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Capitolo 2

Quella fu la prima volta che incontrai anche il papà di Gabriel. L'americano lo chiamavo nella mia testolina. Era venuto a festeggiare il compleanno del figlio con la signora Inga e il padre di Gellert, Taddheus. I due erano fratelli e non si somigliavano proprio. Sia per la forma del viso che per i colori. Thomas aveva capelli e occhi scuri, proprio come Gabriel, mentre Taddheus tendeva più al castano con occhi color nocciola.

Thomas aveva con sé un neonato, li riconoscevo da quando era nata mia sorella Diamond.

All'inizio fui titubante ad avvicinarmi a lui, temevo mi picchiasse, ma l'americano seppe come conquistarmi e con me anche Joel. Ci abbracciò, cosa che il papà non aveva mai fatto.

Mio fratello Joel con la sua ingenuità come sempre faceva domande indiscrete, ma l'americano rispondeva sempre tranquillo. Sembrava anche divertito.

"Siete veramente fratelli? Perché non vi somigliate? Perché sei il papà di Gabriel e non di Gellert... perché lui si chiama Rafael? Dov'è la sua mamma?"

"Basta Joel! Non si fa!" Lo ammonii.

Ma l'americano rise e guardò mio fratello. "Io somiglio a nostra madre e lui a nostro padre."

Iniziò a rispondere. "Questa è la più facile. La difficile è che sono stato con 'Inga' senza amore, ci siamo lasciati molto tempo prima che nascesse Gabriel. Per questo hanno subito avuto Gellert, nato dall'amore. La mamma di Rafael è in Australia, è rimasta lì perché non poteva partire e... Rafael perché i miei figli hanno tutti i nomi degli arcangeli. Gabriel e Rafael." Ci spiegò. "Ho deciso di chiamare così i miei figli quando ho conosciuto il mio angelo."

"Oooh." Esclamarono Joel e Gellert.

"Posso tenere Rafael. Anche io ho il nome di un angelo." Dissi all'Americano.

"Thomas non è il nome di un angelo." Intervenne Heinrich serio.

"Ma Uriel si!" Disse Gabriel. "Poi Tom è allenato, ha un fratellino di un anno e una sorellina come Rafael." Annunciò.

"Potete tenere Rafael dopo il soffio delle candele." Intervenne Inga.

Io e Gabriel ci guardammo complici andando alla torta. Era stranamente identica a quella dell'anno prima, ma c'erano sei candeline invece di cinque.

"Tanti auguri a noi." Urlammo mentre cantavano happy birthday.

Quella vita a Monaco era stata veramente la mia isola felice. Fino a quando Gabriel era rimasto al collegio, suo padre spesso era venuto a prenderci nei week end, me e Joel con Gabriel e Gellert e la sua compagna Marina. Poi un giorno Gabriel mi disse che era nata Micaela e le cose cambiarono. Gellert mi disse che Marina era salita in cielo con gli angeli e che suo zio non era più lo stesso. Sapevo cosa significava, lo zio Stephan era morto e aveva lasciato un grande vuoto. Piansi tanto alla sua morte e capii anche come si era sentito l'americano a perdere la sua Marina. Faceva tanto male la morte, ti stringeva il cuore e ti toglieva il respiro, questo perché chi c'era sempre stato non c'era più.

Al nostro decimo compleanno l'americano non c'era, come non c'era stato al successivo, intanto feci l'iscrizione per l'Eton a Londra, la nonna stava male e volevo esserle vicino. Lo sapevo che dovevo restare a Londra, così sarei stato con lei fino all'ultimo, avevo ancora quattordici anni però nonna stava male, era estate ed ero tornato definitivamente a Londra.

A settembre sarei entrato alla Eton school. Sapevo che Andrew Davis non avrebbe mai pagato per il college a Monaco. La nonna ci aveva tenuto, ma lui no. Non avrebbe mai pagato per il bastardo.

Quando fu il momento iniziai le superiori alla Eton. Gabriel invece per volere del padre era tornato a Boston, sembrava amareggiato e arrabbiato quando lo sentii al cellulare. "Perché fai così. Tuo padre ti vuole vicino."

"Per i suoi comodi. Non mi ama!"

"Certo che si. Io me le ricordo le nostre vacanze in Italia." Gli dissi.

Lui scosse la testa. "Papà e andato via tanto tempo fa con Marina. Da allora non è più lo stesso, sarò solo con una bambina piccola piccola."

"Io anche ne ho piccoli piccoli." Gli ricordai. "Scriviamoci e non perdiamoci di vista. Telefonami." Gli dissi. Neanche io volevo perdere Gabriel.

"Sempre." Mi disse lui che mi diede anche il suo indirizzo.

Alla Eton subito mi feci riconoscere per i voti alti. Fu un primo semestre soddisfacente, non avevo ancora legato con nessuno. Mi dedicavo allo studio e scambiare mail con Gabe e Heinrich.

