6- PETER
Stamattina ho puntato la sveglia presto, più del solito, perché volevo passare da Belle.
Alla fine ieri non c'eravamo più visti e un po' mi sentivo in colpa. L'unica cosa che ero stato in grado di fare da quando era arrivata alla Saint Jules era quella di averla mollata all'ingresso.
Non che avessi intenzione di farle da balia, per carità, ma non volevo che avesse l'impressione di non essere la benvenuta perché non era decisamente così.
Desideravo passare del tempo insieme ma purtroppo qui non era Londra e nemmeno casa nostra, e le abitudini per me, così come le priorità erano completamente diverse.
Ciò nonostante volevo farle sapere che ero felice che fosse qui e magari accompagnarla a fare colazione.
Raggiunsi la sua stanza senza alcuna difficoltà, già sapendo il numero e il piano. Bussai un paio di volte battendo il pugno leggero sulla porta. Ecco, forse, non ero preparato a trovarmi davanti una persona diversa da mia sorella. Ma parecchio diversa.
Una sconosciuta dai capelli neri intrecciati in modo strano sulla testa venne ad aprirmi. Restai imbambolato come un cretino davanti a lei a fissarle il trucco pesante e i piercing vari che aveva sul viso: sopracciglia, naso, bocca e orecchie erano un tripudio di brillantini, anellie borchie. Per non parlare di quella specie di collare che aveva sul collo.
«Posso aiutarti?»
In compenso e in netto contrasto con il suo aspetto, la voce risuonò dolce e delicata.
Mi schiarii la voce e mi presentai.
«Ciao, sono Peter Tinker, stavo cercando mia sorella Belle.»
«Oh, certo è camera sua, ma...» si bloccò guardando un attimo alle sue spalle e poi continuò quello che stava dicendo «Io non sapevo che Belle avesse un fratello. Non me ne ha mai parlato e ieri siamo state tutto il giorno insieme in pratica.»
«Le sarà sfuggito...» replicai sottovoce «Lei è qui?»
«Oh sì, sì, lei è...»
Si interruppe quando la porta del bagno si aprì e Belle fece il suo ingresso nella stanza vestita solo con un misero asciugamano di spugna.
Non era la prima volta che vedevo mia sorella mezza nuda ma purtroppo e inaspettatamente fu la prima volta che quello che sotto agli occhi era impossibile da non vedere, da non voler toccare.
Poggiai disinvolto, o per meglio dire con finta disinvoltura, una gamba sull'altra e in quel momento mi odia da morire. Il motivo?
Mi ero eccitato guardando mia sorella. La stessa bambina che avevo conosciuto anni prima, quella mi inseguiva dappertutto e voleva essere in qualunque posto ci fossi pure io. Era sempre lei, sempre la stessa Belle, solo che ai miei occhi era completamente diversa, ora.
Diedi la colpa alla stanchezza, al fatto che sarebbero ricominciate le lezioni e quindi altro stress, e poi esami, e lo studio. Riuscii, in qualche modo, a dare la colpa pure alla mia ragazza. Il rapporto con Wendy era impegnativo e richiedeva un'attenzione speciale, in primis perché era lei stessa a chiederlo, a pretenderlo, e poi perché era gelosa da morire. Talvolta il suo modo di fare mi toglieva il respiro e c'erano momenti in cui mi sentivo in gabbia, ma quando provavo, anche solo tentavo, di introdurre il discorso finiva sempre allo stesso modo: con noi due che facevamo sesso indipendentemente dal luogo, dal giorno, o dall'ora.
«Peter, ciao...»
Belle mi guardò con quei suoi occhi languidi che non lasciavano trapelare nessun tipo di imbarazzo. Io, al contrario, mi sentivo parecchio a disagio.
Mia sorella non sembrò curarsi per niente della sua mise, assolutamente naturale secondo lei ma un po' meno secondo me.
E la cosa mi faceva arrabbiare parecchio perché non era mai stato così prima d'ora e non riuscivo a capire perché adesso dovesse essere così. Era solo mia sorella e avrei fatto meglio a non guardarla nel modo in cui ero sicuro che la stavo guardando.
