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Capitolo 4.

Capitolo 4.

-Yoona-

Stava piovendo… Le previsioni meteorologiche non avevano detto che avrebbe piovuto quel giorno.

Mentre percorreva le strade di Seoul con l'auto in piena notte, non riusciva a far altro che pensare alla chiamata appena ricevuta.

Quando aveva raggiunto il cellulare che suonava e aveva risposto alla chiamata, non avrebbe mai pensato di sentire Eun-ho dall’altro capo della stessa e non appena aveva sentito la voce di lui, il suo cuore era saltato in gola dalla preoccupazione. Se Eun-ho l’aveva chiamata a quell’ora tarda, doveva essere per un’urgenza, e infatti era proprio così.

La conversazione era stata relativamente breve, perché non appena lei aveva capito che quello nei guai era Min-jae, aveva afferrato spolverino, borsa e chiave dell'auto e si era precipitata fuori casa.

Ciò che gli aveva raccontato Eun-ho pareva quasi la classica trama di un drama*. Un drama in cui lei non avrebbe voluto recitare, ma che non si sarebbe esonerata dal sostenere. Non c'era nulla che non avrebbe fatto per il bene dei suoi ragazzi e Eun-ho lo sapeva, per quello aveva chiamato lei.

Non aveva compreso davvero bene cosa fosse accaduto a Min-jae, dal racconto approssimativo del leader, ma la sua primaria priorità ora era accertarsi che questi stesse bene.

Torcendo il naso scontenta sbuffò leggermente. Avrebbe dovuto capire fin da subito che Shinji stava coprendo una bravata di Min-jae quando si era sostituito al suo amico quella sera per la diretta radio, ma negli ultimi tempi la sua mente era talmente occupata dal lavoro e dei suoi problemi privati, che spesso non era attenta come avrebbe dovuto.

Il semaforo rosso costrinse la corsa della sua auto a fermarsi e lei, con entrambe le mani sul volante a ore dodici, si sporse verso il parabrezza. Scendeva una pioggerellina leggera e i tergicristalli si muovevano lenti. Le piccole gocce catturavano la luce del semaforo dipingendo il vetro di colore rosso.

Prendendo un nuovo grosso sospiro preoccupato si volse verso il cellulare abbandonato sul sedile e proprio in quel momento lo schermo si illuminò.

L'anteprima di un messaggio apparì nitida nella semioscurità dell'abitacolo, - GRAZIE - diceva solo. Il nome di Eun-ho era scritto in grassetto in cima al piccolo riquadro dell'anteprima e alla miniatura della foto abbinata al profilo. Non poteva vedere con chiarezza quell’immagine così piccola da quella distanza, ma non aveva bisogno di vederla nitidamente per conoscerne ogni minimo dettaglio, ricordava molto bene il giorno in cui l'aveva scattata.

La sua mente vagò verso quel ricordo non molto lontano.

Stava cercando Eun-ho per tutta l'agenzia senza successo, sapeva che si trovava ancora nell'edificio, non si sarebbe allontanato senza i membri, aveva solo avuto bisogno di isolarsi dagli altri dopo l'ennesima delusione. L’ultimo brano uscito dei Timelers non si era piazzato nemmeno tra i primi venti nella classifica musicale settimanale, così quando lo aveva saputo, dopo aver incoraggiato e motivato i suoi compagni, con una scusa Eun-ho si era allontanato. Lo conosceva bene, sapeva che era così che si comportava, aveva bisogno dei suoi spazi per auto consolarsi, ma visto che quel giorno si era assentato più a lungo del solito, si era preoccupata e aveva preso a cercarlo. Stava quasi per arrendersi e tornare in ufficio, quando infine lo aveva trovato in terrazza, sul tetto est dell'agenzia. Lo aveva notato subito appena arrivata, Eun-ho era seduto sulla cornice del bordo della vetrata che dava sulla città, con il viso rivolto verso l'esterno. Aveva tentennato quando lo aveva visto così cupo e assorto, sapeva che lui non amava essere disturbato nei suoi momenti negativi, ma era suo compito essere per i membri un supporto e sapeva che se c'era qualcuno che Eun-ho avrebbe ascoltato in quel momento era lei, anche se forse l'avrebbe trattata con freddezza in un primo momento. Si era mossa allora per raggiungerlo e quando lui aveva preso a canticchiare, si era fermata stupita. Si era aspettata di trovarlo triste, scocciato e arrabbiato, invece stava cantando. Mentre tornava ad avvicinarlo lentamente, Eun-ho aveva sollevato la mano voltando leggermente il viso nella sua direzione e lei lo aveva visto sorridere, poi lui aveva afferrato una matita da dietro all'orecchio, che lei non aveva visto fino a quel momento e si era messo a scribacchiare qualcosa su quello che pareva un volantino. Infine, una volta scritto ciò che doveva, era tornato ad appoggiare il capo alla cornice della vetrata e a guardare il cielo canticchiando. In quel momento, una ciocca di capelli neri gli era scivolata sul viso e lei non aveva resistito alla tentazione di immortalare quel volto, che in quel momento le stava trasmettendo così tante emozioni contrastanti, in una foto. Mentre lo guardava attraverso lo schermo del telefono, ricordava di aver avvertito come se fossero emozioni sue, la stessa tristezza e delusione che lui doveva aver provato quel giorno, mista a quella rassegnata serenità e speranza che ancora lo facevano sognare e comporre.

