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Emil

Era una giornata piena di allegria nel reame di Mousiki. Le strade erano addobbate e la gente era in festa. Infatti si festeggiava il compleanno del piccolo principe Emil. Tutti amavano il piccolo principe. Era il tesoro del reame. Anche se c’erano persone che lo compativano perché sapevano che la sua vita non sarebbe stata semplice. Emil era muto sin dalla nascita.

Nessuno sapeva come avesse potuto succedere, visto che era un bimbo sano. Circolavano delle voci che volevano sapere che la voce gli era stata rubata, più di questo non si sapeva. Ciononostante questo, Emil era un bambino felice, anzi, oggi si era addirittura alzato prima, per potersi preparare per la sua festa.

Venne vestito dalle sue damigelle, per i capelli decise che avrebbe fatto da se. Quindi ora stava davanti allo specchio con una marea di riccioli rossi che, a causa della sua notte irrequieta, gli stavano ritti e indomabili sulla testa. L’unica cosa che poteva fare, era lasciarli come erano. E così fece.

Prese la sua lavagnetta e si avviò verso la sala da pranzo. Lì lo stavano già aspettando i suo genitori, seduti alla punta di un enorme tavolo coperto con le leccornie che piacevano a Emil. Si accorse che c’erano quattro coperti invece di tre, cosa che avveniva a ogni suo compleanno.

Emil decise che era arrivata l’ora di chiedere. Prese la sua lavagna e cercò di formulare la sua domanda nel modo più blando possibile. Conosceva i suoi genitori. Appena li metteva a confronto con un problema che non sapevano o che non volevano risolvere, innalzavano un muro di ghiaccio intorno a loro.

“Aspettiamo visite?”

Scrisse il ragazzino sulla sua lavagna. I suoi genitori lo guardarono perplessi.

“Cosa te lo fa pensare, tesoro?” gli chiese la madre.

“Ci sono quattro piatti sul tavolo, ma noi siamo in tre.“

Sua madre e suo padre guardarono prima il piatto poi se stessi. Sembrava che comunicassero con lo sguardo, poi si alzarono di scatto.

“Mi dispiace caro, ma oggi abbiamo molto da fare. Sta sera si festeggerà il tuo compleanno e dobbiamo organizzare il tutto,” disse suo padre.

“Oggi non hai lezione, perché non vai a cercare Xiphos. Sicuramente sarà ben felice di giocare con te.” Sua madre gli dette un bacino sulla fronte e prima che Emil potesse anche solo muovere un muscolo erano spariti.

Emil fece una giratina per il giardino. Non aveva molta voglia di giocare con Xiphos. Voleva stare un po’ da solo prima di dover incontrare la masnada di gente che sarebbero venuti per fargli gli auguri. Ma oggi non sembrava il suo giorno fortunato.

“Emil eccoti finalmente, ti ho cercato dappertutto!” Il ragazzino chiassoso era Xiphos. Aveva due anni più di Emil, ma i suoi atteggiamenti talvolta erano da bambino piccolo. Aveva capelli neri che gli coprivano le orecchie e occhi scuri come la notte. “Auguri per il tuo compleanno pesciolino rosso!”

Emil odiava questo nomignolo.

“Lo sai che mi dà fastidio quando mi chiami così. Neanche a te piacerebbe se tutt’a un tratto ti chiamassi testa di catrame.” Xiphos sghignazzava mentre leggeva il messaggio.

“Ma che carino. Ti sei inventato un nomignolo per me? Sono commosso.” Emil gli sbatté la lavagna sul braccio. “Aua! Fai attenzione, se sta cosa si rompe verrò punito io!” Xiphos si massaggiò il braccio e mise il muso.

Ogni volta che passava tempo con Xiphos consumava troppa energia, quindi si sedette sotto un albero, imitato da Xiphos. “Ora che facciamo? Grazie a un certo principino, che oggi compie 12 anni, io ho la giornata libera. Possiamo fare qualcosa.”

Xiphos era un gran lavoratore, ma se gli capitava di avere libero se la godeva tutta. “Non ho molta voglia di fare qualcosa, oltretutto sono irrequieto perché è evidente che i miei mi nascondono qualcosa.”

Xiphos lo guardò stupito. “Ti nascondono qualcosa?” Sembrava pensieroso, ma poi si alzò di scatto e guardò Emil con occhi sgranati.

“Ecco cosa facciamo. Scopriamo cosa i tuoi ti nascondono.” Emil osservò Xiphos con espressione preoccupata. “Scordatelo. Se ci beccano saranno furiosi, più di furiosi. Si sentiranno traditi e delusi.” Questo il principino non lo voleva. Amava i suoi genitori e avrebbe fatto di tutto per non deluderli.

“Solo se ci beccano.” Xiphos dava l’aria di esserne convinto, cosa che fece sentire Emil un poco più tranquillo. Comunque non voleva provarci. Scosse energicamente la testa.

“E dai.., mi sto annoiando come sicuramente anche tu. Faremo solo qualche domanda, niente di più. Datti una mossa Emil. Fallo per me, la tua testa di catrame.” Aveva di nuovo messo il muso. !Va bene, ma appena le cose si mettono male, io me la squaglio.! Emil non sapeva parlare ma sapeva correre veloce e gli riusciva anche bene.

“Perfetto, pesciolino rosso e testa di catrame vanno all’attacco!” Emil non poté fare a meno di sorridere. Be, forse non sarebbe stata una giornata tanto stressante.

Dopo una lunga spiegazione sul da farsi, Xiphos propose che per prima cosa potevano interrogare il personale delle pulizie.

