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CAPITOLO 5

ALEXANDER'S POV

Lentamente apro gli occhi, e poco lontano da me vedo un fuoco di chakra e Karin dall'altro lato, chi l'avrebbe mai detto che un Hell , assassino, aiutasse una bambina a ritrovare il suo villaggio? Niente sta andando come avevo pianificato: niente frammenti, mio fratello scomparso e cosa peggiore la mia famiglia in una situazione del genere comincerà a darmi la caccia come non mai. È come se tutta questa situazione non fosse già una tragedia ora mi ritrovo con questa nanerottola di cui dovermi prendere cura. Ogni volta che provo a lasciarla da quanche parte le immagini del suo volto spezzato dal dolore per la perdita dei fratelli si impossessa della mia mente. Non importa quanto provi a reprimerla, il suo dolore mi perseguita come se fosse un po' anche il mio, tanto che a volte nella mia testa immagini della mia infanzia si sovrappongono a quel fastidioso senso di rimorso ogni volta che cerco di lasciarla indietro. guardandomi intorno non vedo nulla di familire, qualcuno mi ha fasciato, e traspostato qui.

Lentamente mi alzo dal giaciglio, il dolore è atroce, mi esce un grugnito di dolore e subito Karin si sveglia, e viene de me piangendo.

«Alexxanderrrrrrr! Stai beneeeee? Fratellone non sai cos'è successo stavi morendo eri pieno di ferite! Io ero disperata poi è arrivata e ti ha salvato se non fosse arrivata non so se saresti ancora vivo !!!»

«Di chi parli? Non chiamarmi fratellone, È un bene per te che tra noi non intercorra alcun genere di parentela fidati.»

I suoi fratelli si sono allontanati dal villaggio nonostante gli avvertimenti dei genitori. Tentata una prova di coraggio in cui hanno trascinato anche la bambina hanno cercato di tornare al villaggio; deve essere stato quello il momento in cui si sono involontariamente imbattuti nella bestia. La Pantera degli Dei è chiamata così perché nei tempi antichi si riteneva che il Dio che proteggeva una popolazione locale si reincarnasse nei giorni di luna piena in una pantera bianca. Quest'ultima secondo un accordo tra una sacerdotessa e il Dio avrebbe accettato un sacrificio di sangue garantendo in cambio la prosperità al territorio. Inutile dire che quel gattone ha degli artigli affilatissimi. Necessita di nutrirsi tre volte al giorno e non è solita divorare subito le sue prede, bensì le sotterra vive in una buca dove tornerà in il secondo momento per finirle. Non sono molto aggressive nei confronti degli umani ma quando hanno fame diventano irascibili e particolarmente sensibili e veloci. L'unica buona notizia è che presto arriveremo al villaggio e vorrei non si affezionasse a me più di quello che abbia già fatto.

«Chi c'era qui oltre me e te? Karin ?» I suoi occhi si illuminano di nuovo.

«C'era un bravissima ragazza che però non mi ha detto il suo nome che ha quasi sconfitto quel ragazzo che ti ha attacato e ti ha curato», dunque quel giaccone deve essere suo.

«Perché "quasi" sconfitto ?», il suo sguardo si incupisce di nuovo.

«Perché alla fine è riuscito a scappare», vorrei fare qualche domanda in più sul come e quando ma è meglio non indagare oltre per ora.

«Perché non è qui ?»

«Non lo so», tutti quetsi vuoti di informazione mi stanno facendo venire l'emicrania.

«Da quanto tempo sto dormendo?» domando a Karin.

«Dopo qualche ora che ci ha portato qui ti sei svegliato per poi riaddormentarti e svegliarti oggi, sono passati in tutto tre giorni.»

