se continuerai di questo passo credo che te la godrai davvero poco la tua vita» borbottò lei prendendo la carta di credito e mettendola nella borsetta.

Facendo spallucce le rispose: «Ci sono tanti modi per vivere al meglio, no? Ricordo che qualcuno mi disse qualcosa di molto simile un giorno». Le ricordò così una loro vecchia conversazione, durante la quale appunto lei gli aveva detto di trovarsi i propri personali modi di godersi la vita, anche durante i periodi pressanti e fitti dei comeback, o dei tour.

Yoona si imbronciò lanciandogli un'occhiata loquace. «Non cercare di attribuirmi perle di saggezza che non sono certo stata io a inculcarti Jeon Eun-ho, sei molto bravo a essere saggio per conto tuo.»

Il suo complimento come sempre lo inorgoglì.

A quel punto Yoona lo guardò assumendo un'espressione affettuosa e grata. «Grazie» disse poi sinceramente. «Grazie da parte di Min-jae, Min-young e Hana e anche da parte mia.»

Inaspettatamente lei allungò poi una mano, catturando la sua ancora poggiata sul tavolo, facendogli trattenere d’istinto il fiato. Avrebbe voluto allontanarla, ma non ci riuscì.

Yoona gli strinse forte la mano sorridendo. «Forse questo mondo non ti merita Jeon Eun-ho, ma i tuoi compagni sì, perché riconoscono da sempre la tua importanza e il tuo valore. Manchi davvero tanto a tutti.»

Manco anche a te?

Le parole che avrebbe voluto dirle furono bloccate dalle sue labbra che si chiusero strettamente. Rimase immobile fino a che Yoona non ritrasse la mano lasciandolo, allora nascose la sua sotto al tavolo, stringendola a pugno. «Come si stanno comportando?» chiese poi con voce tesa per cambiare argomento.

Yoona sorrise maggiormente. «Lottano come draghi per fare e dare il loro meglio, per poterti rendere orgoglioso e farti tornare in un ambiente e con una situazione ancora più favorevole di quella che hai lasciato. Sono davvero fiera di loro e anche tu dovresti esserlo.»

E lo era davvero, si vedeva, Yoona era fiera e li amava davvero tutti…allo stesso modo, o forse no. Era un dilemma quello che lo aveva sempre dilaniato. Fin da quando l’aveva conosciuta si era istaurato un rapporto molto forte tra loro, c’era stato un periodo in cui loro due e Seung-hae erano stati quasi inseparabili e si attardavano ore e ore assieme, anche fuori dal normale orario lavorativo. Quando poi Seung-hae li aveva lasciati, Yoona gli era stata accanto soffrendo con lui; entrambi si ritenevano responsabili di ciò che era successo, anche se in realtà la colpa era solo sua. Poi piano piano, Yoona era diventata una costante fissa della sua vita, un pensiero che non riusciva più ad allontanare. Ogni volta che lui aveva avuto bisogno di aiuto, anche se non lo aveva mai chiesto, lei glielo aveva dato; lo aveva sostenuto in tutto e per tutto dandogli un affetto e un supporto tali da renderlo assuefatto di lei. Poi aveva saputo che Yoona si era fidanzata, e il suo mondo era crollato. Dentro di lui aveva sempre saputo che non ci sarebbe mai potuto essere nulla tra loro, che lei non avrebbe mai accettato di rovinare il loro rapporto andando oltre all’amicizia che si era creata, ma in qualche modo aveva anche sempre saputo che i sentimenti di Yoona nei suoi confronti erano diversi da quelli che lei provava per gli altri. Oppure no? Lo sapeva e lo negava allo stesso tempo. Ed eccolo lì il dilemma che lo aveva sempre dilaniato. Aveva perso un’occasione, non mostrandole mai i suoi sentimenti? O Yoona in fondo aveva sempre saputo cosa lui provava e aveva fatto finta di nulla per non ferirlo? Lei lo amava come amava tutti gli altri membri, oppure no?

Mentre Yoona gli raccontava alcuni aneddoti relativi ai suoi compagni, lui li invidiò, perché loro potevano ancora starle al fianco ogni giorno, mentre a breve lui avrebbe dovuto di nuovo salutarla, senza vederla per chissà quanto tempo.

