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3 - Attrazione silenziosa

Mi trovo nel mio letto, gli occhi fissi sul soffitto. Le ombre danzano come spettri inquieti, riflessi dei miei pensieri tormentati. Un'altra notte in bianco, un'altra notte a chiedermi chi possa avermi mandato quella lettera e quei fiori. Il profumo dolce e pungente dei petali ancora aleggia nella stanza, un promemoria costante del mistero che mi avvolge.

Per un istante, la tentazione di scappare è stata quasi irresistibile. L'idea di lasciare tutto alle spalle, di fuggire da questa città che mi ha dato tanto ma che ora sembra nascondere segreti oscuri, mi ha sfiorato la mente come un sussurro seducente. Ma poi, un barlume di coraggio ha acceso una scintilla dentro di me. Ho piantato i piedi a terra, sentendo il freddo del pavimento sotto di me, un'ancora alla realtà.

Praga è diventata la mia casa. Qui ho trovato una stabilità che pensavo fosse solo un miraggio. Amo questa città con le sue strade acciottolate e i suoi edifici antichi, amo il mio lavoro che mi dà un senso di scopo e appartenenza. Non voglio cambiare di nuovo vita, non voglio fuggire. Voglio affrontare questo mistero, scoprire chi si cela dietro quelle promesse oscure.

Il mio cuore batte forte, un tamburo incessante che risuona nel silenzio della notte. Ogni suono, ogni ombra sembra amplificata, come se la città stessa stesse trattenendo il respiro in attesa di qualcosa. Mi alzo lentamente, i muscoli rigidi per la tensione e la mancanza di sonno. Mi avvicino alla finestra e guardo fuori, le luci della città che brillano come stelle cadute.

《Non scapperò,》sussurro a me stessa, la mia voce un'eco nel silenzio. 《Non questa volta.》

Mi muovo nella camera da letto con una determinazione nuova. Ogni movimento è un piccolo atto di coraggio, ogni respiro un passo verso la normalità.

Mi avvicino allo specchio e vedo le occhiaie scure sotto i miei occhi, segni evidenti delle notti insonni e sempre più tormentate. Prendo il correttore e lo applico con cura, picchiettando delicatamente con le dita per coprire le ombre. Un tocco di fondotinta per uniformare l'incarnato, un velo di cipria per fissare il tutto. Un po' di mascara per aprire lo sguardo e un leggero rossetto nude per dare un tocco di colore alle labbra. Infine, indosso i miei occhiali da vista, la montatura sottile che incornicia i miei occhi facendomi sentire meno vulnerabile, e lascio i miei capelli castani sciolti in morbide onde che cadono sulle spalle.

Scelgo con cura i miei abiti: un maglione morbido color crema che mi avvolge come un abbraccio, jeans scuri che mi danno un senso di sicurezza, e stivali di pelle nera che mi fanno sentire pronta ad affrontare qualsiasi cosa. Il mio riflesso nello specchio mi restituisce un'immagine di calma apparente, ma dentro di me il cuore batte come un tamburo impazzito, rimbombando nelle orecchie come un eco lontano.

Esco di casa e mi dirigo verso la galleria di Malá Strana, il mio rifugio, il luogo dove posso perdermi nel lavoro e dimenticare, anche solo per un momento, le mie paure.

L'aria è fresca e umida, portando con sé l'odore terroso di un temporale appena passato. Il profumo della pioggia si mescola con quello delle foglie bagnate e del terreno umido, creando un aroma che mi riporta alla mente ricordi di infanzia. Il cielo è grigio, ma qua e là si aprono sprazzi di sole che illuminano la città con una luce dorata.

Le strade lastricate di Praga sono familiari, ma oggi sembrano nascondere insidie in ogni angolo. Ogni passo è accompagnato dalla sensazione di essere osservata, un brivido costante che mi percorre la schiena come dita gelide. Sento il contatto ruvido dei ciottoli sotto i miei stivali, un promemoria tangibile della realtà che mi circonda.

Arrivo alla galleria e mi immergo subito nel lavoro. Il restauro è la mia passione, il mio modo di riportare alla luce la bellezza nascosta sotto strati di polvere e tempo. Ogni pennellata, ogni tocco delicato del pennello mi aiuta a ritrovare un po' di pace.

Il pennello scivola sulla tela con una delicatezza quasi ipnotica, la setola che accarezza la superficie ruvida, lasciando una traccia sottile di colore. Sotto le mie dita, i materiali antichi e polverosi raccontano storie di tempi passati, la loro texture irregolare e granulosa un promemoria tangibile della loro età e storia.

Mi concentro sui dettagli, sulle sfumature dei colori, sul profumo dei materiali antichi. È come se il mondo esterno svanisse, lasciandomi sola con l'opera d'arte e i miei pensieri.

