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Capitolo 7.

-Min-jae-

Quando entrò nella stanza, oltre al suo sunbae Seung-min, trovò ad attenderlo Ji Kyun-hwa in arte Kyuno, un altro membro degli OTA, più un giovane dall'aspetto serio ed elegante e un uomo alto e prestante dall'aria alquanto severa.

Inchinando il busto varie volte per salutare i presenti si fece avanti nella stanza affiancato da Shinji, mentre la manager Yoona che li seguiva richiudeva la porta.

«Ben arrivati.» Fu Kyuno a farsi avanti per primo e a porgergli una mano, facendogli un sorriso cordiale.

Stringendo la mano del suo sunbae tra entrambe le sue con un certo imbarazzo, si inchinò ancora una volta leggermente.

«Min-jae» salutandolo con calore, Kyuno gli indicò il ragazzo elegante che li aveva raggiunti. «Permettimi di presentarti mio fratello minore Ji Dong-in» disse poi questi posando una mano sulle spalle del fratello.

Per la seconda volta lui allungò le mani per prendere tra le sue quella del ragazzo, che s’inchinò facendogli un breve sorriso.

«Dong-in è un manager finanziario, ma avendo anche appena preso la seconda laurea come avvocato, ci aiuterà a spaziare in un campo più ampio di opzioni da prendere in considerazione, riguardo al tuo delicato caso. L’agente Song invece lo conosci già, vero?»

Kyuno gli indicò l'uomo che si era tenuto in disparte e lui diniegò.

«Min-jae non era presente al mio incontro con Jeon Eun-ho» disse Yoona affiancandolo e poggiandogli una mano sul braccio. «L’agente Song è colui che ti ha messo in contatto con Eun-ho e che ci sta aiutando a scoprire informazioni su Hana», lo informò poi.

La sua fronte si aggrottò perplesso mentre la sua manager parlava.

Quando si erano incontrati Yoona e Song? E Yoona e Eun-ho? È perché stavano cercando informazioni su Hana?

Stava per domandarle spiegazioni quando Ji Dong-in intervenne. «Venite, accomodatevi. Ho saputo che Park Hana sarà sottoposta all'intervento oggi e dobbiamo affrettarci.»

Nuovamente lui si stranì. «Perché dobbiamo affrettarci?» domandò.

Alla sua domanda le persone accanto a lui si incupirono e un brivido d’intuizione gli corse lungo la schiena.

«Min-jae.» Yoona pronunciò il suo nome usando il tono condiscendente e pacato che usava quando doveva trattare faccende difficili e delicate. «Dobbiamo prendere in considerazione che Hana non superi l'intervento. Purtroppo le percentuali di insuccesso sono alte e se ciò dovesse accadere, i servizi sociali si attiveranno per prelevare Min-young e allora noi dovremmo essere pronti ad agire in base alla decisione che vorrai prendere.»

Già…le possibilità d’insuccesso erano alte, lo avevano avvertito di quel fatto. Stava ancora una volta facendo la figura dello stupido. Però a sua discolpa, poteva dire che per lui non poteva accadere una tragedia simile. La sua mente non poteva assolutamente prendere in considerazione che Hana non sopravvivesse all’intervento.

Si limitò quindi ad annuire e a sedersi al tavolo tra Yoona e Shinji che poggiò una mano sulla sua gamba in un gesto di conforto. Un gesto che lui apprezzò infinitamente.

Ji Dong-in fu il primo a parlare e assieme a Kyuno, gli spiegarono come funzionava l'iter burocratico che sarebbe potuto seguire all’eventuale morte di Hana. Per prima cosa, gli assistenti sociali avrebbero prelevato e portato Min-young in una casa famiglia, e quando lo misero a corrente di quel fatto, questo continuò a rimuginargli in testa, minando la sua comprensione già poco stabile, del resto delle parole che gli venivano dette. Non avrebbe mai permesso che sua figlia finisse in un orfanotrofio. Avesse dovuto rapirla e fuggire con lei, non l’avrebbe mai lasciata in mano a degli estranei per chissà quanto tempo.

«Se deciderai di farti avanti invece, rivendicandone la paternità, sarebbe consigliato avere già in mano un test del DNA. Sarà facile con le conoscenze che abbiamo averne uno, ma le tempistiche per l'esame sono lunghe, quindi se deciderai per questa opzione, sarà meglio muoversi alla svelta.» Stava dicendo Ji Dong-in in quel momento.

«Sarebbe meglio farne uno in ogni modo» intervenne l’agente Song. «Yook Min-jae rischia molto esponendosi con questa bambina. Se non dovesse essere sua figlia finirebbe con il rischiare ripercussioni inutilmente.»

Sollevando di scatto gli occhi sull'uomo rimasto in piedi accanto al tavolo, non esitò a rispondere: «È mia figlia». Lo esclamò con forza, forse più di quella che avrebbe dovuto usare. «Non lo metterebbe in dubbio se l'avesse vista. Se ci avesse visto assieme.»

