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6/155. George

- Mi inchino davanti alla tua bravura!

Una voce, stranamente allegra, interruppe bruscamente il silenzio che da diverse ore era calato nell’ufficio del vice presidente della Colton Corporation, George Colton.

- Fino alla fine non ho creduto né che tu fossi capace di arrivare a tanto, né che lei fosse così sprovveduta da credere alla tua messa in scena. E pensare che all’università era così altezzosa! Nessuno è mai riuscito ad ottenere neanche un appuntamento con lei, invece tu, tu sei riuscito a farla arrivare fino all’altare! – continuò Brian il suo fratellastro, mentre si accomodava sulla sedia di fronte la scrivania dove il vice presidente era seduto.

Lui non si era mosso, aveva continuato a dargli le spalle, mentre guardava fisso un punto non ben precisato dell’orizzonte che si poteva ammirare dall’ampia finestra posta dietro la sua scrivania.

- Hai vinto George! Tieni ti ho portato un po’ di foto divertenti di lei che rimane come una scema all’ingresso della chiesa completamente vuota. – e per attirare la sua attenzione e costringerlo a guardarlo, gli porse il telefono.

Senza dire una parola, George lo afferrò e cominciò a sfogliare quelle foto dal cellulare.

Neanche un sussulto, non una smorfia o un cenno del sopracciglio, nessun movimento del corpo o del volto tradirono la benché minima emozione.

Era impassibile mentre osservava Hope vestita da sposa, con i capelli raccolti sulla nuca, che lasciavano qualche ciocca arricciata cadere sulle spalle, quel trucco delicato che metteva in risalto i suoi lineamenti perfetti, esaltando i suoi occhi azzurri e abbellendo la sua pelle di porcellana.

Ma lui non stava ammirando la sua bellezza, bensì stava scrutando il suo sguardo prima sorpreso e poi atterrito.

Non doveva esserci voluto molto perché lei comprendesse che cosa fosse accaduto, cosa le stesse capitando. Lei era una ragazza intelligente e scaltra, aveva faticato tanto per convincerla di amarla ed era stata titubante fino alla fine, quindi non ci avrà messo più di un secondo a capire che era stata giocata, presa in giro, tradita e umiliata.

- Cosa le hai detto? – si limitò a chiedere George al fratellastro, mentre gli passava un documento da firmare.

- Quello che le ho detto non ha importanza. Ricordi? Faceva parte dell’accordo. IO avrei presenziato l’ultimo step della scommessa, ne avrei accertato il vincitore e sempre IO avrei dato ad Hope le spiegazioni che ritenevo più opportune, senza doverti nessun resoconto. – Brian firmò il documento che George gli aveva passato e si alzò, dirigendosi verso la porta.

Aveva portato a termina ciò per cui era venuto. Lo aveva informato dello stato delle cose e adesso se ne sarebbe andato a gongolare in qualche bar, perché se era vero che aveva perso quella scommessa, era altrettanto certo di avere in pugno la partita contro il suo fratellastro per il controllo della Colton Corporation, oltre che essersi preso la sua rivincita contro Hope.

- Aha…una cosa voglio dirtela però: ho fatto in modo che soffrisse le pene dell’inferno! – sentenziò Brian e senza aspettare la reazione di George, chiuse la porta violentemente dietro di sé.

Nuovamente solo, George chiuse gli occhi e tirò un profondo sospiro.

- Posso entrare? – chiese timidamente Josh, il segretario personale, nonché migliore amico del vice presidente della Colton.

- Entra pure. – si limitò a rispondere George.

- Ho visto che il tuo caro fratello, è uscito. Ti ha portato notizie? È venuto a raccontarti come è andata? – chiese ansioso l’amico.

- Ovviamente. Questa mattina ha chiuso la faccenda ed è venuto subito qui, come da accordi d’altronde. Ecco qua! – disse George e gli porse il foglio appena firmato da Brian, poi continuò - Questi sei mesi di farsa almeno hanno dato il loro frutto. Davanti a te c’è la rinuncia firmata di Brian a qualsiasi tentativo da parte sua di boicottare la mia candidatura a presidente della Colton Corporation.

- Dovrei farti le mie congratulazioni. – disse con amarezza Josh.

- Sì. Dovresti! – rispose adirato il vice presidente, improvvisamente, cogliendo il suo amico completamente alla sprovvista.

- Da quando è nato Brian è stato una spina nel fianco! Renderlo innocuo sarà solo che un bene per l’azienda e per me! – spiegò con disappunto nella voce e una tensione sul viso causati dal peso di anni di silenziosa e paziente sopportazione e questo Josh lo sapeva bene.

