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Capitolo 2 - Garret

Sono appena tornato a casa con Kristen, dopo tre ore di fila a suonare in un piccolo bar, mi sdraio sul divano passandomi una mano tra i capelli. Sono stanco, non vedo l’ora che arrivi Natale e passare qualche giorno a casa con la mia fidanzata e mie sorelle.

A proposito di sorelle, stranamente Alice non mi ha ancora mandato nessun messaggio.

Sospiro, sperando che a casa andasse tutto bene, anche se sto cercando di mantenere la calma, sono preoccupato.

Chiudo gli occhi.

Sono in garage a provare per un mini-tour che inizierà sabato quando vengo interrotto dallo squillo del mio telefonino.

Leggo il numero, non lo conosco.

«Pronto?»

Rispondo un po’ scocciato, ma appena sento una voce femminile aggrotto un po’ la fronte.

«Il signor Garret Anderson?»

«Sì, con chi ho piacere di parlare?»

«Sono il preside della scuola di sua sorella Alice.»

«È successo qualcosa?»

Chiedo preoccupato e inizio a camminare avanti e indietro.

«Ma volevamo proprio sapere se a casa va tutto bene, è una settimana che non viene a scuola e non vogliamo che ci siano problemi, non ci risponde nessuno».

Che diavolo è questa storia?

«Proverò a chiamarla».

Appena riattacco, provo a chiamare mia sorella.

Telefonino staccato.

Sospiro e senza pensarci due volte prendo la macchina.

Le mando un messaggio su Whatsapp:

Alice, se leggi il messaggio chiamami, io vorrei passare a trovarvi.

Non ricevo nessuna risposta.

Kristen mi riporta per un momento alla realtà.

«Tesoro, vado a farmi una doccia!»

«Va bene!»

Torno a quel giorno nella mia mente.

Il viaggio dura più di un’ora, alle 15.00 sono davanti a casa. Suono due o tre volte finché mia madre non apre la porta.

«Garret?»

È sorpresa di vedermi.

«Ciao mamma».

La saluto freddamente, da quando ha portato il primo compagno a casa, con lei ho chiuso ogni rapporto.

«Alice?»

Chiedo entrando e guardandomi intorno, lei alza le spalle.

«Non so dove sia andata.»

«Non lo sai? Ma almeno sai che non va a scuola da una settimana?»

Annuisce e basta.

«E non sai dove è andata?»

Scuote la testa.

«Garret!

Sospiro appena sento la sua voce, mi giro a guardarla.

«Alice...»

Smetto di parlare, appena mi accorgo come è vestita.

Maglione e perfino a collo alto, sbatto le palpebre per un attimo prima di farmi seguire.

«Andiamo in macchina».

So che non si è ancora ripresa dalla perdita di nostro padre, ma non credo che fosse così pazza da farsi del male arrivando a indossare i maglioni in primavera.

In auto si porta le gambe al petto.

Questo gesto significa che ha un problema.

«Dimmi cosa sta succedendo e perché non vai a scuola da qualche giorno?»

Scuote la testa.

«Per favore».

Mi guarda per qualche secondo.

«Mi prometti di non arrabbiarti?»

Perché dovrei arrabbiarmi? Cosa sta succedendo?

«Te lo prometto».

Non è affatto vero.

Solleva lentamente la manica del maglione scoprendosi il braccio.

Per un attimo non capisco, ma quando noto delle macchie viola, capisco che sono lividi.

«Come li hai fatti?»

Le afferro il braccio, la sento irrigidirsi e chiudere gli occhi come se avesse paura di me.

»Ryan».

Questa volta il campanello mi riporta alla realtà, guardo l’ora.

Chi potrebbe essere?

Mi alzo sospirando.

«Arrivo!»

Mi dirigo verso la porta.

«Alice?»

Sono sorpreso di trovarmela davanti a quell’ora.

«Cosa è successo?»

Le chiedo, prendendo Emily in braccio e lasciandola coccolarsi sulla mia spalla.

«Il solito. Possiamo restare qui?»

«Che domanda fai? Cerco che sì!»

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