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Capitolo 3 Ethan

*Flashback*

Scavalco dalla mia bellissima moto e mi dirigo verso l'ingresso del club. Apro la porta con un calcio e questa va a sbattere con forza contro il muro. Una forte puzza di alcol e fumo invade le mie narici, facendomi storcere il naso. Non mi dà fastidio, perché sono abituato, essendo cresciuto in questo ambiente...

Guardo verso il bancone e la individuo subito: sta servendo la birra a Ryan, il mio migliore amico da sempre. Tutti e tre siamo cresciuti insieme.

Mi appoggio allo stipite della porta per osservarla meglio e devo ammetterlo: è davvero bellissima. Alta, con capelli castani e occhi castani con delle pagliuzze dorate che si notano solo quando il sole li illumina. Ha davvero tanti tatuaggi su tutto il corpo. Posso dirlo con certezza: sono l'uomo più fortunato al mondo, cazzo!

Alza gli occhi verso di me, come se avesse percepito la mia presenza, e decido di staccarmi dalla porta per raggiungerla. Nel frattempo, mi accendo una sigaretta.

"Ehi, bellissima mora, me la fai una birra?" Mi siedo sullo sgabello che le sta di fronte. Così, appena si gira, posso guardarle il culo, lo stesso con il quale mi divertirò a giocare più tardi. Non è cambiata per niente in questi anni. Io e Viki stiamo insieme da quando eravamo ragazzini; ci siamo innamorati con il tempo... ci siamo avvicinati molto quando i suoi genitori sono morti in un brutto incidente d'auto.

"E dimmi, bellissimo moro, me lo dai un bacio in cambio?" Sto per avvicinarmi a lei per baciarla quando la porta si spalanca ed entrano gli Spider, un club rivale al nostro. Il suo vice alza la pistola, la punta nella nostra direzione e lo sento urlare: "Sei un uomo morto!" Poi, in un secondo, sento... un colpo di pistola.

Mi tocco, ma non sono ferito. Mi giro nella direzione di Viki e la vedo cadere a terra. In un secondo, il lago di sangue inizia a spargersi. Senza pensarci, con uno slancio, scavalco il bancone e la raggiungo subito.

Mi accovaccio vicino a lei, sollevandola sulle mie ginocchia. "Noooo, resisti Viki, non puoi lasciarmi così," dico, facendo scorrere le mie dita nei suoi capelli morbidissimi.

"Ethan, avvicinati," mi chiama con un filo di voce, tenendo la mano sul fianco, da cui perde veramente un sacco di sangue.

"Mi dispiace per tutto, davvero. Spero che un giorno riuscirai di nuovo ad amare," mi dice, guardandomi negli occhi. Noto che è pentita, ma per cosa...

"Non ti ascolto, non parlare perché tu non morirai," dico, ormai con le lacrime che minacciano di uscire.

"Chiamate qualcuno SUBITO!" sbraito, non so nemmeno a chi.

"Ethan, baciami."

Mi avvicino a lei e poso delicatamente le mie labbra sulle sue, dandole un bacio leggero. Poi niente, non si muove più. Si accascia su di me lentamente.

Tremo, ma lei non è più qui. Lei è morta, morta tra le mie braccia, il mio più grande amore morta tra le mie braccia.

Mentre la guardo inerme, incredulo, alzo lo sguardo e vedo mio padre che muove la testa facendo segno di no. Capisco subito a cosa si riferisce: quel figlio di puttana è scappato.

E in quel momento riprometto a me stesso che Blake Lopez farà la stessa fine. Morirà per mano mia, dovessi metterci tutta la vita.

*Fine Flashback*

Mi sveglio di soprassalto, in una pozza di sudore. Allungo una mano verso il comodino per accendermi una sigaretta. Faccio scorrere le dita nei miei capelli. Ancora questi cazzo di incubi; li faccio ormai da tre anni, da quando lei è morta. Non mi rassegnerò mai all'idea che lei non ci sia più. Decido di alzarmi e fare una lunga doccia. Apro il getto di acqua bollente e mi ci butto sotto, sperando di alleviare un po' la tensione.