Jeon Eun-ho era esattamente quello che aveva immortalato quel giorno sulla terrazza. Un ragazzo di media corporatura e statura, che portava per lo più i capelli semi lunghi e che si sbizzarriva a tingere dei più disparati colori, dal viso ovale, che spesso se non sorrideva sembrava alquanto duro e gli occhi dal taglio molto allungato, che osservavano il mondo con attenzione e curiosità. Eun-ho era un'anima tormentata e bellissima fatta di alternanti emozioni che lui riusciva a trasmettere agli altri, attraverso alla musica che componeva, mettendo nella stessa tutta la passione e la forza che lo rendevano un ragazzo davvero meraviglioso. Lei gli voleva davvero molto bene e lo ammirava. Eun-ho le aveva dato inconsapevolmente forza in molte situazioni difficili in cui si era ritrovata, perché lei traeva coraggio dal modo in cui lui affrontava la vita e cercava di seguire il suo esempio imitandolo. Quando lo aveva raggiunto quel giorno in terrazza, sedendosi davanti a lui, Eun-ho si era limitato a guardarla dicendole: «Mi hai trovato», e lei aveva sollevato le spalle con un sorriso mesto domandando di rimando: «Non lo faccio sempre?».

Eun-ho allora aveva annuito con un suono di gola fissandola con fare tormentato, un sorriso leggero appena accennato sulle labbra.

Sapeva a cosa lui stava pensando. Sapeva che tante volte era stato tentato di mollare tutto, eppure ogni volta che cadeva si rialzava.

«Le previsioni del tempo non danno mai le informazioni giuste, hai visto?» Gli aveva detto lei dopo poco guardando il cielo azzurro. «Credo che nessuno possa davvero prevedere il futuro, no? Nemmeno chi studia il tempo» aveva continuato a dire con noncuranza, poi tornando a sollevare le spalle lo aveva guardato di nuovo. «Quindi bisognerebbe semplicemente continuare ad andare avanti senza curarsi troppo delle previsioni. D'altronde anche se si esce senza ombrello e inizia a piovere, il peggio che può capitare sarà quello di prendersi un raffreddore, o nel caso di un improvviso caldo si suderà più del previsto, se si è usciti con vestiti troppo pesanti. Non credi?»

Mentre lei parlava Eun-ho era rimasto a fissarla in silenzio, poi ad un tratto aveva sbottato: «Sono un cantante non posso prendermi un raffreddore».

«Nah!» Aveva risposto lei colpendolo lievemente sul ginocchio con la mano. «Certo che te lo puoi prendere! Sarà una buona scusa per riposare.»

A quel punto lui aveva sorriso, scuotendo il capo, dicendole: «Sei davvero una pessima manager, Yoona».

Quando erano soli si permetteva di chiamarla per nome. Era stata lei a dargli il permesso, d’altronde non erano poi così distanti come età e si trattavano con famigliarità.

A quel commento lei aveva sollevato gli occhi al cielo sospirando. «Eh lo so, per questo i miei idol sono così sbandati» aveva poi risposto facendolo ridere.

Il verde scattò sul semaforo e la riportò al presente.

Ripartendo con l'auto, si rimise in cammino, ma il suo pensiero non si allontanò da Eun-ho.

Aveva creduto che a lui avrebbe fatto piacere sentirla spesso anche durante il servizio militare, erano sempre stati in ottimi rapporti, fin da quando lei aveva preso a lavorare con i Timelers dal loro debutto, ma forse si era sbagliata. Si era sempre considerata più un'amica dei membri che una manager, ed era quindi rimasta delusa dal fatto che lui avesse preso a ignorare i suoi messaggi. D'altronde un po' lo comprendeva. Per Eun-ho doveva essere un momento difficile e forse preferiva mantenere le distanze, per non soffrire ancora di più la mancanza della sua vita da idol, ma se lei avesse smesso di scrivergli si sarebbe sentita come se lo avesse abbandonato e non voleva affatto sentirsi così; quindi avrebbe continuato a mandargli messaggi, sperando in qualche modo di aiutarlo e non di farlo sentire peggio.

