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Capitolo 3

"Ti sto per baciare, avvicinati," secco lui.

Lei fa per tornare al suo sedile. Lui le prende il volto e lo tiene a pochi centimetri dal suo, si specchiano uno negli occhi dell'altra. Lei non si muove, lo guarda fisso negli occhi.

Regge il suo sguardo come forse solo una donna riesce a fare; quando lei lo guarda, lui lo vede.

Lui si sporge sempre più vicino; millimetri li dividono. Cadono, cadono insieme nell'oblio. Si baciano, si ferma il tempo.

Per un secondo si staccano, si guardano, poi tornano di nuovo a baciarsi, liberati dai loro grandi pesi per qualche istante.

"Dormi da me?" lo guarda lei.

"Ok," risponde lui.

"Ok… torni al tuo posto?"

Emma torna al sedile del passeggero, Cristopher riaccende l'auto. La playlist riparte. Emma inizia di nuovo a cantare.

Questa volta lui guida rapito, ascoltandola. Per la prima volta ha la sensazione di sentirsi leggero, senza più quel peso sul cuore che si è portato avanti per tutto questo tempo.

Arrivano sotto il bar di Isa, che sta aprendo ormai perché sono le 5. Isa vede Emma scendere dalla macchina di Cristopher, un po' scossa e con i vestiti di lui. Si avvicina.

"Cosa è successo? Ti senti bene?" irrompe quasi tra i due che stanno scendendo dall'auto.

Lui la saluta e rimane in silenzio.

"Ehi, stai tranquilla. Non preoccuparti. Ti scrivo più tardi." Le dà un bacio e si allontana.

Isa vede Emma entrare con Cristopher in casa e un po' si stupisce, conoscendo tutta la storia.

"Mi voleva picchiare?" sorride lui. "È gelosa, lo siamo tra di noi."

Salgono in ascensore, di nuovo molto vicini. Lui non resiste; le avvolge un braccio intorno alla vita e la tira su. Lei avvolge le sue gambe intorno alla vita di lui. Poggiati contro il muro dell'ascensore, un bacio intenso, pieno, avvolgente.

"Devo… devo aprire la porta. Entriamo." L'ascensore ha aperto le porte.

Lui la segue.

Apre e, senza nemmeno il tempo di chiudere la porta, lei è di nuovo avvolta da lui. Vede un divano e ci si avvicina; la casa è tutta nella penombra.

Baci intensi, lui le bacia il collo. Lei, delicata, gli tiene il viso tra le mani.

Lui si tira indietro e si toglie la maglia; Emma lo guarda nella penombra del mattino: è perfetto, scolpito attentamente, con due grandi spalle.

Emma è lontana da un uomo da quattro anni, si sente impacciata, imperfetta.

“Che hai?” chiede lui.

“Io… tu… non so. Tu sembri scolpito,” sorride lei.

Lui si alza; era chino su di lei in ginocchio.

Si toglie i pantaloni; Emma rimane senza fiato.

Una protesi, dal ginocchio destro in giù. Lui si volta, la guarda e sorride. “Sei tu che sei perfetta, non io.” E si risiede a fianco a lei sul divano.

“Non lo sapevo…” bisbiglia lei.

“Non potevi, non lo porto scritto in fronte. Lo sanno poche persone.”

“Come è successo?”

“Non voglio raccontartelo ora…” Si avvicina di nuovo al volto di lei; le cinge la vita e la porta in ginocchio su di lui.

Occhi negli occhi, le chiede senza parlare il permesso di toglierle la maglia. Lei alza le braccia, rimanendo nuda. Il suo seno scoperto ha già i segni dell’eccitazione. Continuano a baciarsi, pelle contro pelle, condividendo lo stesso respiro.

Lui la guarda; è la prima donna che lo ha visto per com’è realmente. Si è voluto mostrare, ha voluto condividere. Raramente lo ha fatto prima di lei. Raramente si è affidato come sta facendo in questo momento.

Lei si alza, lo prende per mano e lo porta in camera da letto. Inizia a togliersi i pantaloni, poi il suo perizoma. Rimane di fronte a lui nuda.

“Sei tu ad essere perfetta,” sospira lui.

Lei sorride e si avvicina a lui, che è seduto sul letto. Lo spinge, si mette in ginocchio su di lui, i suoi ricci rossi lo avvolgono.

Senza nemmeno rendersene conto, lei è sotto di lui; uno scatto, un gesto repentino. “Non muoverti!” gli dice lui sulle labbra. Si alza, si toglie i boxer e la protesi. Emma lo guarda: davvero perfetto.

Intenso, travolgente, lui è dentro di lei, con movimenti lenti e dolci. “Non smettere,” sibila lei.

“Sono qui,” bisbiglia lui.