«Tienili in riga. Non viziarli troppo» l'ammonì dopo un po' più burbero di quello che avrebbe voluto essere.

Yoona rise piano ribattendo: «Sentilo, ora è un uomo di mondo, un militare, non ti lamentavi però quando eri tu a essere quello viziato, eh!»

Non riuscì a impedirsi di unirsi alla sua risata perché in fondo lei aveva ragione, lo aveva sempre paurosamente viziato e lui ne aveva sempre paurosamente approfittato, rendendole la vita molto impegnativa, chiamandola in orari assurdi e ricercando la sua presenza anche quando non era in orario di lavoro. «Io lo meritavo» le rispose ammiccante.

Yoona rise più forte, per poi sospirare malinconica dopo poco: «Mi manchi Eun-ho». Un nodo di emozione e commozione gli serrò la gola mentre lei lo guardava dolcemente. «Capisco che per te sia dura, ma mi man…» le parole di Yoona si interruppero quando il suo telefono squillò. Lei gettò uno sguardo allo schermo e si rabbuiò. «Scusami un secondo» disse poi alzandosi e allontanandosi per rispondere.

Mentre lei si appartava lui rilasciò il fiato che stava trattenendo. Era sicuro che Yoona stesse per chiedergli perché avesse ignorato le sue chiamate e i suoi messaggi.

Se lei gli avesse chiesto una motivazione, cosa le avrebbe risposto?

Teso la cercò con lo sguardo e subito si rabbuiò. Era evidente dal modo in cui parlava e si agitava che Yoona stesse avendo una discussione abbastanza accesa con il suo interlocutore.

Socchiudendo gli occhi cercò di concentrarsi su di lei tentando di estraniare il resto dei rumori avvertiti per carpire stralci della conversazione che stava avendo.

«Non andrà così, vuoi che finisca in tribunale? È questo che vuoi?» la sentì dire ad un certo punto. Sembrava davvero molto turbata e ciò lo fece preoccupare e innervosire. Dopo poco Yoona prese a ripetere la parola, ‘pronto’, alzando la voce ad ogni ripetizione e gli fu subito chiaro che dall’altro lato della conversazione, avevano chiuso la chiamata in modo brusco senza una reale fine della stessa.

«Stronzo» sbottò Yoona a quel punto sbuffando, sollevando lo sguardo al cielo con fare spazientito e frustrato, poi gli voltò le spalle e rimase per diversi minuti a fissare il nulla, mentre prendeva evidenti grandi respiri per calmarsi.

Quando tornò al tavolino Yoona aveva lo sguardo lucido e ancora scosso.

«Problemi?» le chiese lui istintivamente.

La sua manager scosse il capo, ma non si risedette. «Mi dispiace Eun-ho, ma devo andare via» disse raccogliendo poi la borsa e il tablet.

Una fitta di delusione lo trafisse.

«Non posso proprio lasciar correre, devo andare a sistemare una situazione personale» continuò Yoona. Sembrava quasi angosciata ora.

«Posso fare qualcosa?» le domandò allora, ma lei tornò a diniegare cercando di sorridere. «No grazie e grazie ancora per il tuo aiuto. Min-jae e Hana te ne sarebbero estremamente grati se lo sapessero. Farò in modo di far andare tutto bene te lo prometto, mi prenderò cura di Min-jae e del gruppo. Tu non preoccuparti di nulla e concentrati solo sul servizio di leva.»

Non gli piaceva come stava reagendo, qualcosa la turbava profondamente. Si alzò dalla sedia mentre lei si metteva la borsa a tracolla. «So che lo farai, ma pensa anche a te. Sei sicura che non posso fare nulla per te?» cercò di insistere.

Yoona deglutì pesantemente come in preda a una profonda crisi emotiva, ma diniegò con il capo e sfoggiò la più falsa espressione serena che potesse mostrare.

Qualcosa non andava davvero, ma lui non poteva far molto per lei se non voleva confidarsi. Strinse le mani a pugno, arrabbiato.

