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Capitolo 3.

-Min-jae-

Non sapeva che Lee Seung-min avesse una ragazza, ma molti idol non andavano in giro a sbandierare le loro relazioni, soprattutto quando si trattava di unioni con persone fuori dal mondo dello spettacolo e lui non era in rapporti stretti con il gruppo degli OTA.

I Off the Limit avevano debuttato ormai quasi da dieci anni e assieme alle Golden Girl erano i due gruppi migliori della loro agenzia. Essendo i più anziani dell'Alpha², gli OTA erano rispettati da tutti e gli otto membri del gruppo venivano considerati come divinità nel panorama musicale coreano. Nonostante fossero tutti sunbae davvero molto cordiali e gentili, lui non aveva avuto molte occasioni di frequentarli, se non nelle rare volte in cui avevano collaborato in qualche evento. Tutti i membri di quel gruppo gli piacevano e lui li stimava davvero molto, ma non avrebbe mai voluto che venissero a conoscenza del suo attuale segreto. L’agenzia doveva rimanere all’oscuro per il momento di quello che stava accadendo. Non poteva affrontare anche i problemi legati all’agenzia quando ancora stava naufragando in alto mare senza avere la più pallida idea di come potersi salvare.

La dottoressa Woo gli lasciò qualche attimo per assimilare ciò che gli aveva rivelato. «Lo conosci vero? Te lo leggo in viso» disse poi sorridendo leggermente. «Non preoccuparti, non dirò nulla che tu non vuoi che si sappia. So quanto sia importante per voi idol la riservatezza e quanto conti per voi la figura del vostro leader.» L’atteggiamento duro e distaccato della donna era del tutto scomparso ora e al momento sembrava molto rilassata, al suo contrario, che non sapeva cosa dirle.

«Fino a non molto tempo fa sapere che sei un idol mi avrebbe influenzata portandomi a trattarti in malo modo, ammetto che avevo davvero una scarsa opinione su tutti quelli come te, peccavo di superficialità ed è una cosa che ora mi dispiace. Lee Seung-min mi ha aperto gli occhi e mi ha fatta cambiare idea, è davvero un ragazzo d’oro e sono contenta che frequenti mia sorella. Cercherò di prendere tempo con il personale dell’ospedale mentre ti metti in contatto con il tuo leader e nel caso tu abbia bisogno del mio aiuto, non esitare a chiamarmi, ti lascio il mio numero di cellulare così potrai contattarmi.» La dottoressa Woo estrasse il suo cellulare dalla tasca mentre lui ancora la fissava in silenzio.

Poteva fidarsi di quella donna? O avrebbe rischiato ancora più guai se si fosse fidato di lei?

«Ho conosciuto Hana e Min-young nella sauna pubblica dove mi reco abitualmente» la dottoressa ignorò il suo smarrimento e abbassò lungo il fianco la mano che tratteneva ancora il cellulare. «Dopo un po' di tempo abbiamo preso a incontrarci anche nei vari negozi della zona o per strada, e spesso ci siamo fermate a prendere un caffè assieme. In qualche occasione abbiamo pure cenato in compagnia di mia sorella e mia madre che venivano anche loro alla sauna. Non posso seriamente dire di essere un’amica di Park Hana, ma la conosco abbastanza bene da poter dire che Min-young è tutta la sua vita.» A quelle parole un tuffo al cuore gli procurò una fitta dolorosa.

«Non so cosa sia successo tra voi, ma so che mia sorella in più di un’occasione ha parlato di Lee Seung-min davanti ad Hana e lei non ha mai dimostrato disprezzo verso gli idol, come non ha mai parlato male del padre di Min-young confermandomi in un'occasione che il vostro fu solo un rapporto occasionale.»

Non si accorse di quanto ciò che la donna gli stava dicendo lo stava toccando, fino a che non sentì una lacrima cadere dall'occhio destro e scivolare sulla guancia.

