Capitolo 5
La tranquillità del mattino era stata rapidamente sostituita da un’atmosfera di crescente inquietudine. Francesco, dopo il suo incontro con Gino, si sentiva in una sorta di limbo, tra la paura e la determinazione. Il vento fresco che soffiava nei vigneti sembrava portare con sé presagi di tempesta, e il suo cuore batteva forte mentre si preparava ad affrontare la nuova realtà che si stava delineando.
I commercianti e gli agricoltori della zona, spinti dall’esempio di Francesco, avevano iniziato a unirsi. L’idea di ribellarsi al pizzo aveva preso piede come un incendio in un campo secco. Francesco era diventato il simbolo di una lotta contro l’oppressione, e molti avevano trovato il coraggio di schierarsi dalla sua parte. Ma come ogni fuoco, anche questo portava con sé il rischio di bruciare tutto ciò che aveva intorno.
Donato, il capo della mafia, non poteva rimanere in silenzio di fronte a quella ribellione. Uomo astuto e temuto, era ben consapevole del potere che aveva, ma anche delle conseguenze che un tale movimento poteva avere. Non solo per i suoi affari, ma per il suo prestigio. Non tollerava la sfida, e ora si sentiva costretto a intervenire.
Il pomeriggio si tingeva di una luce grigia e minacciosa, mentre Donato si preparava ad affrontare Francesco. Sapeva che doveva essere cauto; la sua presenza doveva trasmettere autorità, ma anche un certo rispetto per quel giovane che stava cercando di sfidare il suo dominio. La sua reputazione era in gioco, e ogni passo che faceva doveva essere calcolato.
Quando Donato entrò nella cantina di Francesco, l’atmosfera si fece immediatamente pesante. Gli uomini di Donato lo seguivano, due scagnozzi robusti con sguardi severi. Francesco si trovava nel suo ufficio, intento a esaminare alcune fatture, quando alzò lo sguardo e vide l’ingresso del mafioso. “Donato,” disse, cercando di mantenere la calma.
“Francesco,” rispose il mafioso, con un sorriso che non raggiungeva gli occhi. “Sapevo che avresti voluto parlarmi. C’è qualcosa di molto interessante che sento nel tuo giro di affari ultimamente.”
Francesco si alzò e si avvicinò a Donato, mantenendo una postura sicura. “Se hai bisogno di qualcosa, fammelo sapere. Ma sappi che le cose sono cambiate. Non ho intenzione di continuare a pagare il pizzo.”
Donato si avvicinò, con un’aria di superiorità. “Ah, ma questo è il punto, caro Francesco. Non si tratta solo di te. Si tratta di un intero sistema che stai cercando di destabilizzare. Non solo noi, ma anche i tuoi nuovi amici. Hai fatto il primo passo, e ora altri seguiranno. Ma sai che il nostro mondo non perdona, giusto?”
Francesco non indietreggiò. “Ho visto troppa paura intorno a me. È tempo che le persone comincino a vivere libere. Non ci fermeremo.”
Donato sorrise, ma c’era un tagliente di minaccia nel suo sorriso. “Sei coraggioso. Non posso negarlo. Ma ricorda, la vera forza non è solo una questione di coraggio, ma di strategia. A volte è più utile un approccio… pacifico.”
“Pacifico?” Francesco rise, un suono gelido. “Hai idea di cosa significhi per noi? Non vogliamo più la tua protezione. Non vogliamo più vivere nella paura.”
Donato fece un passo indietro, il suo volto diventando serio. “Sei un ragazzo intelligente. Ma la vita non è un film. Ci sono conseguenze per le scelte che fai. E non posso permettere che la tua ribellione si diffonda. La mia pazienza ha un limite, e se credi di poter sfuggire a ciò che hai iniziato, ti sbagli di grosso.”
Francesco sentì un brivido correre lungo la schiena, ma non si lasciò intimidire. “Puoi minacciarmi quanto vuoi, ma non tornerò indietro. La mia famiglia e i miei amici meritano di più. E io ho intenzione di combattere.”
Donato sorrise di nuovo, ma il suo sguardo era freddo come il ghiaccio. “Molto bene. Allora preparati. Il fuoco è un’amica di chi gioca con le fiamme. Ma ricorda, ci sono anche altre forme di combustione. Potresti scoprire che il calore può arrivare da chi meno te lo aspetti.”
Mentre Donato si voltava per andarsene, Francesco sentì il peso delle sue parole. L’aria sembrava diventare sempre più densa, come se una tempesta fosse in arrivo. Si rese conto che non stava solo affrontando un mafioso, ma una rete di potere e corruzione che minacciava di sopraffarlo.
Nel frattempo, Emma si preparava per la sua visita al parco. La sua mente era un vortice di pensieri. Si sentiva ispirata, e l’idea di scrivere all’aria aperta la riempiva di entusiasmo. Aveva bisogno di un luogo dove potesse rifugiarsi e dare sfogo alle sue emozioni, lontano dal tumulto che la circondava.
Indossando il suo quaderno e una penna, si diresse verso il parco. Il sole era alto nel cielo, e gli alberi ondeggiavano delicatamente al vento. Mentre si sedeva su una panchina, il rumore dei bambini che giocavano in lontananza e il canto degli uccelli la rilassavano. Era il suo angolo di pace, un rifugio dove poteva immergersi nelle parole.
Ma la mente di Emma era in tumulto. Pensava a Francesco e all’incontro che avevano avuto. Quel breve scambio le aveva lasciato una sensazione di speranza, ma anche di inquietudine.