Yoona a quel punto tornò ad afferrargli il braccio e lui la guardò. «Min-jae, queste persone sono qui per aiutarti e per esaminare tutte quelle possibilità e proporti tutte le alternative che razionalmente noi faticheremo a vagliare e a sapere da soli. Ci sono tantissime questioni legali e burocratiche da prendere in considerazioni e dovresti essere grato che si siano proposti di aiutarti. Comportati in modo rispettoso per favore.»

Anche se gli aveva parlato con dolcezza, c'era disappunto nello sguardo della sua manager e lui si pentì ancora una volta di aver reagito nel modo sbagliato.

«Tutti comprendono che ora sei sotto pressione» rimarcò Shinji attirando la sua attenzione. «Ma a maggior ragione, proprio perché la pressione e le emozioni ora ti confondono, devi ascoltare con pazienza quello che ti viene detto. Ti conosco Min-jae e anche se spesso sembri sbadato e leggero nel tuo modo di comportarti e vivere, non ami pentirti di ciò che dici e fai e ponderi bene le tue azioni. Sei agitato ora, non farti sopraffare dall’impulsività e ascolta ogni cosa che ti viene detta con tutta l’attenzione che puoi, cercando di vagliare ogni parola con razionalità.»

Le parole del suo leader lo colpirono più duramente di quanto forse Shinji avesse preventivato di fare e con una smorfia lui gli rispose: «Mi sto già pentendo di una azione sconsiderata hyung, ma non nel modo che molti potrebbero pensare. Non volevo che Hana crescesse da sola Min-young e mi dispiace di non esserle stato vicino». Aveva agito sconsideratamente quella notte con Hana e lei e sua figlia ne avevano pagato le conseguenze.

Shinji annuì. «Lo so Min-jae, credimi. Se non lo sapessimo tutti quanti, non saremmo qui a sostenerti. I Timelers sono al tuo fianco lo sai, e lo saremo sempre, ma se dovessi compiere azioni che finissero con il minare il bene del gruppo, sono sicuro che ne porteresti il peso e te ne pentiresti. Oggi siamo qui anche per questo, per aiutare Hana, ma anche per cercare di evitare che il gruppo venga coinvolto in uno scandalo. Immagino che sia anche quello che vuoi tu. Quindi cerchiamo di far sì che tutto si risolva nel migliore dei modi per tutti quanti e lascia che chi ha più esperienza e conoscenze di te, ti guidi in questa faccenda.»

Naturalmente aveva ragione, ma non era facile cercare di controllare i suoi sentimenti visto che al momento era sopraffatto dalla preoccupazione per Hana e per il futuro di Min-young.

«Sapere che realmente sei il padre della bambina, sarebbe di notevole aiuto anche per l'investigazione. Potremmo penetrare più a fondo nella privacy della signorina Park, se la giustificazione fosse la rivendicazione della paternità della figlia» spiegò Song.

«A che serve invadere la privacy di Hana?» domandò lui di rimando.

«A molto» ribatté Song. «Sia per quanto riguarda l’eventuale richiesta di affido della bambina, sia per tutto ciò che riguarda la sfera personale di Park Hana.»

Cercando di comprendere meglio ciò che l’agente intendeva dire guardò a Yoona che specificò: «Non vuoi sapere se ci sono amicizie o affetti nella vita di Hana che potrebbero dare conforto e sollievo a lei e a Min-young in questo momento difficile? Inoltre dovremmo prendere in considerazione che ci siano parenti che potrebbero voler Min-young in affido nel caso che Hana non dovesse sopravvivere all’intervento».

Certo, c’era la possibilità che ci fosse anche un qualche fidanzato o ragazzo, che al momento non aveva ancora cercato Hana e che volesse starle accanto. Ovviamente non poteva escluderlo a priori. Era giusto che lei avesse tutto il supporto e l’amore possibile di chi le voleva bene, ne avrebbe avuto sicuramente bisogno dopo l’operazione. «Va bene, mi fido di voi. Fate quello che ritenete sia giusto per il bene di Min-young, ma…» guardò a Ji Dong-in con sicurezza. «Non rinuncerò a rivendicare la paternità di mia figlia, qualsiasi parente o situazione possa venirsi a creare. Non ritornerò mai sulla mia decisione, quindi procederemo di conseguenza.»

Non aveva parlato con il gruppo di quella sua decisione, perché considerava scontato che non si sarebbe mai tirato indietro davanti alle sue responsabilità nei confronti di sua figlia, ma quando vide Yoona sobbalzare leggermente alle sue parole, si pentì di non aver affrontato quell’argomento.

Si voltò quindi verso Shinji per cercare di capire cosa pensasse il suo amico della questione e lo trovò a fissarlo con sguardo duro.

«Mi dispiace hyung, ma capisci che non potrei mai tornare indietro? Min-young è mia figlia, non lascerei mai che lei non lo sappia, non lascerei mai Hana, ancora sola a crescerla» gli disse accorato.

Shinji non reagì nuovamente e Yoona alle sue spalle sospirò pesantemente.