La dottoressa sorrise dispiaciuta vedendolo piangere. «So che è difficile questo momento per te, se come hai appena detto non sapevi nulla dell’esistenza di Min-young. Non deve essere stato facile sapere di tua figlia in questo modo e sapere che Hana forse potrebbe non salvarsi, ma ora devi cercare di farti forza e pensare a Min-young. Non lasciarla sola, non permettere che qualche estraneo la porti via, quella bambina non lo merita, perché sia lei che la madre hanno avuto una vita difficile.»

Il suo corpo tornò a tremare mentre l’angoscia lo assaliva. «Non so cosa devo fare» ammise poi con un filo di voce.

La dottoressa annuì comprensiva. «Allora fatti aiutare, contatta il tuo leader e chiedigli aiuto. Sono certa che non ti volterà le spalle.»

«Non posso» le rispose angosciato. «Ho provato a contattarlo, ma è a servizio militare e non sempre può usare il telefono. Non so quando vedrà i miei messaggi.»

Woo Jung-ah serrò le labbra corrucciandosi come se stesse valutando alcune situazioni mentre lui chiudeva le mani a pugno per cercare di controllarsi e non crollare come un bambino davanti a lei.

«Allora ti aiuteremo noi. Lee Seung-min è la persona più onesta e coscienziosa che io conosca e lui e i suoi compagni hanno affrontato situazioni difficili, sa cosa vuol dire trovarsi in situazioni come la tua. Permettimi di contattarlo e di chiedergli aiuto.»

Serrando maggiormente le mani fino a farsi male, lui avvertì una forte nausea. Se l'agenzia fosse venuta a conoscenza della bambina avrebbe messo nei guai l'intero gruppo, ma non poteva voltarle le spalle. Non sapeva davvero cosa fare. «Non posso. L’agenzia al momento non deve sapere di Min-young» rispose disperato.

«Ti capisco, ma ti assicuro che Seung-min non ti tradirà. Ti do la mia parola per lui» cercò di convincerlo la dottoressa.

Non poteva seriamente affidare il suo destino e quello dei Timelers a dei quasi sconosciuti. Forse avrebbe fatto meglio a chiamare Shinji o la manager Yoona, ma non voleva mettere nessuno dei due nella scomoda posizione di proteggere il suo segreto. Doveva cavarsela da solo in qualche modo.

«In quale caserma è a servizio il tuo leader?» tornò a chiedergli Jung-ah dopo un lungo silenzio.

Titubante lui le rispose e la donna annuì.

«Proverò a chiamare un mio conoscente e a farlo rintracciare, così ti potrà contattare» disse Jun-ah e lui vide uno spiraglio di luce nelle tenebre che lo soffocavano. Quella era un’ottima idea.

«Come si chiama il tuo leader?» domandò poi la donna.

«Eun-ho. Jeon Eun-ho» le rispose grato.

«Va bene, allora io vado» si congedò la dottoressa facendogli un cenno con il capo. «Fai attenzione con Min-young, comprende molto più di quello che pensi. Non dire cose davanti a lei che potrebbero turbarla. Soprattutto sullo stato di salute di Hana» si raccomandò.

Annuendo lui deglutì pesantemente poi la ringraziò. La dottoressa insistette ancora una volta per lasciargli il suo recapito, poi se ne andò lasciandolo di nuovo solo. Quando questa si richiuse la porta alle spalle, lui arretrò fino alle sedie e tornò a sedersi stanco, reggendo il cellulare in grembo, fissandolo stranito.

Doveva avvisare Shinji che stava bene. Non poteva ignorarlo ancora per molto, ma mentre pensava al suo amico e leader attuale, una nuova lacrima si formò nel suo occhio destro e cadde veloce sulla guancia, seguita da altre che andarono a formarsi in entrambi gli occhi.

Cosa doveva dire a Shinji?

Come poteva ammettere con il suo perfetto amico che era stato così stupido da fare l’amore non protetto con una ragazza sconosciuta?

Come poteva dirgli che aveva una bambina di cui da quel momento avrebbe dovuto e voluto occuparsi?

Chinò il volto fino a poggiare il mento sul suo sterno poi lasciò che le lacrime sgorgassero liberatorie cadendo a bagnare la sua t-shirt.