«Bene, incamminiamoci e torniamo al villaggio.» Prendo velocemente il borsone, tirando fuori qualcosa da mangiare per Karim e noto che la straniera mi ha restituito uno dei coltelli che aveva mancato il bersaglio, lo infilo dentro. Mentre ci incamminiamo Karin non fa altro che parlarmi di quanto sia stata gentile quella ragazza e di quanto fosse bella , ha degli occhi verdi che si illuminano mentre combatte e ha una velocissima capacità di reazione agli stimoli esterni e un udito finissimo.

« ...ma c'è una cosa che la rende davvero unica , lei infatti è l'unica persona che abbia mai visto con un neo viola sul viso...», mi dice.

«Forse è semplicemente un livido?», rispondo ridendo. Vedo il suo piccolo volto crucciarsi in modo buffo.

«So riconoscere un livido da un neo e il suo era un grande neo viola sulla destra del viso che sembrava una chiazza , e ne aveva un altra sul collo e sul braccio destro», controbatte. Immediatamente capisco che c'è qualcosa che non va , un neo viola ? Chiazze ? Cos'aveva , era un muta forma ? No loro odiano gli umani , o forse......era stata avvelenata ? Subito prendo il coltello restituitomi e lo conficco in un albero, dovrebbe rilasciare il veleno, ma non succede nulla, neanche una goccia. Chiunque sia quella ragazza probabilmente è morta, inutile perdere ulteriore tempo. * E se non lo fosse e venisse a cercarti per restituirti il favore?* Che lo faccia così terminerò la questione in maniera definitiva. Karin mi guida nella direzione del suo villaggio, attraversiamo una resistente fortificazione esterna e finalmente giungiamo all'interno. Sono molto ostili verso gli stranieri, infatti mentre seguo la bambina sento i loro sguardi brucianti sulla schiena.

Finalmente dopo venti minuti di cammino arrivo davanti alla sua casa, appena giunta all'entrata corre dentro dai suoi genitori che l'abbracciano calorosamente e piangono di gioia; poi è il turno dei suoi fratelli e sorelle, i suoi genitori erano visibilemnte commossi. Si chiamano Cristian e Kaeren, Karin gli assomiglia molto, stessi occhi color nocciola e capelli corti marroni, anche i suoi fratelli sono molto calorosi proprio come lei e a differenza degli altri abitanti si sono dimostrati molto ospitali nei miei confronti.

Dopo due lunghe ore quasi interminabili di conversazione, e inevitabilemnte mi sono ritrovato al punto di partenza.

Sono due ore che sono andato via dal villaggio, dirigendomi verso nord dovrei trovare uno dei luoghi dove in teoria è stata percepita la presenza di uno dei frammenti. Mentre cerco un rifugio di qualche tipo per prepararmi a passare la notte mi imbatto in ua lupa, non sembra il classico randagio. Appena mi vede subito mi corre incontro, inizialmente penso mi voglia attaccare ma poi si siede e ricomincia ad abbaiare dandomi le spalle. Comincia a camminare in quella direzione, dopo qualche metro si gira, mi guarda e ulula ancora più forte. Solo un imbecille potrebbe cadere in una trappola così banale ma sono a corto di fantasia e ho bisogno di nuovi stimoli. Seguendolo mi conduce verso una caverna ancora più a nord rispetto a dove mi trovavo. L'ambiente è buio e freddo, non ci sono tracce di vita o residui di cibo. Addentrandomi sento dei lamenti e un forte odore di sangue, e avvicinandomi la vedo, una ragazza è rannicchiata sul pavimento fradicio, trema e tiene gli occhi chiusi ma è parzialmente cosciente. Sento la sua flebile energia vitale vibrare, ha percepito la mia presenza e ha provato a muoversi ma è paralizzata. *Come è possibile che sia ancora viva?* Deve avere un fisico davvero molto resistente, appena provo a toccarla sento un forte ringhio alle mie spalle. Guardando più attentamente la sua faccia mi accorgo di macchie violacee che si espandono fino al collo, deve essere la ragazza di cui mi ha parlato Karin. Prima che possa prendere qualsiasi scelta la sua lupa si avvicina a me e comincia a fissarmi. È bastato un attimo che una valaga di immagini mi invadano la mente, immagini piene di fotogrammi di Eric bambino, adolescente, aduto, ma questi ricordi non sono i miei. Qui Eric non è lo scapestrato compagno di lavoro o l'amico di cui non posso fare a meno, è un fratello premuroso, iper-protettivo che fa il quarto grado a qualunque essere vivente di sesso maschile si avvicini al suo tesoro più grande, sua sorella. Ashley River , se muore lei una delle mie occasioni di ritrovarlo saprirà con lei e dubito ne avrò molte altre. Mi giro e con calma mi avvicino, se voglio aiutarla dovrò far capire alla lupa che non voglio farle male, mi siedo, le parlo con calma e lei, cosa mi stupisce molto, sembra capire quello che le dico. Infatti abbassa le orecchie e dopo che le ho parlato si accuccia vicino a me osservando scrupolosamente ogni movimento. La giro sulla schiena, ha il respiro affannato, le tolgo la giacca leggera che ha sulle spalle, il suo corpo si contrae dal dolore, devo vedere le macchie per vedere quanto si è esteso il veleno, per capire se per lei c'è ancora speranza. Nel momento in cui le alzo l'orlo della maglietta sussulta, sento la debole presa della sua mano destra sul mio polso destro. *È cosciente più di quanto sembri*.