«Vorrà dire che prima di uscire da questa stanza dovremo aver pensato anche ad un piano accurato su come affrontare media e agenzia» disse poi la sua manager con tono pratico.

Ji Dong-in le rispose con un tono di assenso aggiungendo: «Sono d'accordo. Giocare d'anticipo è sempre una mossa vincente».

Ovviamente lui li stava sentendo parlare, ma non riusciva a distogliere lo sguardo da quello di Shinji e a voltarsi per farsi coinvolgere nella conversazione.

A cosa stava pensando Shinji in quel momento? Perché non reagiva alle sue parole? Perché non gli diceva che lo comprendeva, che era giusto quello che aveva detto?

I palmi delle mani presero a sudargli, mentre un leggero tremore le scuoteva.

«Min-jae vorrei poterti fare qualche domanda su Park Hana, in modo da avere più elementi per l’investigazione» l’agente Song si rivolse a lui, ma lui non riusciva a dargli attenzione.

Doveva avere l'appoggio del suo gruppo in quel momento difficile, ne aveva bisogno per andare avanti. Eun-ho non era lì e Shinji ne aveva preso le veci. Era Shinji a dover parlare per i membri, era lì per quello, no? Per rappresentare i Timelers. Perché allora non gli diceva che lo appoggiava? Sapeva di averlo deluso, anche se all’apparenza il suo leader sembrava capirlo, sapeva che per lui era difficile comprendere e accettare il suo errore, ma era convinto che lo avrebbe sostenuto in qualsiasi sua decisione. Era quello che aveva appena detto, no? I Timelers erano dalla sua parte! Il gruppo era la sua seconda famiglia, i membri erano i suoi fratelli e lui aveva bisogno di saperli dalla sua parte. Se Shinji o uno chiunque degli altri suoi compagni gli avesse voltato le spalle, lui dove avrebbe trovato la forza di andare avanti?

«Min-jae?» lo chiamò nuovamente Song.

«Hyung…» implorò di rimando lui Shinji, con voce e sguardo.

«Parliamo» fu l'unica parola che uscì dalla bocca del suo amico, mentre questi si alzava di scatto e si dirigeva all’uscita.

«Ho bisogno di parlare un momento con il mio leader» giustificò lui ai presenti scusandosi e inchinandosi frettolosamente.

Nell’atto di alzarsi lanciò un’occhiata a Yoona che ricambiò il suo sguardo con uno teso e ammonitore, ma lui non poteva esimersi dal parlare con Shinji, quindi la ignorò e uscì dalla stanza.

Shinji lo aspettava in fondo al corridoio, davanti a una grande finestra che dava sulla strada principale che passava dinanzi al palazzo in cui si trovavano. Il suo leader stava passeggiando su e giù davanti alla vetrata e lui si fermò a qualche passo di distanza dalla stessa, rimanendo in silenzio.

Shinji si passò diverse volte le mani fra i capelli nervosamente prima di fermarsi e guardarlo, e lui vide un muscolo teso guizzare sulla sua mascella prima che questi sbottasse: «Io non sono Eun-ho, Min-jae lo sai vero?».

Annuì solo con il capo in riposta e Shinji strinse i pugni seccato.

«Non ho sagge parole da dirti Min-jae. Non ho raccomandazioni da darti. Non posso dirti che continueremo ad appoggiarti qualsiasi decisione che prenderai.»

«È mia figlia hyung. Tu abbandoneresti mai tua figlia?» domandò con voce quasi rotta, quando comprese che non avrebbe avuto l’appoggio del suo leader.

Shinji prese un grosso respiro portando le mani sui fianchi e lo sguardo al soffitto e lui attese che la sua rabbia scemasse. Lo conosceva, Shinji era paziente e premuroso, ma quando raggiungeva il limite della sua pazienza sbottava rabbioso fino a che non riusciva a tornare controllato. Tante volte lui lo aveva portato oltre quel limite di pazienza, sapeva di dover solo aspettare che si sbollisse.

Dopo poco Shinji scosse il capo vigorosamente poi riabbassò le mani e tornò a guardarlo. «No» ripose poi con durezza. «No Min-jae, non lo farei e non chiederei mai a te di farlo, ma non posso appoggiare i tuoi errori e le tue scelte a discapito del gruppo.»

Quelle parole furono come una pugnalata che lo colpirono in pieno petto e lui si sentì barcollare anche se realmente non si mosse.

«Tu permetteresti che un tuo errore affondasse i Timelers? Vorresti che il gruppo ti coprisse le spalle anche a costo di rischiare la carriera?» chiese duro Shinji e lui si sentì morire dentro.

Per un attimo, un déjà vu lo riportò nella macchina di Ki-soo; mentre pensava al suo gruppo e alla sua vita che non avrebbe voluto cambiare. Era accaduto due giorni prima, solo due giorni prima. Dentro quella macchina, quel pomeriggio di due giorni prima, lui si era sentito in pace e al sicuro, cullato dalla sua vita e dai suoi affetti, mentre ora si sentiva come se fosse in procinto di perdere tutto.