Non stava bene…non poteva dire con Shinji che stava bene, perché non stava bene affatto.

Cosa doveva dire allora a Shinji? Con che coraggio lo avrebbe chiamato e affrontato?

-Eun-ho-

«La, la, sol, la…»

Canticchiando tra sé e sé il motivo che si era formato come per incanto nella sua mente sotto la doccia, percorse i corridoi già semi bui della caserma, tenendo le mani strette all'asciugamano che aveva avvolto attorno al collo. Da quando era entrato a servizio militare aveva già composto una ventina di canzoni e altrettanti testi. Non proprio composto, non aveva gli strumenti utili per comporre in caserma, ma ne aveva gettato le basi per la composizione e quando sarebbe uscito avrebbe terminato i brani uno ad uno, senza chiudere occhio, finché non li avesse conclusi tutti.

Entrando in camerata salutò i suoi commilitoni e si diresse al suo armadietto, poi ne aprì l'anta e come sempre i primi oggetti che lo salutarono furono le foto dei membri del suo gruppo, le lettere degli stessi, dei suoi amici e dei fan e quel maledetto moschettone color arancio, che non riusciva a riporre da qualche altra parte lontano dalla sua vista.

Facendo una smorfia gettò l'asciugamano sul moschettone per coprirlo.

Si era ripromesso di usare quei diciotto mesi per farsela passare, ma continuando a tenere quell’oggetto in bella vista lei gli continuava a venire alla mente ogni volta che apriva l’armadietto. Quel malefico moschettone che Yoona gli aveva regalato prima che lo salutasse e scendesse dalla sua macchina per entrare in caserma, lo tormentava e confortava alla stessa maniera.

Sorridendo amaro e derisorio riprese in mano l'asciugamano e lo ripose poi con più cura piegandolo con attenzione.

Era bravo a mentire, anche a sé stesso; come se servisse quel moschettone per ricordarla. Pensava a Yoona sempre, ogni volta che la sua mente concentrata a dimenticarla, divagava. Per cercare di non pensarla, quel mattino aveva persino spento il cellulare. Sì perché Yoona gli aveva scritto l’ennesimo messaggio e lui stava tendando con tutte le sue forze di non risponderle, di ignorarla. La sua musa e il suo peggior incubo, gli scriveva ogni due giorni, imperterrita, anche se lui stava cercando di allontanarla e non le rispondeva. Peccato che man mano che i giorni passavano e i messaggi di lei si accumulavano, lui stesse perdendo la fermezza, e la tentazione di chiamarla o risponderle era diventata insostenibile. Per questo aveva spento il telefono, per resisterle ancora. Se le avesse risposto anche solo una volta, era sicuro che poi non sarebbe più riuscito a mantenere le distanze che si era imposto e avrebbe continuato a scriverle e a chiamarla ogni volta che poteva. Doveva resistere, era sicuro che se fosse riuscito a resistere, la passione che lo divorava lentamente si sarebbe placata. Non lo credeva del tutto, erano troppi anni che lei lo ossessionava, ma voleva davvero provarci. Non che ci stesse riuscendo bene in realtà, ma si stava sforzando e impegnando a fondo per mantenere quel distacco e contava di riuscire nel suo intento di farsi passare quella cotta prima del congedo ancora lontano, prima di tornare a vederla ogni giorno.

Si stava talmente tanto concentrando su quel proposito che non era nemmeno andato a salutare i suoi membri durante le prime libere uscite che aveva avuto, per non rischiare di incontrarla.

Con un sospiro esagerato richiuse l'armadietto ed estrasse da sotto allo stesso il materassino. Era molto meglio distaccarsi dal passato e da tutto ciò che lo legava a lei per il momento e pensare a riposarsi e al suo grande amore, la musica.

Stendendosi sul materassino, sorrise ancora amaramente e si mise le mani dietro alla testa fissando il soffitto. «Come se la musica e i testi non vertessero tutti su di lei» borbottò piano tra sé e sé prima di chiudere gli occhi.

