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Capitolo 1

Restare a casa non sarebbe servito a niente, quando mamma e nonna discutano non c’è nulla da fare, prendo la giacca verde militare e successivamente metto il guinzaglio a Zeus.

Sbuffo e mi scompiglio i capelli, che sono lunghissimi e biondi.

Zeus cerca di portarmi alla realtà provando a mordicchiare il guinzaglio e guardandomi con i suoi occhi celesti.

«Cosa c’è che non va? Vuoi che ti lasci libero?»

Chiedo come se potesse rispondermi. C’è uno studio che dice che le persone che parlano con i loro cani sono più intelligenti, sarà vero? Ogni volta mi sento come se mi stessi rendendo ridicola.

Casa mia confina con il bosco e, nonostante il prato in mezzo, è di nostra proprietà. Mi assicuro che non ci siano altri cani vista perché ogni tanto entra qualcuno, lasciando libero il proprio cane di fare quello che vuole, ignorando i vari cartelli che dicono:

Proprietà privata e Area sorvegliata.

Mi chino e prendo un pezzo di legno da lanciare a Zeus.

«PRENDILO!»

Zeus inizia a correre, ci ha messo due minuti per trovarlo, lo raccoglie, lo lascia ai miei piedi.

L’ho lanciato una seconda volta e ho continuato a giocare finché Zeus non inizia a correre nella foresta.

«ZEUS! TORNA INDIETRO!»

Si ferma qualche secondo a guardarmi, poi si gira verso il bosco e inizia ad abbaiare. Non è un abbaio di paura, sembra che abbia visto qualcuno che conosce.

Prendo il guinzaglio e seguo il cane.

«FERMATI!»

Raggiungo Zeus, per un attimo penso di essere riuscita a prenderlo, invece con uno strattone si libera dal guinzaglio.

Forse qualcuno avrebbe pensato che fossi pazza, ma sono sicura che in quel momento l’animale mi sembra volermi dire di seguirlo.

«Hai visto qualcosa?»

Chiedo, lui mi prende la manica della giacca e inizia a tirarla.

«Oh, e va bene!»

Dopo pochi secondi mi lascio alle spalle il sole invernale, il bosco ha alberi fitti e spogli a causa della stagione, il terreno a volte è ricoperto di sassi di varie dimensioni.

Per seguire Zeus devo correre stando attenta a non cadere. All’improvviso, i sassi diventano un tappeto di foglie secche, gialle, rosse e di altri colori. Devo fermarmi per riprendere fiato, appoggio la schiena all'albero e richiamo il cane all’ordine.

Stranamente, questa volta torna, mi tocca la mano con il naso bagnato. Il mio respiro comincia lentamente a tornare regolare, intorno a noi c’è silenzio.

Provo a rimettere il guinzaglio a Zeus, ma lui si allontana di nuovo, scoprendo i denti e ringhiando. Sono confusa: non l’ha mai fatto, nemmeno con le persone che lo temono. Mi ci vuole un po’ per capire che questo comportamento non è diretto a me.

«Cosa hai visto? Cosa c’è?»

Mi avvicino a lui inchinandomi, accarezzandogli dolcemente il pelo, sussurrandogli «silenzio» alternativamente «tranquillo, non c’è nessuno».

Resto ferma ad ascoltare i suoni intorno a noi e per un attimo mi sembra di sentire un urlo misto a rabbia e paura, è un orso? Impossibile, qui non si sono mai visti orsi.

Un lupo? Un cinghiale? Anche questo è improbabile, ma quel verso mi ha fatto rabbrividire per qualche secondo prima di rendermi conto di essere caduta di culo. Lascio che Zeus mi lecchi la faccia e mi tiri di nuovo la manica.

«Andiamo a casa?»

Mi tocca la mano con la testa, continuando a tirare la manica. Mi sta indicando di seguirlo, dove vuole portarmi?

Forse ha sentito qualcuno chiedere aiuto? Mi sono dato una pacca sulla fronte con la mano. Magari ha trovato un cane, è rimasta incinta, ha avuto dei cuccioli e vuole mostrarmeli o chiedermi aiuto, come nel film Beethoven. O meglio, mi porta in un altro modo… Forse è meglio smettere di giocare con la fantasia.

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