04. APERISPIA
Che Michael fosse un ragazzo intraprendente, Livia l'aveva capito. Ma vederlo entrare nella sua camera reggendo un vassoio con sopra due bicchieri pieni di ghiaccio, due bottigliette di gassosa bianca e una ciotola di pistacchi assieme alla borsa del ghiaccio, fu una vera sorpresa.
«Mi stavo chiedendo che fine avessi fatto. Credevo non riuscissi a trovare la borsa del ghiaccio.»
«Dì la verità, sei rimasta senza parole.» le disse con una strizzata d'occhio, posando il vassoio sulle gambe della ragazza e sedendosi sul letto.
«Non fare lo spaccone. Se non fossi bloccata su questo letto, avrei potuto farlo anch'io.» disse posando delicatamente la borsa del ghiaccio sulla caviglia, gemendo per il contatto gelido sulla pelle.
«Allora facciamo che me ne devi una, se dovessi prendere una distorsione anch'io.»
Livia lo guardò intensamente. Sapevano entrambi che lei gli doveva molto di più, ma lui non era intenzionato a parlare dell'argomento. Perciò sarebbe toccato a lei.
«Ti piace la cucina cinese?» gli domandò mentre sorseggiava la gassosa versata nel bicchiere, per placare la sete causata dai pistacchi.
«Una settimana senza pollo alle mandorle e riso alla cantonese, non è degna d'esser vissuta.» risponde prontamente.
«Adoro il pollo alle mandorle! Purtroppo tra le mie amiche, sono l'unica ad apprezzarlo.»
«Allora quando sarai di nuovo in grado di camminare...»
«Ti porterò nel miglior ristorante cinese della città, per ripagarti di quello che hai fatto per me. E sarai mio ospite, Michi.» disse con un tono di voce che non ammetteva repliche.
«Veramente dovrei essere io a offrire, visto che ho tirato fuori l'argomento.» obiettò lui.
«Levatelo dalla testa! Se non vuoi essere rimborsato, dovrai accettare che sia io a pagare la cena. Siamo nel ventunesimo secolo e le donne si sono emancipate.»
«L'ho sentito dire. Però ho nostalgia dei bei vecchi tempi.» disse mettendosi in bocca dei pistacchi.
«Che maschilista, mi stai facendo pentire di averti fatto entrare in casa!»
Michael rise e dovette in tutta fretta bere dal suo bicchiere per non strozzarsi con un pistacchio, scatenando così la risata di Livia.
«Stai attento, non vorrei essere costretta a farti la respirazione bocca a bocca.» ironizzò.
«Non servirebbe a niente, Liv. Se un boccone mi resta incastrato in gola, serve la Manovra di Heimlich per salvarmi.»
«Spero per te che si impari sul momento. Altrimenti sei spacciato, mi spiace!» dichiarò fingendosi dispiaciuta.
«Allora ne approfitterò per baciarti. Sai, l'ultimo desiderio di un condannato a morte va esaudito.»
Livia gli tirò contro un peluche posato sul cuscino e lui si abbassò per evitarlo.
«Tregua, va bene? Accetta un'offerta di pace per siglare l'accordo.» disse dopo aver recuperato il peluche e averlo riconsegnato a Livia, che accettò la tregua.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ma a nessuno dei due si sentì a disagio per questo. Si scambiarono diverse occhiate tra di loro, con la differenza che Livia distoglieva lo sguardo quando Michael se ne accorgeva, lui invece sorrideva e continuava a guardarla.
«Gran bella casa, comunque! Vivi da sola?»
Livia deglutì a fatica. Sapeva che prima o poi sarebbe saltato fuori quell'argomento, ma volle mostrarsi forte davanti a Michael.
«Fino a un paio di mesi fa c'erano anche i miei genitori.»
«E adesso si sono trasferiti?» chiese ingenuamente.
«Sono rimasti coinvolti in un brutto incidente stradale e non ce l'hanno fatta.»
Un silenzio imbarazzante cadde tra di loro, ma Livia non voleva che la sua vita fosse per sempre condizionata da quella tragedia. Aveva pianto, stava elaborando il lutto e desiderava recuperare il tempo perduto in quei due mesi.
