03. A CASA CON LUI
Livia uscì dal centro stringendo tra le mani la sua lastra ai raggi X, mentre Michael continuava a tenerla in braccio. Ormai era sicura che dopo la visita medica dall'amico dottore del suo angelo custode, quest'ultimo avrebbe dovuto accompagnarla dentro casa.
Ma se questo suo amico dottore trovasse il modo di farmi sgonfiare la caviglia? Dopo non avrei più la scusa per farlo entrare.
In un angolo remoto della sua mente, una vocina le stava dicendo che non sapeva nulla di quel bel ragazzo gentile. Invitarlo dentro casa e per giunta con una caviglia lesa era un gesto azzardato. Dopo la visita, avrebbe capito se era in grado di percorrere quei pochi passi che la separavano dal letto sulle sue gambe, oppure se Michael avrebbe dovuto trasportarla fino alla camera da letto.
Potrei fargli qualche domanda. Conoscerlo meglio mi farà sentire più sicura. Almeno grazie ai suoi documenti, so che non è sposato.
«Che lavoro fai?» gli chiese senza riflettere. Per quanto ne sapeva, forse Michael stava perdendo una giornata di lavoro per aiutarla col suo problema, ma non sembrava preoccuparsene.
«Tecnico informatico. Mi sono specializzato nella creazione e gestione di siti internet e piattaforme online. Questo mi permette di avere orari flessibili e di lavorare anche da casa.»
«Sei bravo nel tuo lavoro?» chiese in modo casuale, mentre lui la guardò con la faccia di uno che sapeva qualcosa di cui lei era all'oscuro.
«Sono molto bravo nel mio lavoro e se vorrai un giorno ti darò una dimostrazione delle mie capacità.»
Livia non riusciva ad immaginare come fosse possibile, visto che lei non aveva l'esigenza e l'interesse di crearsi siti internet o piattaforme online. E non ebbe modo di approfondire, perché qualche minuto dopo Michael parcheggiò sotto lo studio del suo amico medico.
Il dottor Bianchi ci mise poco a confermare che Livia aveva riportato una distorsione di primo grado, tranquillizzandola sul fatto che non fosse nulla di grave. Le prescrisse una settimana di riposo e l'uso della borsa con ghiaccio, suggerendo anche l'utilizzo di una cavigliera elastica. Livia abbassò lo sguardo sentendosi in imbarazzo, quando vide Michael tirare fuori il portafoglio. Promise a sé stessa che l'avrebbe ripagato di tutto al più presto.
«Prossima fermata la farmacia.» disse allegramente Michael, dopo aver sistemato Livia in macchina e preso posto dal lato del guidatore.
«Preferirei un luna park e subito dopo il ristorante.» gli rispose sarcastica. Michael ridacchiò divertito e Livia pensò che era ancora più carino quando sorrideva. Quella situazione era la cosa più eccitante che le fosse capitata nelle ultime settimane, escludendo il giorno in cui era dovuta andare all'agenzia assicurativa per via della polizza assicurativa stipulata dai suoi genitori.
«Allora ci servirà una sedia a rotelle, non posso mica portarti in braccio per tutto il luna park.» disse con un'espressione sulla faccia che avrebbe fatto salire l'istinto di schiaffeggiarlo a chiunque.
«Non è carino quello che hai detto. Mica sono una disabile che non posso camminare da sola.» rispose indispettita dalle sue parole.
«Lo sarai per i prossimi giorni. Hai sentito cosa ha detto Tommaso, no? Riposo assoluto.» disse sottolineando l'ultima parola con tono sarcastico.
«Continua a fare lo spiritoso Michi, così tra poco servirà a te la sedia a rotelle.» disse con un velato tono di minaccia al ragazzo, che ridacchiò divertito.
«Scusa Liv, prometto di non fare più battute sceme.» disse in tono dispiaciuto.
«Non fare promesse che non puoi mantenere, amica mia.» rispose sottolineando ironicamente le ultime due parole.
