Capitolo 6
Emma, perduta nei suoi pensieri, continuava a scrivere. Le parole si trasformavano in frasi intense, ognuna delle quali portava il peso delle sue emozioni. Non era solo la sua mente a correre, ma anche il suo cuore, che batteva forte per la connessione che aveva avvertito con Francesco. Ma il pensiero di lui si intrecciava con le ombre che si avvicinavano, e la paura si insinuava nel suo petto.
Mentre le nuvole si addensavano nel cielo, sentiva un brivido. C’era qualcosa di inquietante nell’aria, e la sua attenzione si spostava dal suo quaderno alla vita che pulsava intorno a lei. I bambini continuavano a giocare, mentre le loro risate si mescolavano con il fruscio degli alberi.
Non poteva scrollarsi di dosso quella sensazione di imminente catastrofe. Ogni rumore che risuonava intorno a lei sembrava amplificato, come se il parco stesso stesse trattenendo il respiro. La penna si bloccò sul foglio mentre le sue mani tremavano lievemente.
Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, l’atmosfera nella fattoria di Francesco era tesa. Il sole splendeva alto, ma l’aria era densa di preoccupazione. Francesco osservava l’orizzonte dalla finestra del suo ufficio, il cuore che batteva forte. Aveva recentemente unito le forze con altri commercianti e agricoltori della zona, tutti uniti nella lotta contro il sistema di estorsione che li soffocava. Ma era solo una questione di tempo prima che il mafioso Donato si facesse vivo.
La porta si aprì e un uomo entrò, il viso segnato dall’età e dall’esperienza. Era Marco, uno dei suoi collaboratori, con un’espressione grave. “Francesco, Donato sta arrivando,” annunciò, la voce tremante. “Ha chiesto di parlare con te.”
“Cosa vuole?” chiese Francesco, mentre una fitta di tensione gli attraversava il corpo.
“Non lo so, ma non sembra buono,” rispose Marco, ansioso. “Dobbiamo prepararci.”
Francesco annuì, il suo spirito combattivo si stava risvegliando. “Non abbiamo paura di lui. Non possiamo tornare indietro. La nostra causa è giusta.”
Ma le parole sembravano vuote, e il peso della responsabilità incombeva su di lui. Mentre si preparava ad affrontare Donato, il pensiero di Giulia lo perseguitava. Avrebbe potuto proteggere i suoi sogni e le sue ambizioni, ma a quale costo?
Poco dopo, la porta si aprì e Donato entrò, la figura imponente e minacciosa che si era abituato a temere. “Francesco,” disse, il tono della voce un misto di sarcasmo e disprezzo. “Mi fa piacere vederti.”
Francesco mantenne la calma, ma l’ansia pulsava sotto la superficie. “Non potrei dire lo stesso. Ma comunque Cosa vuoi, Donato?” chiese, incrociando le braccia. “Non ho tempo per i tuoi giochi.”
Donato sorrise, un sorriso che non prometteva nulla di buono. “Non sono qui per giocare, mio caro. Vengo a offrirti un’opportunità.”
“Un’opportunità?” Francesco sollevò un sopracciglio, scettico. “Cosa intendi?”
“Ho sentito delle tue recenti iniziative,” rispose Donato, avvicinandosi. “Hai unito le forze con altri commercianti. Un bel gesto di solidarietà, ma potrebbe costarti caro.”
“Sei venuto qui per minacciarmi?” Francesco si fece avanti, sfidando Donato con lo sguardo.
“Minacciare? Oh no, sto solo offrendo un consiglio,” disse Donato, gesticolando con le mani. “Il potere non è solo una questione di forza. A volte, si tratta di sapere con chi allearsi.”
Francesco scosse la testa. “Non voglio allearmi con te o con i tuoi uomini. Stiamo cercando di liberarci da questo giogo.”
“Liberarti? Stai giocando con il fuoco, Francesco,” avvertì Donato, avvicinandosi ulteriormente. “Hai idee ambiziose, ma il mondo è pieno di pericoli. E io, come sai, sono uno di questi.”
“Sei solo un mafioso,” rispose Francesco, la voce più ferma. “E noi non abbiamo bisogno di te.”
“Ma non lo sai, vero?” Donato fece un passo indietro, lasciando che le sue parole affondassero. “Ogni azione ha una reazione. E non tutti possono essere protetti.”
Francesco sentì il suo stomaco contrarsi. Le parole del mafioso risuonavano nella sua mente, avvolte da un’oscurità crescente. “Non ti lascerò influenzare la mia vita o le mie scelte,” affermò, con determinazione.
“Sei un uomo testardo,” rispose Donato, il suo tono ora gelido. “Ma il tuo coraggio potrebbe rivelarsi la tua rovina. Non sei solo in questa battaglia. Ricorda che ci sono sempre conseguenze.”
Con queste parole, Donato si avviò verso la porta. “Ti lascio con un avvertimento. Riconsidera le tue scelte, Francesco. Il gioco non è ancora finito.”
Con un gesto brusco, il mafioso uscì dall’ufficio, lasciando Francesco solo con i suoi pensieri. La tensione si era intensificata, e Francesco sapeva di dover agire, ma come? Non era pronto per la guerra, ma nemmeno per ritirarsi.