C’era stato un periodo della sua vita, che non era stata così solerte e attenta con i membri e guardava a quel periodo con rimpianto e dolore. Ogni giorno rimpiangeva di non essersi accorta della depressione e della rabbia che avevano colpito Seung-hae, l'ottavo membro del gruppo al debutto e di non aver fatto tutto quello che era in suo potere per far sì che l'agenzia non lo allontanasse dagli altri licenziandolo. Si era ripromessa, dopo quel fatto, che non avrebbe mai più lasciato uno dei suoi ragazzi da solo, nel bene e nel male; che avrebbe fatto qualsiasi cosa era nelle sue possibilità per renderli felici e sereni. Quindi, anche se non volevano averla attorno, lei si sarebbe sempre occupata di loro e li avrebbe sostenuti come meglio poteva.

Quando arrivò in ospedale non ci mise molto a trovare Min-jae, perché non appena lo descrisse ad un'infermiera, questa comprese subito chi stava cercando e l'accompagnò in una saletta d'attesa privata. Yook Min-jae non era un tipo che passava inosservato, anzi, tutto il contrario.

Quando l’infermiera gli indicò la porta da prendere, lei la ringraziò salutandola, poi entrò piano.

Vide subito Min-jae, era seduto su di una sedia piegato su sé stesso; lui risollevò la testa non appena udì la porta aprirsi e lei ne incontrò lo sguardo disperato.

La prima reazione che si palesò sul volto di Min-jae quando la vide fu la sorpresa, che fu seguita dalla paura, ma non appena lei entrò richiudendosi la porta alle spalle e lo guardò con tenerezza e compassione, gli occhi già gonfi di lui si riempirono di lacrime e il suo viso espresse tutta la disperazione che in quel momento doveva provare.

«Min-jae» lo raggiunse mentre lo chiamava per nome, e quando gli fu dinanzi spalancò le braccia.

Min-jae senza alzarsi dalla sedia ricambiò il suo gesto e lei lo abbracciò per confortarlo.

«Noona ho combinato un casino, mi dispiace.» Prese a dire lui stringendola forte alla vita.

Lei gli passò un braccio attorno alle spalle e poggiò l'altra mano sulla sua testa dandogli piccoli colpetti rassicuranti. «Tranquillizzati ora. Sono qui e risolveremo tutto, ma ora calmati.»

Min-jae stava cercando di trattenersi e di non scoppiare a piangere, ma le sue spalle tremavano.

«Va tutto bene Min-jae, sono qui io ora.» Continuò a ripetergli lei finché non lo sentì rilassarsi leggermente. Quando lui si ritrasse lei lo lasciò andare, ma arretrò solo di un paio di passi, guardandolo in volto, era stanco e provato, oltre che arrossato e gonfio. Lo sguardo che Min-jae sollevò su di lei quando lo guardò, era paragonabile a quello che avrebbe potuto avere un cucciolo trovato sotto un acquazzone durante un temporale terrificante.

Gli sorrise confortante poi gli passò due dita sulla fronte allontanando i capelli scomposti che aveva attorno al viso. «Cos'è successo di preciso, vuoi dirmelo? Eun-ho non è stato del tutto chiaro sulla faccenda.»

Min-jae non parve sorpreso nel sapere che l'aveva contattata il leader dalla caserma. Cosa diavolo era successo quel giorno? Non poteva lasciare quei ragazzi da soli una giornata senza che accadesse il finimondo!?

Min-jae prese un grosso respiro. «È davvero un bel guaio noona».

Annuendo accennò un sorriso: «Sì, questo l'ho capito, ma non mi dice nulla il sapere che hai combinato un guaio, se non mi dici che guaio. Puoi spiegarti meglio e nel dettaglio?» gli chiese lei allora.

«Forse dovresti sederti» le consigliò a quel punto lui.

Scuotendo il capo rifiutò e rimase dov’era.

Min-jae allora iniziò a raccontare partendo da ciò che era successo al centro commerciale e quando il racconto giunse al momento in cui lui disse di aver riconosciuto la bambina presente, come sua figlia, si pentì di non essersi seduta. Eun-ho non le aveva menzionato la bambina, ma solo la ragazza!

