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4- Persecuzione

Il mio bagno è avvolto da una nube di vapore che mi pare zucchero filato e l'aroma dolce del mandarino mi inebria i sensi calmandomi.

Le piastrelle rosa pesca gocciolano a mano a mano che la condensa si posa su di esse.

Mi alzo dalla vasca e l'acqua scivola via dal mio corpo lasciandomi un torpore tonificante sui muscoli molto rigenerante.

Mi stringo nel mio accappatoio arancione e raggiungo la cucina in punta di piedi.

Accendo lo stereo e le note di "brulled lines" riempiono il silenzio di tutta la casa facendomi compagnia.

Prendo una coca cola dal frigo e ne bevo un generoso sorso direttamente dalla lattina, lo sfrigolare in gola della bevanda gasata mi fa singhiozzare e lacrimare gli occhi ogni volta.

Se la mamma fosse stata qui mi avrebbe di certo rimproverata, ricordandomi quanto fosse poco igienico il bordo di una lattina e invece papà avrebbe preso una birra e dopo aver brindato con me avrebbe bevuto allo stesso modo.

Il pianto che ho tentato di trattenere per tutta la sera, sfocia in un lamento con prepotenza; l'adrenalina è scomparsa lasciando il posto alla consapevolezza.

Il mondo è malato, insidioso, crudele per certi versi e finché i miei genitori erano in vita, io ho sempre visto il lato roseo della vita.

Questa sera mi sono ritrovata faccia a faccia con la malavita e ho capito che non si scherza e il pensiero che David e Georgia siano stati assassinati come quel ragazzo, mi fa ardere dalla rabbia. Accettare la crudeltà del destino che mi è toccato è impossibile, mi sento incompleta, vuota e inutile per questo.

Vado nel mio piccolo soggiorno e prendo dalla madia color antracite, una foto di quando ero bambina.

Me ne stavo in braccio a papà e insieme alla mamma mi baciava sulla guancia mentre sorridevo.

Sfioro la loro figura con le dita; non so che darei per riaverli con me.

Poggio la piccola cornice sul ripiano del mobile e attira la mia attenzione la piccola busta che Axel mi aveva quasi lanciato addosso.

Accanto a essa vi è anche un biglietto e capisco dalla calligrafia disordinata che è stato scritto da Bradley.

"Cara vecchietta, ci teniamo a precisare che sei una pessima padrona di casa.

Ci hai lasciati da soli e oltretutto senza avere un frigo ben fornito ma in ogni caso ti abbiamo lasciato un regalo, siamo sicuri che ti piacerà.

Ricorda che siamo una famiglia e per qualsiasi cosa potrai contare sempre su di noi.

Quando ti senti smarrita, punta la bussola verso nord e sentiremo il tuo richiamo.

Ti vogliamo bene sorellona!"

Questi gesti così affettuosi mi commuovono sempre.

I miei fratelli sono sempre stati delle pesti, ma quando vogliono sanno toccare il profondo dell'anima; alcune volte dimentico che anche per loro è stata dura la morte di mamma e papà, ma hanno ragione, noi siamo una famiglia.

Svuoto il contenuto della busta sul palmo della mia mano e vedo una catenina brunita con un ciondolo a forma di bussola.

《Però, vi siete impegnati!》esclamo da sola, osservando ogni dettaglio.

Stringo in un pugno quel piccolo gioiello e lo porto sul cuore dolente.

Un riflesso rosso mi ricorda che ho ancora l'anello di Ethan al mio dito.

È una fascia d'oro giallo con un rubino incastonato e su di esso sembra esserci impresso una specie di stemma.

Provo a sfilarlo, ma sembra essere proprio incastrato.

Provo con il sapone e con l'acqua calda, ma nulla, non si muove di un millimetro.

Deve essere un altro scherzo del destino. Non capisco perché abbia deciso di proteggermi, perché è ciò che ha fatto vero? Potevo essere una delle tante vittime dimenticate in un fosso, invece sono diventata la fidanzata del capo.

Provo ancora a togliere quel cimelio di famiglia dal dito, senza riuscirci ovviamente, tutti gli sforzi appaiono nulli.

