La donna del dipinto
Quando Emil tornò in se si trovò in un stanza. La stanza era chiara, cosa strana visto che non c’era neanche una finestra. In questa stanza c’era solo un letto e una porta che probabilmente portava fuori. Non era tanto sicuro, non ebbe il tempo di aggiustare i suoi pensieri che la porta si aprì.
Si aprì con un tale vigore che il ragazzino fece un salto. Nella porta c’era una signora con lunghi capelli neri e un vestito lungo vecchio stile.
“Sei sveglio, che bello.”
Andò dritta verso Emil e si sedette accanto a lui sul letto. “Non sai neanche quanto piacere mi fa conoscerti finalmente.”
Ora si, che Emil non capiva più niente. Chi era questa donna? Perché parlava con lui come se lo conoscesse? Dove si trovava? Cosa era successo con Xiphos? La signora lo guardava preoccupata.
“Calma, calma. Risponderò a tutto, non ti preoccupare.”
Che, riusciva a leggere nel pensiero?
“Si e no. Posso leggere i tuoi, di pensieri, perché abbiamo un legame.” I capelli di Emil si rizzarono. “Vuoi qualcosa da bere?” Emil scosse la testa. Doveva darsi una calmata. Si trovava in una stanza sconosciuta con una donna sconosciuta, che potrebbe anche essere una psicopatica che lo aveva rapito. Veramente veniva allenato per momenti del genere. Sapeva che doveva rimanere calmo e aspettare rinforzi.
Il viso della signora si scurì. “Prego?” lo guardò in cagnesco. “Come mi hai appena chiamato?” disse arrabbiata. “Ti ho portato qua, mi ti sono manifestata. Ti ho portato nel mio nascondiglio, nella mia casa e tu ti permetti di avere questi pensieri? Io sarei una psicopatica?!” Si alzò infuriata.
“Se avessi voluto farti del male, ti avrei ucciso nel momento della tua nascita.”
Emil rimase lì seduto senza muoversi. La signora lo guardava infuriata. “Sai non è bello giudicare qualcuno quando ancora non lo conosci. Neanche a te piace quando ti vedono come un povero ragazzino solo perché sei muto, no?”
Qui, il principe dovette darle ragione. Comunque gli faceva paura. Con un lungo sospiro la donna disse: “mi dispiace, non avrei dovuto gridare così con te.” Si sedette di nuovo accanto a lui e gli fece un dolce sorriso.
“Ora risponderò a tutte le domande che hai.”
“Cosa? Così?”
“Si, così.” Emil aveva così tante domande. “Prenditi tempo.” La prima domanda che gli venne in mente era: “perché conosci il nome di mia madre?”
“Questa è una lunga storia.” Ci pensò un attimo e poi: “diciamo che la conosco da molto tempo.” Emil si accorse che stava sorridendo maliziosamente, “chiedi a lei. Dille che Euterpe vorrebbe sapere se il trono è comodo.” Il principe si sentiva leggermente a disagio vedendola sorridere così perfido.
“Altra domanda!”
Prima che potesse chiedere altro, tutta la stanza iniziò a tremare. Emil si aggrappò al braccio di Euterpe, che però non sembrava per niente meravigliata.
“Sembra che hanno cominciato a cercarti.” Prese le mani del principino nelle sue e lo guardò fisso negli occhi. “Purtroppo non abbiamo più tempo. Prendi questo.” Gli dette un medaglione d’oro nel quale era inciso un flauto.
“Se stringi molto forte questo medaglione ti apparirò.”
La stanza incominciò a tremare cosi forte che Emil non riuscì a rimanere in piedi. Euterpe era lì ferma come una roccia, guardando verso il soffitto che aveva già qualche crepa.
“Credo proprio che ti devo lasciare andare, altrimenti mi distruggano casa. Si abbassò in ginocchio e dette un bacio sulla fronte a Emil che la guardò stupito.
“Alla prossima piccolo principe.”
