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5.

Se non ci fosse stato il grande letto al centro della stanza e il mobile toletta vicino alla finestra, si sarebbe potuto affermare che l’interno del vagone dove aveva dormito Calloway fosse completamente spoglio.

Nonostante il nervosismo, alla fine la stanchezza aveva presentato il suo conto. L’avvocato si era addormentato non appena si era coricato nel letto.

Cadde in un sonno profondo, di quelli dal quale ti risvegli senza ricordare cosa hai sognato.

Avrebbe probabilmente continuato a dormire se non fosse stato per il poderoso canto di un gallo. Quasi di scatto si alzò; dalle persiane chiuse filtravano alcuni raggi di luce che illuminavano la stanza.

Gli ci volle più di un minuto per rimettere insieme tutte le idee e gli accadimenti della sera precedente.

Andò alla toletta e, guardandosi allo specchio, notò che aveva bisogno di radersi. Prese il suo set di rasoi e si sistemò come meglio poteva.

Si vestì e fece per uscire. Non appena mise piede fuori dalla porta, un grosso cane dal pelo grigio gli si parò dinanzi, iniziando ad abbaiare.

Subito Calloway indietreggiò; non aveva un buon feeling con gli animali. Una volta un vecchio cacciatore gli disse che i cani abbaiano perché sentono l’odore della sua indecisione.

“Dagos buono. Lascia stare il signore,” disse una voce soave non troppo lontano da lui.

All’udire quelle parole, il cane si sedette e smise di abbaiare. Quasi dal nulla apparve una ragazza dai grandi occhi azzurri. Portava una camicetta verde e una gonna che sembrava un ammasso di diversi tessuti di colori sgargianti cuciti insieme.

Alle orecchie portava due grandi cerchi che sembravano d’oro, e alcuni riccioli scuri fuoriuscivano da un foulard viola che portava sul capo.

“Lo scusi, di solito è un giocherellone,” continuò la ragazza, avvicinandosi a quello che era probabilmente il suo cane.

“Grazie. Non sto molto simpatico agli animali,” fece Calloway dopo qualche secondo, cercando di non fissare troppo il bel viso della fanciulla che aveva davanti.

“Lei deve essere l’avvocato,” disse prontamente la ragazza.

“Si, esatto. Paul Calloway, molto lieto,” si presentò l’inglese.

“Iris. Iris Stratus, benvenuto alla bottega dei sapori. In verità, la aspettavamo stamattina,” ribatté la ragazza, tendendogli la mano come per stringergli la mano, ignorando che le donne della società non erano avvezze a stringere la mano agli uomini.

Con un gesto esitante, Calloway ricambiò la stretta di mano. “Il mio treno era in ritardo ieri e sono arrivato solo a ora tarda.”

“Beh, se volete, posso farvi fare un giro e presentarvi a tutti,” disse la ragazza con un meraviglioso sorriso.

“Oh, beh, la ringrazio, signorina. Magari più tardi; ora ho un appuntamento con il signor Johnson,” rispose Calloway quasi imbarazzato.

“Oh, d’accordo. Glenn è nel suo vagone. Io sono nel vagone di colore verde lì in fondo. Se ha bisogno, sono lì,” fece la ragazza con grande gentilezza.

“Perfetto. Ci vedremo sicuramente più tardi,” ribatté l’avvocato in modo impacciato. “A più tardi, signorina,” concluse, congedandosi mentre cercava di recuperare un po’ del suo aplomb.

“Avvocato, ho l’impressione che ieri sera non siamo partiti con il piede giusto e voglio porgervi le mie scuse se in qualche modo il mio comportamento le ha recato fastidio,” disse con calma Glenn Johnson, una volta fatto entrare il suo ospite e dopo essersi accomodati sulle sedie vicino alla scrivania.

“La ringrazio, signor Johnson. Mi scusi anche lei se ieri il mio comportamento le è sembrato sconveniente, ma lei capisce sicuramente che le circostanze mi hanno sorpreso oltre le mie aspettative,” rispose Calloway, con tono accorato.

“Bene, allora, facciamo finta che ieri sia stato solo un piccolo passo falso e ricominciamo da capo. Mi domandi pure tutto quello che vuole,” fece Johnson, nuovamente con un gran sorriso sul volto e un tono di voce rilassato.

Calloway, al contrario, si sentiva come una corda di violino; sapeva che le sue domande avrebbero potuto essere scomode.

Ma ormai si trovava in quella situazione, tanto valeva ballare.

“Cosa è questo posto? Cosa è la bottega?” chiese quasi a bruciapelo l’avvocato.

Johnson sorrise.

“La risposta lunga e quella corretta è che è una casa per coloro che non trovano posto nella società,” il cerimoniere fece una pausa e si accese una sigaretta. “La risposta breve, invece, è che la bottega dei sapori esotici è un circo itinerante, dove si esibiscono artisti con varie doti e dove, pagando un prezzo concordato, un cliente o una cliente possono passare del tempo privato con gli artisti della bottega,” spiegò Johnson, continuando a sbuffare fumo dalla bocca.

“Quindi mi sta dicendo che questo è…” fece per dire Calloway, ma la parola non gli uscì di bocca.

“Esatto, avvocato: un bordello itinerante. In alcuni casi, si può anche dire un bordello di alto borgo, anzi altissimo in alcuni casi,” chiosò Johnson, quasi per togliere dall’imbarazzo il suo ospite.

Calloway si strofinò le dita della mano sulla fronte, come qualcuno che ha un forte mal di testa.

“Suvvia, non siete un uomo adulto e credo di mondo. Non credo che sia la prima volta che vi troviate in un bordello,” disse Johnson, sorridendo sornione.

Calloway fu preso in contropiede.

“No, non è la prima volta che mi trovo in un bordello. Ma finora non c’ero mai stato per svolgere le mie funzioni di avvocato,” fece Calloway, cercando in qualche strano e contorto modo di creare un legame con il suo interlocutore.

Johnson si alzò in piedi e andò vicino a un piccolo mobiletto non lontano dalla scrivania. Prese una busta e versò le foglie che erano al suo interno in un bicchiere, per poi riempirlo d’acqua.

Richiuse il tutto e porse il bicchiere a Calloway.

“Sono foglie di melissa; alleviano il mal di testa,” disse, sorridendo, il cerimoniere.

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