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Il pranzo

Un uomo, alto, di buona stazza e ben vestito mi aprì la portiera dietro dicendo “prego signorina”

Entrai. Lui era seduto di fianco a me, pensieroso. Quando mi vide i suoi occhi si illuminarono.

N “Buongiorno”.

Risposi al saluto e gli chiesi dov’eravamo diretti.

N “In un ristorante un po’ lontano da qui”

A “Basta non fare tardi poi” I miei occhi erano grandi come quelli di un gatto che chiede già perdono. Mi rassicurò.

N “Non farai tardi con me”.

L’auto partì sfrecciando. Ci vollero circa 15/16 minuti per arrivare. Avevo già sentito parlare di questo ristorante italiano, ma non ci andai mai. Sembrava buono. Entrammo.

“Buongiorno Signor Romano prego, da questa parte”

Ci condusse ad un tavolo riservato, affacciato su un giardino spoglio ormai. Era molto carino.

Scrutammo il menù e scegliemmo.

Lui prese un piatto di pasta carbonara, una bistecca e contorno di verdure cotte. Io mi limitai ad un’insalata greca.

N “Mangi solo quello?”

A “Di solito non mangio molto”

Mi guardò, con quegli occhi che mi penetrarono l’anima.

N “Come desideri, ma dovresti mangiare un po’ di più”.

Ci portarono i nostri piatti.

N “Come mai da queste parti? Come sei arrivata in America?”

A “Ho trovato un’occasione di lavoro per scappare dalla solita routine e ho deciso di trasferirmi”

N “Capisco”

A “E tu?”

N “Affari, la mia vita è cambiata molto”. Sembrava averne passate tante anche lui. Sembrava così duro, ma gli occhi lasciavano trapelare qualcosa di tenero.

N “Ho pensato di assumerti”

A “Davvero? Grazie” Ero così felice, aveva deciso di assumermi.

N “Vorrei che diventassi la mia segretaria”

Rimasi allibita, come la sua segretaria? Mi piaceva il lavoro che facevo e stare troppo a contatto con il capo di solito non porta a buone cose.

N “Che ne pensi?”

A “Non so davvero cosa dire”

N “Vedila così, avresti il tuo ufficio, non saresti troppo stressata, il tuo stipendio aumenterebbe un po’”. Era allettante.

A “Ci devo pensare, posso?”

N “Certamente bellezza”, sorrise.

Finimmo di mangiare e mi accompagnò a lavoro. Scesi da sola, lui rimase in macchina.

A “Non vieni?”

N “Ho delle cose da sbrigare, tornerò più tardi”

Chiusi la portiera e rientrai.

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Nathan

Quando Marco, la mia guardia del corpo, apri la portiera, i miei occhi si illuminarono, lei aveva un vestito grigio che arrivava dal ginocchio, una cintura nera in vita, le calze e i tacchi che le presi il giorno prima. Era succulenta. La salutai e guardai per un momento, poi mi rimisi al lavoro. Non parlammo tanto nel tragitto.

Ordinò solo un’insalata greca, non capivo se mi stesse mentendo e quindi davvero mangiasse poco, oppure se si sentiva in imbarazzo con me. Ma non aveva importanza.

I miei occhi non smetteva di fissarla, i suoi lineamenti mi fecero tornare in mente vecchi ricordi. ‘Pensavo che non ti avrei mai più rivista’ pensai.

Il tempo trascorse velocemente, così la riaccompagnai a lavoro e andai via.

Dovevo risolvere il problema della merce mancante.

Jonas mi aspettava, lui è il mio braccio destro, si occupa in parte dei miei affari.

N “Ciao Jonas, hai scoperto qualcosa? Chi è stato?”

J “È stato uno della mafia di Arturo”

Comparse un sorriso tetro sul mio volto.

N “Quel bastardo, non avrà vita facile”

J “Andremmo noi a recuperare il resto”

N “Portatelo da me”.

Quel malefico di Arturo aveva uomini ovunque, ma non era ancora potente quanto me, io controllavo tutta la città di Filadelpia, armi, droga, molti locali, non poteva prendersi gioco di me.

Sospirai.

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