«Prenditi cura di te, mi raccomando, non saltare i pasti e dormi tanto, visto che non lo facevi mai perché eri sempre troppo occupato. Non farmi preoccupare, prenditi cura della tua salute» si raccomandò Yoona facendo un cenno con il capo mentre stringeva al petto il tablet, poi gli fece un inchino. «A presto Eun-ho» lo salutò con affetto e a lui non rimase che far altro se non ricambiare.

«Grazie a te, per tutto» le disse cercando di non mostrarle il disappunto che provava.

Dopo il saluto Yoona si avviò per andarsene e lui la seguì con lo sguardo.

Cosa diamine le era successo? Perché non aveva voluto dirgli cosa le stava accadendo? In passato lo avrebbe fatto, ma lui non poteva insistere troppo visto che lei aveva detto che si trattava di una questione personale. Inoltre, era ancora sua ferma intenzione tornare ad ignorarla, quindi non poteva preoccuparsi troppo per lei, o non sarebbe riuscito mai a farsi passare ciò che provava nei suoi confronti.

Mentre la osservava allontanarsi, la vide fermarsi di colpo, poi Yoona girò sui tacchi tornando da lui. Confuso la vide aggirare il tavolo e avvicinarlo e quando fu pericolosamente vicina, si ritrasse istintivamente, ma il tavolo dietro di lui gli impedì di allontanarsi. Yoona allora sollevò la mano libera afferrando i suoi occhiali, mentre ancora una volta lui si trovava a trattenere il respiro costringendosi a non apparire troppo colpito dal suo gesto. Sollevandogli gli occhiali, Yoona li portò sulla visiera del cappellino, poi catturò il suo sguardo senza allontanarsi. Ora l’aveva davvero molto vicina e nelle iridi castano chiaro di lei, poteva vedere quelle sottili pagliuzze dorate che lo avevano sempre colpito e ammagliato.

Lei lo sapeva di avere uno sguardo tremendamente affascinante e caldo?

Yoona lo fissò intensamente per un lungo momento senza parlare, poi sorrise sinceramente annuendo. «Stai bene» disse poi con fermezza, più serena. Le dita di lei lasciarono gli occhiali che rimasero sulla visiera, poi scesero ad accarezzare la sua tempia e a sfiorargli la guancia. «Vivi serenamente Jeon Eun-ho, te lo meriti, penserò io a tutto, non preoccuparti di nulla. Ci vediamo presto» bisbigliò poi dolcemente.

Non riuscì a risponderle perché l’emozione che provava sarebbe esplosa se le avesse parlato in quel momento, ma anche se stava tentando con tutto sé stesso di trattenersi, qualcosa nel suo sguardo probabilmente cambiò, perché ad un tratto il viso di Yoona si stupì, poi si trasformò e lei lo guardò con infinita struggente tenerezza sorridendo amorevolmente. «A presto Eun-ho…» bisbigliò, andandosene poi di fretta.

Sentendosi straziato come l’ultimo giorno in cui l’aveva vista prima di arruolarsi, con lentezza si rimise gli occhiali sul naso mentre ne fissava la figura che si allontanava.

«Mi sei mancata» le disse piano anche se lei non poteva sentirlo. «Non mi passerà mai…» continuò poi chiudendo gli occhi. «Non mi passerà mai, sei tutta la mia vita, sono dannatamente fregato.»

-Min-jae-

Attraversò frettolosamente la strada con le mani in tasca e il capo chino. L'aria fresca della notte era quasi frizzante. Stringendosi nelle spalle, quando un soffio di vento lo raggiunse facendolo rabbrividire, affrettò il passo mentre ripensava alla visita fatta a Min-young, ospite della casa di Choi Jae-seop.

La bambina, sua figlia, era stata contenta di vederlo e la prima cosa che gli aveva chiesto quando lo aveva visto, era stata se avesse visto la sua mamma. Quella domanda lo aveva profondamente addolorato e turbato, tanto che non era riuscito a risponderle, ma per fortuna era giunta in suo aiuto Se-won, la moglie di Jae-seop, proponendo di mangiare il gelato, distraendo così Min-young dalla risposta che non era riuscito a darle.

