Capitolo 6 - Alice
La mattina dopo vengo svegliata dalla sveglia del mio smartphone, ammetto di essermi girata nel letto tutta la notte pensando a cosa indossare.
Non voglio indossare una maglietta a maniche corte, le mie braccia non sono perfette, ci sono ancora segni viola e gialli e non voglio mettere un maglione.
Mi riaddormento e questa volta la voce di mio fratello mi sveglia o meglio mi fa saltare giù dal letto.
«ALICE!»
«ARRIVO!»
Decido d'indossare una maglietta a maniche lunghe per non lasciare scoperto un centimetro di pelle, e un foulard.
«Ti vuoi muovere? Non vorrai fare tardi il primo giorno?»
Che palle!
Mi lego i capelli e poi vado da Emily, sta dormendo tranquilla.
Scendo e raggiungo Garret.
«Sei pronta?»
A dire il vero no, ma non voglio deluderlo, quindi annuisco.
In macchina mio fratello cerca di rassicurarmi.
«Vedrai che andrà bene e non preoccuparti, Kristen si prenderà cura di Emily oggi».
Non rispondo.
Arrivati, ho voglia di scendere a prendere una boccata d’aria.
«A dopo».
Lo saluto con un bacio sulla guancia.
Apro lentamente la porta del bar, il campanello posto sulla porta tintinna segnalando il mio arrivo, mi guardo intorno.
Alcune persone sono sedute ai tavoli e due ragazzi aspettano al bancone.
«Giorno!»
Cerco di attirare l’attenzione di James.
«Ciao! Sei puntuale… Mi piace!»
Lo seguo nel suo studio, dove mi fa sedere, guardo per un attimo la foto di lui e mio fratello.
Sorrido un po’ per poi girarmi verso di lui e iniziare a giocare con le dita sulle gambe, aspetto che sia lui a rompere il ghiaccio facendomi spiegare cosa devo fare e come muovermi nel bar.
«Sai che Emily ha fatto una scommessa? Ha detto che se avveleno i clienti dovrò offrirle una doppia dose di cioccolata se vinco io smetterà di berla.»
«Spero sinceramente che tutti ne escono vivi, ma in caso contrario, ho delle pale in macchina che torneranno utili per nascondere le prove».
Scherza, si alza e poi mi porge la divisa.
«Ecco questa è tua… benvenuta a bordo.»
«Grazie mille, spero di essere in grado».
Mi vado a cambiare.
Mi guardo allo specchio e grazie a Dio non indosso un’uniforme a maniche corte con minigonna o pantaloncini.
Sospiro.
Torno al bancone dove James mi aspetta.