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Capitolo 8: Vino

“Andiamo, un po’ di vino non fa nulla. Da uomo adulto, devi imparare a bere.” Mia zia era ovviamente molto felice, perciò voleva che io bevessi. Cos’ io non ebbi altra scelta che sollevare il bicchiere, brindare con tutti e mandarlo giù.

L’aroma dolce del vino rosso in bocca mi affascinò, aveva un gusto delizioso.

In quel momento, avvertì il piede di qualcuno sfregarsi leggermente sulla parte posteriore del mio piede, il che mi causò un improvviso formicolio.

Quando rivolsi lo sguardo a Paola, mi accorsi che anche lei mi guardava con un sorriso ammiccante, così il mio cuore si riempì di gioia, così presto e già così seducente.

Avrei voluto ritrarre il piede, ma ero affascinato da questa sensazione. Guardai di sott’occhio la zia e dopo aver capito che lei non si era accorta di nulla, mi concentrai in pace sul piatto e cominciai a mangiare.

Ma Paola non mi lasciava andare, i suoi piedi avvolti dalle calze scure si strofinavano delicatamente sui miei, poi cominciarono a salire pian piano finché le sue dita toccarono i miei polpacci, arrivando velocemente all’interno della mia coscia.

Sotto lo sguardo di tutte queste belle donne, essendo ancora vergine non riuscì a sopportare la provocazione di quelle due belle gambe, così arrossì. Qualcuno ai piani bassi si era svegliato, stava quasi per rompere i pantaloni. Per fortuna la tovaglia lo copriva, salvandomi da figuracce, ma la mia faccia continuava ad arrossire e tutti pensavano che fosse l’effetto dell’alcool. Dopotutto avevo detto che non potevo bere.

Tutti mangiavano e parlavano. Di tanto in tanto mi lanciavano un occhiata e, vedendo che arrossivo, mi rimpinzavo di mangiare e non sembravo pensare ad altro, pensavano che fossi un po’ timido a stare al tavolo con così tante belle donne. Paola intanto aveva spostato la sua attenzione altrove, si era inaspettatamente calmata e mangiava solamente.

Ma le sue game erano arrivate pian piano all’interno delle mie cosce, e quando inavvertitamente toccò il mio grande pene, mi lanciò uno sguardo civettuolo. A quel punto anche io alzai lo sguardo, ma quando incontrai gli occhi di Paola mi sentì in paradiso. Questa donna era davvero un diavolo, mi provocava così davanti a tutti.

Non volendo restare fermo ed attendere la mia morte, mi preparai al contrattacco, così mi tolsi gli stivali e cominciai a sfregarmi contro le sue belle gambe.

“Chi mi ha dato un calcio?” Disse improvvisamente Francesca, seduta accanto a Paola, non appena toccai qualcosa di liscio mentre mi preparavo all’attacco.

Rimasero tutti sbalorditi...

Ritirai velocemente i piedi, ma tutti si accorsero di questo movimento, e improvvisamente gli i loro occhi si posarono su di me.

Avvertendo gli sguardi maligni di tutti, il mio viso già rosso, arrossì ancora di più e mi sentii estremamente imbarazzato. Sapendo che era troppo tardi per far finta di nulla, mi scusai: “Scusami, non l’ho fatto apposta...”

Francesca mi lanciò un’occhiata fredda, se non fosse stato per mia zia, si sarebbe già arrabbiata, invece si limitò a sbuffare in segno di accettazione delle mie scuse.

In quel momento, si distinse una voce di discordia: “Anita, questo ragazzo non è onesto, dopo una buon pasto comincia a molestare Francesca. Non è che gli piace la ragazza?”

“No, no. L’ho davvero sfiorata accidentalmente muovendo le gambe.” Sentendo la voce civettuola di Paola, le rivolsi uno sguardo feroce, ma non osai dire nulla del fatto che lei mi stesse provocando, piuttosto mi affrettai a spiegare. Ma perché questa Francesca era così seria? Sembrava non appartenere affatto allo stesso mondo delle altre ragazze.

“Davvero? accidentalmente? Allora come mai non hai accidentalmente sfiorato me?” Paola non mollava la presa e continuava a punzecchiare.

Vedendo il suo aspetto giocoso, cominciai ad odiarla. Aspetta che trovi un’opportunità e ti farò vedere io, ti farò a pezzi. Arrenditi, sei finita!

“Volevi forse che toccassi accidentalmente te?” La miglior difesa è l’offesa, così decisi di attaccare.

Dopo il mio contrattacco, tutti, compresa la fredda Francesca, scoppiarono in una risata e Paola ne fu molto irritata, dopotutto era abituata alla tempesta, e all’improvviso scoppiò in una risata orgogliosa: “ Si, lo voglio. Tu si che mi capisci!”

Io arrossì di nuovo. Mi aveva colpito ancora!

“Va bene, smettetela con queste storie e mangiamo, così poi possiamo rilassarci.” Disse la zia alzandosi, poiché non voleva che io fossi messo in imbarazzo, sapendo che non avrei mai potuto pareggiare Marta nella battaglia.

Tutti scoppiarono a ridere nuovamente, ma smisero di ridere di me e Paola.

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