Un'idea malsana inizia a formarsi nella mia testa e più sento che è sbagliato più ho intenzione di provarci.

Considerato che non avrò più un lavoro domattina, potrei provare ad avvicinarmi di più al mondo di Ethan.

Domani andrò al "the bravery house" con la scusa di volergli restituire l'anello e improvviserò un piano al momento.

Decido di lasciare un messaggio a Scarlett e cercando il telefono nella borsa mi rendo conto di aver perso il portafogli e per fortuna ho pagato il taxi con il conto collegato al telefono, altrimenti avrei avuto altri guai stasera.

《Che cavolo però!》protesto con me stessa.

Avevo tutti i documenti e le carte di credito lì dentro e ora la rottura sarà denunciarne lo smarrimento.

Domattina mi toccherà provvedere prima a sistemare questa faccenda e ciò significa che tutto il resto slitterà al pomeriggio.

《Calma Sophie, devi stare calma e respirare!》ripeto più volte queste parole come un mantra, finché non decido saggiamente di andare a letto.

Indosso la camicia da notte all'ultima moda: rosa con delle fragole stampate. Mi stendo sul materasso di getto, accendendo il mio pc portatile.

Ho cercato sul web il cognome ipotetico di Ethan, senza però ottenere alcun risultato, sarà impossibile indovinarlo continuando a tentoni.

Ho guardato anche tra le ricerche correlate al suo locale, ma quell'uomo sembra quasi non esistere.

Ciò che però mi è saltato all'occhio è stato un articolo del "New York Times" pubblicato circa un'ora fa e che racconta della morte di un ragazzo, ucciso a bastonate e gettato nel cassonetto sul retro del locale.

A ritrovarlo sono stati i netturbini.

Il mio cuore batte all'impazzata.

L'ansia mi divora e il ricordo di quella povera vittima mi fa salire la bile in gola.

Corro in bagno a dare di stomaco e quell'immagine atroce continua a comparire nella mia testa come un incubo ricorrente.

Perché gli esseri umani continuano a fare del male ai loro simili?

La vita è così preziosa, non dovrebbe essere minata da tutta questa malavita.

Mi guardo allo specchio e vedo solo una ragazzina stupida che si crede tanto forte da poter far parte di quella gente senza pagarne il prezzo.

Gli occhi identici a quelli di mia madre mi scrutano nel riflesso della mia immagine; la mia fisionomia è identica a quella di mio padre, il mio gigante buono.

Se fossero stati ancora qui, probabilmente non avrei mai avuto occasione di vivere quella scena orribile, anzi ne sono sicura.

Alzo i miei lunghi capelli biondo cenere e li raccolgo sulla nuca legandoli con un elastico e sul collo vedo un segno violaceo, molto simile a un livido.

Mi avvicino ancora di più allo specchio e provo a mandare via quella macchia sfregando con le dita.

《Non ci posso credere!》dico sconcertata.

《No! No! Non è possibile! Mi ha marchiata!》dico lavando la zona col sapone, con il latte detergente, con alcol etilico.

《Ma che cazzo, nemmeno a quindici anni si fanno più i succhiotti!》dico rassegnata, usando del correttore per sbiadire quell'alone che mi rifiuto di guardare ancora.

Me ne ritorno a letto imbronciata, non voglio più pensare a quello psicopatico che con prepotenza si sta insinuando nella mia vita e nella mia mente.

La notte prende presto il sopravvento con la complicità della mia stanchezza e insieme mi accompagnano nel mondo dei sogni.

《Smettila di frignare mocciosa!》

Un uomo mi rinchiude in una stanza e io ho paura perché è tutto buio e ci puzza di pipì.

《Voglio la mia mamma!》dico singhiozzando ma nessuno mi risponde.

Improvvisamente la porta si apre ed entrano altri bambini.

Uno di loro, più grande di tutti, ha una torcia e rassicura tutti gli altri dandogli coraggio.

Dalla tasca del suo cappotto tira fuori delle caramelle e ci implora di non piangere più.