«No» bisbigliò. «No non lo vorrei.» Non era una bugia, desiderava con tutto sé stesso avere l’appoggio dei suoi fratelli, ma non voleva farli affondare con lui.

«Non è per il mio ruolo di leader Min-jae, non è perché Eun-ho mi ha lasciato la responsabilità di gestire e portare avanti in sua vece i Timelers, io reagirei allo stesso modo, anche se ora non fossi il leader. Nel mio cuore, dietro alle telecamere, lontano dagli occhi della dirigenza e del mondo intero, io ti sarò sempre vicino e ti sosterrò nelle tue decisioni, ma se mi chiederanno di scegliere, io sceglierò i Timelers. Abbiamo lottato per arrivare dove siamo ora, non possiamo mollare tutto proprio adesso, non sarebbe giusto e tu non puoi chiederci di farlo» continuò Shinji duro, anche se i suoi occhi gli trasmettevano un sentimento di comprensione e affetto.

Lo capiva, lo capiva e non lo giudicava, ma il sapere che i suoi fratelli non avrebbero lottato al suo fianco lo faceva sentire lo stesso solo e deluso.

«Voglio che tu ritorni in quella stanza consapevole di ciò che ti ho detto Min-jae.» Shinji si mosse all'improvviso raggiungendolo con poche falcate e gli batté la mano aperta sul petto con forza. Preso alla sprovvista lui quasi incespicò all'indietro. «Voglio che tu sia consapevole di quello che hai trovato, ma anche di quello che potresti perdere. Stai andando alla deriva e non puoi permettertelo in questo momento. Devi tornare lucido e se non riesci a farlo devi rimandare le decisioni importati ad un momento più tranquillo, dove potrai affrontare tutto con più razionalità. Nessuno ti chiede di venir meno alle tue responsabilità, ma io so quanto ami i Timelers e so che non vorresti lasciarci. Quindi rientra in quella stanza, vagliando possibilità e non prendere decisioni affrettate, perché io ti terrò la mano solo fino a che tu la terrai stretta, ma non ti recupererò dal fondo se tu non lotterai per mantenerti saldo e in vita.» Facendo un'ultima smorfia disapprovante Shinji lo scartò e si allontanò per tornare da Yoona e dal resto del gruppo.

Lentamente lui si volse per seguirlo con lo sguardo.

Non era giusto. Non poteva sentirsi deluso.

Shinji stava agendo da leader e un leader deve mettere il bene del gruppo al di sopra di tutto, lui lo sapeva, aveva visto Eun-ho farlo dal momento del loro debutto fino a che non si era arruolato. Il suo hyung non lo voleva abbandonare, ma non poteva nemmeno non proteggere gli altri a suo discapito.

Risollevando le spalle che aveva abbassato prese un grosso respiro.

Non era facile agire con razionalità, non sarebbe stato facile per lui in nessun momento, figurarsi in quello, ma le parole di Shinji avevano senso e lo avevano scosso. Se avesse rivendicato la paternità di Min-young e lasciato il gruppo, o peggio, rischiato la carriera dei Timelers con uno scandalo, non avrebbe risolto nulla. Sarebbe sprofondato in una nuova profonda crisi, dispiacendosi per ciò che aveva fatto. Inoltre il suo lavoro attuale era quello dell’idol e se voleva aiutare e sostenere Min-young e Hana, doveva continuare ad essere un membro dei Timelers. La piccola era già cresciuta fino a quel momento senza un padre e forse aveva affrontato difficoltà che lui nemmeno immaginava, se lui avesse perso il gruppo e fosse stato inseguito da uno scandalo, in quale nuova situazione precaria l'avrebbe fatta vivere? Non voleva lasciare Hana e Min-young, ma nemmeno voleva creargli ulteriori disagi e problemi. Doveva fare un passo indietro e rimanere fermo lì per il momento, come aveva suggerito Shinji. Avrebbe preso delle decisioni, solo quando fosse stato sicuro di agire nel modo giusto. Doveva affidarsi a chi aveva più esperienza di lui e nel frattempo valutare bene come agire.

«Hyung, aspettami» più sicuro, si slanciò di corsa dietro Shinji e per fermarlo lo provocò: «Si chiama bullismo questo, lo sai? Non si picchiano quelli più deboli. Da quando alzi le mani su quelli più deboli di te?»

Davanti al suo tono lamentoso e più scherzoso il suo hyung si fermò. Shinji era oramai quasi alla porta, ma lo attese e si voltò a guardarlo.

Mentre lui lo raggiungeva con un mezzo sorriso mesto e pentito, Shinji lo fissò dubbioso e quando gli fu davanti stupendolo, invece di comportarsi come avrebbe fatto normalmente e cioè continuare a punzecchiarlo, lui si inchinò piegando il busto. «Farò tutto il possibile per non crearti problemi più gravi di quelli che già ti ho portato, te lo prometto leader. Mi dispiace per ciò che è successo, davvero. Riuscirò a trovare il modo di stare accanto a Min-young proteggendo i Timelers» gli disse poi commosso, ancora chinato.