Il contatto del pennello sulla tela è rassicurante, una connessione fisica che mi ancorà al presente. Sento la texture della tela sotto le dita, la resistenza del materiale che cede lentamente al mio tocco.

Mentre lavoro, sento la porta della galleria aprirsi. Alzo lo sguardo e vedo Jan, il mio collega, entrare con il suo solito sorriso rassicurante. La sua presenza è sempre stata un conforto per me, un'ancora di stabilità in un mare di incertezze, anche se ultimamente, le mie paranoie hanno incluso anche lui tra i miei sospetti, ma per oggi fingo di non pensarci.

《Ciao Helena,》dice, avvicinandosi al mio tavolo di lavoro. 《Come stai oggi?》

《Ciao Jan,》rispondo, cercando di mascherare la mia inquietudine. 《Sto bene, grazie. E tu?》

《Abbastanza bene,》risponde, osservando il mio lavoro con interesse. 《Stai facendo un ottimo lavoro anche con questo restauro. Sei una grande risorsa per questa galleria.》

Il suo complimento mi fa sorridere, anche se solo per un momento. La sensazione di essere osservata non mi abbandona, un'ombra costante che mi segue ovunque vada. Ma la presenza di Jan mi dà un po' di conforto, un promemoria che non sono sola in questa battaglia contro le mie paure.

《Devo restare concentrata,》mi dico, cercando di scacciare le paure. 《Non posso lasciare che mi controllino.》

Mi avvicino a un nuovo dipinto che dovrei iniziare a restaurare oggi. È un'opera scura, con tonalità cupe che sembrano rispecchiare il mio tormento interiore. Le ombre profonde e i colori tetri mi fanno sentire come se stessi guardando dentro un abisso. Non riesco a sopportare l'idea di lavorarci oggi, non con il peso delle mie paure che mi schiaccia il petto.

Decido di accantonarlo per ora, posandolo delicatamente su un cavalletto in un angolo della stanza. Mi immergo invece in altri dipinti, opere più luminose e serene che mi aiutano a trovare un po' di sollievo. Ogni pennellata, ogni tocco del pennello è un atto di resistenza, un modo per affermare che non lascerò che le mie paure mi sopraffacciano.

Jan si avvicina di nuovo, notando il dipinto scuro accantonato.

《Non ti piace questo, vero?》chiede, indicando l'opera con un cenno del capo.

《Non è che non mi piaccia,》rispondo, cercando le parole giuste. 《È solo che oggi... non riesco a guardarlo. È troppo scuro, troppo... opprimente.》

Jan annuisce comprensivo. 《Capisco. A volte l'arte riflette troppo bene il nostro stato d'animo. Prenditi il tempo che ti serve. Se hai bisogno di parlare, sono qui.》

Il suo sostegno mi riscalda il cuore. 《Grazie, Jan. Apprezzo davvero.》

《Non c'è di che,》risponde con un sorriso. 《Siamo una squadra, no?》

Annuisco, sentendo un po' del peso sollevarsi dalle mie spalle. 《Sì, siamo una squadra.》

Dopo un po', Jan decide di fare una pausa. 《Vado a prendere un trdelník per noi,》dice, riferendosi al dolce tipico di Praga, un cilindro di pasta dolce arrotolato su un bastone e cotto alla griglia, poi ricoperto di zucchero e cannella. 《Abbiamo bisogno di un po' di carica. Torno subito.》

Lo guardo uscire, la porta del laboratorio che si chiude dietro di lui con un leggero cigolio. Mi immergo di nuovo nel lavoro, ma la sensazione di essere osservata non mi abbandona e ora che sono sola, sembra ancora più prepotente.

Ogni tanto alzo lo sguardo, aspettandomi di vedere qualcuno nascosto nell'ombra, ma non c'è nessuno. Solo il silenzio della galleria e il battito del mio cuore. Il ticchettio dell'orologio sulla parete scandisce il tempo, un ritmo costante che mi ricorda la realtà. Fuori, una leggera pioggia inizia a cadere, il suono delle gocce che colpiscono il vetro è un sottofondo rilassante.

Quando Jan ritorna, lascia la porta del laboratorio aperta. L'aria fresca entra, portando con sé il profumo dolce del trdelník. Mi porge uno dei dolci e mi siedo accanto a lui, gustando il sapore caldo e speziato che si scioglie in bocca. La crosta croccante e lo zucchero che si scioglie sulla lingua sono un piacere che mi riporta alla realtà. Il sapore della cannella e dello zucchero caramellato si mescola con la morbidezza della pasta, creando un'esplosione di sapori che mi conforta.