Min-young era sembrata perfettamente a suo agio in casa Choi durante la sua visita. Aveva scoperto quando l’aveva vista, che Se-won era in dolce attesa al momento, quindi si era preoccupato della salute della stessa e del fatto che Min-young avrebbe potuto stancarla, ma questa lo aveva rassicurato sul fatto che non le pesava per nulla occuparsi della piccola.

Seung-min gli aveva poi spiegato, mentre ritornavano in agenzia, che Se-won proveniva da una famiglia molto numerosa e che desiderava avere tanti bambini, per questo si era voluta sposare ed era rimasta incinta molto giovane.

Visto il modo in cui quella coppia, per lui sconosciuta, si adoperava per sua figlia, dal momento in cui li aveva conosciuti, lui non faceva altro che domandarsi come avrebbe fatto a sdebitarsi con loro. Entrambi i Choi avevano trattato per tutto il giorno Min-young come fosse figlia loro, occupandosi di vestirla e intrattenerla come se fosse una principessa. Gli era davvero grato, anche se era anche al contempo dispiaciuto di dover lasciare Min-young con loro. Almeno lo faceva star meglio il sapere che la piccola era tranquilla e serena con Se-won e Jae-seop.

In ogni modo, quando aveva sentito per telefono la manager Yoona quel pomeriggio, lei gli aveva assicurato che sarebbe tornata a prendere Min-young prima di cena, così almeno sapeva dove si trovava nel caso avesse voluto rivederla.

Per quanto lo riguardava, lui era tornato al dormitorio molto tardi, dopo la trasmissione radio, eppure nonostante la stanchezza, non era riuscito ad andare a dormire. Anche se aveva cercato di non pensarci, un tarlo fastidioso che lo aveva infastidito tutto il giorno, aveva continuato a tormentarlo anche mentre cercava di distrarsi guardando la televisione e dopo aver tentato per più di un’ora di concentrarsi sul film che aveva preso a guardare, alla fine si era arreso al tarlo ed era sgattaiolato fuori dal dormitorio.

Il piccolo infido pensiero di cui non era riuscito a liberarsi, era quello di Hana sola, in quel letto di ospedale, con il corpo martoriato da aghi e tubi.

Fermandosi sul marciapiede sollevò lo sguardo sull'edificio davanti a lui.

Sapeva di essere nel posto sbagliato, sapeva che non avrebbe dovuto trovarsi lì, ma non poteva ignorare quel tarlo.

Tornando ad abbassare il capo proseguì con passo più lungo e spedito.

Con più si avvicinava alla sua meta, con più l'urgenza di raggiungerla saliva.

Yoona gli aveva detto di essere riuscita a trasferire Hana in una stanza privata dell’ultimo piano e questo lo rendeva davvero felice. Come avesse fatto la sua manager a trovare i soldi per le cure non lo aveva ancora davvero capito, ma Yoona era la donna più in gamba che lui conoscesse, quindi doveva aver compiuto un ennesimo miracolo.

Alla reception chiese il numero di stanza di Hana e mentre la sua mano si sollevava sulla maniglia della porta della stessa, si bloccò e una sensazione di nausea e tristezza prepotente lo assalirono.

Tentennò solo un attimo, poi entrò lentamente nella camera.

Vedere Hana stesa su quel letto, con tutti quegli apparecchi medici collegati al corpo, lo straziava e le lacrime salirono immediate ai suoi occhi.

Si fermò appena al di là della porta dopo averla richiusa. Nella stanza c'era un forte odore di medicinali che aumentò la sua nausea, ma doveva farsi forza e rimanere. Lei era sola, e lui non voleva che lei fosse sola.

Mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime avanzò verso Hana.

Non vi era nessuna sedia accanto al letto, quindi ne prese una, ma prima di sedersi rimase un lungo momento a fissare il volto di lei. Era pallido e segnato, ma sempre bello e delicato. Sarebbe stato inopportuno toccarla? Lei avrebbe voluto che lui la toccasse? Non riusciva a non guardarla e a non pensare a tutto quello che Hana aveva dovuto passare in quegli ultimi anni senza che lui lo sapesse. Si sentiva così sbagliato e deluso da sé stesso che quasi si odiava.

