Libreria
Italiano
CapitolI
Impostazioni

Capitolo 2: Al locale - Ian.

9 Settembre.

Un’altra serata al Morrison.

Finisce sempre così. Si gira in lungo e largo e poi si approda qui. Il locale più glamour.

Per me, però, non c’è niente di glamour. Stesse facce, stessa musica, stesso tutto.

Sono stufo, voglio posti nuovi, gente nuova.

Ma che mi lamento a fare?

Il coraggio, o la voglia, di cambiare aria, città, giri, non ce l’ho e mai l’avrò.

So anche come finirà la serata: adocchierò qualche tipa, ci proverò spudoratamente e poi me la porterò a letto, rigorosamente a casa di lei.

Non mi va di restare intrappolato da me, con una che non avrei mai il coraggio di mandare via. Stronzo sì, maleducato, no.

E poi, mai correre il rischio di far sapere alle mie occasionali partner dove potermi trovare nel caso in cui fossi stato tanto bravo a fingere interesse, da illuderle che oltre al sesso, volevo di più.

Ho commesso questo errore solo una volta, errore a causa del quale mi sono ritrovato a dovermi trasferire da Andrew. Il che non è stato davvero un male, a ben pensarci.

Cerco nella pista da ballo, c’è sempre qualche ragazza pronta ed eccitata che si agita in cerca di un compagno. Evito accuratamente quelle troppo truccate e troppo svestite: o sono prostitute o ragazzine camuffate da donne navigate. Salto anche quelle troppo coperte, non sarò certo io a minare ulteriormente la loro insicurezza.

La pista da ballo, però, stasera non offre grandi occasioni. Sposto la mia attenzione al bancone in cerca di qualche bella ragazza in attesa di un cavaliere che le offra da bere e, bingo!

Vestito verde, pelle d’ebano, riccioli ribelli, viso d’angelo. È lei la fortunata di questa sera.

Mi stacco dal muro dove mi ero appoggiato e muovo un passo nella sua direzione, la ragazza, però, ritira due birre e si allontana. Due birre, forse un compagno?

La seguo con lo sguardo.

La tipa ancheggia armoniosa sui suoi tacchi alti fino ad un tavolo in fondo alla sala.

C’è qualcosa di sbagliato nel modo in cui si guarda intorno, nella rigidezza delle spalle. Sembra quasi voler scivolare tra la gente senza toccarla per davvero. O senza volersi far toccare.

Sono dei dettagli troppo in contrasto con l’immagine di una bella ragazza in cerca di divertimento.

Al tavolo, ad attenderla, c’è un’altra ragazza. Almeno non è un uomo.

“Magari è lesbica” penso. E la mia testa viaggia in una fantastica fantasia sessuale a tre. Ma capisco subito che sono solo amiche.

Questo potrebbe essere un problema, difficilmente lascerà da sola, ed io ho solo Andrew come spalla. Se gioco bene le mie carte, forse la cosa a tre potrebbe ancora realizzarsi. Ma prima devo vedere l’altra, devo capire quanto bene devo giocare.

La dea nera finalmente si siede accanto all’amica, liberando la visuale e… che mi venisse un colpo.

Quella è la commessa.

Maledizione. Non è proprio serata.

Mi giro per tornare a setacciare il locale, ma Andy mi cala pesantemente una mano sulla spalla.

È ubriaco.

«Heeey» dice «Ma quella non è, quella, la tipa, quella da cui sei scappato»

biascica.

«Io non scappo dalle donne, e tu sei ubriaco perso»

«Cazzate!» mi alita in faccia i 12 cocktails che ha ingurgitato «Da quella sei scappato»

Lo odio. Davvero.

La storia del conoscermi bene, mi sta dando noia. Sta iniziando a soffocarmi.

Io non sono scappato da lei, ma da quello che lei rappresenta.

E come far capire al profondo e sensibile Andrew che donne come quella, portano solo guai?

Donne come quella, ti fottono la testa e ti fanno perdere tempo, perché un giorno si sveglieranno e si accorgeranno di aver finito di scavare dentro di te, di non aver più niente da rimestare, e se ne andranno. L’ho visto accadere, due volte.

La prima volta con mia madre. Ha rivoltato l’esistenza mia e di mio padre e poi è sparita.

La seconda, lei si chiamava Janina ed ha fottuto mio padre alla grande. Lo ha ridotto una pezza da piedi e poi è sparita pure lei, lasciandosi dietro un fantasma.

Mi è servita la lezione, certo, mi ha insegnato a stare lontano dalla loro razza.

Che si fotta Andrew e i suoi discorsi da ubriaco.

«Oh-oh! Wow!!!» urla il cretino «Il trombeur de femme Ian cel’hosoloio ha paura di una donna!»

Mi ha stufato. Faccio per andarmene, ma l’idiota fa l’inaspettato.

«Devo conoscerla! Devo davvero rendere i miei omaggi ad un essere tanto potente»

dice lanciandosi in direzione del tavolo della commessa.