La stanza iniziò a perdere forma così come anche Euterpe, che gli sorrise per l’ultima volta dicendo: “ancora una cosa, trattieni il respiro.” Una volta dette queste parole la stanza e lei sparirono ed Emil si ritrovò in mezzo all’acqua. Nuotò verso l’alto, o almeno sperava che stesse nuotando verso l’alto.
Nel frattempo Xiphos era corso così veloce come poteva dal re, che fortunatamente era ancora nel suo ufficio. Aveva cercato di spiegare tutto al re, ma piangeva così forte che riusciva solo a balbettare: “Emil….acqua….non sono stato abbastanza veloce, non ho potuto…”
Il re non perse tempo. Corse con Xiphos ancora con le lacrime agli occhi nel giardino. Nel passare accanto a delle guardie le ordinò di seguirli. Arrivato al lago dette ordini di perlustrare tutta la zona. Il padre di Emil teneva ancora un piangente Xiphos per mano.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…”
Il re si abbassò verso di lui, lo prese per le spalle e disse: “non ti devi scusare. Hai fatto l’unica cosa giusta venendo subito da me, come vi ho insegnato.” A quel punto i singhiozzi di Xiphos si attenuarono “Emil è fortunato ad avere un cavaliere della tua stazza a proteggerlo.” Gli asciugò le lacrime dal viso aggiungendo: “ora vai è avverti la regina.” Xiphos annuì e corse via.
Quando tornò con la regina Emil era stato trovato già da un po’. Era semplicemente riapparso dall’acqua.
“Emil tesoro!” La madre abbracciò il piccolo principino grondante, sembrava che non volesse più lasciarlo andare. Quando finalmente lo lasciò andare venne preso da due forti braccia, “mi hai fatto prendere un coccolone, ragazzo.”
L’unico che non disse niente fu Xiphos. Le lacrime tornarono a scendere giù per il viso di Xiphos. “Non ti chiamerò mai più pesciolino rosso, lo giuro,” disse e abbracciò il piccolo principe che non potette fare altro che stringere forte a se il cavaliere sciolto in lacrime.
Una volta tornati nel palazzo la regina accompagnò il ragazzino fino alla sua stanza. Emil si accorse che la madre fissava il medaglione. Tutt’a un tratto gli chiese: “di un po’, ma questo medaglione da dove lo hai preso?” Lo disse con un sorriso dolce ma i suoi occhi erano freddi.
Emil aveva capito, attraverso il discorso di Euterpe, che non correva buon sangue tra di loro, quindi decise che non era ancora arrivato il momento di parlarle dell’accaduto.
Con un movimento veloce nascose il medaglione sotto la sua camicia mentre guardava la madre con occhioni innocenti. “Giovanotto,” sua madre cominciava a innervosirsi, “fammi vedere il medaglione.” Allungò la mano. Emil era titubante.
Doveva rischiare e farglielo vedere?
Lentamente tirò fuori il medaglione dalla camicetta e glielo porse a vedere, senza però darglielo. Lei si abbassò e lo osservò attentamente. Il suo viso divenne pallido e con voce tremante disse: “chi ti ha dato questo?” Sembrava quasi impaurita. Dava l’impressione che il rapporto tra la regina e Euterpe fosse peggio di quanto aveva sospettato.
Nascose di nuovo il medaglione nella camicia.
“Emil dimmi subito chi te lo ha dato.” Emil scosse solo la testa. Non sapeva cosa poteva succedere quando sua madre avrebbe scoperto da chi lo aveva ricevuto. “Va bene.” La regina andò tranquillamente verso la porta.
“Rimarrai in questa stanza fino a che non me lo avrai detto.” Aprì la porta e prima di richiuderla dietro di se aggiunse: “e se per stasera non me lo avrai detto non vedrai Xiphos per tutta la settimana, visto che rimarrai in questa stanza per tutto questo lasso di tempo.” Detto questo chiuse la porta.
