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Capitolo 4

ANGEL

Quando faccio ritorno al campus fuori è già buio e la strada è illuminata solo dai lampioni e dai fari delle auto che sfrecciano incessantemente davanti a me.

Entro nel dormitorio e raggiungo in fretta la stanza che divido con Carol. Lei ha un anno più di me e frequenta il secondo anno, ma ci conosciamo da una vita e per me è un sollievo averla vicino. Da quando mi sono trasferita a New York sento ogni giorno di più la mancanza della mia famiglia; siamo sempre stati molto uniti.

Apro la porta, stremata dal duro allenamento, e tutto quello che vorrei è potermi gettare sotto la doccia, ma una voce mi blocca sull’uscio.

«Ehi, dov’eri finita?». È Cole, il mio ragazzo.

Merda! Dovevamo vederci nel pomeriggio e mi è letteralmente passato di mente.

«Cole, scusami. Sono andata in palestra ad allenarmi e il tempo è volato».

«Potevi avvisarmi, almeno! Ero preoccupato».

Mi getto tra le sue braccia nel tentativo di farmi perdonare. Lo bacio sulle labbra trascinandolo con me sul letto; lui intensifica il bacio, mi infila la lingua in bocca e io mi lascio sfuggire un sospiro di beatitudine. Armeggia coi bottoni della mia camicetta e io lo lascio fare; le sue mani sono su di me, mi accarezzano i seni e scendono lungo lo stomaco. A un tratto nella mia testa appare un volto, quello del professor Barrett. Per un istante immagino che sia lui a baciarmi, a toccarmi.

«Aspetta», annaspo scostandomi da Cole. Ho il fiato corto, le guance in fiamme. Non so cosa mi stia succedendo, ma mi sembra tutto sbagliato. «Carol potrebbe tornare da un momento all’altro».

«Perché mi suona come una scusa?».

Un campanello d’allarme rimbomba nella mia testa. Lo ignoro.

«Ho bisogno di tempo, ne abbiamo già parlato». Mi sento una stronza, ma non posso farne a meno. Non sono ancora pronta per un passo così importante.

«Angel, usciamo insieme da quasi due mesi e non sei ancora voluta venire a letto con me. Che c’è? Non ti piaccio abbastanza?».

«Non è questo…». Vorrei prendermi a pugni per la mia stupidità, eppure non ce la faccio a lasciarmi andare. Cole è stupendo sotto tutti i punti di vista. Sono io a essere sbagliata. «Non sei tu, sono io», ammetto. «Non sono ancora pronta, tutto qui».

Lui si alza dal letto imprecando sottovoce. «Be’, quando ti sentirai pronta, fammi un fischio». Va verso la porta, la apre, e si allontana senza voltarsi nemmeno una volta.

«Cole…», lo chiamo con le lacrime agli occhi.

Ma lui è già lontano.

***

«Ehi, che succede?». Carol mi vede in lacrime e aggrotta la fronte. Posa la borsa sul suo letto e viene a sedersi accanto a me. È preoccupata.

Io tiro su col naso, mi sento orribile con gli occhi gonfi e arrossati. «Ho avuto una discussione con Cole», rispondo singhiozzando.

«Per quale motivo?».

Scrollo le spalle. «Non mi sono ancora decisa a fare sesso con lui e si è arrabbiato. Pensa di non piacermi abbastanza, ma non è così».

«Sentiamo allora, qual è il vero motivo?»

«Non lo so», riprendo a piangere in silenzio. Mi sento sciocca e inadeguata.

«Angel, non sei più una bambina. Hai diciotto anni, frequenti il primo anno di college… forse dovresti semplicemente lasciarti andare».

Forse è questo il problema. Una parte di me non vuole crescere, entrare nell’età adulta.

«So che hai ragione, ma quando siamo sul punto di farlo mi blocco. Credimi, non lo faccio apposta».

Carol mi abbraccia e mi accarezza piano la schiena, come una sorella maggiore pronta a consolarmi. «Vedrai, arriverà il momento giusto. Forse dovreste andare via per un weekend, voi due soli. Trovare la giusta intimità».

Sospiro. Probabilmente ha ragione lei.

«Dài, non pensare più a Cole. Piuttosto, racconta… com’è andata la tua prima giornata alla Columbia?».

Capisco che cerca di distrarmi, ma purtroppo ha toccato un tasto dolente. Il ricordo del professor Barrett mi assale di nuovo chiudendomi la bocca dello stomaco.

«L’ho rivisto», dico di slancio. Il cuore mi batte forte, ma sento il bisogno di raccontarlo a qualcuno altrimenti impazzisco.

«Chi hai rivisto?». Carol si scosta per osservarmi meglio. Il suo sguardo è curioso, fisso su di me.

«L’uomo della finestra».

«Quello che si è fatto un lavoretto di mano davanti a te?». Scoppia a ridere come se lo trovasse divertente. In realtà io vorrei cancellare quell’episodio dalla memoria. «Non ci posso credere! Hai scoperto chi è?»

«No, certo che no!», mento scuotendo la testa. Gli ho promesso che avrei mantenuto il segreto, e io sono una persona di parola. «L’ho solo incontrato per caso. Tutto qui».

«Non vi siete parlati?».

Mento di nuovo. «No».

«Almeno lui ti ha riconosciuta?»

«Penso di sì». Arrossisco e distolgo lo sguardo.

Vorrei poterle raccontare ogni cosa, ma non posso. A un tratto mi viene un’idea. «Ehi, che ne dici di passare la serata guardando vecchi film e mangiando schifezze, come quando eravamo piccole?» Sento la necessità di staccare la spina.

Gli occhi di Carol si illuminano. «Affare fatto!».

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