Capitolo 3
Dopo un po' si aggiunsero i nonni e Molly e Sean McMillan con loro figlio Isaak, che come tutti gli anni festeggiavano con noi. Tutti notarono il mio viso tumefatto, a cominciare da Isaak.
"Che non sai difenderti?" Mi chiese con i suoi occhi scuri. Dove li avevo già visti occhi così scuri come la notte?
"Imparerò stanne certo." Gli risposi.
A tavola parlavano e avevano tutta la mia intenzione anche se non davo a vederlo. Ufficialmente parlavo con Isaak che come me era più intento a seguire ciò che i grandi si dicevano.
"Parlano di lui." Sussurrò per ogni volta che nominavano Thomas.
"Sai chi è?" Gli chiesi.
Lui scosse la testa. "So che mi permetterà di andare alla scuola di cucina. Mamma non voleva, ma l'altro ha detto che posso fare ciò che voglio."
"L'altro?" Gli chiesi fissando prima lui, poi i suoi genitori. Molly era piccola come la mamma, capelli biondi rossicci e un viso a cuore, occhi azzurri e pelle candida piena di lentiggini. Anche Sean era basso, non arrivava al metro e sessanta. In pratica sia io che Isaak gli arrivavamo senza problemi, aveva capelli biondi, occhi castani e un naso aquilino importante, il mento largo e un sorriso che arrivava agli occhi. Decisamente Isaak non assomigliava a nessuno dei due.
"L'altro." Disse Raziel, nome che usavamo al collegio. "Loro non me lo dicono, ma è palese che quando si prendono decisioni su cui non concordano ci sia di mezzo un altro. So vedermi allo specchio e sono abbastanza sveglio." Mi disse.
Thomas, l'altro, gli avrebbe pagato gli studi. Io sarei tornato a Monaco. Il mio benefattore e quello di Joel era lui, mio padre.
"Vieni." Gli dissi alzandomi da tavola e prendendolo per mano.
"Sono etero."
Sbuffai. "Anche io." Gli dissi strattonandolo e portandolo in bagno. Mi affacciai allo specchio attenendo che lo facesse anche lui.
Eravamo simili. Colori a parte, avevamo entrambi la stessa mascella squadrata, le mie labbra erano leggermente più sottili delle sue, ma il taglio delle sopracciglia no. I suoi capelli erano castani scuri, un po' po come quelli di Gabriel, gli occhi erano neri e il naso dritto di Isaak un po' più lungo del mio, che invece era più a patata.
"Oh cazzo!" Disse Isaak. "Mi rifiuto. Non è così che volevo un fratello e l'ho richiesto tanti anni fa, prima della pubertà." Mi disse allontanandosi.
Io feci spallucce. Sinceramente erano Joel, Samuel e Diamond i miei fratelli, mi era quindi indifferente il suo commento.
"Lo hai conosciuto?" Mi chiese.
"Chi?" Risposi io.
"L'altro ovvio." Disse.
Lo fissai in quegli intensi occhi neri. "Forse." Risposi. "Perché io i tuoi occhi già li ho visti da qualche parte."
"Bene. Digli di non farsi vedere, io ho già i miei genitori e che non intervenga nella mia vita. Se i miei genitori non vogliono che frequento la scuola culinaria, non lo farò." Disse.
Scossi la testa. "Sicuramente se c'è di mezzo lui sarebbe la migliore scuola in assoluto." Gli dissi. Cazzo il collegio europeo era una signora scuola, quindi anche lui avrebbe avuto la giusta istruzione.
"Vorrebbe che frequentassi la Westminster Kingsway collage. Quindi prima devo diplomarmi, poi andare lì." Rispose.
Feci un fischio di ammirazione, non conoscevo il college ma già sentire che era un Westminster faceva presagire grandi cose. "Fai come vuoi. Io raggiungo gli altri e buon Natale Raziel Isaak." Dissi salutandolo. Non lo avrei chiamato fratello, assolutamente.
Quando i nostri ospiti se ne andarono mia madre mi aspettava in sala. Era da sola.
"Tesoro dovresti tornare a Monaco. Sarei più tranquilla sapendoti lì." Mi disse.
"Mamma quel mostro..." iniziai.
"È il padre dei tuoi fratelli." Mi ricordò.
"Ha picchiato Joel, non avrebbe mai dovuto permetttersi." Dissi.
"Appunto. Quindi tu parti e porti Joel a Monaco, non farlo tornare. Dio solo sa come sarebbe felice tuo padre di poter manipolare Joel per beneficiare delle sue quote bancarie." Mi informò.
Soldi! Era quella la verità. Cosa avevano fatto di male i miei fratelli per meritarsi un padre del genere. "Quando tornerò avremo guadagnato abbastanza con i nostri investimenti. Saremo tutti lontano da lui."