Ignorando la sua voce interiore che gli diceva di non farlo, s'avvicinò al letto e con delicatezza le sfiorò con due dita la fronte scostandole alcune ciocche di capelli che la coprivano. «Ciao…» le bisbigliò poi con voce roca e triste.

Aveva pensato tante volte, durante quella notte passata assieme, che lei fosse tremendamente piccola tra le sue braccia, ma ora pareva ancora più piccola, anche se non fragile. Hana, non era fragile, durante le ore che aveva passato con lei non gli era mai parsa fragile ed era sicuro che non lo fosse stata nemmeno durante quegli anni in cui era diventata una madre certamente meravigliosa, ne era certo.

«Sono in ritardo, vero?» le domandò avvertendo nuovamente i suoi occhi riempirsi di lacrime. Era triste e dispiaciuto era vero, ma era anche leggermente arrabbiato con lei.

Perché gli aveva taciuto la nascita di Min-young? Perché non lo aveva voluto al suo fianco? Oppure, perché non lo aveva considerato responsabile?

Con un sospiro si sedette deglutendo. «Vorrei essere più arrabbiato di così con te» le disse facendo una smorfia amara. «Forse un giorno mi arrabbierò di più, ti avviso, e allora diventerò davvero brutto e terrificante. Non mi hai mai visto arrabbiato tu, non è un bel vedere te lo assicuro, chiedilo con i miei fratelli.»

Mentre parlava strinse le mani tra loro prendendo poi a giocare con i braccialetti che indossava.

«Avresti dovuto dirmelo Hana» la rimproverò cercando di allontanare dolore e tristezza. «Non è stato carino da parte tua» borbottò imbronciandosi. «Insomma, sono i miei preziosi geni quelli che camminano con Min-young, non possono essere lasciati così allo sbando, senza che io sappia della loro esistenza.» Aggrottò la fronte cercando di mostrarsi seccato. «Dovrai darmi una spiegazione ragionevole signorina quando ti sveglierai.»

Al pensiero che lei non avrebbe più potuto svegliarsi, la paura e il dolore minacciarono di sopraffarlo. «Hai capito?» le chiese allora burbero. «Devi svegliarti Hana, perché mi devi una spiegazione.»

A quel punto, una lacrima galeotta che non riusciva più a trattenere, corse sulla sua guancia destra.

Si affrettò ad asciugarla, per non farle sentire la sua disperazione, nel caso che lei potesse percepirla, poi prese la sua mano, stringendola tra le sue e poggiando i gomiti sul letto se la portò alle labbra. Le depose un bacio leggero sulle dita e le bisbigliò: «Devi svegliarti Hana». Le sue dita erano tremendamente fredde e il dolore che gli provocava vederla a quel modo, toccò vette inimmaginabili mentre poggiava la fronte sulle loro mani unite chiudendo gli occhi. «Devi svegliarti Hana ti prego. Svegliati per me, svegliati per Min-young, non puoi lasciarci così.»

… «Lo sapevo!»

Hana aveva appena catturato una delle sue mani poggiate sul tavolo e lui era rimasto pietrificato.

«Hai le mani fredde, ci avrei scommesso» gli disse lei guardando alla sua mano mentre la rigirava sopra e sotto.

Lo aveva appena scioccato toccandolo a quel modo e non sapeva come reagire. Quella ragazza era una fonte continua di sorprese e gesti inaspettati.

«Sono fredde e piccole per essere le mani di un uomo.» Stava dicendo Hana intanto che lui la guardava stupido.

Facendo una smorfia piccata lui sbuffò leggermente. Lo sapeva, i membri lo prendevano sempre in giro per le sue dita corte.

«Ma vedi…» tenendo la sua mano capovolta, Hana prese a scorrere le dita sulla sua pelle sfiorandogli il palmo, risalendo verso il polso, «… sono proporzionate, affusolate, e qui, in questo punto…». Concentrata sul suo esame lei pareva non essersi minimamente accorta dell'effetto che quel tocco leggero stava avendo su di lui.

Serrò le mascelle mentre un'emozione esaltante ed eccitante lo invadeva.