Quasi tutti i testi a cui pensava si riferivano a Yoona e la musica che ultimamente andava a creare si era trasformata ed era diventata per lo più smielate ballad nostalgiche.

Era normale in realtà, era talmente concentrato nel suo tentativo di non essere innamorato di lei, che finiva con lo struggersi ancora di più, ma contava di riuscire nel suo intento di farsi passare quel sentimento. Ce l’avrebbe fatta, prima del suo congedo sarebbe riuscito a vederla solo come un’amica.

Mentre si convinceva che poteva riuscire nel suo proposito, come ogni notte, prima di addormentarsi pensò ai suoi membri.

Chissà come se la cavavano?

Shinji era un amico serio e affidabile, su cui lui sapeva di poter sempre far conto, ma sarebbe riuscito a tenere in riga il gruppo senza essere troppo severo e senza snaturare la sua natura buona e gentile? Shinji sapeva essere rigido e ligio quando voleva, ma non era per lui il ruolo del leader. In realtà non amava imporsi e prendere decisioni per gli altri, sapeva di avergli dato una grossa responsabilità, ma non aveva potuto lasciare il ruolo a nessun’altro. Per quanto lo adorasse, Min-jae era ancora troppo immaturo per essere un leader, Ki-soo si sarebbe logorato per le responsabilità e Young-min non aveva abbastanza polso per tenere in riga gli altri.

Si augurava davvero di non aver danneggiato Shinji proclamandolo leader sostituto, ma era seriamente stata l’unica alternativa valida che aveva avuto.

Sospirò mentre pensava ai suoi membri. Gli mancava la vita del dormitorio, quasi più della sua vita frenetica da idol. Gli mancavano i suoi fratelli; gli abbracci di Yeongi, i dispetti di Min-jae, le colazioni preparate da Shinji, le chiacchierate con Young-min, i momenti passati a comporre con Juwu, o le ore di relax a pesca con Ki-soo.

Si addormentò pensando ai suoi amici che erano come sempre il suo conforto e la sua forza e quando la porta della camerata si aprì all'improvviso di scatto con un gran frastuono, lui non seppe dire da quanto si fosse appisolato.

I suoi commilitoni reagirono come lui all’improvvisa irruzione, risollevandosi di scatto.

Che fosse un'esercitazione notturna?

La luce si accese e due graduati entrarono nella camerata guardandosi attorno senza dire nulla. Un brusio e un fermento agitato si sollevò nella stanza mentre si alzava velocemente dal giaciglio, poi uno dei due uomini lo indicò con un dito facendolo sorprendere, e subito dopo entrambi i militari si diressero verso di lui.

«Jeon Eun-ho?» domandò quello più grosso e alto.

«Sì?» rispose teso.

«È pregato di seguirci senza fare domande» ribatté il militare facendogli segno con la mano verso la porta.

Lui gettò un occhio confuso al suo vicino di branda e ormai amico Hyun-sik, che con fare allarmato gli comunicò con lo sguardo che non sapeva cosa pensare, mentre gli altri suoi compagni di stanza lo fissavano straniti.

«La prego si affretti.» Lo sollecitò il secondo uomo, quello che lo aveva riconosciuto.

Un brivido di apprensione gli attraversò la schiena. «Posso chiedere cosa succede?» chiese nonostante gli fosse stato imposto di non domandare nulla, cercando di sembrare calmo e controllato

«Non ora» rispose il primo militare entrato, poggiandogli una mano sul gomito. «Ci segua.» Tornò a dirgli poi.

A quel punto non gli rimase che far altro se non assecondarli, quindi annuì e infilando al volo gli scarponi si affrettò a uscire dalla camerata.

I due uomini lo scortarono in silenzio per i corridoi della caserma, poi lo fecero entrare in una stanza di un'ala che non aveva mai visitato fino a quel momento e quando lui ci entrò vi trovò due individui. Un uomo sconosciuto, alto e prestante, vestito con un abito semplice, ma elegante e il capitano della sua brigata.

«Capitano Lee.» Appena entrato salutò il suo superiore con un inchino e questi che gli rivolse un sorriso tirato.