Per un attimo si sentì tradita e ingannata dal leader dei Timelers. Eun-ho sapeva benissimo che giunta fin lì non avrebbe negato il suo aiuto a Min-jae, l'aveva attirata in una trappola, quel teppista!

«Min-jae, sei sicuro di quello che dici?» Tentò di interrompere il fiume di parole che questi le stava riversando addosso, ma la sua domanda generò una nuova valanga ancora più dirompente di frasi sconnesse e agitate.

Min-jae si alzò poi di scatto prendendo a camminare per la stanza gesticolando, dicendole che non aveva dubbi e prese a raccontare di una ragazza, Hana, la madre della bambina, e della notte che avevano passato assieme anni prima, entrando anche in diversi particolari intimi. Particolari che lei sinceramente non avrebbe voluto sapere.

«Aspetta, aspetta. Min-jae fermati.» Intercettando l'andirivieni di Min-jae lei gli posò le mani sul petto per bloccarlo. Era estremamente alto e dovette sollevare la testa per guardarlo in viso così da vicino.

«Rallenta campione e torna al presente. Devi dirmi cosa sta accadendo ora e come sta… Hana e dov'è la bambina» gli disse poi cercando di farlo tornare lucido e in parte calmo.

Min-jae parve avere un mancamento davanti a quelle parole e arretrando di diversi passi si appoggiò poi ad una colonnina che esponeva dépliant.

«Hana deve essere operata e servono molti soldi. La bambina ora è con una dottoressa che conosce Hana» rispose lui impallidendo e proprio nello stesso attimo, come evocate da quelle parole, le due entrarono nella saletta.

Quando il suo sguardo si spostò da Min-jae, alla bimba che teneva per mano la dottoressa, il suo cuore fece una capriola e istintivamente le sue mani si portarono davanti alla sua bocca per mascherare il suo stupore. Non c’era alcun dubbio che la bambina assomigliasse a Min-jae. Forse se lui non le avesse detto nulla, non avrebbe notato la somiglianza ad un primo impatto, ma per lei che sapeva, era innegabile. I due avevano lo stesso taglio di occhi, il naso dritto e affilato, e le labbra carnose erano esattamente della stessa fattura.

«Cosa ti avevo detto, noona? Mi assomiglia vedi» le bisbigliò Min-jae all'orecchio mentre la dottoressa avanzava nella stanza.

«Buonasera dottoressa» cercando di riprendersi in fretta, lei fece un piccolo inchino alla donna. «Sono Ahn Yoona, la manager di Min-jae.»

Eun-ho le aveva detto che in ospedale una dottoressa che aveva conoscenze nella loro agenzia aveva aiutato Min-jae, quindi suppose che fosse quella donna.

«Buonasera, sono Woo Jung-ah» si presentò la dottoressa con un cenno cordiale.

Quando entrambe le furono dinanzi, la piccola staccò la mano da quella della donna e si diresse con decisione verso Min-jae. Sbarrando leggermente gli occhi lei ne seguì il movimento.

Anche Min-jae si sorprese, tanto che fece un mezzo passo indietro quando la piccola lo avvicinò, ma la bambina non sembrò notarlo, e quando lo raggiunse, soffocando un mezzo sbadiglio, sollevò le braccia verso di lui. «Voglio andare a casa» disse poi con tono deciso.

Min-jae guardò da lei alla dottoressa disorientato; eppure nonostante il suo evidente smarrimento sollevò la bambina in braccio, che poggiò la testa sulla spalla di lui ficcandosi il pollice in bocca, non appena fu tra le sue braccia.

Il suo cuore si sciolse come neve al sole davanti a quella dolce scena. La bimba si perdeva quasi tra le braccia di Min-jae e il contrasto di quel corpicino piccolo e delicato, premuto sul suo torace ampio, sembrava un quadretto studiato per essere immortalato in una fotografia.

Mentre teneva tra le braccia la bambina, le spalle di Min-jae riacquisirono la postura fiera e rigida che questi era solito tenere, come se il solo avere la bimba in braccio lo facesse sentire più responsabile e sicuro, nonostante il suo sguardo fosse ancora evidentemente disperato.

Se c'era una cosa di cui lei era assolutamente certa, era che nonostante tutti i pigri difetti che aveva, non ci sarebbe stato nessun altro membro dei Timelers, in quel momento, che avrebbe potuto essere un perfetto padre a parte Yook Min-jae.

Min-jae aveva tutti i requisiti per il ruolo di bravo genitore, solo doveva disseppellirli da sotto strati e strati di indolenza e spensierata giovinezza.