Mentre ci godiamo il nostro spuntino, noto un uomo che gira tra le opere della galleria. È alto, con capelli scuri e un'aria misteriosa che sembra avvolgerlo come un mantello. I suoi occhi si muovono lentamente da un dipinto all'altro, come se stesse cercando qualcosa di specifico. I suoi passi risuonano nella galleria, un'eco che attira la mia attenzione e mi fa trattenere il respiro.

Il mio cuore inizia a battere più forte, come se avesse riconosciuto qualcosa che la mia mente ancora non comprende. Ogni movimento dell'uomo è ipnotico, ogni gesto un richiamo silenzioso che mi attira verso di lui. La mia anima va in subbuglio, un tumulto di emozioni che non riesco a controllare.

《Conosci quell'uomo?》chiedo a Jan, cercando di mantenere la voce ferma.

Jan si volta a guardarlo e poi risponde: 《È Lukas Richter, uno degli uomini più ricchi e ambiti del momento. Ha ereditato la fortuna di suo padre e la catena di hotel che lui aveva fatto fruttare. Probabilmente è qui per comprare qualche opera da esporre come trofeo nella hall dei suoi alberghi e mostrare il suo essere benestante.》

Annuisco, ma non riesco a distogliere lo sguardo da Lukas. C'è qualcosa in lui che mi affascina, qualcosa che mi fa sentire viva in un modo che non provavo da tempo. È come se un filo invisibile ci legasse, tirandomi verso di lui con una forza irresistibile.

I suoi movimenti sono lenti e misurati, ogni passo un atto deliberato che sembra carico di significato. Il suo sguardo penetrante si posa su ogni dipinto con una tale intensità che mi fa trattenere il respiro.

Dentro di me, un conflitto si agita. Da un lato, il desiderio di avvicinarmi a lui, di scoprire di più su quest'uomo enigmatico che ha catturato la mia attenzione. Dall'altro, la paura di ciò che potrei trovare, di ciò che potrebbe significare per la mia vita già così fragile. Mi sento come una falena attratta dalla fiamma, consapevole del pericolo ma incapace di resistere alla sua luce.

I ricordi della galleria mi avvolgono, un rifugio sicuro dove ho trovato pace e stabilità. Ricordo le prime volte che ho messo piede qui, la sensazione di meraviglia e scoperta mentre esploravo ogni angolo, ogni opera d'arte. Questo luogo è diventato una parte di me, un'estensione della mia anima.

E ora, la presenza di Lukas sembra minacciare quell'equilibrio, portando con sé un'ombra di incertezza.

Le luci soffuse della galleria creano giochi di ombre sulle pareti, figure indistinte che sembrano muoversi al ritmo dei miei pensieri. Ogni angolo nasconde un segreto, ogni ombra una possibilità. Lukas si muove tra le opere con una grazia quasi felina, il suo sguardo che si posa su di me per un istante, abbastanza per far accelerare il mio cuore.

《Helena, tutto bene?》 La voce di Jan mi riporta alla realtà, il suo tono preoccupato.

《Sì, tutto bene,》rispondo, cercando di mascherare il tumulto dentro di me. 《Solo un po' stanca.》

Jan annuisce, ma il suo sguardo rimane su di me per un momento più lungo del solito, come se potesse vedere attraverso la mia facciata.

Lukas si avvicina a un dipinto vicino al mio tavolo di lavoro, il suo sguardo che si intensifica mentre lo osserva. Ogni fibra del mio essere è consapevole della sua presenza, ogni respiro un atto di volontà per mantenere la calma. Mi sento come se fossi su un precipizio, in bilico tra il desiderio e la paura, tra la sicurezza del conosciuto e l'attrazione dell'ignoto.

Mi rivolge un'occhiata intensa e senza dire o fare altro, si volta e se ne va, lasciandomi interdetta e curiosa.

La giornata alla galleria continua lentamente, il tempo sembra scorrere in modo diverso, ogni minuto un’eternità. Quando finalmente arriva il momento di chiudere, saluto Jan e mi avvio verso casa. Le strade di Praga sono avvolte in una luce crepuscolare, le ombre si allungano e si fondono con la notte che avanza.

Mentre cammino, i miei pensieri tornano costantemente a Lukas. Il suo sguardo, i suoi movimenti, l’aura di mistero che lo circonda. Mi chiedo chi sia veramente, cosa nasconda dietro quella facciata impenetrabile. La mia mente è un vortice di domande senza risposta, il mio cuore un tamburo incessante che batte al ritmo della mia curiosità.

Arrivo a casa e mi siedo sul divano, cercando di rilassarmi. Ma la mia mente non trova pace. Ogni volta che chiudo gli occhi, vedo il volto di Lukas, sento il suo sguardo su di me. È come se fosse entrato nella mia vita senza permesso, sconvolgendo tutto ciò che conoscevo.

《Chi sei veramente, Lukas Richter?》sussurro nel silenzio della mia casa, la mia voce un’eco che si perde nell’oscurità.

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