«Ciao, ehm...scusami io credevo di trovarti già pronta.»
«Ti serviva qualcosa?» mi domandò ancora lei con l'espressione più innocente dipinta sul viso.
Deglutii quando spostò le mani sulla parte alta dell' asciugamano sistemandolo e tirandolo un po' su, il che sarebbe stato giusto e perfetto se non fosse che scoprì le gambe ancora di più mandandomi in stato di allerta. Non tanto a me, quanto piuttosto al mio amico ai piani bassi.
Che strazio, però.
«Io, no, cioè ero venuto per invitarti a fare colazione in mensa. Sempre che ti vada.»
Vidi la sorpresa nel suo sguardo e poi un grande sorriso allargò la sua bocca perfetta.
Erano sempre state così allettanti le sue labbra? Perché se così fosse, io non ci avevo mai fatto caso.
«Certo che mi va! Mi vesto subito!»
Continuò a girarmi attorno e a girarsi attorno in quelle quattro mura cercando i vestiti. Mi grattai la nuca e cercai più volte di distogliere lo sguardo poi, mi arresi di fronte all'evidenza che non ci riuscivo. Non so che diavolo mi era preso quella mattina ma mi sentivo strano, diverso dal solito. Così optai per l'unica cosa ragionevole da fare: «Belle, ti aspetto qui fuori. Fai pure con calma.»
§
«Allora come ti sembra Saint Jules fino a questo momento?»
Belle sincera preparata in un tempo misero di appena sei minuti. Sì, li avevo contati, eppure seduta a un tavolo nella mensa dell'università c'era una ragazza bellissima. Una di quelle che solo a guardarle ti verrebbe da pensare che passino ore e ore davanti a uno specchio.
Lei invece no. Era bella così.
Questi pensieri che continuavo a fare su di lei mi stavano già esasperando e per quanto cercassi di risultare normale sapevo di non stare facendo un buon lavoro.
«Non che abbia visto granché a dire il vero, ma Jodie mi ha fatto da cicerone nonostante fosse arrivata solo qualche ora prima di me e...»
«Chi è Jodie?»
«La mia coinquilina. Ricordi?»
«Quella che mi ha aperto la porta?»
«Proprio lei.»
Annuii e sorseggiai il mio caffè mentre non toccai nemmeno per sbaglio il croissant che avevo sul piatto. Avvertivo lo stomaco in subbuglio e se avessi fatto l'atto di ingerire qualcosa di solido, probabilmente, avrei finito col vomitare.
«Senti Belle...»
Mia sorella, perché quella lì era mia sorella nonostante nella testa vorticavano ancora le immagini delle sue gambe nude e sode e del suo seno a dir poco perfetto schiacciato dentro il telo da bagno, posò i suoi occhioni chiari su di me.
«Io volevo...ci tenevo a chiederti scusa, ecco.»
«Scusa per cosa?»
«Per il mio comportamento di ieri. Per averti lasciata da sola e non esserti stato accanto per aiutarti ad ambientarti. Sono stato un pessimo fratello.»
Forse fu solo una mia impressione ma nel suo sguardo vidi passare un lampo, una luce, che sparì subito dopo.
«Non serve che ti scusi, Peter. Sì, forse avresti potuto impegnarti di più dopo mesi di lontananza ma alla fine ti capisco.»
«Mi capisci?»
«Sì, certo. Voglio dire tu hai Wendy ed è normale che preferisca passare il tuo tempo con lei anziché con qualcuno la cui presenza qui ti è stata imposta.»
E avrei voluto dirle che erano tutte stronzate. Che non era vero che preferivo passare il mio tempo con Wendy, che mi mancavano i momenti insieme a lei, ma fui un codardo.
Ingoiai ogni singola parola e sigillai la lingua.
Poi, il destino, o comunque quella che era la realtà si affacciò con prepotenza interrompendo il nostro momento.
«Peter, amore!»
Era Wendy.
E quando, con la coda dell'occhio, osservai la reazione di Belle, stavolta ne ero certo: i suoi occhi lanciavano saette.