Le avvolge i fianchi con le mani e la tiene ancora più stretta a sé; istanti che si dilatano. Lui è dentro di lei, rimarrà lì.

È sul suo petto, lo respira; lui le accarezza i capelli. “Stai bene?” chiede lui.

“Certo…” alza gli occhi lei. Buio. Si addormenta.

Squilla il cellulare; Emma è ancora avvolta tra le lenzuola. Si alza, si guarda intorno: Cristopher non c’è, né i suoi vestiti, né la sua protesi. Arriva al telefono nella borsa: è Isa.

“Bambola, sei viva?” La voce piena di vita di Isa la riporta alla realtà.

“Se n'è andato.”

“Chi? Emma?”

“Cristopher, è rimasto da me. Siamo stati insieme. È sparito.” Guarda in cucina, in bagno, ovunque.

“Guarda, è andato via due ore fa, l’ho visto scendere quando io stavo staccando dal bar. Sembrava avesse qualcosa da fare. Andava di fretta.”

“A ok, io vado a correre, tu vieni?” Emma inizia a infilarsi un paio di mutande, i pantaloncini e le scarpe da ginnastica.

“Oddio, sinceramente io sto andando al centro commerciale; devo farmi un paio di sandali. Ti volevo passare a prendere.”

“No, ho già i pantaloncini. Ti faccio uno squillo quando finisco; magari ti raggiungo.”

“Ok, ma stai bene?” Isa conosce Emma così bene che sa da quanto tempo non stava con un uomo.

“Sì, tranquilla, non preoccuparti. Ci sentiamo dopo.” Riaggancia e si finisce di vestire.

Esce di casa, si chiude la porta dietro le spalle. Corre giù per le scale, esce dal palazzo.

Inizia a correre.

Corre, è infastidita. È la prima volta, dopo la morte di sua mamma, che è riuscita ad affidarsi. Non le è mai piaciuto condividere se stessa con le persone dopo quell’evento; è rimasta chiusa, arenata.

Isa, la sua amica, l’ha aiutata tantissimo; l’ha spinta a continuare l’università, mentre lei voleva lasciare.

Cristopher è a casa, nella vasca idromassaggio; è scappato. Scappato senza sapere nemmeno il perché.

Emma era tra le sue braccia. Lo stringeva, dormiva rilassata. Si sono avvicinati nel giro di così breve tempo; gli ha mostrato la protesi, il suo reale essere.

Non era da lui fare questo tipo di cose. Le relazioni, se così si possono chiamare, dopo Carla, erano sterili, prive di ogni minimo dettaglio "romantico".

Emma l’ha voluta assaporare, ogni centimetro, ogni parte di lei l’ha voluta esplorare come se fosse l’unica cosa che desiderasse in quel momento. Il suo fisico minuto, il suo seno perfetto, la sua schiena che sembrava quasi disegnata.

Non vuole pensarci, vuole allontanare Emma dalla sua mente. Non è Cristopher l’uomo giusto per lei; ha troppi scheletri, troppe disavventure. Lei è un'anima buona.

Passano un paio di mesi, e Emma dà l’esame di diritto privato, superandolo a pieni voti. Non pensa a Cristopher; ha buttato il vestito che portava quella sera, era macchiato e non voleva ricordarsi di quella serata.

“Hei, splendore! Che fai stasera? Mi vieni a dare una mano al bar? Sono in carenza di personale.” Isa le manda un vocale mentre sta correndo.

Emma pensa qualche istante. “Ok, a che ora devo stare lì?”

Pochi secondi e arriva la risposta. “Praticamente subito! Preparati e scendi. Io ero a correre, sono appena arrivata al bar. Mi cambio e ci prepariamo per la serata.”

Emma guarda l’orologio; effettivamente sono le 17. Va in camera, si prepara: una tuta intera, nera, con una cintura bianca in vita. Trucco, capelli. Trenta minuti ed è pronta. Scende; Isa è sempre così riconoscibile, con la sua massa di capelli.

“Dai, dimmi cosa devo fare.”

“Buongiorno anche a te!” risponde Isa.

“Hai ragione, buongiorno. Cosa posso fare per te?” ride.

“Vai nel retrobottega; ci sono i ragazzi che stanno preparando per i tavoli. Grazie. Ah, e sei una gnocca pazzesca!”

“Sei una bugiarda!” risponde Emma, andando nel retrobottega.

Carlo sta chiacchierando con altre due cameriere.

“Ciao Emma, ti ricordi di me? Sono l’amico di Cristopher. Il barista.”

“Sì… mi dici cosa devo fare per darvi una mano?” Emma non pensava direttamente a Cristopher e ha avuto un sussulto.

