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2 - Il pericolo che ritorna

Per la prima volta in quattro anni, mi ritrovo a dover correre sul serio per arrivare puntuale alla galleria. La notte è stata insonne come sempre, ma anche travagliata da paure e ansie che mi hanno portata a uno stato di tensione insopportabile. Poco prima dell'alba, ho deciso di provare una tisana alla camomilla e valeriana per dormire, e sono crollata sul divano per circa un'ora.

Quando mi sveglio, mi sento ancora più stanca e confusa. Mi alzo lentamente e mi dirigo verso il bagno. Davanti allo specchio, esamino il mio aspetto: le occhiaie scure e gli occhi gonfi sono evidenti, e nemmeno gli occhiali riescono a mascherarli. Indosso jeans blu scuro, un maglioncino grigio chiaro e comode scarpe da ginnastica bianche. Mi sistemo i capelli in una coda di cavallo, sperando che l'aspetto casual possa nascondere almeno in parte la mia stanchezza.

Ora, mentre corro per le strade di Praga, sento il vento fresco di settembre che mi sferza il viso, portando con sé l'odore pungente delle castagne arrostite e del muschio umido. Il mio cuore batte all'impazzata, non solo per la corsa, ma anche per l'inquietudine che mi attanaglia. Il suono dei miei passi risuona sul selciato, un ritmo frenetico che riflette il mio stato d'animo. Le mie mani sono fredde, e il contatto con la borsa di pelle che stringo mi dà un senso di realtà.

Arrivo alla galleria appena in tempo, con il respiro affannoso. Le mie mani tremano mentre cerco le chiavi nella borsa. Finalmente le trovo, ma le dita sono così instabili che mi ci vuole un'eternità per inserirle nella serratura.

Jan sta per raggiungere l'ingresso e, appena mi vede, sorride sorpreso. 《Allora anche tu sei umana,》dice con tono scherzoso. 《Per una volta hai spaccato il secondo invece di essere in anticipo.》

Cerco di sorridere, ma so che il mio solito aspetto grazioso e incantevole è stato oscurato da una miriade di ombre. Jan mi guarda più attentamente e chiede, preoccupato, 《Va tutto bene? Sembri stanca.》

Temporeggio nel rispondere, cercando una scusa plausibile. 《Probabilmente ho mangiato qualcosa di avariato,》 dico infine. 《Mi ha tenuta sveglia tutta la notte.》

Jan annuisce, ma il suo sguardo rimane dubbioso. 《Hai comprato del cibo da asporto da 'La Taverna di Vinohrady'?》chiede, riferendosi a un locale noto per il suo cibo economico ma di dubbia qualità.

Titubante, rispondo, 《Sì?》con un tono indeciso che lascia libera interpretazione al significato.

《Lo sapevo!》esclama Jan. 《Ultimamente ho sentito molte lamentele su quel posto. Spero che venga chiuso presto.》

Annuisco, cercando di nascondere il mio disagio. La verità è che non ho mangiato nulla, ma non posso dirglielo. Non posso rivelare le paure e le ansie che mi tormentano, né il mistero della lettera che ho trovato ieri. Devo rimanere impassibile.

Entriamo nella galleria e mi dirigo verso il mio tavolo da lavoro. Indosso il camice bianco, sentendo il tessuto morbido che mi avvolge come una seconda pelle. Gli orecchini di acquamarina pendono delicatamente dalle mie orecchie, il ricordo di mia madre che mi dà forza e coraggio in modo costante. L'odore familiare dei solventi e delle vernici mi avvolge, un profumo che mi calma e mi rassicura.

Mentre preparo gli strumenti per il restauro, i miei pensieri tornano alla lettera. Chi potrebbe sapere del mio passato? E cosa vogliono da me? La paura mi attanaglia, come un serpente che si avvolge stretto intorno al mio petto, impedendomi di respirare liberamente. Ma c'è anche una determinazione crescente dentro di me. Non posso lasciare che il passato mi controlli. Devo affrontarlo, qualunque cosa accada.

Il giorno passa lentamente, ogni minuto sembra un'eternità. Jan nota la mia inquietudine e mi chiede se va tutto bene. Gli sorrido debolmente e gli dico che è solo stanchezza. Non voglio coinvolgerlo in questo mistero. È qualcosa che devo affrontare da sola, come sempre.