Prendo le chiavi della mia moto e mi dirigo verso il club. Mio padre ha svegliato tutti i membri ufficiali perché, a quanto pare, vuole parlarci.

Entro nel club, ancora mezzo rintontito.

"Ehi Ethan, mi sembri teso. La bionda di stanotte non ha alleviato un po' di stress?" Mi chiede ridendo Ryan. Per me, lui è come un fratello; per me c'è sempre stato, anche dopo la sua morte. Lui mi è sempre stato accanto; in pratica, gli devo la mia vita... Sorridendogli, gli alzo il medio.

Non ho voglia di parlare nemmeno con lui.

Siamo cresciuti insieme. Mio padre e il suo sono membri ufficiali del club.

Facciamo parte di un club di motociclisti chiamato Hell's Angels. Viviamo principalmente di illegalità, occupandoci di armi e incontri clandestini di lotta, poker e corse automobilistiche. Per quanto riguarda il lato legale, gestiamo due officine meccaniche, un pub, uno strip club, di cui si occupa mio fratello Samuel, una caffetteria e un negozio che vende tutto l'occorrente per i motociclisti.

Possiamo dire che siamo un club molto unito e tranquillo, finché qualcuno non ci fa arrabbiare. E sì, lo ammetto, abbiamo il grilletto molto facile.

Io e Ryan ne facciamo parte da quando abbiamo sedici anni, l'età in cui si viene reclutati.

"Stasera andiamo a berci una birra in quel locale vicino al campus," dice Ryan, guardandomi con un sopracciglio alzato.

"E perché mai? Qui c'è tutta la birra che vuoi," indico con le mani il club.

"Sì, hai ragione, ma sono sempre le stesse facce del cazzo e sempre le stesse ragazze. Mi sono un po' stufato, semplice," dice, indicando un membro più anziano con in mano la sua solita bottiglia di birra, per ricevere in risposta un bel dito medio che fa scoppiare a ridere me e alcuni membri. Quando torna nella mia direzione, annuisco e bevo un sorso di birra. Tanto so che non cambierà mai idea, quindi è meglio arrendersi subito e assecondarlo.

A me va bene tutto, l'importante è stare il meno possibile a casa. Più sono solo, più i ricordi tornano a galla e più faccio fatica ad addormentarmi... un circolo vizioso senza fine.

Busso alla porta della chiesa, una stanza dove ci raduniamo tutti per discutere questioni importanti riguardanti il club. Entro e trovo già tutti i membri anziani attorno al tavolo.

"Buongiorno," dico, sedendomi al fianco destro di mio padre. È il posto che mi spetta, essendo il vicepresidente. Mio padre è il presidente degli Hell's Angels.

"La consegna ai messicani è stata fatta correttamente; ormai le armi sono già in mano loro," annuncia subito mio padre, sbattendo una mano sul tavolo per richiamare l'attenzione. "Abbiamo guadagnato abbastanza per rilassarci per qualche settimana. La prossima consegna avverrà tra tre settimane."

Annuiamo tutti, contenti di non aver trovato intoppi.

"Qualcuno deve andare a Las Vegas per parlare con i Turchi. Vogliono iniziare ad acquistare da noi," aggiunge mio padre.

In coro, si alzano voci per dichiarare chi andrà.

"Samuel, te ne occuperai tu," dice infine. "I punti all'ordine del giorno sono stati tutti discussi. Grazie e buona giornata. Con questi, andate pure a divertirvi," dice, lanciando delle buste al centro del tavolo con dei soldi dentro. Prendo la mia e raggiungo Ryan.

"Vado da Shila, ci vediamo dopo." Appena chiudo la porta, la chiamo con un fischio e lei mi raggiunge. So che può sembrare maschilista, ma non merita nessun rispetto. Shila, come la chiamiamo noi, è una delle puttane del club. Vive qui e serve per soddisfare i membri del club, sperando un giorno di diventare un old lady.

Mi incammino e apro una delle tante stanze del club. La faccio entrare e, senza tante cerimonie, la faccio inginocchiare. "Succhia." Per me, lei è solo un modo come un altro per sfogarmi, uno dei tanti buchi in cui infilo il cazzo.

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