«Eun-ho devi scusare questi modi un po' affrettati, ma il signor Song della National Police Agency ha richiesto urgentemente un colloquio con te per via di un'indagine e non poteva attendere ulteriormente» disse il capitano Lee lanciando uno sguardo imbarazzato e teso all'uomo accanto a lui.

Eun-ho spostò lo sguardo sul tizio. National Police Agency? La tensione gli fece irrigidire le spalle.

«Vi lascio soli. Per qualsiasi necessità mi troverete nel mio ufficio» disse poi il capitano che di seguito se ne andò.

«Signor Jeon» Song gli si rivolse non appena furono soli e lo fece con un tono affabile e un'espressione sorniona che lo confusero e destabilizzarono più di tutto quello che era accaduto fino a quel momento. Vi era un tavolino con due sedie che li separava. Mentre pronunciava il suo nome, l’uomo estrasse di tasca un cellulare e lo poggiò al centro del tavolo.

Che cosa stava succedendo?

«So che i miei modi sono stati un po' bruschi e diretti, ma una mia stretta conoscenza mi ha chiesto un favore e avevo premura di accontentarla» disse Song ancora affabile.

«Non credo di comprendere cosa sta accadendo signor Song» riuscì a rispondere lui a quel punto.

L’uomo annuì ribattendo. «Una mia cara amica mi ha chiesto di dirle di contattare con urgenza uno dei membri della sua band. Essendo una questione urgente ho pensato di venire di persona a cercarla e visto che abbiamo attirato un po' di attenzioni la pregherei di dire al capitano, o chiunque altro glielo chiederà, che è stato contattato per una testimonianza. Dica loro che prima di entrare in caserma, ha assistito a quello che credeva essere semplicemente un caso di scippo, ma che in realtà si è rivelato un tentativo fallito di rapimento di un personaggio di rilievo dell'alta società e che ora le abbiamo richiesto una testimonianza. Il resto è top secret.»

Ancora più stranito e confuso lui tornò a scuotere il capo. «Cosa andate dicendo, non ne capisco il senso? Chi devo contattare e perché?» domandò cercando di capire.

Song sorrise toccando con un dito il telefono sul tavolo, poi lo spinse nella sua direzione. «Chiami il suo compagno Yook Min-jae.»

A quel punto lui aggrottò la fronte domandando: «Perché?»

«Si trova in una situazione difficile e sta cercando di contattarla da ore» rispose Song.

Di nuovo fu attraversato da un brivido, ma stavolta di apprensione. Fissò negli occhi l’uomo duro e questi smise di sorridere.

«Non sono uno a cui piacciono gli scherzi Jeon Eun-ho. Yook Min-jae è entrato in contatto con la mia amica che ha chiesto il mio aiuto per rintracciarla.» Song gli fece un cenno. «Lo chiami, troverà già il numero digitato. Rimarrò nella stanza per ovvi motivi, ma mi creda, ciò che sentirò rimarrà un segreto.» Quando lo vide tentennare ancora l'uomo si risollevò e frugando nel taschino interno della giacca ne estrasse poi qualcosa che gli porse. Era un cartellino identificativo, Song era davvero un funzionario di polizia.

Annuendo lui prese il cellulare.

Cosa era successo a Min-jae?

Il suo cuore accelerò i battiti mentre con apprensione premeva sulla cornetta.

Dopo un numero imprecisato di squilli si attivò la segreteria telefonica. Min-jae non aveva risposto. Guardò l’orologio segnato sul display, era l’una di notte.

«Non risponde» disse guardando a Song.

«Riprovi» lo spronò questi.

Serrando le mascelle duro lui lo accontentò, ma di nuovo la chiamata non fu accettata.

Stava per perdere la pazienza, era preoccupato e agitato e un lieve sudore gli imperlava le mani.

«Che cosa è successo a Min-jae?» domandò allora.

«Non lo so» rispose secco Song. «Gli mandi un messaggio, gli dica che lo sta cercando.»