Hana accarezzò lo spazio che comprendeva la zona dell'attaccatura della sua mano con il polso. «… Qui, in questa zona, il tuo polso è davvero stretto ed elegante. Scommetto che se indossassi dei braccialetti leggeri di pelle, o un filo di perline colorate, diventerebbe davvero un polso alquanto affascinante…»

Non riuscì a farla concludere, sorprendendola si sollevò dalla sedia di scatto chinandosi nella sua direzione e con la mano che lei aveva trattenuto fino a quell'attimo, le catturò il viso, poi la baciò…

«Li indosso ancora…» stringendo maggiormente la mano di Hana lui le sussurrò: «Quei maledetti braccialetti li indosso ancora Hana e nemmeno me ne ricordavo più il motivo.»

Dentro di sé non l'aveva mai dimenticata, era chiaro, l’aveva solo relegata in un angolo della sua mente, come avrebbe potuto fare con un oggetto caro del passato chiuso in una scatola dei ricordi. Un oggetto che non aveva voluto lasciare andare via, che non aveva voluto dimenticare realmente, che aveva accantonato e di cui si era abituato dell’assenza.

Tirando su con il naso rumorosamente, allontanò la mano di Hana sempre trattenendola tra le sue e cercò di sorridere.

«È bella» disse poi tornando a guardarla in viso. «Min-young è davvero bella. Assomiglia a me.» Orgoglioso cercò di non lasciarsi soffocare dalla paura per la sorte di Hana e dalla disperazione e sorrise. «Non è che mi sto elogiando, è solo la verità e poi me lo hai detto persino tu. Ricordi?»

Nella sua mente, tornò a vedere il viso di Hana poggiato sul cuscino accanto al suo rivolto nella sua direzione mentre lei gli diceva: «Sei davvero la cosa più bella che io abbia mai visto.»

«Sono una cosa?» le aveva domandato lui di rimando e lei gli aveva mostrato la lingua rispondendogli: «Sai cosa intendo».

A quel punto lui aveva riso quasi imbarazzato. «Come fai a dire certe cose con tanta spontaneità e leggerezza?» le aveva poi chiesto.

Hana si era stretta nelle spalle. «È la verità, sono sincera. Le proporzioni del tuo fisico sono perfette e i tuoi lineamenti non hanno alcun difetto.»

Davanti a quei complimenti lui aveva sollevato lo sguardo al soffitto ribattendo borbottante: «Mi stai analizzando come se fossi un'opera d'arte».

Hana allora si era sollevata e gli aveva stampato un bacio improvviso sulle labbra. «Lo sei» gli aveva poi detto abbracciandolo.

Sospirando tornò al presente e a sfiorare le nocche di Hana con le labbra.

«Vorrei essere rimasto quella mattina» le confessò con il cuore stretto dal rimpianto. «Mi dispiace Hana.»

La porta della camera si aprì mentre parlava, facendolo voltare di scatto verso il muro per non farsi vedere in volto. Si era tolto la mascherina non appena entrato, e non voleva essere riconosciuto.

«Sono io.»

Una voce conosciuta lo rassicurò e con un sospiro di sollievo lui si voltò per salutare la dottoressa Woo.

«Non dovresti essere qui» lo ammonì seriosa subito dopo aver ricambiato il suo saluto la dottoressa e lui si affrettò a risponderle. «Sono stato attento, non mi ha visto nessuno.»

«Non è per questo. Non dovresti venire» ribatté Jung-ah facendolo corrucciare.

«Perché?» le domandò allora.

«Non puoi sapere se lei ti vorrebbe qui.»

Quelle parole dure gli fecero sgranare gli occhi procurandogli una sensazione sgradevole.

«Anche se Hana è incosciente non sappiamo cosa possa o non possa percepire, magari la tua presenza le procura fastidio» sottolineò ancora la dottoressa.

Non aveva per nulla pensato a quella evenienza. Il pensiero che Hana potesse odiarlo o non volerlo vedere lo fecero sprofondare in un baratro di emozioni negative.

Se Hana non avesse davvero voluto avere nulla a che fare con lui, come avrebbe fatto? Come sarebbe potuto rimanere vicino a Min-young? Non voleva intraprendere un'azione legale contro Hana, non voleva nemmeno prendere in considerazione un'eventualità simile. Quindi? Avrebbe dovuto rinunciare a sua figlia?