Colton senior era il presidente di una multinazionale con sedi in tutto il mondo. I loro affari abbracciavano il campo della tecnologia, dell’industria tessile e meccanica, fino ad arrivare al campo della moda.

Quando la madre di George morì prematuramente a causa di una forma di cancro estremamente aggressiva, lo lasciò da solo all’età di soli 7 anni.

Era troppo piccolo per sapere se i suoi genitori fossero felici insieme, se tra loro ci fosse amore o se il loro matrimonio fosse un semplice contratto d’affari, ma di una cosa era certo, suo padre non sarebbe rimasto solo per molto.

La sua posizione sociale, il suo denaro e le sue esigenze, non gli avrebbero consentito di rimanere vedovo a lungo.

Certo non si sarebbe accontentato della prima donna che gli fosse capitava a tiro e poiché i suoi standard erano molto alti, quando incontrò la candidata perfetta durante una battuta di caccia, non se la lasciò scappare.

La prima azione che intraprese fu presentarla a George per capire se sarebbero stati in grado di affiatarsi e lei fu abbastanza scaltra da mostrarsi affabile quanto bastasse per convincerlo che sarebbe stata una matrigna adorabile e premurosa.

Le nozze furono celebrate in fretta e quella donna diventò a pieno titolo la padrona di casa Colton.

Dopo neanche qualche mese, rimase incinta e per sua fortuna diede alla luce un maschio.

Una come lei non avrebbe sopportato un’altra gravidanza a sformarle il corpo grazioso, quindi accolse con gioia colui che, secondo i suoi piani, un giorno avrebbe preso in mano le redini della Colton Corporation.

George, non esisteva per lei, in realtà neanche Brian, suo figlio, entrambi erano accuditi da una babysitter, per permetterle di partecipare alla vita sociale senza fastidi.

Tuttavia Brian aveva qualcosa che a George era negato: il bacio della buona notte, qualcuno pronto a schierarsi in sua difesa quando combinava qualche guaio, qualcuno che lo esaltasse davanti al raggiungimento di un suo traguardo, per quanto stupido potesse essere.

George era di 9 anni più grande eppure la presenza di Brian lo schiacciava emotivamente.

Per sua fortuna quella differenza di età lo portò ad allontanarsi presto da casa per proseguire gli studi superiori in una prestigiosa scuola, abbastanza lontana da richiedere che pernottasse nel campus universitario, libero da quella presenza soffocante.

- Josh, la mia vita è stata tutta in salita. Mi sono spezzato la schiena di studio e lavoro per arrivare dove sono ora e non ho nessuna intenzione di rovinare tutto ad un passo dalla meta. – spiegò George all’amico, quasi cercasse di giustificare le sue azioni.

- Lo so, non devi spiegarmi niente. Ti sono stato accanto dal liceo amico mio. Ho visto la fatica che hai dovuto fare per soddisfare le aspettative di tuo padre, l’impegno negli studi giuridici per conseguire la laurea a pieni voti, la tua seconda laurea in economia ed infine la gavetta nell’azienda Colton. Ti sei guadagnato ogni centimetro della strada che ti ha portato fino a qui, tutto grazie alle tue straordinarie doti manageriali, alle tue notti insonni e ovviamente…- e qui Josh cercò di sdrammatizzare - …grazie alla mia fedele, costante e preziosa presenza, senza la quale non avresti raggiunti tali risultati così brillantemente!

- E hai dimenticato di elencare la tua modestia, tra le tante qualità che ti accompagnano! – ribatté George ridendo ma poi, ritornando serio, chiese: - Allora perché ho l’impressione che tu mi stia giudicando?

- Non è che ti sto giudicando…è solo che la strada che hai scelto non è da te. Sei sempre stato un uomo tutto d’un pezzo. Sei uno delle poche persone che conosco che nonostante la sua ricchezza e il suo aspetto attraente…ovviamente niente in confronto al mio…invece di perdere il suo tempo trastullandosi tra feste e superficialità, si è dedicato anima e corpo al suo lavoro, raggiungendo la posizione di dirigenza ad una così giovane età. – Josh fece una pausa, evidentemente stava cercando le parole giuste per continuare il suo monologo senza rischiare di irritare l’amico che evidentemente era già nervoso per la piega spiacevole che aveva preso la mattinata.

- Ma…forza vai avanti…perché so che sta per arrivare il momento in cui mi spiattellerai la cosa che ti infastidisce, quindi sbrigati, senza girarci intorno. – intervenne George, che evidentemente conosceva bene il suo amico.

