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Capitolo 4

“Scusa,” Cristopher la rincorre mentre lei si dirige verso il retrobottega. “Emma, fermati, per favore.” Sono dietro al retrobottega; Emma prende in mano una scopa e inizia a spazzare.

“Mi parli?” lui si avvicina. Emma riesce a percepire il suo inebriante profumo, menta e liquirizia.

“Non ne ho voglia, non devo per forza.”

“Non devi.” Si avvicina ancora; è dietro di lei e sente il suo calore.

La porta del retrobottega cigola. Si voltano: è la ragazza che era con Cristopher, che non dice nulla ma li guarda così attaccati.

“Hai visto un fantasma? Torna al tavolo,” ruggisce lui.

La ragazza non si muove. Passano alcuni secondi; lui, con uno scatto, si ritrova di fronte all'altra ragazza.

“Sei sorda? Vai via. Non voglio trovarti quando torno.” Le sbatte la porta in faccia. Si volta e Emma è quasi pietrificata. “Mi parli?”

Cristopher la guarda, i suoi occhi, gli stessi che quella sera l’hanno consumata centimetro dopo centimetro. Gli stessi che l’hanno vista nuda sotto ogni punto di vista.

La guarda, è arrabbiata; non avrebbe voluto rose e cuori, ma almeno dire: “È STATO BELLO MA, AMICI COME PRIMA.” Invece è scappato come un ladro.

“Te ne sei andato.”

“Non mi piace, ma sì, l'ho fatto.”

“Scusa, che vuol dire? Se non ti piace ciò che hai fatto, perché prima di chiuderti dietro le spalle la porta di casa?”

“Hai bisogno di qualcuno migliore di me.”

“La frase più banale e scontata! Lasciami passare, torno a lavorare. Di banalità ne ho piene le scatole!” Emma è di fronte a lui, che non si muove e blocca la porta di uscita.

“Cristopher, ti prego, fammi passare.” Cerca di evitare di guardarlo in faccia, non ha voglia di perdersi nei suoi occhi.

Cristopher si sposta, la guarda uscire. Rimane per qualche secondo lì immobile, pensando a cosa Emma gli suscita, a quanto ora vorrebbe correrle dietro per baciarla e portarla via con sé. Ferma quell’uragano di pensieri e se ne torna al tavolo.

“Amico, dove eri finito? Chiara se n’è andata sembrando una furia, dicendo che eri con un'altra.”

“Lascia stare.” Si siede e riprende a sorseggiare il suo cocktail.

Emma è dietro al bancone; Cristopher la guarda e sente i suoi occhi addosso. Isa si avvicina.

“Non ti stacca gli occhi di dosso.”

“Lascialo guardare; può fare solo quello, non si avvicinerà più a me.”

“Ma ti piace? Cioè, lo vuoi?”

“Cosa? Lui? Isa, potevo volerlo nel momento in cui eravamo a letto, in cui si è mostrato… lo sai, ha una protesi alla gamba?”

Isa la guarda allibita. “No, non sapevo nulla.” Si volta a guardarlo, incrociando anche lei il suo sguardo.

“Vai da lui, portagli il conto, dai.” Emma la guarda scuotendo il capo. “Dai, fallo per me.”

Emma prende lo scontrino e va verso il tavolo.

“Sono 29,” dice rivolta verso il ragazzo biondo, senza guardare Cristopher.

Il ragazzo, senza nemmeno dire nulla, tira fuori i soldi e glieli lascia sul tavolino. Si alza e se ne va, tenendo per mano la ragazza con cui era arrivato.

Cristopher rimane lì, seduto.

Isa si rende conto che lui è rimasto lì mentre chiude la serranda; Emma sta finendo di prendere le sue cose dentro e uscirà dal retro.

Isa si avvicina a Cristopher. “Pensi di fermarla?”

“Non lo so.” Lui, seduto a uno dei tavolini, fa spallucce.

“Guarda che lei, quando te ne sei andato, ci è rimasta male.”

“Lo so… non posso starle accanto come vuole lei, non è giusto. Ma è così.”

“Ma non penso sia tu a dover scegliere da solo; devi scegliere con lei.”

Emma spunta dal retrobottega e vede la scena. Senza nemmeno parlare, se ne va.

Cristopher la vede e lascia Isa.

Inizia a camminarle accanto; lei velocizza il passo. Arriva al portone e cerca le chiavi nella borsa.

“Vieni da me.”

“Cosa stai dicendo?”

“Parliamo un po’…”

“E di cosa vuoi parlare? Cosa vuoi da me? Io non ti ho cercato, lo sai? Mi hai travolto tu!” Emma continua a cercare le chiavi nella borsa senza guardarlo in faccia.