Nel tardo pomeriggio, arrivano dei nuovi dipinti alla galleria. Jan e io ci mettiamo subito al lavoro per sistemarli. Ogni quadro ha una sua storia, un suo fascino, ma ce n'è uno in particolare che cattura la mia attenzione.

È un dipinto oscuro, con tonalità profonde e inquietanti. Mi provoca una tempesta di emozioni, un misto di paura e attrazione. Le pennellate sembrano quasi vive, come se il dipinto respirasse.

Jan si avvicina e nota il mio sguardo fisso sul dipinto. 《È affascinante, vero?》dice con tono basso. 《C'è qualcosa di misterioso in questo quadro.》

Annuisco, incapace di distogliere lo sguardo. 《Sì, è come se mi parlasse,》 rispondo, sentendo un brivido lungo la schiena. 《Mi ricorda qualcosa, ma non riesco a capire cosa.》

Jan mi osserva con uno sguardo penetrante. 《Sai, Helena, a volte il passato torna a trovarci nei modi più inaspettati,》 dice, con un tono che mi fa gelare il sangue nelle vene. C'è qualcosa nel suo sguardo, una scintilla di conoscenza che mi fa sospettare che sappia più di quanto lascia intendere.

Rimango interdetta, sentendomi sull'orlo di una crisi di nervi. Devo calmarmi, sto dando modo alla mia paranoia di sospettare di chiunque.

Le mie mani tremano mentre cerco di lavorare sul dipinto. Ogni pennellata richiede una precisione che oggi sembra impossibile da raggiungere. La tensione mi impedisce di concentrarmi, e ogni errore mi fa sentire ancora più frustrata. Jan mi osserva, e il suo sguardo sembra carico di domande non dette.

《Helena, sei sicura che vada tutto bene?》chiede di nuovo, con una nota di preoccupazione nella voce.

《Sto bene, davvero,》rispondo, cercando di mantenere la calma. Ma dentro di me, la paranoia cresce. Ogni parola di Jan sembra avere un doppio significato, e non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che sappia qualcosa della mia vita.

Finalmente, dopo un tempo percepito come infinito, decidiamo di chiudere la galleria e tornare a casa. Mentre cammino per le strade deserte di Praga, il pensiero del dipinto continua a tormentarmi. Devo scoprire di più su di esso, capire perché mi provoca queste emozioni.

Arrivo a casa e mi siedo sul divano, il respiro affannoso. La lettera è ancora nella mia borsa, un promemoria del mistero che devo risolvere. Ma non oggi. Ora ho bisogno di pace. Decido di fare un bagno caldo, sperando che l'acqua calda mi aiuti a rilassarmi.

Il bagno è un rifugio di tranquillità. Le piastrelle bianche e blu riflettono la luce soffusa delle candele che ho acceso, creando un'atmosfera serena. L'acqua calda scorre nella vasca, riempiendo l'aria di vapore e del profumo rilassante della lavanda.

Mi spoglio lentamente, sentendo il freddo della ceramica sotto i piedi nudi. Mi immergo nell'acqua, avvertendo il calore avvolgermi come un abbraccio confortante. L'acqua calda scioglie la tensione nei miei muscoli, e per un momento, mi sento finalmente al sicuro. Chiudo gli occhi e lascio che il calore mi avvolga, come un bozzolo protettivo che mi isola dal mondo esterno.

Le mie mani vagano sul mio corpo, accendendo un desiderio di autoerotismo che, con molta probabilità, potrebbe aiutarmi a scrollare di dosso la sensazione di tensione costante.

Le mie dita sfiorano il clitoride, si muovono in modo circolare, prima lentamente, poi con maggiore vigore.

Continuo a sfregare, ma quel minimo di piacere si trasforma presto in fastidio e dolore. Temo che nemmeno questa sia la serata giusta per me.

Devo restare lucida affinché possa raggiungere l'orgasmo; non devo contaminare i miei pensieri, ma per me è una vera impresa e un senso di frustrazione mi divora.

Con un sospiro, allungo una mano fuori dall'acqua. Le gocce scivolano lungo il mio braccio, creando piccoli cerchi sulla superficie della vasca. La sensazione del freddo improvviso sulla pelle mi fa rabbrividire.