- Ok. Hai tante straordinarie qualità ma…ammettiamolo, sei cresciuto senza madre e senza una presenza femminile, che influenzasse la tua personalità, addolcendo quei tratti spigolosi del tuo carattere. Sei un freddo calcolatore, e fino a qualche mese fa, l’unica persona di cui ti interessava avere un giudizio favorevole era tuo padre. – Josh alzò le mani in segno di resa e si affrettò ad aggiungere: - Ehi…non te ne sto facendo una colpa, insomma le uniche donne che hai conosciuto sono state tua madre, di cui ormai non hai più memoria e la tua matrigna, che non ti ha manifestato altro che astio. Ma da quando è entrata Hope nella tua vita, le cose sono cambiate. Per la prima volta ti ho visto interessato al benessere di qualcuno, ad ottenere il favore di qualcuno diverso da tuo padre. Ho scoperto un lato affettuoso di te che mai avrei pensato esistesse…- George lo interruppe bruscamente.

- Vuoi dire che con le donne non mi comportavo da gentiluomo prima di uscire con Hope? Davvero? – chiese infastidito.

- Essere galante per irretirle e portartele a letto, per poi lasciare sul comodino un biglietto con su scritto “Colazione da Tiffany” per sdebitarti, senza neanche lasciare il tuo numero di telefono, non lo considero certo un gesto affettuoso. – ribatté Josh.

George sbuffò infastidito ma rimase in silenzio.

- Andiamo…hai capito perfettamente a cosa mi sto’ riferendo! – continuò il suo amico.

- Invece no! Ti stai sbagliando di grosso. Avevo un obiettivo, preservare il mio lavoro. Lei era un mezzo per raggiungere un fine, liberarmi di Brian e arrivare alla presidenza. Tutto l’affetto che hai visto, le preoccupazioni, l’interesse sono state una recita per ottenere le sue attenzioni, niente di più! Perciò adesso finiscila con questa psicologia da quattro soldi! – sbottò irritato.

- Ok. Va bene! Come dice lei signor Vice Presidente. Hope era solo un mezzo e non un fine. Ma mi stia a sentire, tutta questa storia è strana. Non mi convince tutta la faccenda della scommessa. – ribatté altrettanto infastidito Josh, che iniziò ad esprimere le sue perplessità a ruota libera – Perché proprio Hope? Perché ferirla in questo modo? Lui cosa ci guadagna? Insomma sono anni che la madre fa pressioni per fargli ottenere la direzione dell’azienda, ha sempre cercato di metterti in cattiva luce agli occhi degli azionisti e di tuo padre, così da ottenere, senza sforzi, ciò che ti sei sudato in questi anni e poi…proprio a ridosso della nomina di presidente, decide di buttare all’aria tutto, di rinunciare a tutto per una scommessa assurda? Tutto per ferire una semplice dipendente? Andiamo George, non puoi credere che non ci sia qualcosa sotto, sei più intelligente di così!

Le domante e le perplessità di Josh, vorticavano nella mente di George da molto più tempo, esattamente dal giorno in cui il fratellastro gli fece quella proposta, effettivamente assurda.

Ma le cose sembravano essere andate proprio come previsto: lui aveva vinto la scommessa ed in mano aveva l’impegno scritto di Brian a sostenere la sua candidatura a presidente senza intralciarlo. Al momento questo era quello che per George contava davvero.

George non era riuscito fino a quel momento a liberarsi del fratellastro per via delle ingerenze della matrigna e del padre, per questo accolse favorevolmente la proposta di Brian.

Una scommessa.

Vincerla gli avrebbe permesso di relegarlo nel settore dell’azienda in cui il padre l’aveva assegnato, senza più doversi preoccupare dei continui assalti alla presidenza che la madre, avida di potere, lo spingeva ad orchestrare.

George sprofondò in quei suoi ragionamenti, ignorando completamente la presenza del suo segretario.

Analizzò la situazione sotto molteplici punti di vista e, almeno in apparenza, era convinto che ne avrebbe ricavato solo vantaggi.

Ma non aveva fatto i conti con Hope, con la sua genuinità, la sua forza, la sua resilienza, la sua intelligenza e quella dolcezza seppellita sotto un cumulo di macerie, che solo lui era riuscito a rimuovere e scoprire, prima di tradirla come avevano fatto altri prima di lui.

Vincere quella scommessa gli costò la perdita di qualcosa di molto più prezioso, ma non se ne rese conto fino al giorno successivo.

E mentre lui soddisfatto si congratulava con sé stesso per il suo successo, Hope, dall’altra parte della città, era precipitata di nuovo nei profondi abissi della disperazione, proprio come diversi anni prima.

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