“Smatti di non guardarmi?” le prende il viso e lo rivolge verso di lui.

“Non ho voglia di guardarti…” bisbiglia lei.

“Scusa… non meritavi di incontrarmi!” È faccia a faccia con lei, che invano cerca di evitare il suo sguardo, i suoi occhi grigi che l’hanno così turbata.

Si volta e se ne va; Emma lo guarda. Un fisico che non passa inosservato, un corpo con il quale ha condiviso la sua notte dopo tantissimo tempo. No, non è facile resistergli.

Il suono di un sms dal telefono la distrae.

- Mi fai stare bene, ma devo starti lontano -Chiama il numero che le risulta non salvato.

Risponde lui, Cristopher.

“Mi dici perché mi stai facendo questo?” Sbotta lei dopo che lui ha solo bisbigliato un “Pronto”.

“Mi dispiace.”

“Non me ne faccio nulla dei tuoi ‘mi dispiace’, lo sai? A me piacciono le persone che fanno i fatti. Io dovrei decidere se starti accanto,” continua a urlare mentre non è ancora entrata nel portone.

“Non sai quanto possa essere complicato; è meglio che cancelli il tuo numero.”

Emma riaggancia senza nemmeno dargli il tempo di reagire.

Entra nel portone e va verso l’ascensore.

Pochi secondi dopo aver premuto il tasto, niente più corrente.

“Non ci posso credere!”

Niente, il cellulare è morto; sente il portone scattare di nuovo e poi più niente. Non può mettersi a urlare a quest’ora della notte. Si mette seduta per terra.

“Emma,” di nuovo lui.

“Cosa ci fai qui? Vattene!”

“Sei chiusa in un ascensore, non ti lascio; chiamo i vigili del fuoco.”

“Fermati, se apri la porta mi puoi far uscire. È difettosa, non si chiude.”

Lui tira la porta ed ecco che si apre. Le tende una mano; l’ascensore è bloccato a metà tra un piano e l’altro; ci saranno venti centimetri per poter passare.

“Fai piano, vieni.”

La tira a sé, e in un batter d’occhio lei è tra le sue braccia. Sono seduti per terra. La bacia, non resiste più. Lei si tira indietro, lo guarda, lo bacia di nuovo.

La luce delle scale che si accende li distrae.

“Alziamoci.”

“Vengo da te se mi dici perché te ne sei andato.” Emma è poggiata al muro.

“Perché mi vuoi?” È a pochi centimetri dal suo volto; la guarda, può sentire il suo profumo.

“Potrei farti la stessa domanda; il tuo corpo non mente.” Le bacia il collo.

“Non ho solo un corpo, lo sai? Ho anche un cervello.” Lo spinge indietro.

“Sarà quello il motivo per cui non riesco a staccarmi? Mi sarò innamorato del tuo cervello?” La guarda e ride.

Emma lo guarda, inizia a salire le scale per arrivare a casa senza dire nulla.

Lui la segue.

Casa profuma di cocco; è la seconda volta che ci entra.

“Rimani qui, mi cambio.”

“Sai che non c’è nulla che non abbia già visto…” afferma.

Lei lo ignora ma si allontana ridendo. Mentre è in camera, squilla il telefono.

“Rispondi tu, è sul tavolo del salone il cordless,” grida lei dalla camera.

“Pronto?”

Dall’altro lato silenzio, si sente respirare.

“Pronto?” Incalza nuovamente lui.

“Scusi, ho sbagliato numero.”

“Chi cerca?”

“Emma, Emma cercavo.”

“Di chi devo dire?”

“Giacomo.”

Cristopher si avvicina alla camera.

“Tieni.” Infila la mano aprendo la porta.

Lei apre. “Chi è?”

“Un certo Giacomo.”

Lei poggia la mano alla porta e prende il telefono come se avesse visto un fantasma.

“Cosa vuoi?”

Lei ascolta, tiene la mano sul viso a coprire gli occhi. Si è seduta sul letto e lui è rimasto in piedi sulla porta.

La telefonata non è breve.

“Sei sparito, sparito senza darmi spiegazioni. Non voglio assolutamente vederti, non presentarti assolutamente sotto casa.”

Riaggancia e guarda Cristopher, cerca un suo abbraccio.

“Chi era? Il tuo ex?” Lei annuisce.

“Cosa ti ha detto?”

“Che gli sono mancata, che non avrebbe mai voluto allontanarsi.”

“E poi?”

“È qui sotto, vuole salire.”

“Vado? Vuoi che me ne vada?” Lui si alza, sganciandosi dall’abbraccio.

“Tu vuoi andartene?”

“Assolutamente no. Sono nell’unico posto al mondo in cui vorrei essere!” Le prende la mano e la trascina a sé.

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