Attese nella posizione china, finché non sentì Shinji sbottare: «Che cosa fai stupido?», allora si rialzò sorridendo e ammiccando. «Mi inchino davanti al mio rispettabile leader» rispose con la solita noncurante arroganza.

Shinji era ancora arrabbiato, ma lui lo vide rilassare leggermente le spalle mentre lo fissava scontroso.

«Sei davvero un cretino» lo apostrofò dopo poco con fare fintamente seccato il suo leader. «Vorrei prenderti a pugni in questo momento, altro che bullismo. Vedi di non farmi venire voglia di farlo davvero se non vuoi rischiare un linciaggio vero e proprio e comportati come si deve.»

Facendo una smorfia contrita lui annuì ribattendo: «Sì, anch'io vorrei prendermi a pugni, ma poi mi rovinerei la mia bellissima faccia prima delle promozioni del nuovo album e non mi sembra seriamente il caso. Senza il mio bellissimo volto presente sugli schermi, lo share del gruppo calerebbe drasticamente». Tentava di scherzare ovviamente, ma il suo tono era molto serio.

Shinji lo guardò duro prima di rispondere: «Non ho bisogno di colpirti in faccia per farti male. Sei stato un imbecille e ti prenderò a calci in culo fino a che non mi stancherò da oggi in poi. Quindi vedi di non lamentarti nemmeno una volta quando lo farò.»

Di nuovo annuì, anche se l’idea non gli garbava per nulla. In fondo se lo meritava.

«Non scherzo Min-jae» sottolineò Shinji indicandolo. «Non rischierò lo scioglimento del gruppo a causa tua. Non mi importa in quanti ti difenderanno. Faremo il possibile per aiutarti, ma dovrai fare in modo che non ci siano ripercussioni sul gruppo o ti lascerò andare. Non pensare che gettandomi in faccia i tuoi scherzi le carte in tavola cambino.»

Davanti a quelle parole il suo pensiero corse inevitabilmente a Seung-hae e per un attimo il suo sguardo si perse nel vuoto. Anni prima anche Eun-ho aveva preso la stessa decisione di Shinji, non aveva sostenuto Seung-hae, ma a lui il suo leader aveva confessato più di una volta di essersi pentito di ciò che aveva fatto. Non lo avrebbe detto a Shinji però, perché se lo avesse fatto sarebbe potuto apparire come un modo per fargli cambiare idea e non voleva farlo. «Sì hyung, va bene, è giusto» gli rispose invece tornando serio.

-Yoona-

Fissava distrattamente la pubblicità di una nota marca di merendine, mentre attendeva che le preparassero il suo caffè americano. Erano giorni e giorni ormai che si nutriva solo di caffè e barrette proteiche, doveva tornare a mangiare come si doveva o presto sarebbe crollata.

L'incontro mattutino con Lee Seung-min e la piccola task force che il ragazzo aveva riunito per aiutare Min-jae era stato davvero utile ed esaustivo. Ora anche lei aveva un'idea più chiara sulla situazione che girava attorno a Min-young e su come doversi muovere per aiutare Min-jae.

Ji Dong-in si era rivelato essere un ragazzo con un'istruzione e una conoscenza a tutto tondo davvero fuori del comune e pianificare con lui era stato semplice e veloce, come lavorare con un computer ad alta tecnologia.

Ancora in attesa rigirò tra le dita il suo badge distrattamente pensando alle prossime mosse da fare. L'agenzia non avrebbe reagito bene in alcun modo, davanti alla notizia dell’esistenza della piccola Mi-young e la sua sola possibilità di salvare il posto di lavoro e Min-jae, era affidarsi all'unica persona influente dentro alla Alpha² che poteva schierarsi dalla sua parte.

Non avrebbe mai voluto far leva su quell'amicizia per salvare la sua carriera, ma non poteva seriamente affrontare la dirigenza da sola.

All’improvviso una musica ben conosciuta attirò la sua attenzione e lei sollevò lo sguardo sullo schermo televisivo appeso nella sala del bar dell'agenzia. In quel momento uno degli MV dei Timelers stava scorrendo sul video e il protagonista principale del pezzo cantato era Eun-ho. Sospirando fissò quel volto caro provando una leggera malinconia. Se Eun-ho avesse saputo quanto incasinata e complicata era la sua vita in quel momento, forse, non l'avrebbe mai convolta in quel pasticcio, ma a lei andava bene così. Min-jae stava passando davvero un brutto momento ed era contenta di poterlo aiutare. Doveva solo riuscire a non farsi licenziare. Nel caso contrario non era per nulla sicura di poter far molto per Min-jae.

Eun-ho sparì dallo schermo sostituito da Shinji che le fece pensare di nuovo all’incontro di quella mattina appena trascorsa. Shinji aveva parlato a lungo con lei prima che si lasciassero, anche lui stava passando un momento non propriamente facile, perché non sapeva come comportarsi e faticava a scindere i suoi sentimenti privati, dal suo ruolo di leader. Non poteva dar torto ai ragionamenti e alle argomentazioni che questi le aveva portato con forza, ma lei attualmente non avrebbe lasciato la mano di Min-jae o di qualsiasi altro membro del gruppo, per nulla al mondo, nemmeno se fosse significato sprofondare assieme.