«Manager possiamo parlare un attimo in privato?»

La voce della dottoressa la distolse da quei pensieri e lei annuì. Min-jae parve implorarla con lo sguardo di non lasciarlo, ma lei gli sorrise annuendo, poi lo avvicinò. «Sistemerò le cose poi andremo via, torno subito. Resisti ancora un po' piccolina…» disse poi rivolta alla bimba sfiorandole i capelli con la mano. «Fra un po' andiamo a casa.»

-Min-jae-

La manager Yoona calò sulla sua testa il cappello fino a quasi coprirgli gli occhi, mise una copertina su Min-young avvolgendo con la stessa anche le sue spalle, poi aprendo l'ombrello poggiò una mano sulla sua schiena e lo spronò ad avviarsi verso il parcheggio dove si trovava la sua macchina.

Lui si lasciò guidare tenendo stretta Min-young tra le braccia. Era davvero stanco, non sapeva nemmeno che ore fossero, era stremato.

Quando furono alla macchina la manager gli tolse la bimba dalle braccia e lui provò uno strano freddo dentro quando lo fece. La dottoressa Woo aveva detto di aver parlato con la piccola dicendole che poteva fidarsi di lui, che era un caro amico della sua mamma. Aveva anche accompagnato Min-young a vedere Hana dicendole che la sua mamma aveva bisogno di diversi giorni di riposo prima di tornare da lei.

Anche lui aveva voluto vedere Hana prima di lasciare l'ospedale e aveva dovuto faticare per non cedere nuovamente alle emozioni, vedendola in quello stato di incoscienza, piena di tubi e aghi infilati addosso. Se avesse ricordato quella notte in futuro non sarebbe mai riuscito a dire quale emozione o sentimento fosse stato il predominante. Era davvero troppo stanco per ricordarlo.

Dopo il suo arrivo la manager Yoona aveva anche avviato le procedure per l'operazione di Hana dando il proprio recapito come riferimento all'ospedale e quando lui le aveva chiesto dove avrebbero trovato i soldi per l'intervento, lei gli aveva solo detto di non preoccuparsene.

Era consapevole che avrebbe dovuto insistere perché gli dicesse le cose come stavano effettivamente, ma non ne aveva davvero le forze al momento.

Con fare stanco gettò uno sguardo nel sedile posteriore dove Min-young era tornata a dormire.

«Dove siamo diretti?» chiese poi alla manager guardandone il profilo.

Yoona sembrava assorta. Lo era sicuramente. Ringraziava Eun-ho per averla mandata in ospedale, ma ora lei si trovava in una posizione scomoda. Una posizione in cui lui non avrebbe mai voluto metterla. Sperava solo che Yoona cercasse di comprenderlo e che non riferisse subito l’indomani all’agenzia ciò che era successo, e la situazione in cui si trovava. Eun-ho si fidava ciecamente di lei, anche lui si fidava, ma Min-young e Hana erano un grosso problema al momento e forse Yoona, non si sarebbe voluta accollare il fardello da sola. In fondo poteva capirla se avesse denunciato l’accaduto alla Alpha². Yoona era una donna forte e in gamba e teneva al gruppo anche più della sua vita privata, come aveva ben e spesso dimostrato, ma non poteva prendersi responsabilità pesanti come quella che le aveva aggravato addosso, senza rendere conto all’agenzia. Era stato sleale da parte di Eun-ho appoggiarsi a lei, ora l’avevano messa nei guai coinvolgendola.

«A casa mia» rispose la manager distrattamente.

«Non posso dirlo all'agenzia» ribatté lui. «Lo capisci vero? Adesso non posso dirglielo. Non prima di sapere cosa ne sarà di Hana e aver parlato con lei.»

«Non glielo diremo» disse lei di rimando. Yoona teneva la mascella tesa e sembrava sopraffatta dai pensieri.

Avrebbe dovuto dirle che non poteva accettare che lo coprisse, che doveva pensare a sé stessa e al suo lavoro, ma se lei non lo avesse aiutato, lui non avrebbe saputo cosa fare con Min-young, quindi non le disse nulla, ma rimase a fissarla. Aveva un bel profilo, lo aveva sempre pensato. Segretamente, e anche non segretamente, in quegli anni passati con lei accanto, tutti i membri del gruppo erano passati attraverso ad un periodo di infatuazione per la bella manager. C'erano stati addirittura momenti in cui si erano comportati come galli in un pollaio quando lei era presente, fino a che l'affetto fraterno che Yoona aveva dato ad ognuno di loro, era divenuto una bella amicizia e tutti erano riusciti a superare la cotta per lei, chi più chi meno velocemente. Durante quei primi periodi, Yoona era stata davvero brillante nell'affrontare la situazione e nel trattarli tutti allo stesso modo, senza mai comportarsi in modo inappropriato o equivoco. Il fidanzato di lei Kim Chang-soo, era davvero un uomo fortunato, perché la sua manager era una donna fantastica.