La tempia destra prese a battere furiosa mentre una vena assecondava il ritmo accelerato e agitato del suo cuore. Teso scrisse un messaggio a Min-jae e pochi attimi dopo il cellulare squillò.

Con la mano leggermente tremante rispose: «Pronto».

«Hyung» La voce spaventata e afflitta di Min-jae tremava almeno quanto la sua mano.

«Min-jae, cosa succede? Dove sei? Cosa è successo?» gli domandò allora lui davvero preoccupato.

«Hyung… Hyung…» Min-jae prese a singhiozzare e il suo cuore parve fermarsi, mentre i suoi occhi si spalancavano.

Prendendo un grosso respiro cercò di calmarsi e di impostare la voce su di un tono calmo e sicuro. «Min-jae calmati, Min-jae… shtt…» Parlando con fermezza, ma allo stesso tempo anche con tenerezza, cercò di calmare Min-jae, mentre la sua mente visualizzava come se potesse vederlo davvero, il suo fratellino che piangeva a dirotto

Yook Min-jae, era un ragazzone dalle spalle larghe e dal sorriso coinvolgente, che lui chiamava segretamente il Girasole dei Timelers. Min-jae era la vera essenza della felicità e della spensieratezza del loro gruppo; spesso maldestro e sciocco, ma dolce e tenero, con battute argute e spiritose sempre pronte e un carisma allo stesso tempo tenebroso, ma confortante. Il suo fratellino era delegato ad essere quello che sul palco spiccava per la sua mole e le sue movenze accattivanti, ma in realtà quando sorrideva e faceva lo sciocco diventava un grosso orsetto carino, un panda in pratica. Lui lo chiamava Girasole, perché come i girasoli, quando lo guardavi non potevi far a meno di sentirti rinfrancato e ammirato. Gli alti e maestosi fiori che seguivano il moto del sole nelle giornate estive, erano brillanti, belli e calorosi e Min-jae era proprio così, nonostante borbottasse spesso e altrettanto spesso cercasse di sembrare sostenuto, il suo fratellino non elemosinava mai un abbraccio, non si tirava mai indietro se qualcuno gli chiedeva di fare qualcosa e si faceva in quattro per ogni membro del loro gruppo. Min-jae era fantastico perché proprio a modo suo, speciale. Nonostante spesso apparisse disinteressato e a volte superficiale e disattento, era un ragazzo con un cuore grandissimo e un amore infinito da dare a tutti coloro a cui teneva, e cercava di sorridere in ogni situazione, per cercare di alleggerire qualsiasi tipo di difficoltà o contrasto.

Quindi, sentire piangere a quel modo, con quella disperazione, il Min-jae spensierato che lui conosceva, lo lacerò facendolo sentire male come se lo avessero pugnalato diretto al cuore.

Dov'erano Shinji e gli altri, cosa era successo?

«Min-jae parlami. Come posso capire e aiutarti se non mi parli.» Tentò di calmarlo, gli parlò con fare calmo e suadente, fino a che lo sfogo di questi non si placò.

Quando riuscì a controllarsi, Min-jae tirò su con il naso rumorosamente poi prese a parlare con voce roca. «Ho fatto un casino hyung…» Iniziò così il racconto sconnesso e confusionario durante il quale Min-jae gli raccontò ciò che era successo, saltando da un presumibile evento passato con una certa Hana, fino a quello che era accaduto quel giorno e quello che aveva scoperto. Quando Min-jae gli disse di avere una bambina, lui si lasciò cadere per terra nell'esatto punto in cui si trovava, incrociando le gambe nella posizione del loto, poi poggiò il gomito della mano libera sul ginocchio e la testa sulla mano aperta.

Mentre il suo amico raccontava, lui si accarezzava i corti capelli annuendo di tanto in tanto e nel frattempo la sua mente cercava di rimanere lucida e di separare il cuore dalla ragione. Min-jae aveva bisogno di lui e non poteva permettersi di perdere la freddezza.