«Levati quell'espressione dalla faccia, Michael. Non mi serve il tuo aiuto per deprimermi, sono bravissima da sola.» disse mandando giù l'ultimo sorso di gassosa.
«Scusami, è solo che mi dispiace molto. Non hai sorelle o fratelli?»
«Sono figlia unica, ma non posso lamentarmi. Se i miei fossero riusciti ad avere un altro figlio non avrebbero...»
«Cosa?» la incalzò lui, vedendo che di colpo si era ammutolita come se volesse nascondergli qualcosa.
«Non avrei ricevuto tutto l'amore che mi è stato donato, non custodirei nel mio cuore tanti bei ricordi legati ai nostri momenti insieme.»
Per quanto Michael fosse simpatico e gentile, Livia non se la sentiva di confidare ad un ragazzo appena conosciuto che quando aveva cinque anni, i suoi genitori scoprirono di non poter avere altri figli a causa di un'infezione che la madre aveva contratto all'utero. Così per proteggere e garantire alla loro unica figlia un futuro felice, entrambi avevano stipulato una polizza sulla vita di cui Livia era la beneficiaria.
La doppia polizza sulla vita dei suoi genitori a distanza di vent'anni, le aveva lasciato in eredità centomila euro. Quasi nessuno tra parenti e amici era a conoscenza della cosa. Livia non aveva ancora deciso cosa fare con tutti quei soldi, le serviva tempo per pensare. Forse nemmeno lo zio Gianni lo sapeva, visto che le aveva montato gratis l'impianto d'allarme.
«Capisco quello che vuoi dire, almeno in parte. Mio padre andò via di casa quando avevo sedici anni, c'era di mezzo un'altra donna. Ha spezzato il mio cuore e quello di mia madre.»
Livia sfiorò con la sua mano il dorso di quella di Michael. Lui reagì stringendo la sua a quella della ragazza. Rimasero nuovamente in silenzio, ma i loro sguardi dicevano tutto senza pronunciare una parola.
Livia non avrebbe mai potuto immaginare che zio Gianni con la scusa del sistema d'allarme, la teneva sotto continua osservazione. Che quando si trovava in camera da letto o in cucina, l'uomo ascoltava le sue conversazioni con l'amica Nicole e la sua ex moglie. Non poteva sapere che quell'uomo all'apparenza così buono, gentile e sempre ben disposto, era così ossessionato dall'idea di tenerla sotto controllo, che più di una volta aprendo l'app collegata all'impianto di videosorveglianza di Livia, l'aveva vista in intimo oppure nuda.
Dopo la morte dei genitori della ragazza, il ricordo dell'unica volta in cui gli avevano parlato della doppia polizza sulla vita stipulata in favore di Livia, era tornato a galla. Era rimasto in attesa e da quando aveva saputo che la sua nipotina era passata in agenzia per riscuotere il denaro, la mente dell'uomo lavorava febbrile per mettere le mani su quei soldi.
Da quando aveva divorziato dalla sorella della madre di Livia, Gianni riusciva a stento ad arrivare a fine mese lavorando sodo. Quella che per altri era stata una tragedia, ai suoi occhi appariva come un'opportunità. Anche perché dopo la separazione, i genitori di Livia avevano interrotto i rapporti con lui, a causa delle malignità che aveva raccontato la ex moglie sul suo conto.
Ma Gianni non era un uomo senza cuore. Avrebbe fatto in modo di occuparsi di Livia e non farle mancare nulla. Sarebbe stata felice e al sicuro, lontano da individui indesiderati come il tizio con il quale stava facendo l'aperitivo sul letto. Notò la sua caviglia e decise che quello sarebbe stato un ottimo pretesto per andare a trovarla. Quando li vide intrecciare le mani e non dire più nulla, capì che doveva correre ai ripari.
Ma prima, era necessario chiamare il suo socio in quell'affare e informarlo dei nuovi sviluppi. Gianni aveva il compito di sorvegliare Livia e fare in modo che nessuno la cercasse, quando sarebbe arrivato il momento. Ma il suo amico Nicolò aveva un compito ancora più delicato: convincere la ragazza a consegnare loro l'accesso ai centomila euro.