Emil era determinato a non dirglielo. Se solo la vista del medaglione la rendeva così nervosa, figuriamoci cosa sarebbe sucesso se veniva a sapere da chi lo aveva. Guardò fuori dalla finestra e vide che era ancora chiaro. Il sole splendeva e gli uccellini cinguettavano e piovevano pietre. Pietre? Emil si alzò dal letto e andò verso la finestra. Ecco, un’altra pietra. Aprì e guardò giù.
Lì fermo a guardare in su, c’era Xiphos che lo salutava tutto contento. “Ciao” gridò così forte che Emil ebbe paura che lo sentisse la madre. Cominciò a fare segno come un dannato con le mai. “Che c’è?” il principe gli fece segno di essere più silenzioso. Xiphos capì e disse il più piano possibile. “Scendi!” L’amico incrocio le braccia per far capire all’ amico che non poteva scendere.
“Allora vengo io da te. Buttami la corda.” Emil corse verso l’armadio. Visto che capitava spesso che Xiphos veniva a trovarlo di nascosto, i due ragazzi avevano deciso di nascondere una corda nella stanza del principe. In questo modo il piccolo cavaliere poteva andare e venire come voleva.
Dopo che Emil aveva triato su con fatica l’amico, il piccolo cavaliere si era messo comodo sul letto di Emil. “Allora, come stai?” Sembrava che si preoccupasse veramente. Emil si sedette accanto a lui.
“Mi hai spaventato sul serio. Ma cosa accidenti è successo?” Già, Emil si era dimenticato che Xiphos non sapeva niente. Prese la lavagna e si mise a scrivere la lunga storia, cercando di non tralasciare nessun dettaglio.
“Miseria santa,” fu tutto quello che riuscì a dire Xiphos. Emil sghignazzò. Non avrebbe potuto dire di meglio. Si tolse il medaglione dal collo e lo mise tra se e l’amico, sul letto. I due ragazzi lo fissarono per un lungo istante senza neanche sapere perché.
Tutt’a un tratto, il silenzio tra loro venne interrotto. “Proviamolo.” Emil lo guardò con occhi sgranati. “Sai cosa intendo, prova a chiamarla. Così vediamo se ti ha raccontato frottole o no.”
Emil prese il medaglione e lo strinse forte a se. Ripeté più e più volte il nome di Euterpe nella sua testa. Improvvisamente si sentì una melodia. Un’incantevole melodia. Divenne sempre più alta fino a che, Euterpe apparve in mezzo alla stanza, dal niente.
Xiphos dette un urlo, la qual cosa fece urlare Euterpe.
“Non gridare,” disse lei, tenendosi la mani sulle orecchie. “È questo il modo come si salutano le persone al giorno d’oggi?” Stava lì impalata con il suo vestito lungo e i capelli tutti arruffati. Ed era scalza. Xiphos si era ammutolito.
“Ora capisco perché avevi paura che potesse essere una psicopatica.”
Emil cominciava a sospettare che Xiphos fosse privo di inibizioni.
“Xiphos non essere così meschino.”
Entrambe i ragazzi erano stupiti che lei lo conoscesse. Xiphos si girò verso l’amico che però fece solo spallucce. Non le aveva detto niente di lui. Poi gli venne in mente che lei aveva detto che avevano una connessione. Si girò verso di lei e la guardò dritto negli occhi.
“Può ancora leggere i miei pensieri?”
“Si, sono ancora in grado di leggerli.” Gli fece un sorriso. “Perché mi hai chiamata?” l’aveva chiamata perché voleva farla conoscere a Xiphos, questi alzò la mano come se volesse porre una domanda. “Sono l’unico che lo trova inquietante che sia apparsa dal nulla?” Lei sghignazzò e si sedette per terra.
“Tendo a dimenticare che siete ancora dei ragazzini.” Xiphos la guardò storta. “Tanto per la cronaca, signora, io ho quattordici anni. Quindi ho già l’età per poter portare una spada.” Lei annuì con fare scherzoso poi batté le mani. “Bene, ora volete sapere chi sono io?” entrambe i ragazzini annuirono e si sedettero per terra davanti a lei. “Allora mettetevi comodi perché ho da raccontarvi una lunga storia. La mia storia.”