«Non voglio metterti nei guai con l'agenzia e con il signor Kim, noona. Non avrei voluto coinvolgerti, ma non posso rifiutare il tuo aiuto perché non saprei cosa fare con la piccola se tu non mi aiutassi» le disse sincero.

Yoona annuì senza guardarlo, senza sorridere. «Ci muoveremo un passo alla volta Min-jae. Mi incontrerò con la dottoressa Woo domani mattina, visto che ci ha offerto il suo aiuto per badare a Min-young. Come saprai, la sorella è la fidanzata di Seung-min degli OTA e pare che abbia anche molte conoscenze influenti, quindi ci aiuteranno entrambe a prenderci cura di Hana e Min-young e a trovarne parenti e amici. Ce la caveremo, tutti. Tu devi solo tornare al lavoro e lasciare che mi occupi del grosso della faccenda.» Parlava in modo sicuro, come se avesse già un piano in testa e forse era proprio così. Yoona era un abile stratega e non c’erano dubbi che avrebbe fatto di tutto per tenere l’intera questione sotto controllo, ma parte di ciò che disse lo fece imbronciare.

«Non posso lasciare Min-young con degli estranei e Hana da sola» protestò. «Devo stare accanto ad entrambe.»

Yoona finalmente lo guardò e quando lo fece gli lanciò uno sguardo severo e deciso. Conosceva quello sguardo e solitamente non ammetteva repliche o dinieghi. «Per l'amor del cielo Min-jae, come conti di non far sapere all'agenzia ciò che sta succedendo se ti assenterai dal lavoro per star loro vicino? Ragiona per favore. Devi continuare con la tua vita di tutti i giorni e decideremo come muoverci man mano che ci saranno sviluppi.»

Lui si morse il labbro frustrato. Non poteva replicare, perché ovviamente lei aveva ragione.

Quando comprese che il suo silenzio era carico di delusione e frustrazione, Yoona gli poggiò una mano sulla gamba e lo guardò in modo più morbido. «Un passo alla volta Min-jae. Affrontiamo la questione con giudizio. Domani andrai al lavoro e io ti terrò aggiornato, poi vedremo il da farsi.»

Nonostante si sentisse davvero male al pensiero di tornare al lavoro come nulla fosse, lasciando Min-young a quel modo, annuì e le sorrise lievemente. Non poteva seriamente permettersi di rendere la vita difficile a Yoona protestando ancora, dopo che lei si era proposta di aiutarlo e coprirlo.

Tornando in silenzio si mise a guardare fuori dal finestrino pensando ad Hana e non si accorse di essersi addormentato fino a che non sentì lo sportello dell’auto aprirsi e chiudersi.

Yoona era scesa dalla macchina e stava prendendo in braccio Min-young. Di nuovo lui si imbronciò a quella vista, ma la lasciò fare, nascondendo il volto il più possibile quando uscì dall’auto, per non essere riconosciuto nel caso avessero incontrato qualcuno nel tragitto fino all'appartamento.

Mentre seguiva la sua manager, si accorse solo in quel momento che da sotto allo spolverino di lei sbucavano un paio di gambe di un pigiama giallo pastello con delle farfalle disegnate sopra.

Un leggero sorriso riuscì a spuntare nuovamente sul suo viso. Yoona era accorsa in suo aiuto in pigiama, era davvero meravigliosa.

Era già stato nell'appartamento della sua manager, più di una volta, anche se non lo aveva visitato mai del tutto, quindi non si sentì a disagio nell’entrarci. Sapeva che lei aveva acquistato quell’immobile da poco tempo, assieme al signor Kim e che lo stesso sarebbe poi stato la loro casa da coppia, una volta sposati. Ora che ci pensava, la data del matrimonio non doveva essere molto distante, anche se Yoona non l’aveva ancora ufficialmente annunciata.

Appena arrivati, misero Min-young in una piccola stanza con un piccolo letto. Era una stanza relativamente spoglia, si vedeva che il suo scopo futuro era proprio quello della destinazione d'uso che ne avrebbero fatto ora e cioè futuri bambini.

Yoona sembrava a suo agio mentre si occupava di Min-young; le tolse il minimo indispensabile per farla dormire comoda, poi le mise dei cuscini attorno per rendere il letto sicuro e non farla eventualmente cadere se si fossa mossa nel sonno.