Lo stereo è lì, sullo sgabello accanto, un vecchio amico che sa sempre come calmarmi. Premo il pulsante di accensione e il suono familiare del CD che riprende a girare riempie la stanza.

Le prime note di "Clair de Lune" di Debussy iniziano a suonare, delicate e malinconiche. La melodia si diffonde nell'aria, ogni nota sembra accarezzare la mia pelle, come un balsamo per la mia anima tormentata.

Chiudo di nuovo gli occhi, lasciandomi trasportare dalla musica. Le onde sonore si mescolano con l'acqua, creando un'armonia perfetta che mi avvolge completamente.

La melodia cresce, ogni nota è un sussurro che mi parla, che mi racconta storie di amori perduti e sogni infranti. Sento il mio respiro rallentare, il mio cuore che batte al ritmo della musica. Per un momento, riesco a dimenticare tutto, a perdermi in quel mondo fatto di suoni e sensazioni.

L'odore del sapone alla lavanda si mescola con l'umidità dell'aria, creando un'atmosfera quasi eterea. Le candele accese sul bordo della vasca proiettano ombre danzanti sulle pareti, aggiungendo un tocco di mistero a questo momento di solitudine.

Improvvisamente, una nota particolarmente intensa mi colpisce, e sento un brivido percorrermi la schiena. La pelle d'oca si diffonde lungo le braccia e le gambe, un segno tangibile di quanto la musica stia toccando le corde più profonde della mia anima. Il mio cuore accelera, reagendo alla melodia che sembra parlare direttamente a me, come se Debussy avesse scritto queste note per questo preciso istante della mia vita.

Le lacrime iniziano a formarsi agli angoli dei miei occhi, come piccole perle di dolore e gioia mescolate insieme. La musica evoca ricordi dolci e amari, come un vecchio album di fotografie che sfoglio con delicatezza. Ogni nota è una pagina che si apre, rivelando momenti di felicità perduta e sogni infranti. Le lacrime scivolano lentamente lungo le mie guance, calde e salate, come un fiume che porta via con sé il peso dei miei pensieri.

La melodia è un filo invisibile che mi lega al passato, un ponte tra ciò che era e ciò che è. Ogni nota è un soffio di vento che mi accarezza l'anima, un sussurro che mi ricorda chi sono e da dove vengo. E mentre la musica continua a suonare, mi lascio andare, permettendo alle emozioni di fluire liberamente, come l'acqua che mi circonda.

Mentre mi rilasso nell'acqua, la mia mente torna alla lettera, mandando in frantumi la quiete del momento.

La determinazione mi porta a desiderare di scoprire chi l'ha inviata e perché; è un passo necessario da affrontare se voglio tornare a vivere. Non ho altra scelta. Ma so che non sarà facile. Il passato è un'ombra che incombe, un segreto che non può essere nascosto per sempre.

Dopo un po', decido di uscire dalla vasca. L'acqua calda ha fatto un minimo il suo effetto, e mi sento leggermente più rilassata. Prendo un asciugamano morbido e inizio ad asciugarmi, quando improvvisamente sento un rumore provenire dalla porta d'ingresso.

Il mio cuore salta un battito. Chi potrebbe essere? Un malvivente? Oppure un fantasma della mia vita passata? Mi stringo rapidamente nell'asciugamano e mi avvicino cauta alla porta, il cuore che batte all'impazzata. Apro lentamente, e ciò che vedo mi lascia senza fiato.

Sul tavolo c'è un mazzo di fiori, aconiti avvolti in carta di seta. Il profumo dolce e intenso riempie l'aria, ma c'è qualcosa di sinistro in quei petali blu scuro. Il cuore mi batte forte nel petto mentre mi avvicino, riconoscendo immediatamente quei fiori. Mio padre aveva una bottega da fioraio e mi aveva insegnato il significato di ogni fiore. L'aconito, o "elmo di Giove", simboleggia il pericolo e la morte.

Le mani mi tremano mentre sfioro i petali vellutati. Chiunque abbia lasciato questi fiori sa esattamente cosa sta facendo. Non è solo uno scherzo crudele, è un messaggio chiaro: sono in pericolo. Un brivido mi percorre la schiena, e sento la pelle d'oca diffondersi lungo le braccia. Il profumo dolce diventa quasi nauseante, un contrasto stridente con il significato oscuro dei fiori.