“Vieni; se mi vieni a tagliare il lime e le altre cose per i cocktail, mi faresti una cortesia.” Emma lo segue dietro al bancone, lo ascolta darli le indicazioni e inizia a tagliare.

“Emma, tutto bene?” Isa spunta dietro al bancone.

“Mi hai spaventato! Sì, sì, nessun problema.”

“Non ti ho chiesto più niente di Cristopher, va tutto bene?”

“Sì, va tutto bene, tranquilla. Mi ha usato; ormai la conclusione è questa. Ha voluto solo passare una notte con una per non stare solo. Non sono arrabbiata con lui. Sono arrabbiata con me, che ci sono cascata.”

“Forse dovresti richiamarlo.”

“Per dirgli: ‘Ciao, sono quella che ti sei scopato due mesi fa; siccome non ti ho dimenticato, ti andrebbe di rivederci?’ Mi sembra abbastanza patetico.” Emma continua a tagliare, la sua faccia è abbastanza schifata.

“Ti conosco! Comunque, fai come vuoi.” E se ne va.

“Cosa conosci?” Emma le urla dietro cercando di sovrastare la musica, ma niente; è già lontana.

La serata prosegue; ormai è quasi finita, sono le una. Hanno corso come dei pazzi, il bar era pieno.

Emma sta pulendo un tavolo quando le passa davanti un'auto con i finestrini aperti e la musica a tutto volume, con risate in sottofondo. Inevitabilmente alza gli occhi: è la macchina di Cristopher.

Alla guida c’è un ragazzo biondo, riccio. I finestrini si chiudono; il ragazzo scende, e dal suo lato anche una ragazza altissima con un vestito microscopico, che a stento copre parti che altrimenti la farebbero rimanere nuda.

Emma rimane per un secondo incantata. Pochi secondi e compare anche Cristopher, perfetto, con un completo nero, una camicia bianca, la barba fatta e i suoi soliti capelli scompigliati, che sembrano quasi quelli post sesso. Ha per mano una ragazza altrettanto alta, leggermente più vestita.

Ridono e chiacchierano incamminandosi verso il bar. Emma torna verso il bancone, poggia il vassoio e va nel retrobottega. Non pensava che gli facesse tutto questo effetto rivederlo.

Prende fiato; non può farsi bloccare da questo, ha combattuto ben altro. Esce.

Sembra che non siano nel bar, forse hanno cambiato idea, magari non gli piaceva. Va verso il bancone e inizia a pulire per avviarsi alla chiusura.

Vede Isa correre verso di lei.

“C’è lui, è qui. Sono dentro, stanno ordinando. Lui si guardava intorno come se cercasse qualcosa.”

“Non illudermi; l’ho visto che è arrivato con un'altra!” la guarda scocciata Emma.

Pochi secondi dopo, c’è Cristopher al bancone.

“Ciao, non sapevo fossi qui.”

“Le occorre qualcosa? Arrivano subito le vostre ordinazioni,” Emma risponde ignorandolo, senza nemmeno guardarlo.

“Non mi serve nulla, magari non è il caso che venga tu a portarcele…” continua lui ad incalzare.

“Ok.” Si gira e lo guarda. Perfetto; i suoi occhi grigi cercano di incrociare il suo sguardo. Lui, senza dire altro, si gira e va al tavolo, poco distante dal bancone.

Isa, che si era allontanata vedendo arrivare Cristopher, si avvicina di nuovo.

“Che ti ha detto?”

“Che forse non dovrei portare io le ordinazioni al tavolo. Non sapeva ci fossi; altrimenti avrebbe evitato questo posto come la peste, te lo dico io.” Mette a posto i bicchieri, facendoli tintinnare rumorosamente.

“Sai che quei bicchieri costano un occhio della testa e tu li stai usando come sfogo, vero?”

“Sì! Vuoi che inizi a urlare? Fammi sfogare in qualche modo. Ma come si permette? Chiedermi di non andare a servire al suo tavolo. Cosa pensa, che io faccia una scenata? Che lo faccia vergognare?”

“Vai, porta tu le ordinazioni.” Carlo compare con il vassoio in mano. “Lo conosco; fidati di me.”

Isa ed Emma si guardano; Isa annuisce come per incoraggiarla. Emma prende il vassoio e si dirige verso il tavolo dove sono Cristopher e gli altri.

Cristopher la guarda camminare spedita verso il tavolo, continuando a guardarla negli occhi mentre la ragazza di fronte a lui gli accarezza il viso.

“Buonasera, ecco le vostre ordinazioni,” poggia i bicchieri sul tavolo. “Vi auguro una buona serata.”

E si volta senza dare modo a loro di rispondere, pagare o altro.

Cristopher si alza di scatto, lasciando la ragazza che è seduta accanto a lui un po' perplessa.

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