«Hai sbattuto la testa quando sei caduta? Guarda che sono un uomo.»
«Scusami tanto, ma di solito sono le mie amiche che mi chiamano Liv.» disse fingendo di essere dispiaciuta per l'errore commesso di proposito.
«Mi piacciono le ragazze con il senso dell'umorismo e la battuta pronta.» disse dopo alcuni istanti di silenzio.
«Tu invece hai perso punti con le tue battute penose.» gli disse senza risultare credibile. In quel momento Livia era più grata a Michael per averla fatta ridere, piuttosto che per il suo ruolo di autista pronto a portarla in braccio e pagare le spese mediche. Arrivati in farmacia ci fu un piccolo battibecco tra i due, perché Livia voleva convincerlo a prendere i suoi soldi, ma fu Michael ad avere l'ultima parola.
"E pensare che questa mattina mi sono svegliata dopo l'ennesimo incubo, convinta che sarebbe stata un'altra giornata all'insegna della malinconia e della solitudine."
Michael tornò dopo pochi minuti, entrò in auto e depositò sul grembo di Livia la busta della farmacia. Avrebbe voluto sapere quanto aveva speso, ma lui aveva fatto sparire lo scontrino.
«Allora signorina, dove la porto adesso?» chiese lui, fingendo di aggiustarsi un cappello che non era sulla tua testa, dando così a Livia un altro motivo per sorridere.
«Andiamo a casa, Michi.» disse poggiando la testa sul sedile e facendo un respiro profondo. Nuove lacrime uscirono silenziose dal suo viso, ma per la prima erano di gioia. Non credeva che le sarebbe successo tanto presto di sentirsi così bene.
«Livia, so che le mie battute sono penose. Ma ti sembra il caso di piangere per questo?»
Lei scoppiò a ridere asciugandosi gli occhi col dorso della mano. Avrebbe voluto dirgli la ragione per cui stava piangendo e raccontargli di quello che era accaduto ai suoi genitori, ma in quel momento non se la sentiva.
«Ti spiegherò perché sto piangendo quando saremo a casa. Se fai in fretta, rimedi la mancia e forse ti offro da bere.»
Michael non se lo fece ripetere e seguendo le indicazioni di Livia, arrivarono a casa della ragazza in pochi minuti. Era così di buonumore che dopo essersi fatta trasportare davanti alla porta, lasciò che il ragazzo osservasse mentre disinseriva il sistema d'allarme. Quando entrarono in casa Michael notò che oltre ad una telecamera puntata sull'uscio di casa, dentro l'abitazione c'era una telecamera per ogni stanza, oltre ai sensori di movimento.
«Ci tieni molto alla sicurezza, a quanto vedo.» disse dopo aver accompagnato Livia al piano di sopra, aiutandola a sdraiarsi sul letto.
«In verità è stato mio zio a progettarlo subito dopo la...» ma si bloccò. Lo zio Gianni aveva installato gratis quel sofisticato impianto due settimane dopo la morte dei suoi genitori. Vide Michael che la fissava in silenzio, in attesa che finisse la frase.
«Niente. Potresti andare a prendermi la borsa del ghiaccio dentro il freezer in cucina?»
***
«E tu chi accidenti sei?» chiese preoccupato lo zio di Livia, Gianni. Stava osservando dalle telecamere Michael muoversi per andare in cucina a prendere la borsa del ghiaccio. L'app che aveva sul telefono era collegata alle telecamere e ai sensori di movimento dell'impianto d'allarme in casa di Livia. In questo modo l'uomo poteva osservare la sua nipotina ogni volta che lo desiderava, oltre a sapere quando usciva ed entrava di casa.
La presenza del giovane uomo in casa era una novità per Gianni. Non era uno degli amici di Livia, quelli li conosceva di vista. Eppure l'aveva portata in braccio dentro casa e poi in camera da letto. Doveva scoprire cosa stava succedendo e subito.