Quando il suo compagno gli nominò Lee Seung-min e la dottoressa che lo stava aiutando, lui fece un cenno di assenso con il capo. Conosceva Lee Seung-min e molti degli OTA; per lui erano più che sunbae. Era stato un trainer per la Alpha² molto più a lungo dei suoi membri, essendo entrato in agenzia inizialmente come cantautore e conosceva a fondo molti dei Off The Limits.

«D'accordo Min-jae ora ascoltami.» Quando il racconto di Min-jae parve terminare lui prese un bel respiro. «La dottoressa Woo ha ragione, puoi fidarti di Lee Seung-min, come di Park Jion e del loro leader D-Haemon, li conosco e sono persone in gamba, nel caso ti trovassi in difficoltà chiedi il loro appoggio, inoltre devi parlare con Shinji.» Un gemito strozzato fu la risposta di Min-jae. «Lo so» lui sorrise teneramente, immaginando l’espressione che doveva essere apparsa in quel momento sul viso del suo fratellino. «So che temi il suo giudizio, ma ascoltami Min-jae, Shinji non ti volterà mai le spalle e metterà il bene tuo e quello di Min-young davanti a tutto, te lo garantisco. Da soli però non potete risolverla, avrete bisogno di un aiuto dall'interno…» si interruppe chiudendo gli occhi mentre il suo cuore tornava ad accelerare i battiti. «Ti fidi di me?» domandò poi, ancora ad occhi chiusi.

«Certo hyung» rispose Min-jae con forza.

Annuendo diverse volte lui accettò l’inevitabile e prese una dovuta decisione, senza mettere però al corrente il suo amico dei suoi piani. «Allora rimani lì e aspetta. Ti manderò qualcuno che ti aiuterà a breve, e Min-jae…» Min-jae annuì in risposta, e lui si mise la mano sugli occhi in un gesto affranto. «Andrà tutto bene. Ricordi quante volte lo abbiamo detto vero? Il nostro è solo un lavoro fratellino, un lavoro come tanti. Un lavoro bellissimo, durissimo e pieno di passioni e sogni, ma è pur sempre un lavoro. Non affliggerti per ciò che potrebbe succedere alla tua carriera o al gruppo, le questioni importanti della vita, quelle davvero importanti, non sono la fama e il successo, ma gli affetti che abbiamo. Faremo operare Hana e ci occuperemo di Min-young, non le lasceremo sole, perché ora fanno parte della nostra famiglia, ok? Non preoccuparti di nient’altro tranne che di loro, noi saremo i Timelers anche quando il nostro nome verrà dimenticato da tutti, questo non ce lo toglierà mai nessuno. Saremo sempre amici, fratelli e ognuno di noi è più importante di tutta la fama e la gloria del mondo, non lasciarti sopraffare mai dall’angoscia, credi in te e nel gruppo, il resto non conta. Noi non perderemo mai più nessuno, siamo d'accordo vero? Non crollare mai, e se ti senti sul punto di perderti, raggiungimi e io farò di tutto per starti accanto.» La sua mente mentre parlava corse a Seung-hae e il suo cuore sanguinò. Non era riuscito a lottare per Seung-hae, lo aveva perso, aveva perso il suo prezioso migliore amico perché era stato debole, ma avrebbe lottato per tutti i suoi membri ora, sempre, per non lasciarli mai soli, per non perdere più nessuno.

«Farò di tutto per voi, sempre. Lo sai vero?» domandò con la voce rotta dalla commozione e Min-jae ricominciò a piangere. «Lo sai vero?» gli ripeté allora lui trattenendo le lacrime a stento.

«Sì hyung, lo so» rispose il suo amico tra un singhiozzo e l’altro.

«Allora smetti di piangere e vai a occuparti della tua bambina» gli ordinò e Min-jae annuì con un suono di gola. «Ti chiamerò domani, ok? Aspetta lì, qualcuno arriverà ad aiutarti, fatti forza e rimettiti in sesto.» Ordinò poi burbero.

«Va bene hyung, grazie» rispose Min-jae con tono più sicuro.

«Ti voglio bene» gli disse allora lui sopraffatto dall’emozione, poi chiuse la chiamata.

