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Capitolo 3 - Theresa

«Sei già pronto per andare al lavoro?»

Avanzo qualche passo verso William sperando che la magia di questa notte non sia già finita. Indossa la divisa, quella che lo rende un poliziotto, quella che, nell’ultimo periodo, ho creduto seriamente riuscisse a renderlo più felice di quanto riuscissi a fare io e il suo fascino è scomparso.

«Ma cosa dici?»

«Sei già vestito,» gli faccio notare e mi aggrappo a lui, sollevo le mie braccia e gli cingo il collo, gli tocco i capelli come ho fatto questa notte.

«Torno ora dal lavoro.»

Solleva un sopracciglio e la sua risposta mi rende confusa, più confusa di quanto già non lo sia visto che l’alcol mi ha causato un enorme mal di testa e forse anche le allucinazioni.

«Ma quanto hai bevuto ieri?» mi domanda e non sembra particolarmente contento di vedermi in questo stato.

Non mi sono neppure guardata allo specchio ma posso scommettere che ho un aspetto orribile e mi sono rivestita alla meglio perché ero completamente nuda in un letto sfatto, con l’odore del sesso appiccicato alla mia pelle e quello che sembrava liquido seminale ormai secco tra le cosce e pensavo si trattasse di William, ero sicura che fosse lui, doveva essere lui per forza e…

«Bene, io me ne sto andando.»

Adrian.

Sposto all’istante il mio sguardo da William ad Adrian, suo fratello. Sono molto simili anche se hanno qualche anno di differenza, ma lui non mi guarda.

Afferra la sua giacca e a passo svelto raggiunge la porta di casa Roberts, quella della cucina che altro non è se una porta secondaria.

«Grazie per il favore, Adrian.»

«Non c’è di che!»

Va via.

Adrian va via e sembra portare via con sé una parte di me. Forse sto solo esagerando, forse ho immaginato tutto, forse è stato solo un sogno.

Non posso aver davvero fatto sesso con il fratello del mio fidanzato.

Oddio!

Mi sale la nausea, vorrei ficcarmi due dita in gola per vomitare e liberarmi anche di quei pochi ricordi confusi, della sensazione di essere stata a letto con Adrian e aver provato finalmente un orgasmo.

Devo mantenere la calma. Forse mi sto solo suggestionando e non è il caso di dare in escandescenza con William proprio davanti ai miei occhi. Respiro ma giuro che scoprirò la verità.

«Di quale favore parlavi con tuo fratello?»

«Niente! Si tratta solo di una sciocchezza.»

«Roba da uomini?».

«Più o meno… adesso ti riporto a casa così finalmente potrai darti una sistemata, hai davvero un aspetto orribile».

Mi sento in colpa e William è bravissimo a farmi sentire sempre sbagliata, sembra non capire il potere delle parole, sembra non sapere che le sue parole sono sempre in grado di farmi male e lui invece dovrebbe solo amarmi.

«Io, invece, devo correre a casa a riposare. Questa notte al lavoro è stata impossibile! Dannati ragazzini e maledette gare clandestine con le moto su Long Avenue».

Salgo in macchina e ripenso a me, alla festa dei Roberts, al mojito e poi al rum, alla tequila e William che mi intima di smetterla, io che continuo a bere per non sentirlo più e lui che si allontana per parlare al cellullare, la musica assordante, le risate in compagnia, William che torna da me, io che lo perdono e lui che fa l’amore con me come non l’abbiamo mai fatto.

William che non era William, William che forse era Adrian.

«Voglio sapere che favore ti fa fatto Adrian.»

Voglio saperlo, devo saperlo.

«Ancora con questa storia?»

«Dimmelo, William.»

Sbuffa, ingrana la marcia con violenza, con rabbia e preme sull’acceleratore. Sembra quasi non vedere l’ora di riaccompagnarmi a casa per evitare di rispondermi e io, in un’altra circostanza, non vedrei l’ora di tornarmene a casa e non rispondergli per ripicca almeno per tre giorni, ma oggi no. Oggi devo sapere le cose come stanno.

«E va bene!» dice poi all’improvviso mentre inchioda a un semaforo rosso. Manca meno di un chilometro a casa mia.

«Gli ho chiesto di tenerti d’occhio visto che eri completamente andata e io dovevo correre al lavoro.»

«E lui… l’ha fatto? Non ricordo.»

Ricordo, ma quello che ricordo, ora come ora, non lo vorrei ricordare. Vorrei che fosse solo fantasia.

«Dice di sì. Dopotutto che cosa potevi mai combinare di così grave? Tradirmi con un altro?»

«Non dire stupidate, William.»

«Scherzavo, Tessa! E poi Jonny era con Maddy, Charles è gay fino al midollo e dubito che tu possa farlo con Adrian.»

«Già!»

Già. Invece, l’ho tradito con Adrian, l’ho tradito con suo fratello.

William accosta la macchina al marciapiede di fronte casa mia e si limita a salutarmi con un casto bacio sulla guancia.

Un bacio che inevitabilmente mi riporta indietro a questa notte e chiudo gli occhi, soffoco un brivido e un gemito mentre ripenso a come sono stata baciata questa notte.

E non si è trattato di un sogno, i sogni non sono così reali, nei sogni non si commettono cazzate come quella che ho fatto io. Nei sogni ho sempre visto i miei desideri realizzarsi e fare l’amore con il fratello del mio fidanzato non rientrava nei miei desideri.

Corro in camera mia ignorando i miei coinquilini intenti a fare colazione nella cucina che abbiamo in comune, corro in bagno e mi guardo allo specchio, mi spoglio piano e continuo a guardarmi. Un piccolo livido invade il mio seno, tutto attorno al mio capezzolo che al solo pensiero si inturgidisce.

È stato Adrian, scommetto che è stato lui a procurarmelo mentre mi succhiava forte i seni e io lo imploravo prima di smetterla e poi di continuare.

Sono scioccata e quando torno a guardare il mio corpo, l’interno cosce ancora sporco di sperma, mi porto una mano sulla bocca per non urlare o piangere.

Mi sento in colpa, mi sento sporca ed è una bruttissima sensazione che spero di lavare via sotto la doccia.

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