Min-young non si svegliò mai mentre Yoona la maneggiava.

Una volta assicuratasi che la bambina continuasse a dormire serena, la sua manager gli fece cenno di seguirla, e si avviò per uscire dalla camera.

Lui si attardò un attimo, per guardare ancora una volta con fare dispiaciuto e preoccupato il visino dolce e rilassato di Min-young, poi seguì Yoona, trovandola in cucina.

«Siediti, preparo qualcosa di caldo» gli disse lei non appena lo vide.

«Forte?» domandò lui. Gli ci voleva dell’alcool in quel momento.

Yoona se ne uscì in uno sbotto derisorio ribattendo: «Caldo Min-jae, solo caldo. Vai in salotto e stenditi sul divano» ordinò poi.

Lui non protestò e si diresse stancamente al divano gettandovisi sopra, poi abbandonò la testa contro lo schienale dello stesso chiudendo gli occhi.

Avrebbe dovuto sentirsi dispiaciuto e in colpa in quel momento e invece si sentiva solo grato e sollevato di averla accanto.

Si addormentò di nuovo e si svegliò solo quando il campanello d’ingresso suonò.

Sobbalzò aprendo gli occhi e vide Yoona che si stava alzando da terra. Doveva essersi seduta sul tappeto che stava davanti al divano.

«Chi è?» domandò lui ancora frastornato, mentre lei si allontanava senza rispondere.

Fece appena in tempo ad alzarsi, mentre il suo gruppo piombava in salotto sorprendendolo.

«Maledizione Min-jae, ma cosa diavolo ti passa per la testa!» Shinji lo assalì non appena lo vide dirigendosi verso di lui come se volesse picchiarlo, ma fu Yeongi il più veloce a raggiungerlo e lui se lo ritrovò addosso in un lampo. Yeongi lo abbracciò alla vita poggiando il viso al suo petto, mentre lo stringeva in una morsa ferrea.

«Hyung che spavento. Hyung, stai bene vero?» prese poi a dire il suo fratellino sollevando il viso, guardandolo con fare disperato.

«Shtt…» Yoona ritornata in salotto silenziò i presenti poggiandosi un dito sulle labbra imperiosa, poi sollevò la mano libera aperta per placare gli animi. «Il primo che alza nuovamente la voce verrà sbattuto in corridoio senza scarpe» minacciò poi. «Datevi tutti una calmata e non fate rumore.»

I suoi amici si zittirono e Yeongi si immobilizzò, ma non lo lasciò andare.

Tutti sapevano che Yoona manteneva sempre le sue promesse e le sue minacce e che non c’era da scherzare con lei quando diceva sul serio come in quel momento.

Sollevando lo sguardo ferito e tradito su di lei, lui ne cercò l’attenzione e quando l’ebbe le chiese: «Perché li hai chiamati?»

«Perché avevo bisogno dell’aiuto di qualcuno che ti trascinasse al dormitorio a dormire per qualche ora e perché meritano di sapere cosa ti è successo. Sono i tuoi compagni, non puoi mentire a loro, solo loro possono aiutarti in questo momento difficile» rispose lei sicura.

Automaticamente lui mise il broncio incrociando le braccia sul petto e così facendo allontanò Yeongi che rilasciò l’abbraccio. Ovviamente aveva ancora ragione lei, ma lui non era pronto mentalmente ad affrontare il gruppo.

«Sedetevi dove volete e non parlate più finché Min-jae non avrà finito di spiegarvi cosa è successo» tornò a ordinare Yoona.

I suoi amici fecero come la loro manager aveva chiesto, tutti tranne Shinji, che rimase in piedi davanti a lui teso. Osò allora lanciargli un'occhiata e un brivido gli accapponò la pelle delle braccia. Il volto del suo attuale leader era una maschera indecifrabile di freddezza e il cuore gli saltò in gola dall’apprensione.

Quando notò ciò che stava accadendo, Yeongi che si era seduto sul divano dietro a lui, si rialzò e lo affiancò stringendogli una mano attorno al braccio, come a volerlo appoggiare e proteggere.

«Shinji?» Yoona chiamò Shinji avvicinandosi piano e questi si voltò a guardarla. «Vuoi sederti per favore? Ti assicuro che Min-jae ha avuto le sue buone ragioni per comportarsi come si è comportato. So che ti sei preoccupato e che sei stato messo in una situazione difficile oggi, ma ascolta prima di giudicare cosa il tuo amico ha da dire, ok?»

