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Capitolo 7

AMY

Il fine settimana scorre via in un lampo. Io e Tobias lo abbiamo fatto più volte, in tutte le posizioni possibili, e ora mi sento stanca e dolorante, ma deliziosamente appagata. Non immaginavo che il sesso fosse così. O forse è Tobias Turner che crea dipendenza, non ne sono sicura.

Ad ogni modo, rifarei tutto da capo. Ancora e ancora.

Temo che non ne avrò mai abbastanza di lui.

Lo osservo mentre esce dalla doccia, un asciugamano di spugna attorno ai fianchi e un altro con cui si friziona la testa. Ha i capelli ancora umidi, una goccia gli scivola sul petto e si va a posare tra i peli sotto l’ombelico. Sono tentata di avvicinarmi per leccargliela via.

Come se avesse ascoltato i miei pensieri indecenti, solleva la testa di scatto. Mi fissa. «Sono in ritardo, e se c’è una cosa che detesto è arrivare in ritardo al lavoro. Tu preparati con calma, ci vediamo in studio».

Annuisco freneticamente, cercando di mascherare la delusione che provo. Speravo di avere tempo per un’ultima sveltina.

Che ragazza cattiva sono diventata!

«Quindi ci hai ripensato? Il posto di modella è ancora mio?».

«Ti do una seconda possibilità, non sprecarla. Il fatto che tu sia venuta a letto con me non significa che farò dei favoritismi».

«Sì, certo». Il pensiero non mi ha mai sfiorato in realtà.

Resto a guardarlo mentre si veste. Prima di lasciare la stanza mi si avvicina, mi bacia e mi dà una pacca sul sedere. «Muoviti, non ho intenzione di aspettarti tutta la mattina».

«Sissignore». Sorrido come un’ebete, il cuore mi scoppia in petto per la felicità. Poi balzo giù dal letto e corro in bagno. Dopo una doccia veloce, raccolgo i miei vestiti sparsi per la casa e mi preparo in fretta. Tobias già mi manca. Non vedo l’ora di rivederlo. Durante il viaggio in metropolitana ripercorro con la mente il nostro weekend insieme, quello che mi ha fatto è… incredibile. Fischietto un motivetto e scendo alla fermata canticchiando sottovoce, svolto a destra e dopo pochi isolati incontro casualmente Charlotte. Anche lei sta andando al lavoro, è trafelata. Probabilmente sta pensando alla strigliata che le farà Turner se non arriva in orario.

Le sorrido conciliante. «Ciao. Anche tu in ritardo?».

Lei fa una smorfia. «Non dire quella parola o mi verrà un attacco di panico. Tu, piuttosto, sei riuscita a convincere il capo a darti un’altra possibilità?»

«Diciamo così».

«Non capita spesso».

«Cosa?». Inarco un sopracciglio affrettando il passo.

«Che riveda le sue posizioni». Mi fissa attentamente, come se stesse cercando di decifrare un linguaggio in codice. «Come diavolo hai fatto?».

Arrossisco e distolgo lo sguardo in fretta. Temo che mi si legga in faccia quello che io e Turner abbiamo fatto durante il fine settimana, e non voglio che si pensi che ho usato il sesso per convincerlo. Anche se forse è proprio così. Alla fine scrollo le spalle. «Non saprei, forse gli sto solo simpatica».

«Ma se l’altro giorno sembrava detestarti!»

«Senti, non so proprio cosa dirti. Sarà meglio che ci affrettiamo o faremo davvero tardi». Le mie parole sembrano convincerla. Ci mettiamo a correre e arriviamo entrambe senza fiato; ci scambiamo un’occhiata, poi scoppiamo a ridere. Proprio in quel momento Tobias si affaccia alla porta del suo studio, lo sguardo accigliato. «Che avete da ridere, si può sapere?». Non sembra lo stesso uomo che solo mezz’ora fa aveva le labbra incollate alle mie; adesso mi guarda torvo, i suoi occhi sono di ghiaccio. «Tu», mi indica, «vai a prepararti o ti caccio a pedate una seconda volta. Intesi?».

Obbedisco all’istante, il cuore in gola. Stavolta devo fare del mio meglio. Indosso il capo di biancheria intima dell’altro giorno, ma stavolta mi sento un po’ più a mio agio. Dopo aver passato l’intero weekend nuda, in casa di Turner, mi sento meno intimidita da lui e comincio ad accettare il mio corpo per quello che è: una fantastica arma di seduzione.

Eseguo alla lettera tutti gli ordini di TT, cercando di apparire sensuale. Lui è concentrato sulla sua macchina fotografica e le luci, sembra non badare troppo a me. Fa una serie di scatti, poi mi chiede di cambiare posizione. Sul lavoro è instancabile quasi come a letto; questo pensiero mi eccita, mio malgrado. Quando terminiamo il servizio, aspetto che lui mi dica qualcosa, che mi inviti a uscire o semplicemente mi chieda di passare la notte a casa sua.

Non lo fa.

Rimette a posto tutte le sue cose con meticolosa precisione e si avvia verso porta. Solo prima di varcarla si ferma e mi guarda. «È stato un piacere lavorare con te», dice. È terribilmente serio, nemmeno l’ombra di un sorriso. Poi varca la porta e se ne va.

Dire che sono delusa non rende bene l’idea.

