Capitolo 2
Nel frattempo la foresta intorno a noi ha cambiato aspetto.
Gli alberi non sono più fitti come prima e di tanto in tanto si sente il rumore dell’acqua, quindi deve esserci un ruscello o un fiume nelle vicinanze, ma a Zeus non sembra importare.
Camminiamo dritti, mi sembra che conoscesse la strada e la destinazione, si ferma un attimo e comincia a scodinzolare e ad abbaiare, come per cercare attenzione.
La passeggiata nel bosco è finita e possiamo tornare tranquillamente a casa, ma qualcosa davanti a noi cattura la mia curiosità.
Qualcosa di strano si intravede dietro un po’ di edera, mi avvicino, sposto l’erbaccia, scopro un grosso cancello, arrugginito e chiuso con un lucchetto.
Mi chiedo cosa possa esserci dietro.
Mi guardo intorno quando noto un cartello, con una scritta, forse in latino o in greco.
Ci vuole un po’ per capire cosa c’è scritto sul cartello perché la scritta sembra essere scomparsa.
Mundus Perditorum Huminum.
Cosa significa? Cavolo, non ho studiato le lingue straniere!
Tiro fuori il telefonino dalla tasca e mi accorgo che non c’è rete.
«Maledizione!»
È impossibile tornare indietro, non ricordo la strada, e Zeus non sarebbe venuto, continua ad abbaiare al cancello come se volesse chiamare qualcuno.
«Basta, qui non c’è nessuno!»
Urlo mentre mi guardo intorno sperando di trovare una soluzione, all’improvviso una voce mi fa sobbalzare e mi obbliga a voltare.
«Zeus!»
Come fa a sapere il nome del mio cane?
Chi parla è un ragazzo con i capelli neri, leggermente lunghi e ondulati, indossa jeans scuri e una maglietta a maniche corte blu scuro.
«Scusi, conosci il mio cane?»
Chiedo con una voce che non so spiegare, non so dire se ho paura oppure no.
All’inizio il ragazzo misterioso mi guarda dalla testa ai piedi, poi mi punta addosso i suoi occhi scuri.
Mi guarda negli occhi, non so perché, per un attimo mi sembra di notare che sul suo volto appare un sorriso.
A riportarmi alla realtà è la sua voce.
«Era ora! Ti stavamo aspettando, Emy!»
Come diavolo fa a sapere il mio nome?
«Entra!»
Entrare? Anche se continuo a ripetermi di tornare a casa, il mio corpo non sembra voler obbedire.
Con il passare dei minuti provo una strana sensazione, una familiarità, ma non so cosa sia esattamente.
Nel frattempo il ragazzo apre il cancello, si fa da parte per far entrare me e Zeus.
Mi tende la mano, l’afferro titubante mentre si presenta con un sorriso.
«Comunque io sono Daniel».
Poi si guarda intorno cercando qualcosa o qualcuno, fa un segno con la mano, come se dicesse: vieni!
«Quello che sta arrivando è Brian».
Daniel? Brian? Perché questi nomi non mi sembrano nuovi?
Daniel risponde in modo divertente alla mia domanda non posta.
«La tua faccia mi fa ridere, non sai tutto? Credo che tua nonna Margot ti abbia nascosto qualcosa».
Lo guardo ancora più confusa di prima.
«Non ti seguo».
Intanto si unisce a noi il ragazzo di nome Brian, i suoi capelli biondi sono spettinati. Anche lui indossa dei jeans neri, ma a differenza di Daniel, porta una camicia, anch’essa nera, con i primi bottoni slacciati in modo da poter vedere la collana.
I suoi occhi azzurri come il mare si fermano un attimo a guardarmi, ignorandomi, si rivolge a Daniel:
«Deve essere un’altra ragazza che si è persa nel bosco».
Chi pensa di essere per trattarmi così?
«Scusatemi, se non ve ne foste accorti sarei ancora qui».
Mi fermo un attimo e poi continuo.
«E vorrei anche una spiegazione su dove mi trovo e perché mi sembra di aver già sentito i vostri nomi?»
Brian mi guarda, scuote la testa, sospira, poi si gira verso Daniel.
«Te l’hai fatta entrare e te ne occupi».
Subito dopo si affretta ad aggiungere:
«Se hai bisogno di me sai dove trovarmi».
Rimasta sola con Daniel, mi guardo intorno, tutto è distrutto, sembra che ci sia stato un terremoto o una guerra, sento il cuore fermarsi e poi riprendere a battere forte.
Mi fermo a osservare Zeus che ha cominciato a giocare con un pezzo di legno trovato in giro.
Daniel rompe il silenzio tra noi.
«Benvenuta o bentornata nel mondo del popolo sperduto».
Il mio respiro si ferma per un attimo.
Deve essere un sogno! Sono caduta nella foresta e ho battuto la testa, altrimenti non c’è spiegazione.