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Jackson
È arrivato il secondo giorno di lezione, i ragazzi sono molto educati. La sera precedente sono andato a letto molto confuso.
Non posso e non voglio credere che nessuno, tranne forse due ragazzi sì e no, riesca risolvere anche un semplice problema.
Devo organizzarmi per non lasciare nessuno per strada. Arrivo in classe e dopo aver attirato l'attenzione degli studenti, inizio a parlare e interviene Riccardo Boschi.
Ripeto le sue parole nella mia testa.
Trascorro la prima ora spiegando, dettando e rispondendo ai dubbi degli studenti.
La campana segna l'inizio della seconda ora.
«Due minuti di pausa e poi faremo esercizi alla lavagna».
La prima ad arrivare è Emma. Mentre lei svolge l'esercizio io, riprendo aspiegare.
«Secondo me la cosa più semplice, e sicuramente lo èanche per voi, è sottolineare i dati più importati con unamatita. Se capite quelli e soprattutto la richiesta, avetecapito il problema».
Mi giro e guardo Emma, se la sta cavando abbastanzabene.
«Visto? È andata bene, puoi tornare al tuo posto».
Passo tra i banchi e mi fermo dietro a un ragazzo di cuiancora non ricordo il nome. Sta scrivendo su un foglio eascolta della musica.
Gli tolgo le cuffie.
«Oh! Adesso se non è troppo, vai alla lavagna e spiegaalla classe quello che ho detto finora con esempi scritti!»Il ragazzo mi lancia un'occhiataccia, piego leggermentela testa.«Pensi alla musica quando suona la campana».
Terminate le due ore mi dirigo verso la sala professori,non faccio in tempo a entrare che vengo raggiungodall'insegnante di lettere, Rossi, è una donna sullaquarantina.
Mi dà l'aria di una donna single, potrei sbagliarmi! Si è nominata la mia babysitter.
«Spero che i ragazzi si siano comportati bene.»
«Sì, devo ammettere che non sono un grosso problema».
Mi guarda sbarrando gli occhi e io mi affretto ad aggiungere:«So come cavarmela».
A passi veloci mi allontano da lei e vado a posare ilregistro nell'armadio ed esco dall'aula e raggiungo la classe 1C.