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2 COLPO DI FORTUNA set 2005 – apr 2013

https://www.youtube.com/watch?v=HoQN7K6HdRw High Life

Le estati passavano a ritmo di noia. Ragazze davvero poco coinvolgenti mi aiutavano almeno a superare le festività. Quelle che durante l’anno, se non festeggi o non hai programmi, sei uno sfigato. L’università mi faceva schifo. Lavorare mi faceva schifo. Abitare con i miei mi faceva schifo. Uscire con gli amici mi faceva schifo. Andare in discoteca e ascoltare musica house o jungle house messa a casaccio da fantomatici dj da pensione, mi faceva schifo. Non sopportavo nulla. Fu così che con Mirko cercammo un modo per guadagnare due soldi, per poterci permettere di andare a vivere in un appartamento tutto nostro. Già ce le immaginavamo le nottate da passare svegli, circondati da qualche bella ragazza, i barili di birra, i baci, le toccate, gli scambi all’occorrenza… ovviamente tutte fantasie campate per aria.

In primo luogo perché con Mirko non c’era alcuna possibilità di fare programmi che superassero le ventiquattro ore. E poi perché eravamo due sfigatoni, incapaci di fare le cose più comuni, figuriamoci attività sufficientemente redditizie per andare a vivere da soli e riuscire a mantenerci.

Così, dopo le prime delusioni e la mancanza di impegno di Mirko, cercai una strada tutta mia, se non per fare soldi veri, almeno per iniziare a impostare un po’ di autonomia nella mia disordinatissima vita.

Non che poi i miei fossero così male, anzi. Ma da quando ero bambino, essendo figlio unico, mi sono sempre sentito come oppresso dalla loro presenza. Mio padre è un signore un po’ ansioso. Stranamente ansioso, direi. Cioè ansioso per cose strane, tipo andare in macchina a Ostia, ma non lo è per niente riguardo la salute o a livello di sicurezza economica.

Mia madre invece è la classica mamma italiana, un po' chioccia, che vorrebbe il suo bambino sempre sotto il tetto di casa, anche da trentenne, anche se rientrasse a dormire solo tre ore a notte e poi si dileguasse, cosa che in realtà facevo ormai da tempo.

Così decisi di lasciare finalmente la facoltà di informatica all’università, visto che non davo più esami da tempo, e mi misi alla ricerca di un lavoro serio, che però serio non si rivelò poi così tanto.

Un negozio di riparazione PC cercava un commesso/tecnico da assumere come apprendista, per formarlo e poi assumerlo a tempo pieno. C’era, secondo un ragazzo non proprio sveglio che già lavorava lì, la possibilità di diventare gestore del locale, visto che il proprietario aveva già un altro negozio dall’altra parte di Roma e l’intenzione di aprirne degli altri.

Così iniziai il lungo periodo di apprendistato, durato sei mesi.

In questi sei mesi facevo di tutto: andavo a prendere il caffè al bar, portavo il cane del proprietario a spasso, facevo le fatture di vendita, sbloccavo lo scontrino in cassa se si inceppava, facevo commissioni, andavo in posta a pagare i bollettini, chiamavo la Telecom se internet non funzionava ecc. Nulla che riguardasse il mio vero lavoro, cioè riparazioni o aggiornamenti e formattazioni PC.

La paga era bassa e gli orari sempre ben oltre lo stabilito. Ma mio padre diceva che dovevo farmi le ossa, fare esperienza e che avrei dovuto farmi vedere sempre disponibile, così che avrei potuto fare bella figura col capo e acquisire fiducia.

Purtroppo, dopo sei mesi, proprio poco prima della scadenza del contratto, una mattina qualsiasi il locale non aprì. E non aprì neanche l’altro negozio del principale. Aveva dato via tutto e si era trasferito all’estero. Senza avvertire nessuno, senza dare spiegazioni, senza alcuna possibilità di avere il pagamento del mese trascorso. Così mi ritrovai a cercare lavoro, da capo.

Capitava che passassi, ormai da disoccupato, giornate intere a giocare ai videogiochi. E capitava anche che mi ritrovassi, così all'improvviso e senza accorgermi del trascorrere delle ore, a osservare il soffitto. A cosa pensassi sinceramente non l'ho mai capito. Credo che l'apatia, in qualche modo, riuscisse a non farmi pensare a nulla. Guardavo un punto fisso, poteva capitare di mattina, di notte, nel pomeriggio, senza distinzione. E quando me ne accorgevo non avevo assolutamente idea del tempo che avevo passato al non fare nulla, o a fare quella cosa, che forse proprio nulla, in fondo, non era.