Mi sento impotente, come se fossi intrappolata in una rete invisibile. Non posso chiedere aiuto a nessuno; chiunque abbia fatto questo sa troppo di me, delle mie paure e delle mie debolezze. Il nervosismo cresce dentro di me, un serpente che si avvolge intorno al mio cuore, stringendo sempre di più. Ogni battito del cuore è un tamburo che rimbomba nelle mie orecchie, un promemoria costante del pericolo imminente.

Le lacrime iniziano a formarsi agli angoli dei miei occhi, ma le ricaccio indietro. Non posso permettermi di crollare adesso. Devo rimanere lucida, trovare un modo per uscire da questa situazione. Ma come? Ogni pensiero sembra un vicolo cieco, ogni soluzione un'illusione.

Il mazzo di aconiti rimane lì, un simbolo silenzioso della mia vulnerabilità. E io, sola in questa stanza, mi sento come una marionetta nelle mani di un burattinaio invisibile, incapace di sfuggire ai fili che mi tengono prigioniera.

Tra i petali, noto un biglietto. Lo apro con mani tremanti e leggo le parole scritte con una calligrafia elegante: "Non puoi sfuggire al passato, Helena." Il mio respiro si blocca. La paura mi avvolge, come un cappio che si stringe intorno al mio cuore, ma c'è anche una determinazione crescente dentro di me, come una fiamma che si rifiuta di spegnersi.

Riconosco quella calligrafia. È la stessa della lettera che ho ricevuto ieri, quella che mi ha fatto rivivere incubi che pensavo di aver sepolto. Chiunque sia, conosce ogni dettaglio della mia vita. Sa dove vivo, dove lavoro. Mi tiene in pugno, e questo pensiero mi fa vacillare.

Mentre cerco di calmarmi, sento un rumore provenire dalla finestra. Il suono è lieve, quasi impercettibile, ma abbastanza per far accelerare il battito del mio cuore.

Mi avvicino lentamente, ogni passo è un'eco nel silenzio della stanza. Vedo un'ombra muoversi fuori. Il mio cuore batte ancora più forte, come un tamburo impazzito. Mi avvicino di più alla finestra, cercando di non fare rumore, e guardo fuori. Non vedo nessuno, ma la sensazione di essere osservata non mi abbandona, come se occhi invisibili fossero puntati su di me.

Decido di chiudere tutte le finestre e le porte a chiave. La paranoia cresce dentro di me, un veleno che si diffonde lentamente. Ogni piccolo rumore mi fa sobbalzare, ogni ombra sembra nascondere un pericolo.

Mi siedo sul divano, cercando di pensare a chi potrebbe esserci dietro a tutto questo. Il mio ex, Ivan, potrebbe essere una possibilità. Ha sempre avuto un lato oscuro, e non mi sorprenderebbe se fosse lui a tormentarmi, ma credevo si fosse arreso nel cercarmi.

Mentre rifletto, il mio telefono squilla improvvisamente. Il suono mi fa sobbalzare e prendo il telefono con mani tremanti. Il numero è sconosciuto. Rispondo con voce incerta, 《Pronto?》

Dall'altra parte, una voce bassa e distorta risponde, 《Non puoi nasconderti, Helena. Il passato ti troverà sempre.》

Il mio cuore si ferma per un momento, come se il tempo stesso si fosse congelato. La paura mi attanaglia, ma cerco di mantenere la calma. 《Chi sei? Cosa vuoi da me?》 chiedo, cercando di sembrare più coraggiosa di quanto mi senta.

La voce risponde con un tono minaccioso, 《Scoprirai tutto presto, Helena. Molto presto.》

La chiamata si interrompe bruscamente, lasciandomi con più domande che risposte.

Mi siedo sul divano, il respiro affannoso e il cuore che batte all'impazzata. Le lacrime iniziano a formarsi agli angoli dei miei occhi, ma le ricaccio indietro. Devo scoprire chi c'è dietro tutto questo e cosa vuole da me.

La determinazione dentro di me cresce, come una fiamma che si alimenta della mia paura. Non posso permettere che il passato mi distrugga. Non questa volta. Non ancora.

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