A Natale mentre raccontavo a mia madre e Joel rientrato da Monaco, dei risultati scolastici pieno di soddisfazione. Samuel e Diamond, rispettivamente undici e dieci anni, ascoltavano anche loro estasiati.

"Dovresti mandare anche Diamond al Santa Maria." Dissi a mamma. Non in quel collegio di sole femmine.

"Andrew non vuole. La sua parola viene prima della mia." Ammise mamma.

"Ma io e Joel.. cioè Joel ancora studia all'estero." Ed era suo figlio. Avrei voluto specificare. "Joel ha un benefattore che paga la sua retta." Un benefattore?

"Quando verrà?" Chiesi rivolgendomi a Andrew.

Mamma sospirò. "Spero dopo i nonni."

Purtroppo però arrivò prima lui. Quando aprii la porta di casa mi guardò come sempre con disgusto spingendomi via. "Assurdo che non possa entrare in casa mia."

"Questa è casa di mamma, come le altre sue due proprietà." Ci tenni a precisare chiudendo la porta.

Lui mi fissò malvagio. "Impugnerò il testamento. Ah si se lo farò." Disse raggiungendo mia madre, la prese per i fianchi stringendola a se. "Ciao tesoro, ti sono mancato?" Disse leccandole la bocca.

"Lasciala stare." Gli dissi raggiungendolo. "Non ti azzardare a toccarla." Lo minacciai allontanandolo da mamma.

Lei si pulí la bocca con il dorso guardando Andrew. "Ti ricordo che sei qui per far visita ai bambini. Cerca di non far vedere quanto tu sia repellente." Disse in un sussurro.

"Papà! Papà!" Urlò Samuel. "Ci hai portato un bel regalo?" Chiese.

"I soldi li ha mammina. Da quando ha deciso di affittare la tenuta per gli eventi e le cerimonie può permettersi di farvi tutti i regali che volete." Disse lui.

Mia madre lo guardò con sfida. L'idea di affittare la tenuta per gli eventi e dare in gestione il palazzo a Richmond per un B&B era stata mia. In sei mesi quelle novità avevano portato i loro frutti anche se a Andrew la cosa non andava giù. "Indipendentemente da ciò, un padre deve fare il suo doveri con i propri figli." Disse mamma.

"Basta far funzionare il cervello e anche tu guadagneresti profitti dalla tua casa nello Yorkshire." Dissi a Davis, odiavo aver il suo cognome. Avrei tanto voluto cambiarlo. "Io l'ho fatto con le proprietà di mamma e ho solo quindici anni."

Lui furente mi fissò. Mi prese per la faringe e mi tirò su. Sentii mia madre urlare mentre cercavo di liberarmi.

Hannah arrivò dalla cucina, I miei fratelli urlavano mentre Joel mi raggiungeva per liberarmi.

Mi sentii lanciare via quando una delle sue mani venne morsa da Joel. Andai a sbattere contro il muro, vedevo le stelle.

"Tu! Sangue del mio sangue... come ti permetti. Un po' della mia astuzia proprio non ce l'hai?" Urlava intanto Andrew, mi alzai tentennando e quando vidi lo schiaffo riservato per Joel impazzii. Mi scagliai su Davis lanciandolo via. Lui fece altrettanto dandomi un ceffone che mi spinse a terra, poi di seguito un paio di calci nello stomaco.

Sentivo mia madre urlare e poi due mani grandi afferrare Andrew Davis. "Esci da questa casa bastardo." Sentii urlare. La porta sbattette, non riuscii a parlare, respiravo a stento. Joel mi fu accanto implorando il mio nome. "Tom... Thomas."

"Sto bene." Sussurrai mentre una donna dai capelli rossi si chinava su di me. La zia Ebony?

"Non stai bene. Adesso ti medico, riesci a tirarti su? Drake aiutami." Disse rivolta a qualcuno che non vedevo.

"Questa Thomas non gliela perdonerà." Disse lo zio Drake tirandomi su.

"Ti prego non faglielo sapere. Ha la sua vita adesso e Tom tornerà a Monaco a gennaio." Disse mamma all'uomo.

"Sapphire lui deve sapere, è il figlio e aveva promesso che se fosse accaduto di nuovo..."

"Se ne sarebbe sbattuto di tutto. Lo so! Ma Samuel e Diamond sono piccoli. Andrew farà poi di tutto per togliermeli e potrebbe fare loro del male. Ti prego Drake, non dirlo a Thomas, i bambini hanno l'età dei tuoi figli, davvero li lasceresti in mano a un mostro del genere?" Chiese mamma perorando la sua causa.

Chi era Thomas? Intanto la zia Ebony mi tamponò il viso, finalmente avevo un respiro regolare. Mi sorrise.

"Voglio restare con mamma..." Dissi.

Lei scosse la testa. "Se ti succede qualcosa tuo padre non se lo perdonerebbe mai. Davvero vuoi mettere questo peso sulle spalle di tua madre?" Mi chiese la rossa.

No. Non potevo.

Alla fine acconsentii, ma sarei potuto tornare a Monaco?

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