Mirko diceva che ero strano, quando saliva da me e mi trovava in quello stato. Credo lo avesse anche detto più volte a mia madre, ma non sono sicuro del fatto che lei riuscisse a valutare “freddamente” quella mia stranezza. Magari lo pensava normale, o magari aveva sempre avuto paura a valutare il suo unico figlio come “strano”.

Gli anni passavano e l’insoddisfazione si faceva sempre più presente.

Cambiavo lavoro almeno due volte l’anno, senza mai trovare qualcosa che potesse essere, se non proprio definitivo, almeno accettabile per qualche mese in più, giusto il tempo di sistemarmi e di cominciare a cercare un’occupazione più concreta. Macché, niente.

Avevo scelto un ramo dove c’era davvero tanta offerta, ma la domanda non era poi così ampia e soprattutto il fatto di non aver finito gli studi non aiutava per niente. Poi un giorno successe il miracolo.

«Giovà, rientra presto oggi che devo farti conoscere una persona. Un mio vecchio amico di scuola cerca personale». Queste furono le parole di mio padre, quel pomeriggio e io mi precipitai a casa quanto prima. Il lavoro non era male: si trattava di testare PC dismessi, provenienti da aziende, che venivano rigenerati e rimessi sul mercato dell’usato. Era febbraio del 2009, e da lì in poi potrei dire che la mia vita abbia cominciato a prendere una piega particolare, quasi come se gli eventi si susseguissero e fossero tutti correlati tra loro, come se le cose accadessero per un motivo, del quale però non ero minimamente a conoscenza. Fatto sta che lavorai in quella ditta quattro anni e, nel frattempo, riuscii anche a prendere la triennale di informatica a La Sapienza.

La vicenda del colpo di fortuna era stata alquanto strana e vale la pena raccontarla. Tra le aziende per le quali la ditta dove lavoravo prestava servizi, ce n’era una dove il responsabile del settore informatico mi era particolarmente simpatico. Era un asso dei computer ma soprattutto era davvero alla mano, ma anche molto professionale. Passavamo del tempo al telefono, soprattutto quando dovevamo lavorare colli di PC, e in quei contesti imparavo molto da lui. La sua disponibilità poi mi spronava a fare sempre meglio e sia la sua ditta che la mia erano soddisfatte del nostro lavoro. Così, un periodo particolare di grande lavoro, le nostre società ci fecero lavorare in sinergia, avendo acquistato una grande quantità di computer da rimettere sul mercato velocemente.

Tra questi acquisti voluminosi di PC ce n’erano alcuni che dovevamo per forza di cosa scartare, per il fatto che fossero troppo obsoleti o danneggiati e così, con l’approvazione di entrambe le ditte, invece di gettarli, li tenevamo da parte, accatastati in un magazzino che la ditta per la quale lui lavorava, teneva sfitto per problemi catastali.

In un paio d’anni accumulammo una quantità di PC, dispositivi, parti elettroniche, hard disk ecc. non quantificabile e, colpo di fortuna che non accade mai nella vita, questi tornarono utili alle nostre aziende. Infatti lo Stato aveva emesso un bonus rottamazione per l’acquisto di personal computer nuovi, dando indietro PC vecchi, anche non funzionanti. E, a seconda del processore che montava il computer, il bonus andava dai 40€ ai 400€ per singolo pezzo. Se ci ripenso, abbiamo avuto un colpo di culo enorme. Le nostre società ci avrebbero pagato il valore della metà del bonus che riuscivamo a far loro incassare, smaltendo quei computer rotti. Riuscimmo, in quasi un anno, a mettere via una cifra sufficiente a far girare la testa a chiunque: ben duecentomila euro per uno, con i quali io riuscii a comprare casa. Dopo circa un anno, la ditta per la quale lavoravo venne assorbita dalla quella dove lavorava questo mio amico, ma i capi decisero di rivedere tutti gli stipendi e i premi produzione. A quel punto il mio stipendio si fece notevolmente più basso, soprattutto a causa dei tagli dei premi, così trovai un altro lavoro, che oltre a farmi guadagnare lo stesso stipendio di prima mi permetteva di avere più ore libere al giorno, il sabato di riposo e di godermi un po’ la vita da indipendente, che mi ero sudato ma non ero ancora riuscito a godermi appieno. Cominciai così il lavoro da operatore telefonico, addetto all’assistenza tecnica di alcuni software.

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