La sua immagine, di quando piangendo era rimasta ferma e silenziosa dietro la porta dell'ufficio ascoltando Seung-hae che si ribellava da solo alla decisione dell'agenzia di licenziarlo, tornò a straziarla e il suo capo annuì ancora più convinto della decisione presa di sostenere Min-jae in quel momento. Ai tempi in cui Seung-hae era stato allontanato, lei era ancora inesperta e timorosa e non aveva saputo reagire, ma aveva faticato tanto nel corso degli anni per diventare il manager e la donna che era ora e non avrebbe più lasciato nessuno a combattere da solo.

La figura di Eun-ho tornò sullo schermo assieme a Yeongi e a Kisu e quella visione la fece sorridere mentre pensava ai suoi ragazzi.

Era abituata a sentire i membri del gruppo a qualsiasi ora del giorno e della notte, sapeva che loro la adoravano, ma negli ultimi due giorni il suo cellulare era esploso dai messaggi e dalle chiamate degli stessi. Ognuno dei membri dei Timelers stava reagendo a modo proprio alla questione Min-jae e tutti avevano, chi più e chi meno, paure e preoccupazioni che riversavano su di lei. Il pensiero primario dei ragazzi era Min-jae naturalmente, ma avevano anche timore per il gruppo e per lei stessa e continuavano a tempestarla di messaggi con proposte di aiuto e mille domande e dubbi.

«Ecco qui unnie*» la nuova barista, una ragazza molto carina e gentile di nome Byeol le servì il caffè con un sorriso riportandola al presente.

«Grazie Byeol» le rispose raggiungendo il bancone e prendendole il bicchiere dalle mani.

«Sembri preoccupata unnie, spero non sia nulla di grave?» le domandò nel frattempo Byeol guardandola con curiosità.

Lei scosse il capo sorridendole. «Nulla di serio, cerco solo di far quadrare tutti gli impegni.» Era una risposta automatica, una risposta che rifilava ogni volta che qualcuno le chiedeva cosa pensasse, o come stesse.

Byeol annuì poi guardò allo schermo televisivo. «Deve mancarti molto Eun-ho. Io l'ho conosciuto appena, era stata assunta da poco quando se ne è andato, ma da quel poco che l'ho conosciuto ho potuto rendermi conto del fatto che è un ragazzo davvero gentile e talentuoso. Non deve essere facile per chi come te lo vedeva ogni giorno, abituarsi alla sua assenza.»

«Sì» rispose facendo un cenno d'assenso. «La mancanza di Eun-ho si fa sentire, ma tornerà presto e al suo ritorno ci dovrà lasciare Shinji purtroppo. Dobbiamo farcene una ragione e fare del nostro meglio per sopportare» le rispose serenamente.

Una piccola smorfia torse il naso di Byeol oscurandone in parte il sorriso. «Già, è vero» ribatté poi la ragazza. «Ormai i membri dei Timelers sono tutti vicini alla data di arruolamento, mi spiace che debbano andarsene.»

La conversazione con la giovane barista non si prolungò troppo e lei si affrettò all’ascensore non appena riuscì ad allontanarsi e a salutare la ragazza.

I primi tempi non era stato facile abituarsi all'assenza di Eun-ho. Molte delle persone che la circondavano, compresa lei, non si erano davvero resi conto dell'affidamento che tutti facevano sulla figura del leader finché questi non se n'era andato, ma piano piano, almeno per quanto la riguardava, si stava abituando a non averlo più attorno, anche se ancora le mancava.

Entrata in ascensore, salutò alcuni conoscenti e si posizionò in fondo all'abitacolo sorseggiando il caffè, mentre ripensava all’incontro con Eun-ho. Lo sguardo che lui le aveva rivolto quando gli aveva sollevato gli occhiali da sole era stato insolitamente turbato ed emozionato. Smise di bere rivivendo quel momento intenso, ma non abbassò il bicchiere che rimase appoggiato alle sue labbra. Lui stava bene. Ne era certa. Però lo sguardo che le aveva rivolto le era parso strano, diverso; talmente diverso da farle provare il desiderio di andarsene alla svelta.

Scosse il capo leggermente per non crearsi strani pensieri in testa, prendendo un'altra boccata di caffè.

Doveva essere stato strano anche per Eun-ho rivederla dopo tante settimane di lontananza, tutto lì, forse si era sentito a disagio per il suo gesto o per come l’aveva avvicinato, così come era sembrato strano e imbarazzante a lei. Era sicuramente colpa del distacco che lui si era imposto dalla sua vita come idol, se la situazione fra loro era sembrata tesa e diversa e doveva essere per lo stesso motivo che non rispondeva ai suoi messaggi.