《Fate i bravi e vedrete che presto i vostri genitori torneranno ad abbracciarvi》

Mi sveglio di soprassalto, ho avuto ancora una volta un flashback in fase Rem.

La mia sveglia segna che mancano venti minuti alle sette del mattino.

Il sole è già alto nel cielo e preavvisa l'ennesima giornata di fuoco.

Scarlett ancora non ha risposto al mio messaggio, probabilmente starà ancora dormendo con chissà chi.

Mi alzo svogliatamente e vado a rendermi presentabile per fare delle foto tessere, ignorando il fatto che ogni sforzo per acchittarmi verrà ripagato con un ritratto più brutto del normale.

I miei capelli sembrano paglia questa mattina, ma non mi va di sistemarli con una passata di piastra.

Manhattan in agosto è veramente umida e nemmeno il parrucchiere più abile sarà mai in grado di assicurare la durata di una piega.

Quella macchia sul collo non accenna a sbiadirsi, anzi, come se fosse possibile si è scurita ancora di più.

Con del fondotinta e delle creme, creo una base al mio incarnato e camuffo quel segno fino a farlo sembrare più che altro una voglia.

Completo il make up con una linea di eyeliner e un po' di gloss.

Lego i capelli in una treccia a spiga di pesce e dopo aver indossato un abito a fiori rossi che era di mia madre, infilo le mie scarpe di tela ed esco di casa di fretta e furia.

Sorpasso l'androne del palazzo e in strada vedo parcheggiata la jaguar nera, quella di Ethan.

Come fa a sapere dove abito? Temo proprio di essere in guai seri.

Mi giro sui miei passi, intenta a tornare in casa e lui è lì, poggiato al muro laterale del palazzo, mentre fuma una sigaretta.

Mi guarda sorridendo e alla luce del giorno non sembra così tenebroso come vuole far credere, se lo avessi visto oggi per la prima volta lo avrei definito un ragazzo normale e non uno stronzo come ieri sera.

《Buongiorno Sugar!》dice provocandomi, lanciando il mozzicone sul marciapiede.

《Quello non è il mio nome!》rispondo acida.

《Come sei scontrosa questa mattina!》dice avvicinandosi 《eppure ieri sera sembravi così dolce!》

《Forse sono una brava attrice oppure tu non noti la differenza tra vero e falso!》

《Perché la mia fidanzata mi tratta così?》 chiede provocandomi, alzando una mano verso il mio viso come per volermi accarezzare.

Mi scosto dal suo tocco di impulso e poi ricordo che ho ancora il suo anello al dito e che avevo deciso di usare questo a mio favore.

Dio ma quanto è difficile!

《Giusto! Ho ancora il tuo anello!》

Gli mostro la mano 《Ho provato a toglierlo, senza riuscirci! Con il caldo ho spesso le mani gonfie!》dico seriamente desolata.

《Non devi toglierlo! È tuo!》dice come se fosse ovvio.

《Non è mio! È tuo!》controbatto.

Ethan sospira, visibilmente irritato dal mio modo di fare.

《Adesso facciamo un giro!》dice prendendomi per mano, trascinandomi verso la sua auto.

《No! Lasciami! Ho altri impegni!》

《Al momento il tuo unico impegno sono io! Quindi fammi il favore di non fare storie!》

Apre la portiera dal lato del passeggero e mi obbliga a salire con un cenno del capo.

Mi sono proprio cacciata in un bel guaio e la cosa più grave è che l'ho voluto io.

Ethan aziona il motore e si immette nel traffico guidando in modo sconsiderato, proprio come ho constatato la sera prima.

《Mio Dio, ma il tizio che ti ha dato la patente doveva essere proprio ubriaco!》

Allaccio la cintura di sicurezza e a ogni incrocio cerco di frenare con il piede come se alla guida ci fossi io.

È un riflesso incondizionato che non riesco a controllare, anche quando guidano i miei fratelli mi comporto così.

《E chi ti dice che io abbia ancora la patente?》esclama Ethan soddisfatto di avermi mostrato ancora una volta che nessuna legge sarà mai un limite per lui.

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