Capitolo 2
Nuova vita
POV DANELLE
Non passa molto prima di fermarci davanti a una casa. Già, una casa e non un appartamento in qualche palazzina malmessa. Mi si sono illuminati gli occhi a quella visione.
La costruzione è grande e bellissima, sembra brillare di luce propria, in perfetto stile Georgiano, con tante finestre e un’entrata importante alla quale si accede da un vialetto cementato, abbastanza ampio da poterci parcheggiare due o tre auto, ed è circondata da un giardino all’inglese ben curato.
Sono elettrizzata all’idea d’incominciare una nuova vita, in qualsiasi modo si svolgerà.
Sono decisa, do atto a Jay, voglio cambiare e ripartire da questa casa. Scendo da sola dall’auto e mi fermo ad ammirare questo splendore di abitazione. Così perfetta, così da allegra famigliola, cosa che noi non siamo per nulla.
Persa nei miei pensieri, non noto che i ragazzi hanno già incominciato a portare dentro gli scatoloni finché Mark non mi colpisce apposta con una spallata.
«Muoviti, dacci una mano, se no la tua roba se la porta via il furgone, io non te la scarico» dice mentre si dirige verso l’entrata.
Mark, ma che t’ho fatto? Spiegamelo, per favore, perché io non c’arrivo.
Prendo un bel respiro e appoggio lo zaino sull’uscio di casa. Senza fiatare do una mano a scaricare quell’enorme furgone pieno di scatoloni su cui spiccano i nostri nomi scritti con il pennello indelebile nero, zeppi di ricordi di qualsiasi genere. Belli, brutti e anche nulli, nel mio caso.
Jay sorride quando mi vede con un pacco in mano.
Sì, fratellone, farò come mi hai detto. O almeno, cercherò con tutta me stessa di farcela.
Nell’uscire per prendere un nuovo scatolone e portarlo nella mia stanza, lo sguardo mi cade sulla facciata della villa di fronte.
È fin troppo maestosa per il quartiere in cui si trova. È ancora più bella e grande della nostra. Di sicuro ci vive solo un miliardario o giù di lì. Più che una casa è un castello in miniatura.
La facciata principale è in mattoni, molto rustica, e nel centro c’è la porta d’ingresso. Otto finestre grandi, quattro al primo piano e quattro al piano terra. C’è solo una parola per descriverla: strafiga.
Corrugo la fronte e socchiudo gli occhi perché il riflesso su una delle finestre al piano terra mi fa credere che ci sia qualcuno che ci sta spiando. La mia paranoia fa anche questo. Mi spinge a vedere cose che non esistono.
«Dan, muoviti...» mi richiama Mark.
POV RICHARD
«No, lui le ha detto che deve e lei si è impuntata su questo fatto. Io lo farei.» La voce di Sarah mi riempie la testa di innumerevoli cazzate. Già non mi frega della mia vita sentimentale, figuriamoci di quella altrui, soprattutto se riguarda quel coglione del fratello. «Che poi, come diavolo si può fare una cosa del genere? Non so che sta passando per la testa a Sophia.»
Dei rumori provenienti dall’esterno mi distraggono dal pensiero di come liquidare la ragazza e continuare a studiare prima di uscire. Indolente, mi dirigo alla finestra e sbircio.
Oh, no, la casa dei vicini è stata affittata o venduta e io non ne so nulla.
Merda.
Senza pensare, riaggancio. Pagherò le conseguenze più tardi.
La tendina mi sta facendo da scudo e spero che non mi notino, vista la sua assurda trasparenza. Riesco a scorgere un enorme furgone dei traslochi e alcuni ragazzi che scaricano degli scatoloni dal suo interno.
Bene, due ragazzi, saranno gay. Chi mai si trasferirebbe in quella dannata casa attira guai?
Sembrano giovani. Entrambi alti e ben strutturati, portamento fiero e apparentemente tranquillo. Purtroppo, non riesco a vederli in faccia, sono troppo lontani. Drizzo la schiena e divento ancora più serio vedendo che una ragazzina tenta di aiutare i due. Mi fa sorridere da quanto è buffa.
Credo che abbia sì e no la stessa età di mia sorella. Ha un aspetto ridicolo con quel berretto calato sulla testa e una felpa troppo larga per lei, a maniche lunghe, che le arriva fin sotto il sedere coprendole gli shorts in jeans e dando l’impressione che non li porti. I suoi capelli castano chiaro sono legati in una pseudocoda non molto accurata che sbuca da sotto il capellino col nome della mia stessa scuola. Frequenta o frequenterà? Ho comunque un indizio in più.
«Ehi, che fai? Che controlli?» chiede mia sorella.
Le faccio cenno di stare zitta, come se la sua voce petulante potesse attirare l’attenzione di quegli estranei. Neanche a farlo apposta però, la ragazza si ferma e guarda nella mia direzione. Cavolo. «Stai spiando i nuovi vicini? Almeno questi, falli durare, non come i precedenti che hai fatto scappare» dice andandosene al piano di sopra.
Come al solito è irritante. Non sa far altro nella sua patetica vita che essere irritante e sempre noiosa.
«Che combini alla finestra?» sussurra di colpo mio padre al mio orecchio facendomi sobbalzare dallo spavento. Guarda anche lui attraverso il vetro. «I nuovi vicini? Wow, vediamo di non far scappare anche questi, ok? Non ho voglia di aggiustare di nuovo i tuoi casini» continua dandomi una pacca sulla spalla e poi dirigersi verso la cucina.
Non so perché tutti credono che i vecchi vicini siano scappati a causa mia. Le cose non sono andate come è stato detto loro.
Non è stata colpa mia se quell’idiota del fidanzato della figlia le ha messo le mani addosso, solo perché mi dava ripetizioni di Storia.
Non è colpa mia se sono intervenuto per proteggere Jennifer, tanto da fare a pugni con il suo fidanzato e mandarlo quasi al creatore, seppure fosse più grande di me; e non è assolutamente colpa mia se per sbaglio, se sbaglio si può chiamare, mi sono innamorato di lei e lei di me, e se siamo finiti a letto insieme, non è colpa mia se per sbaglio... beh... ora che ci penso, forse... Al diavolo, le cose si fanno in due.
Poi i genitori hanno avuto la brillante idea di trasferirsi, portando la figlia il più lontano possibile da me. Ma questa è un’altra storia.
«Giù le mani dalle mie tende, se vuoi guardar fuori, esci!» urla mia madre dall’alto delle scale.
Santo cielo, come ha fatto a vedermi da lì?
La maniaca dell’ordine della casa sta scendendo. A grandi falcate mi raggiunge e si piazza al mio fianco. «Non lo sapevi che oggi sarebbero arrivati i nuovi vicini? Strano, tu sai sempre tutto. Ah, a proposito, evitiamo di far scappare anche questi. E vedi di restare nei paraggi che poi andiamo a conoscerli.»
Contaci.
Rassegnato e infastidito, me ne vado in camera mia a finire di prepararmi. Sono comunque in ritardo. Addio studio, la mia testa è altrove ora.