Abbassò il bicchiere, sollevando con l'altra mano il cellulare, guardando poi allo schermo spento. Dal loro incontro non gli aveva più scritto e lui non si era fatto sentire. Inspiegabilmente ora non trovava nulla da dirgli che paresse adeguato. Lo avrebbe informato sugli sviluppi del dramma di Min-jae e della salute di Hana non appena avesse qualcosa di realmente interessante da dirgli e magari da lì avrebbero ripreso a sentirsi e le cose sarebbero tornate normali, ma per il momento preferiva non scrivergli.

Quando raggiunse l'ufficio verso cui era diretta l'assistente dello stesso non la fermò, visto che era solita presentarsi senza essere avvisata.

Bussò alla porta e dopo pochi una voce assorta le rispose di entrare.

«Yoona?» Park Sun-mi, sorella maggiore di Juwu e sua cara amica, la salutò con calore non appena la vide entrare. La futura sposa era visibilmente stanca e provata.

«Non avresti dovuto lavorare fino all'ultimo giorno.» Esordì lei raggiungendo la scrivania al quale la sua amica lavorava.

«Sciocchezze» ribatté Sun-mi agitando una mano in aria prima di continuare a digitare sulla tastiera.

Lasciandole continuare il suo lavoro, lei si sedette su una delle poltroncine davanti alla scrivania attendendo che la sua amica terminasse il suo da fare. Mentre guardava Sun-mi di sottecchi continuava a maledirsi per ciò che stava per fare. Si sentiva già in debito con lei dai tempi in cui le aveva procurato quel lavoro come manager e non avrebbe mai voluto coinvolgerla in quel polverone che si stava per sollevare, ma era l'unica che potesse aiutarla. Forse Eun-ho aveva contato proprio su quella sua amicizia, quando si era fidato di lei. Era l'unico in agenzia che sapeva dello stretto rapporto che aveva con Sun-mi, sua ex compagna di scuola, nemmeno Juwu ne era a conoscenza.

Quando era entrata a lavorare all'Alpha² aveva espressamente chiesto alla sua amica del cuore di lasciare i loro rapporti privati fuori dal luogo di lavoro, per non rischiare pettegolezzi o favoritismi e invece ora era lì a chiederle aiuto. Involontariamente sospirò pesantemente mentre pensava ciò, e a quel punto Sun-mi smise di digitare sulla tastiera.

«Wow» disse dopo di che la sua amica voltandosi a guardarla. «Era da tanto che non sentivo un sospiro così doloroso.» Il bel viso di Sun-mi si corrucciò mentre la guardava. «Di nuovo quello stronzo del tuo ex? Cosa ha combinato? Devo per caso assoldare qualcuno che gli spezzi le gambe?» mentre parlava Sun-mi voltò la sedia nella sua direzione. «Perché non mi permetti di metterlo con il culo per terra, non mi ci vorrebbe nulla» minacciò poi questa, seria.

Lei sogghignò in risposta mesta, scuotendo il capo. «Chang-soo ne ha combinata un'altra delle sue, ma la risolverò a modo mio, grazie, non voglio che ti disturbi e non voglio che gli spezzi le gambe» rispose tornando a sospirare. «C'è un problema più grosso che devo affrontare e per il quale ho bisogno del tuo aiuto però» ammise con tono afflitto e teso.

«Juwu?» chiese la sua amica leggermente in ansia poggiando le mani giunte sulla scrivania.

Quando Sun-mi aveva acconsentito a lasciare il lavoro fuori dalla loro amicizia lo aveva fatto facendole promettere che nel caso ci fossero stati problemi con il suo fratellino però, lei sarebbe stata la prima che avrebbe contattato.

Scosse il capo nuovamente rassicurandola: «No, Juwu non c'entra, ma i Timelers sì. Sun-mi non avrei mai voluto coinvolgerti, ma ho davvero bisogno di un alleato in questa faccenda».

La sua amica capì subito che era accaduto qualcosa di grave, quindi si alzò dalla scrivania per raggiungerla e sedersi nella poltrona accanto a lei dicendole: «Raccontami».

Mentre le raccontava ogni cosa accaduta per muoversi nella più completa trasparenza e verità, a metà del suo raccontare, Sun-mi iniziò ad imprecare poco finemente, per poi dopo poco alzarsi dalla poltrona. La sua amica si appoggiò poi alla scrivania con il fondoschiena, afferrandone il bordo con le mani e quando lei finì il suo racconto questa sbottò: «Davvero al giorno d'oggi i ragazzi hanno ancora rapporti occasionali non protetti? Dovrei prendere Min-jae e metterlo in ginocchio su dei fagioli secchi, fino a che non gli ritorna la ragione, o prenderlo a sculacciate fino a che non m’implora di smettere!»

Lei non riuscì a trattenere una smorfia semi divertita davanti a quello sbottare sincero e innegabilmente vero. Sun-mi aveva espresso a parole quello che probabilmente era stato il pensiero di tutti quelli che avevano saputo dell’esistenza della piccola Min-young.

«Era un ragazzino» ribatté lei cercando di giustificare Min-jae.

«No, non lo era» rispose Sun-mi dura, facendola annuì sospirando. Ovviamente aveva ragione.