«Mi dispiace, non volevo turbarti.» Il tono mortificato della dottoressa lo distolse dal turbinio di domande che erano nate nella sua mente. «È solo un mio pensiero, avrei dovuto tenerlo per me. Come ti ho già detto Hana non ha mai mostrato rancore nei confronti del padre di Min-young, però non ne ha nemmeno mai parlato, quindi non so quali siano i suoi sentimenti nei tuoi confronti» cercò di giustificare la donna.

L'evidente imbarazzo di lei lo portò a sorriderle. «Non fa nulla. Era un pensiero che non avevo per nulla valutato, ma che non è affatto da escludere.» Guardò ad Hana, ora profondamente turbato. «D'altronde, mi ha tenuto nascosta l'esistenza di Min-young» sussurrò pensieroso.

«Sì, ma i motivi potrebbero essere molteplici, non giungere a conclusioni affrettate» rispose Jung-ah.

Non sapendo cosa risponderle lui rimase in silenzio e dopo poco lei disse: «Domani ci sarà l'operazione».

Il suo corpo s’irrigidì all’istante mentre il suo cuore saltava un battito.

Avrebbe voluto essere presente, ma era chiaro a quel punto che non fosse il caso. In ogni modo era poco probabile che sarebbe riuscito a trovare il modo per allontanarsi dal lavoro

«Preghiamo che vada tutto bene.» Si limitò quindi a rispondere.

La dottoressa Woo rimase silenziosa per un po', poi tornò a dirgli: «La mia era solo una supposizione Min-jae. Sarà Hana a darti una spiegazione quando si riprenderà.»

Lui le rispose con un suono di gola assorto poi cercò di riscuotersi e tornando a guardarla le sorrise dicendo: «Grazie ancora per tutto quello che sta facendo per Hana e Min-young.»

Jung-ah pareva davvero dispiaciuta ora per quello che gli aveva detto, ma non insistette oltre. «Sto cercando di mettermi in contatto con una persona che credo sia amica di Hana, ma non so bene come contattarla quindi forse mi ci vorrà del tempo» disse solo.

«Ottimo. Sarebbe davvero una buona cosa anche per Min-young avere accanto qualcuno che conosce» le rispose annuendo ancora.

La dottoressa si trattenne ancora per poco poi lo lasciò solo.

Prima di tornare a sedersi lui rimase a lungo a fissare il volto di Hana, indeciso su come comportarsi, ma alla fine serrò i pugni delle mani indurendo la sua espressione dicendole: «Se non mi vuoi vicino devi svegliarti e dirmelo di persona. Non m’importa se ti do fastidio, io rimango.»

Si sedette poi imbronciato incrociando le braccia sul petto.

Non gli importava davvero che lei lo volesse o meno. Si trovava in una situazione delicata e se doveva decidere tra il lasciarla sola e darle fastidio, preferiva darle fastidio.

Mentre la guardava piccato il suo pensiero tornò alla notte che avevano condiviso, alle ore passate a ridere e a scherzare, al modo in cui lei lo aveva guardato e lentamente il suo broncio svanì lasciando il posto ad un mesto sorriso. «Non penso che tu mi odi» disse cercando di credere davvero a ciò che pensava. «Io non so perché non sei venuta da me, ma non è possibile che tu mi odi.»

Rinfrancato dai suoi ricordi, le prese nuovamente la mano, ma dopo pochi istanti il suo cellulare suonò una notifica.

Prendendo l’apparecchio aprì il messaggio ricevuto da Yoona. La sua manager gli aveva inviato una foto di Min-young che indossava un asciugamano acconciato a turbante in testa. La piccola sorrideva e la didascalia diceva: Buona notte.

Un immenso fiotto di felicità lo invase e d’istinto lui girò lo schermo verso Hana.

«Guarda Hana, la nostra bimba ha fatto il bagno ed è pronta per andare a dormire.» Riabbassò il telefono rimettendolo in tasca e tornò ad afferrare la mano di lei con entrambe le sue. «Dovevi vederla assieme a Yeongi, il mio fratellino, si sono piaciuti tantissimo. Ti ricordi di Yeongi? Te ne ho parlato tanto…»

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