Dopo il nostro fine settimana insieme, pensavo che tra noi si fosse instaurata una certa complicità. So bene che è stato solo sesso, ma speravo davvero che volesse rivedermi. Che non si esaurisse tutto così, con dei gelidi saluti. Mi costringo a non piangere, ma ho la gola chiusa. Corro nei camerini a rivestirmi e mi avvio verso casa di pessimo umore.

Come possono cambiare velocemente le cose.

Stamattina ero euforica, mi sentivo al settimo cielo, mentre adesso vorrei solo chiudermi in camera mia e piangere fino ad aver esaurito le lacrime. Purtroppo non posso farlo. Arrivata nell’appartamento che divido con la mia coinquilina, trovo una sorpresa inaspettata: seduto in cucina c’è Lucas, il mio ex ragazzo. Lo fisso incredula, senza riuscire a muovere un solo muscolo.

Non appena mi vede, lui si alza. Si strofina le mani sui jeans, l’espressione vagamente imbarazzata.

«Ciao», saluta spostando il peso da un piede all’altro.

«Cosa ci fai qui?».

Scrolla le spalle. «Ho pensato di farti una sorpresa, ho preso un biglietto aereo per New York ed eccomi qui. Non sei felice di vedermi?».

Sono felice? Non lo so. In realtà mi sento solo confusa.

«Avevi detto che tra noi era tutto finito».

«Non parlavo sul serio, ero solo arrabbiato». Lucas increspa la fronte, infila le mani nelle tasche dei jeans. «Sono venuto per dirti che mi dispiace. Non avrei dovuto trattarti in quel modo».

Certo che non avrebbe dovuto!

Purtroppo per lui è tardi, ormai. Quello che è successo con Turner mi ha cambiato. Non sono più la stessa ragazza arrivata qui dal Minnesota. Sebbene siano trascorsi solo pochi giorni, per me è come se ci fossero anni a separarci. Ma non riesco a dirglielo. Lui mi abbraccia, mi stringe. Poi mi prende per mano. «Andiamo nella tua stanza? Ho voglia di restare solo con te».

Mi riscuoto, accorgendomi solo adesso che non siamo soli in effetti. C’è Ava in piedi davanti alla finestra della cucina; mi fa un cenno con la mano e sorride maliziosa. «Andate pure, fate come se io non ci fossi».

Non mi sento a mio agio. È tutto sbagliato. Vorrei gridarle che Lucas non è più il mio ragazzo, che tra noi è finito tutto. Ma lui si merita delle spiegazioni in privato, perciò taccio e lo seguo nella mia claustrofobica stanzetta.

«Senti», esordisco prima di perdere il coraggio. «Forse avevi ragione tu».

«A che riguardo?». Aggrotta la fronte e chiude la porta alle sue spalle.

«Dicevi che New York mi avrebbe cambiata, che non sarei più stata la stessa Amy…».

«Sciocchezze». Fa un sorriso sghembo e mi si avvicina, mi afferra per la vita. «Promettimi che dimenticherai quello che ti ho detto».

«Non posso. Avevi ragione, New York mi ha già cambiata».

«Smettila». Lucas non mi dà retta. Le sue labbra si avvicinano alle mie, mi bacia. È dolce, tenero. Niente di paragonabile alla passione di Tobias. Pensare a Turner, tuttavia, mi fa accendere come una miccia. Ricambio il bacio e spingo Lucas sul letto; salgo a cavalcioni su di lui senza staccare la bocca dalla sua. Immagino che al posto suo ci sia Tobias. Sono eccitata. Strofino il pube sulla patta dei suoi jeans mentre la mia lingua scivola lenta nella sua bocca.

A un tratto lui mi ferma, si scosta. «Aspetta». Ha il respiro affrettato, gli occhi spaventati.

Di cosa ha paura, di me?

«Cosa c’è che non va?», gracchio passandomi le mani tra i capelli. «Pensavo lo volessi».

Lui sospira, si alza dal letto e comincia a camminare su e giù per la stanza. «I miei progetti non sono cambiati», ammette. «Sono venuto qui per fare pace, non mi andava che ci lasciassimo in quel modo. Ma voglio ancora fare le cose con calma. D’accordo, adesso sei qui, a New York, mentre io inizierò il college in Minnesota. Ma si tratta solo di una parentesi. Quando ti stuferai di inseguire il tuo sogno impossibile, tornerai da me. E io sarò lì ad aspettarti. Verrai a stare da me e dopo il college ci sposeremo. Voglio che la nostra prima volta sia speciale, non accadrà in questa stanza, in questo letto minuscolo».

Sono senza parole.

Ha programmato tutto senza consultarmi.

Non mi chiede neppure se sono d’accordo, se per caso ho cambiato idea, se desidero le stesse cose. Per lui non ha importanza. E considera il mio sogno impossibile.

Se solo sapesse che ho posato per il fotografo più famoso di New York, che sono andata a letto con lui… immagino già la faccia che farebbe. Disgustata, delusa.

Ma io non sono più la dolce Amy che lui conosceva, forse nel mio intimo non lo sono mai stata. Sto per dirglielo, ma veniamo interrotti. Qualcuno bussa alla porta.

«Avanti», dico contro voglia.

Ava mette dentro solo la testa, sorride. «Che ne dite di una serata in giro per locali?».

«Perché no?», rispondo.

Forse è proprio quello che ci vuole. Ho bisogno di uscire, di svagarmi. Non voglio pensare a niente, ma soprattutto non voglio restare sola con Lucas.

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