Si muove così velocemente che non riesco a fermarlo ed il locale è talmente pieno che resto intrappolato tra due tizi con un evidente odio per il buon gusto ed il sapone.

Riesco a liberarmi dalla folla, ma è troppo tardi.

Andrew è chino sul tavolo della dea e della commessa. Sta già vomitando parole.

Impreco a vuoto e mi affretto. Lo raggiungo proprio mentre dice:

«Io devo conoscerti! Sei diventata il mio mito proprio ora»

Faccio ruotare gli occhi e scuoto la testa.

Gli metto una mano sulla spalla e lo tiro a me, poi mi chino a chiedere scusa e mi accorgo che sia la commessa che la dea stanno ridendo.

«Scusate, il mio amico è ubriaco!»

urlo e proprio in quell’istante la musica si fa più bassa, così mi sente mezzo locale.

La commessa mi guarda.

«Tu»

dice.

Penso se sia il caso di fingere di non riconoscerla, ma Andrew è talmente ubriaco che potrebbe mettermi ulteriormente in imbarazzo.

«Io»

replico.

La dea corruga la fronte e guarda prima me, poi la commessa.

«Voi» scherza «Pensate di spiegare?»

La commessa le dice qualcosa all’orecchio e la dea spalanca la bocca.

Torna a fissare i suoi occhioni neri su di me e ride.

È proprio bella. Anche se c’è qualcosa in lei che non combacia. Un dettaglio fuori posto, ma non riesco ad individuarlo.

«Quindi, come ti chiami?»

mi chiede.

«Ian!» grida Andrew «Lui si chiama Ian, ed io sono Andrew, il suo migliore amico!» ride «Sono ubriaco»

«Lo vedo, Andrew»

dice la dea.

«Andy, chiamami Andy»

replica lui, sedendosi accanto a lei.

La dea ha un sussulto, ma io sono paralizzato dall’assurdità della situazione per dare peso alla cosa.

Ma perché l’ho seguito?

Anche se avesse detto qualcosa di imbarazzante su di me, non avrei mai più incrociato la commessa e forse avrei beccato la sua amica un’altra sera. Da sola.

«Beh, Andy, io sono Alice, e lei Lisa» indica la commessa «La mia più cara amica»

Andrew sorride come un idiota.

«Lisa, tu sei il mio mito! E lui» indica me «Pure lui è il mio più caro amico, anche se è una merda di persona»

Fanculo Andrew.

La dea mi guarda e mi studia, poi indica il posto accanto alla commessa.

«Resti lì o…»

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

«’O’» dico «Ci sono un paio di situazioni in pista che mi ispirano»

Le sopracciglia della dea scattano in alto ed io mi rendo conto di essermi bruciato la possibilità di farmela in futuro.

“Tanto ci avrebbe pensato Andrew a fregarmi” mi dico.

La commessa, invece, mi guarda impassibile, quasi non fossi lì. Una parte di me resta delusa dal non ritrovarmi di fronte agli occhi di quel giorno.

Questa versione della commessa è diversa, fredda, distaccata, impassibile. Sembra le abbiano levato via l’anima. Sto iniziando a pensare che forse la volta precedente mi sono sbagliato, magari il caldo mi aveva fuso la capacità di vedere chiaramente, ma la risata sguaiata di Andrew mi distrae, per la milionesima volta, dalle mie elucubrazioni.

«Sì, sì! Lisa! Sei ufficialmente il mio idolo!»

La commessa lo guarda e scuote la testa.

«Andrew, posso chiederti perché? Continui a ripeterlo, ma non ho fatto davvero niente a parte starmene seduta qui»

Stringo i pugni. Se avessi le unghie più lunghe, mi caccerei sangue dai palmi.

Spero che dalla bocca di quel deficiente non esca fuori una sola parola su di me o su quel giorno al negozio, sulle mie farneticazioni, o giuro che lo distruggo.

Amico o meno, lo faccio fuori. Se non se n’è andato prima, lo farà di certo dopo che avrò finito di smembralo.

Andrew, però, si solleva e si china verso di lei, si avvicina all’orecchio e le dice qualcosa.

Mi sento sprofondare nella merda più putrida e fumante. Come faccio a sapere cosa gli sta dicendo quella checca isterica?

Resto lì, immobile, aspetto di vederla guardarmi e magari sogghignare, invece lei ascolta, annuendo di tanto in tanto.

Quando Andrew torna a sedersi lei sorride e gli dice:

«Ho capito»

E basta. Non una parola di più. Non mi guarda, non fa battute, non ride. Niente.

Prende la sua birra e beve.

In quel momento mi accorgo che il tavolo è pieno di bottiglie vuote.

Quanto diamine hanno bevuto quelle due?

Forse è meglio così, se sono ubriache quanto o più di Andy, domani non ricorderanno nulla.

Faccio un sospiro di sollievo e me ne vado in pista a cercare qualcuna con cui passare la notte.

Scarica subito l'app per ricevere il premio
Scansiona il codice QR per scaricare l'app Hinovel.