Lui vide Shinji arrendersi a Yoona e annuire, puoi il suo leader andò a sedersi a terra di fianco al basso tavolino che si trovava accanto al divano. Anche Kisu, Juwu e Young-min si erano seduti a terra e lui corse con lo sguardo su ognuno di loro brevemente, prima di muoversi, ma non osò guardarli veramente negli occhi.

«Stai bene hyung?» Tornò in quel momento a chiedergli Yeongi che ancora lo teneva stretto.

Un nodo di commozione e disperazione tornò a serrargli la gola facendogli scuotere il capo in modo negativo. Ora poteva davvero ammetterlo che non stava bene, perché non stava bene e trovarsi i suoi amici accanto lo stava facendo rendere davvero consapevole al momento di ciò che aveva passato e che stava passando.

Trattenendo a stento le lacrime si sedette sul divano con Yeongi accanto e prese a raccontare al gruppo ciò che era accaduto quel giorno e tempo prima con Hana. La sua voce uscì bassa e roca mentre parlava, a tratti rotta dalle emozioni che davanti a coloro che considerava i suoi fratelli non riusciva più a trattenere. Quando ammise di aver riconosciuto in Min-young sua figlia, Yeongi prese a piangere silenziosamente. Il suo fratellino era davvero molto dolce e sensibile e lui sapeva che stava piangendo per lui e per la situazione in cui si era andato a trovare, oltre che per Hana e per Min-young, anche se non le conosceva.

Le reazioni degli altri membri davanti alla rivelazione della paternità di Min-young furono diverse e vistose. Juwu scattò con il capo all'indietro mettendo entrambe le mani sulla testa, afferrandosi i capelli con le dita. Young-min sgranò gli occhi e spalancò la bocca scioccato. Kisu si alzò di scatto incapace di star seduto e Shinji chiuse gli occhi trattenendo il respiro come se stesse per sentirsi male

«Dov'è ora?» Domandò Yeongi non appena capì che il racconto era terminato.

«Dorme nella stanza qui accanto» rispose Yoona per lui.

Ancora con gli occhi lucidi Yeongi domandò: «Posso vederla?»

Il suo fratellino aveva un amore sviscerale per bambini e animali, lo aveva pensato diverse volte quel giorno, aveva già immaginato di vederlo con Min-young, era sicuro che sarebbe stato uno zio premuroso, amorevole e attento.

Lui guardò a Yoona, che annuì sorridendo lievemente.

Lo stupì quando tutti i membri lo seguirono nella stanza dove la piccola stava riposando. Aprì piano la porta e la luce proveniente dal corridoio illuminò il letto dove Min-young dormiva profondamente, con il viso rivolto nella loro direzione, la mano stretta a pugno di fianco al capo e la bocca semiaperta.

«Mio Dio!» sussurrò Yeongi teneramente nel vederla, poi lo raggiunse e lo abbracciò continuando a guardare al letto. Lui gli passò un braccio attorno alle spalle beandosi di quel contatto fraterno e confortante che gli riscaldava corpo, cuore e mente.

«Hyung è così piccola» borbottò piano Juwu alle sue spalle facendolo annuire ancora una volta.

«Uscite ora» disse poco dopo Yoona rimasta nel corridoio alle loro spalle.

Ad uno ad uno i suoi amici si avviarono in silenzio per tornare in salotto.

Lanciando un’ultima occhiata a Min-young richiuse la porta e quando si voltò per tornare dagli altri incontrò lo sguardo saldo di Shinji rimasto ad aspettarlo.

«Mi dispiace» gli bisbigliò lui facendo ricadere le braccia lungo il corpo, seriamente affranto.

Shinji rimase immobile per un lungo momento, poi annuì con il capo. «Va bene» gli disse poi facendogli segno di raggiungerlo. «Va bene Min-jae, l'affronteremo, non sarai solo.»

Una nuova ondata di commozione lo assalì.

Shinji se ne accorse e visto che lui non era riuscito a muoversi, fu questi ad avvicinarlo e abbracciarlo. «L'affronteremo in qualche modo.» Tornò a dire il suo leader stringendolo e dandogli una pacca sulla schiena di incoraggiamento. «Andrà bene, ce la caveremo» lo sentì dire ancora.

Lui allora chiuse gli occhi sopraffatto. Non meritava il suo appoggio, era stato davvero uno stupido incosciente. «Mi dispiace hyung» tornò a ripetere a quel punto incapace di dire altro. «Mi dispiace davvero.»

*NOTA: DRAMA: è un formato di fiction televisiva sudcoreana

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