Ancora seduto a terra, lasciò cadere la mano che reggeva il cellulare, noncurante di Song che si era seduto, quando lui era crollato, volgendogli le spalle.

Tutto ciò che stava accadendo aveva un che di assurdo e incredibile. I Timelers stavano iniziando finalmente a decollare; da un paio d’anni erano riusciti a conquistarsi un piccolo, ma ben consolidato fandom sparso in giro per il mondo e promettevano bene. Fin da quando avevano debuttato non si erano mai lasciati scoraggiare, né dai scarsi risultati iniziali dei loro album usciti, né dal duro momento in cui avevano perso Seung-hae. Avevano lottato tanto per farsi comunque un nome nel panorama dello spettacolo coreano, presenziando a numerosi show, assieme o come singoli e finalmente i successi erano piano piano arrivati, ma ora, ora sarebbero sopravvissuti ad uno scandalo come quello che si prospettava? Non mentiva a Min-jae quando aveva detto che non erano in fondo importati la fama e il successo, ma lui non era responsabile solo di sé stesso, ma di tutto il gruppo e non voleva farli crollare, non voleva metterli davanti ad uno scandalo che li avrebbe forse inginocchiati. Doveva trovare il modo migliore di affrontare quella questione, anche se al momento non sarebbe toccato a lui sistemare le cose e aiutare Min-jae. Si augurava che Shinji non lo odiasse per ciò che aveva intenzione di fare e che avrebbe fatto, ma non poteva rimanere in disparte a guardare quando uno dei suoi fratelli, o meglio, tutti i suoi fratelli, erano nei guai.

Si alzò dal pavimento prendendo un grosso respiro.

Il primo passo da fare era mandare qualcuno da Min-jae che lo aiutasse con la bambina. C'era solo una persona che poteva aiutarlo in quel momento e che non si sarebbe mai tirata indietro. Mentre la pensava, il suo pensiero corse al moschettone appeso nell'armadietto. Era chiaro che ora più che mai, era inutile che lo nascondesse.

«Posso fare qualcosa per voi?» La voce di Song lo fece sobbalzare. L’uomo si era alzato ora e lo guardava. «La dottoressa Woo, mi ha detto di mettermi a vostra disposizione nel caso vi necessitasse aiuto. Avete bisogno di aiuto?»

Lui annuì piano, poi tornò a guardare il telefono. «Sì grazie, ma prima dovrei fare una seconda chiamata, se posso.»

Song gli concesse la chiamata.

Prendendo forza e coraggio, lui di avvicinò alla finestra della stanza e digitò il numero che conosceva a memoria. Mentre la chiamata partiva, sollevò lo sguardo. Aveva preso a piovere e il vetro era ricoperto di gocce d’acqua.

Gli squilli si susseguirono lenti e lui li contò mentalmente per concentrarsi su altro che non fosse, l’emozione che lo stava assalendo.

Forse lei stava dormendo, o forse lavorava ancora, lavorava sempre fino a tardi.

«Pronto?»

All’improvviso la voce calda e leggermente tesa di Yoona giunse attraverso il cellulare e il suo cuore saltò un battito emozionato.

«Noona*…» la chiamò, ma il nome di lei che stava per pronunciare si impigliò nelle sue corde vocali facendolo tentennare. Schiarendosi la voce ritentò. «Yoona…sono Eun-ho.»

«Eun-ho? Sei davvero Eun-ho? Da dove chiami? Cosa succede?» rispose lei in ansia.

Deglutendo pesantemente lui cercò di frenare l’emozione che provava. Gli era mancata così tanto. «Noona» la chiamò di nuovo, poi scosse il capo chiudendo gli occhi, maledicendo la sua debolezza e serrò con forza le dita della mano attorno al cellulare. «Manager Yoona,» disse poi con tono più profondo e sicuro, «scusa se ti chiamo a quest'ora, abbiamo un problema urgente. Min-jae ha bisogno di te.»

*NOTA- NOONA: utilizzato sempre dai maschi verso una donna più grande, significa letteralmente “sorella maggiore”.

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