Lei mi sorrise. "Quelli sono i tuoi investimenti riusciti, non miei. Per ora devi pensare a te e Joel."
"A te chi ci penserà mamma?" Le chiesi.
Lei sorrise. "Non hai visto? Ebony e Drake non permetteranno mai a Andrew di torcermi un capello." Mi disse.
Perché mio padre non lo avrebbe mai perdonato? Chi era mio padre? "Mamma." Lei mi guardò con i suoi splendidi occhi azzurri, gli stessi miei e di Joel. "È mio padre che ci mantiene a scuola vero?" Chiesi e lei annuì. "Lui lo sa, o almeno lo sospetta? Per questo non vuole mandare Diamond a Monaco." Che stronzo che era.
"Ci sono altre ragioni. Lui è geloso di Diamond, aspetta che sia grande per poterla avere. Ma glielo impedirò." Mi rispose.
"Va bene. Torno a Monaco." Le dissi per rassicurala.
Almeno una volta a Monaco potetti ritrovare Heinrich che studiava ancora lì. Iniziai anche a seguire corsi di autodifesa, kick boxing e taekwondo, non avrei più permesso a Davis di colpirmi.
Quando giunsero le vacanze di Pasqua andai con Joel e Sonia a trovare i Keller Meyer e con mia sorpresa c'era anche Gabriel e con lui il fantomatico London. Diventammo subito amici e complici nel prendere in giro Gabriel. Insieme passammo una settimana rilassante. Raccontai anche a Gabriel di Raziel Isaak.
"È mio fratello... ingrato per giunta." Gli dissi.
Lui rise. "Cosa ha fatto di male."
"Nostro padre cerca di dargli il meglio e lui non lo vuole, semplicemente perché non è i suoi genitori adottivi."
"Situazione intricata." Disse Gabriel.
"Cazzi suoi!" Risposi. "Quando ci rivedremo?"
"In estate andremo in vacanza insieme. Papà porterà Micaela in Toscana a trovare i nonni e quindi saremo tutti in Europa." Mi rispose.
"Festeggiamo il compleanno alla fine di agosto Gabe. Manteniamola questa tradizione, solo noi con Gellert, Joel Heinrich e London anche. Mi piace."
Mi guardò dolcemente. "Ma si dai! Ad agosto tutti qui."
"O in Italia. È tanto che non ci andiamo." Gli dissi, da quando Marina era morta. Forse come il padre non voleva tornarci.
Sta di fatto che divenne un abitudine festeggiarci ad agosto. Fino a che non ci toccò di andare all'università.
"Studierai all'università di Monaco, Tom?" Mi chiese London in vacanza con noi, questa volta eravamo a Dubai. Gabe mi guardava, probabilmente aveva quella domanda sulla punta della lingua da un po' .
"Sono stato ammesso a Oxford. Andrò lì." Dissi.
"Gabriel è stato ammesso ad Harvard." Mi disse London.
Gli diedi un pugno leggero sulla spalla ridendo. "Ma anche tu!" Lo canzonai.
Rise. "Anche io si! Mi raccomando, non perdiamoci di vista." Mi disse London.
"Passa a trovarmi a Londra... London." (Gioco di parole nda).
Ed ora eccomi qui, nella mia stanza da bambino a mettere in ordine tutte le mie cose. Erano lì da quando ero partito per Monaco tredici anni prima. Nulla era fuori posto, non era più la stanza ideale per un ragazzo di diciotto anni.
Lentamente svuotai la scrivania di tutti i fumetti di spider man e Batman che deposi nella prima scarola. Fu la volta dei libri, le favole dei Grimms, le storie di Roal Dahl, la prima foto scattata con Gabriel, Joel e Gellert, misi tutto in una scatola con su scritto: non donare.
Ovviamente anche i fumetti non li avrei donati, erano un investimento. Avrei potuto venderli per quanto erano tenuti bene e ci avrei fatto un bel guadagno. Aprii i cassetti per svuotarli e fui sorpreso di trovare al suo interno una cassetta che di sicuro non mi apparteneva. Era piccola, rettangolare e in legno intarsiato. Qualcosa di femminile, forse Diamond aveva giocato con le sue cose e le aveva nascoste da me per non farle prendere a Samuel. La presi e sotto di essa vidi che c'era una busta. Era indirizzata a me, i tratti dell'elegante scrittura di nonna Elisabeth.
No! Non era possibile. Mi si strinse il cuore, quello era l'ultimo dono di mia nonna, sapevo che da testamento non potevo avere nulla, ma li con quella scatola c'era qualcosa che valeva tante volte più di un qualsiasi valore materiale. Mi sedetti sul letto e aprii la busta.
Iniziai a leggerla emozionato.