Capitolo 1 Thomas Uriel
Londra 2005 - 18 anni dopo
Thomas Uriel Davis. Era il mio nome! Thomas perché, come avevo ben capito mio padre reale si chiamava così, Uriel perché era il nome di uno degli Arcangeli di Dio. Il significato del mio nome era luce di Dio, mamma lo aveva scelto proprio a simboleggiare che io ero luce e che Dio voleva che vivessi, poiché ero nato prematuramente.
La mia vita fino ad allora era stata serena e tranquilla. Di certo non perché la mia era la tipica famiglia accogliente. No, di accogliente a casa mia c'erano solo mamma e i nonni quando venivano a trovarci. Io e i miei fratelli vivevamo nel terrore che l'uomo che chiamavamo papà, prima o poi alzasse le mani su di noi.
Avevo avuto una vita abbastanza tranquilla perché ero staro allontanato da casa, andando a vivere a Monaco di Baviera. Da piccolo non avevo capito quell'esigenza di mia madre di mandarci via. Ma sapevo che quel cambiamento mi aveva portato tanta gioia. Nel collegio dove io e Joel eravamo stati portati c'erano tutti bambini nostri coetanei anche se non erano tanti e pochi adulti. Un gruppo di sette di noi, cinque femmine e solo due maschi, per il mio anno. Un gruppo di dieci tra maschi e femmine in quello di Joel. Le annate non avevano classi piene, tranne quella di Joel che era a due classi. Ma questo non ci escludeva di avere la stessa l'educazione dei nostri coetanei nella scuola pubblica anzi, avevamo un'istruzione migliore, più mirata e controllata già a cinque anni. Essendo classi piccole infatti, le maestre riuscivano a seguirci singolarmente, riuscivamo a seguire un programma e progredire velocemente.
Inoltre avendo nazionalità e tradizioni diversa eravamo molto più aperti alla conoscenza e ad interagire tra di noi, a comprendere altre lingue.
Avevo cinque anni quando avevo iniziato al collegio europeo e subito fui amico di tutto il mio gruppo. Gabriel però divenne il mio migliore amico, unico maschio con me nel mio gruppo. Bastò poco come un compleanno che ci univa.
Io e Joel eravamo arrivati da poco al collegio e come sempre i residenti di Monaco sarebbero tornati a casa per il fine settimana. Con Joel guardavamo i nostri compagni andare via, quando mio fratello vide un bambino dai capelli rossi correre incontro a lui lo fissai preoccupato.
"Restiamo qui questo fine settimana Joel." Disse serio il rosso.
Joel mi lasciò correndo dal suo compagno di classe. "Gellert! Gellert lui è fratellone." Urlò felice.
Io lo seguii, imbarazzato per la sua esuberanza. "Ciao..." Dissi.
"Io e Joel siamo migliori amici." Disse il bambino chiamato Gellert.
"Gellert! Gellert!"Intervenne una vocina conosciuta alle mie spalle. Era Gabriel Keller il mio vicino di letto. "Ehi Davis?" Mi salutò.
Ricambiai il saluto con un sorriso sincero.
"Non possiamo stare qui con il via vai dei compagni e dei genitori." Mi disse Gabriel.
"Può essere pericoloso?" Chiesi e Gabriel annuì.
"Signori Davis!" Chiamò la signora Schmidt nostra responsabile.
"Stiamo andando nelle nostre camere." Disse Gabriel spalleggiandomi.
La signora Schmidt ci sorrise oltre le lenti. "Andate nell'aria di ristoro. C'è una sorpresa per lei signor Davis?" Annunciò lei.
Guardai Joel, era impossibile fosse la mamma. Sapevo che l'avremmo vista a Natale.
Andammo nell'aria ristoro e su un'unica tavola faceva bella mostra di se una torta a cioccolato con delle candele accese.
"È una torta. Ma si..." urlò Joel. "Oggi è il 19 settembre, è il tuo compleanno Tom."
Sbigottito guardai la torta. Mamma si era ricordata.
"Siamo nati insieme Thomas." Disse Gabriel.
"Sei anche tu del 19 settembre?"
Scosse la testa. "Il dieci, siamo quasi uguali." Mi disse sorridendo. "Auguri."
Misi il broncio. "Auguri anche a te. Io non c'ero il dieci." Gli dissi.
"Neanche io ero qui, ho festeggiato a casa, papà è venuto da Boston per festeggiare con noi." Rispose.
"Dov'è Boston?" Chiesi con la mia ingenuità.
"Negli Stati Uniti." Disse allargando le braccia. "Mamma e lo zio Taddheus invece sono a Monaco." Raccontò.
"Bambini, avete altri compagni per la foto?" Chiese la signora Schmidt.
Scossi la testa. "Non ci sono, sono andati tutti via."
"Mamma dice che è importante ci siano le persone che contano. Fai finta ci siano tua mamma e tuo papà." Mi disse Gabriel.
"Fai il compleanno con me? Soffiamo insieme ti va?" Gli chiesi. "Mamma le soffiava sempre con me, così sentirò un po' meno la sua mancanza."
Lui annuì. "Si! Però l'anno prossimo festeggiamo insieme il mio compleanno, così potrò portare degli amici per una volta. Promesso?" Mi chiese
"Sei qui da prima di me. Non hai altri amici?" Gli chiesi.
Scosse la testa. "Ho solo Gellert, lui è mio amico."
Era come me! Senza amici, inoltre eravamo gli unici maschi della nostra classe quindi lo capivo. Gli sorrisi. "L'anno prossimo festeggiamo il dieci." Affermai.
Così suggellammo la nostra amicizia. L'anno successivo come promesso festeggiammo il nostro compleanno il dieci settembre. Sua madre Inga ci venne a prendere e al nostro gruppetto si aggiunse anche Heinrich Keller Shuber, arrivato al collegio il primo settembre, io e Gabe avevamo un nuovo amico .