La giro, appoggio la sua schiena sulle mie gambe sedute.

«Lasciati aiutare o morirai», testarda si sforza di alzare la testa nella mia direzione e mi scruta attentamente con i suoi occhi verdi ridotti ad una fessura. Paradossalmente stringe le labbra come stesse addirittura valutando la possibilità di rispondermi o meno, ma alla fine tace e rimane in silenzio. Se dalla sua vita non dipendessero le mie possibilità di trovare Eric e quel deficiente di mio fratello probabilmente mi verrebbe da ridere. Lei, Ashley Brown River ha la stessa sfrontatezza di suo fratello, oltre che l'estrema resistenza al dolore; si dice che i due per padroneggiare l'elemento del fulmine si sottoponessero settimanalmente a forti scariche elettriche che aiutassero l'apertura dei canali del flusso vitale e a controllare quell'enorme quantità potere.

«Hey, sei coscente vero ? So chi sei, sono Alexander Williams Hell, non voglio farti male, tu hai curato me e io curerò te così siamo pari. Non voglio ucciderti, mio fratello è scomparso, sono qui per cercarlo, so che anche tu sei qui per questo, se non vuoi morire prima, lasciati curare» ripeto con insistenza. Senza forza per rispondermi lentamente prova a rilassarsi, le alzo la maglietta fino allo stomaco senza che opponga resistenza, le macchie arrivano fino agli addominali alti, e sono ancora di un viola scuro cosa che indica che non hanno ancora danneggiato gli organi interni, cerco un taglio da coltello nel quale possa essere entrato in circolo il veleno.

«È entr.....dal....», non riesce a dire altro che comincia subito a tossire, allora mi avvicino ulteriormente per assicurarmi di sentire ogni sua parola.

«Indicamelo , dove è entrato il veleno?», con molta fatica alza il braccio sinistro e indica una fasciatura sul braccio destro attraverso cui si intravede la ferita.

Subito le abbasso la maglietta, le infilo il cappotto recuperato da Karin e le appoggio il mio cappotto caldo amodo di coperta, sta congelando, anche questo è un effetto collaterale del veleno. Prendo dal mio borsone delle erbe mediche, le metto in un bicchiere, le scaldo e gliele faccio bere. Non c'è modo che io possa curarla qui, so dove andare ma serve qualcosa che fermi momentaneamente il veleno e la faccia stare un po' meglio. Ora come ora è uno straccio, debole com'è non sopravviverebbe alla nottata. Dopo minuti di resistenza finalmente la vedo arrendersi all'effetto soporifero del concentrato medicinale e la osservo mentre scivola nel sonno.

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