7.
“È aperto,” rispose una voce femminile all’interno del vagone dopo che Calloway aveva bussato alla porta.
Subito, una volta entrato, fu investito dal dolce profumo di uva spina e gelsomino.
Tutto l’ambiente era quasi in penombra, fatta eccezione per qualche candela che illuminava la stanza, mettendo in risalto i drappi viola e fucsia che la addobbavano.
Un paravento in legno scuro e un letto a due piazze a baldacchino con drappi viola occupavano quasi metà della stanza. Più spostata sulla destra, vicino a una finestra chiusa, vi era una sedia, e accomodata su di essa c'era una donna.
Indossava un’elegante sottoveste di pizzo color viola scuro, aveva i capelli lunghi di un castano chiaro, e le labbra sottili, come i suoi occhi, che parevano due schegge di ghiaccio pronte a trafiggerti. O almeno, fu questa la prima impressione che ebbe Calloway.
“Madame Burchill?” chiese il giovane avvocato, immaginandosi una donna molto più in là con gli anni, almeno per quello che aveva sentito.
“Si, mio caro, sono io. Voi dovete essere l’avvocato Calloway,” rispose prontamente la donna con una voce particolarmente avvolgente.
“Si, signora. Eh, mi scusi, l’avranno sicuramente avvertita del mio arrivo,” disse Calloway con grande impaccio.
“Si, stamane mi hanno avvertito che eravate arrivato ieri sera. Rilassatevi adesso, caro. Vi assicuro che ho avuto molti uomini, ma non ne ho mai mangiato nessuno,” ribatté in maniera ammiccante la donna, portandosi il lungo bocchino d’argento alla bocca e inspirando una grande quantità di fumo.
A quelle parole, Calloway sentì nuovamente quella strana morsa al basso ventre che aveva ogni volta che ripensava a Laura.
“Mi scusi, Madame. È solo che mi aspettavo, ecco, una persona più in là con gli anni,” disse con notevole imbarazzo.
“Ah, non si scusi. Anzi, fa molto piacere a una donna di quasi sessanta anni ricevere tali apprezzamenti da un gentiluomo nel fiore dei suoi anni,” disse in maniera ammiccante, facendo un lieve cenno del capo verso il basso.
Fu allora che Calloway guardò verso il basso e notò che, ancora una volta, aveva in corso un’erezione.
“Oh cielo, mi scusi,” disse immediatamente, voltandosi e cercando goffamente un modo per coprire quel rigonfiamento.
“La prego, non si scusi. Io ne sono lusingata. Vuole un bicchiere di vino?” chiese sardonicamente Madame Burchill.
“Non è un po' presto per il vino?” domandò Calloway con voce strozzata.
“Beh, dipende. Tutto dipende dalla percezione, secondo me.” E mentre diceva questo, la donna si alzò e si diresse verso un mobiletto in legno scuro non lontano da lei.
“Vede, per lei è mattina, ma questo è solo perché è nelle convenzioni sociali del luogo dove si trova. Quando sto in Francia, io viaggio con la mente e ripenso all’Asia. Sa, lì, in questo momento è sera, e quindi per me bere un buon calice di vino non è un problema.” Continuò la donna, prendendo una bottiglia dal mobile e versandosi del vino rosso nel calice poggiato sul mobiletto.
“Non le piace l’Europa?” chiese Calloway, che ancora cercava in qualche modo di coprire le sue vergogne.
“Per esperienza, le consiglio di non toccare quella cosa che ha in mezzo alle gambe. Più lo tocca, e più a lungo durerà,” rispose la donna sorseggiando il vino. “Ma per rispondere alla sua domanda, io adoro l’Europa; infatti, quando sono in Asia, viaggio in Europa con la mente. Mi ascolti, si sieda e beva un sorso di vino.”
Non senza fatica e cercando di coprire la sua erezione, Calloway si avvicinò alla sedia vicina e vi si accomodò, incrociando le gambe.
“Sono davvero dispiaciuto. È la seconda volta in poco tempo che mi capita una cosa del genere. Pensi che mi è successo anche a casa di una mia cara amica…” stava andando a ruota libera, forse per liberarsi dall’imbarazzo, ma si accorse subito che stava rivelando davvero troppo di sé.
“Che intendete per cara amica?” domandò curiosa la donna, porgendogli un calice di vino.
“Beh, ecco, prendiamo il tè insieme alle volte,” rispose arrossendo Calloway, che non credeva di potersi sentire più in imbarazzo di così.
“Oh, bene. Se lei ha visto quello che ho visto io, credo proprio che non veda l’ora del prossimo tè insieme a voi,” disse con nonchalance Madame Burchill.
A quella frase allusiva, a Calloway andò di traverso il vino che, proprio in quel momento, si era convinto a sorseggiare.
Gli ci volle più di un minuto per riprendersi dalla tosse che ciò aveva provocato.
“Madame, lei è molto gentile, ma io sono qui per farle alcune domande,” disse il giovane avvocato, cercando di darsi un tono più serio possibile.
“Ma si figuri, avvocato. Se la situazione fosse un’altra, le assicuro che sarei stata ancora più gentile.” E mentre diceva questo, fece l’occhiolino al suo interlocutore, sorridendo.
“Madame, la prego,” ribatté Calloway con voce strozzata, che tutto si immaginava tranne che quel colloquio fosse così complicato.
“Il signor Johnson dice che voi eravate il braccio sinistro di Bearer e mi ha pregato, prima di parlare anche con gli altri membri di questa attività, di parlare con lei.” Disse Calloway, trovando in qualche modo il modo di ritrovare la sua serietà.
“Oh, Glenn è sempre stato molto melodrammatico,” rispose quasi seccata la donna, che si sedette sulla sua sedia e si rimise a fumare. “Però dice il vero, ho lavorato accanto a Mark per quaranta anni.”
“Come lo avete conosciuto?” chiese Calloway, che cominciava a essere sempre più incuriosito dalla storia della bottega dei sapori esotici.