«No, non lo era, ma entrambe sappiamo come vanno certe cose a volte» disse allora facendo spallucce. «Min-jae è consapevole del suo sbaglio e Shinji non gli permetterà di dimenticarlo credimi, anche se parlare di pentimento in questa circostanza non è carino.» Sollevò poi uno sguardo dolce sulla sua amica dicendo: «Dovresti vedere quella bambina Sun-mi, è davvero bellissima, un vero amore».

Sun-mi si intenerì sorridendo. «Ovvio che lo è, se è figlia di Min-jae! Come può non esserlo, visto che lui è bellissimo!?»

Ridendo lei scosse il capo in segno di disapprovazione. Non parlavano spesso dei membri dei Timelers, ma quando lo facevano si permettevano di esternare tra loro pensieri e opinioni che davanti ad altri non avrebbero mai espresso. «Sai come la penso» ribatté quindi ammiccando. «Non farmelo ripetere.»

Alle sue parole Sun-mi sollevò lo sguardo al cielo sbuffando e dicendo: «Non puoi seriamente dire che Eun-ho è più bello di Min-jae, non sei realistica.»

Per tutta risposta lei sollevò le spalle ancora una volta. «I gusti sono gusti» ribatté.

Sun-mi torse il naso rispondendole: «E i tuoi in fatto di uomini sono pessimi».

Visto che in fatto di preferenze maschili lei e la sua migliore amica non si erano mai trovare d’accordo, non insistette oltre; lanciò però un'occhiata alla foto appesa al muro che ritraeva Sun-mi con il futuro marito Junho, e ancora una volta lo trovò innegabilmente un bell'uomo, che però non rispecchiava i suoi gusti.

«Lui come sta?» Alla domanda di Sun-mi, lei tornò a guardarla.

«Stanco e provato, ma sta cercando di farsi forza per la bambina e il gruppo» rispose, ma mentre parlava Sun-mi prese a scuotere nuovamente il capo per poi dire: «No, non Min-jae. Eun-ho. Come sta?»

Sulle prime si stupì che Sun-mi le chiedesse di Eun-ho, ma poi le parve normale, visto che le aveva appena raccontato di averlo visto. «Sta bene, anche se ora è preoccupato» rispose.

«E ha ragione di esserlo. Dovremmo esserlo tutti. È un bel vespaio quello portato da Min-jae e non riesco in tutta onestà a non avercela con lui in questo momento» disse la sua amica tornado a sedersi alla scrivania.

A quelle parole lei trattenne il fiato.

Che avesse fatto un errore a confidarsi così velocemente con Sun-mi?

«Ma in fondo voglio bene a quel idiota e ha anche la fortuna di essere nello stesso gruppo del mio fratellino, quindi farò di tutto per salvargli il culo» continuò subito dopo Sun-mi puntandole contro un dito minacciosa. «Ma tu fai in modo che questa storia non mi rovini le nozze, o giuro che lo affogo nella piscina dell'hotel.»

Tirando un sospiro di sollievo annuì in risposta e stava per chiedere alla sua amica come avrebbe voluto affrontare la questione con il resto della dirigenza, quando il suo telefono squillò. Prendendo l’apparecchio in mano ne guardò lo schermo sul quale appariva il nome della dottoressa Woo.

Il suo cuore accelerò i battiti a quella vista. «Scusami un secondo» disse a Sun-mi lesta interrompendone lo sproloquio iniziato sulla punizione a cui avrebbe sottoposto Min-jae per la sua leggerezza passata.

Velocemente si alzò allontanandosi dalla scrivania e rispose alla chiamata tesa. «Pronto» rispose con trepidazione. Qualche interminabile secondo di silenzio seguì la sua risposta.

«Manager Yoona, sono Woo Jung-ah» disse dopo diversi istanti la dottoressa.

Lei annuì con un suono di gola.

«Manager, non ci sono molte parole per dirle quello che devo, quindi sarò diretta, mi dispiace, la signorina Park Hana non è sopravvissuta all'intervento. È deceduta.»

Il suo cuore sprofondò nello sconforto più assoluto davanti a quella notizia devastante e le sue gambe parvero voler cedere mentre un capogiro la coglieva.

«Mi dispiace davvero» continuò la dottoressa.

«D'accordo» rispose lei mentre il buio più totale si impossessava della sua mente.

Il dolore di Min-jae e il viso della piccola Min-young erano le uniche cose a cui riusciva a pensare in quel momento.

«Dottoressa, la richiamo io a breve» riuscì a dire prima di crollare, poi interruppe la chiamata lasciando ricadere lungo il fianco, il braccio che tratteneva il cellulare.

«Cattive notizie?» chiese Sun-mi preoccupata davanti al suo evidente stato di shock.

Lei si voltò lentamente verso la scrivania, sperando di svegliarsi in quel preciso momento da quello che le pareva tutto davvero solo un lungo incubo, poi sussurrò: «È morta, Sun-mi… Park Hana non ce la fatta.»

NOTA. Unnie: termine usato dalle ragazze per le sorelle maggiori, ma indica anche una ragazza o una donna più grande.

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