“Giovane principe, cosa ci fa lei qui?” Emil e Xiphos si trovavano davanti alle stanze del personale del castello per cercare di ottenere qualche utile informazione. A differenza del resto del palazzo l’ala addetta al personale era tenuta in modo molto semplice. Un lungo corridoio con porte che portavano alle stanze. Ogni porta portava il nome del suo inquilino.

“Siamo qui per fare alcune domande.” Xiphos si trovava davanti a tre domestiche che lo guardavano con aria divertita. Tutt’e tre erano più o meno di mezz’età quindi lavoravano già da un po' nel castello.

“Davvero? Come possiamo esserle d’aiuto?” Xihpos tamburello con il dito sul petto di Emil facendo segno con la testa verso le signore. A prima botta Emil non capì cosa Xiphos volesse da lui. Poi però prese la sua lavagna e iniziò a scrivere.

“Sapete perché a tutti i miei compleanni c’è un coperto in più sulla tavola?” Appena finito di leggere i loro visi diventarono guardinghi e si guardarono nervosamente in intorno. “

Giovane signore, di questo lei non si deve preoccupare.” Fecero dei passi indietro, “è bello da parte vostra che siete venuto a trovarci, ma ora abbiamo una marea di cose da fare.” Xiphos cercò di protestare ma le signore erano già sparite.

“È stato peggio di quanto me lo ero immaginato.” Emil gli dette ragione. Non si era aspettato molto ma neanche così poco. “Andiamo dal cuoco.”

I due ragazzini si avviarono verso le cucine. Questa non era stata l’idea più brillante che potesse avere. Si era completamente dimenticato che oggi era la sua festa di compleanno. Questo stava a significare che la cucina era un campo di battaglia. Gente che urlava, fumo dappertutto, e a Emil sembrava di sentire odor di bruciato. Si, era stata proprio una pessima idea.

Tirò la camicia di Xiphos per avere la sua attenzione, non si accorse che il capocuoco stava arrivando come un toro furioso verso di loro. “Cosa fate voi qui? Ho espressamente proibito ogni visita!” il cuoco era un signore anziano più tondo che lungo.

Dava sempre l’impressione di essere arrabbiato, ma oggi era proprio all’apice. “Ho troppo da fare per poter perdere tempo con un ragazzotto come te!” disse, puntando il mestolo su Xiphos, che lo guardava con un sghignazzo dipinto in faccia.

“Sembra proprio che hai assaggiato troppo il tuo cucinato.” La faccia del cuoco divenne così rossa che sembrava ne uscisse del fumo. “Piccolo –“ non aveva ancora terminato la frase quando Emil prese Xiphos per un braccio e corse via.

Non aveva mai visto il cuoco così furioso! Xiphos invece moriva dal ridere, lo si poteva sentire fino alle stalle. Corsero giù per un corridoio pieno di quadri. I quadri rappresentavano i reali del tempo passato come anche la famiglia di Emil.

Tutt’a un tratto Emil si fermò. Xiphos a momenti lo superò, all’ultimo momento si accorse che Emil si era fermato. Il piccolo principe si era fermato davanti un grande ritratto. Il ritratto era così grande come le finestre del corridoio. Era ricoperto da un grosso telo.

Era sempre coperto? Che immagine c’è sotto? Emil non aveva mai mostrato grande interesse per l’arte, però con l’andare degli anni si era impresso ogni quadro appeso in questo corridoio. Questo specifico dipinto non lo aveva mai visto senza il telo.

Xiphos osservò il quadro pensieroso per poi dire con un tono convinto, “non ne ho idea, ed è proprio per questo che andiamo a vedere cosa c’è sotto, letteralmente.” Prese un lembo del telo e tirò. Il quadro in questione mostrava una bellissima donna con dei lunghi capelli neri. Portava una tunica lunga e più Emil la guardava, più gli sembrava che l’immagine lo guardasse. Era come in trance.

“Io quella la conosco.”

Emil venne riportato nella realtà dalla voce di Xiphos. Aveva ragione, anche a Emil sembrava di conoscerla. Non era una delle regino o principesse del passato. Chi era?

Prima che se ne rendessero conto, si avvicinò una guardia che non aveva un’espressione molto gentile. “Chi vi ha dato il permesso di scoprire il dipinto?” Perfetto, oggi proprio non ne ingarravano una.

“Chi dice che siamo stati noi?”

Questo era quello che tanto gli piaceva a Emil di Xiphos. Xiphos risplendeva di sicurezza, cosa che a Emil mancava. Delle volte Emil si accorgeva di provare una certa invidia per il ragazzino dai capelli neri.

“Voi vi rendete conto che state accusando il principe, un povero bambino che non si sa difendere.” La guardia impallidì, si inginocchio davanti a Emil e iniziò a farfugliare delle scuse.

“La prego di perdonarmi giovane signore. Non mi ero reso conto che eravate voi. Non era mia intenzione incolparla.” Emil tirò fuori la sua lavagna e scrisse: “non si preoccupi lei ha solo eseguito gli ordini. La guardia era sollevata. Ciononostante sono il principe, quindi dovete ubbidire anche ai miei comandi. Se mi va di togliere il telo a questo quadro lo faccio, capito?”

Xiphos bisbiglio nell’orecchio di Emil: “niente male, dovresti usare il tuo potere più spesso.” Emil, concentrato sulla guardia, neanche lo badò. “Alzati e torna al tuo lavoro.” La guardia si alzò di scatto. “Si signore!”

Xiphos fece un fischio dandogli una gomitata. “Mi hai stupito, perché non giochi la carta del «io sono il principe» quando incolpano me di qualcosa?” Emil si girò verso di lui e scrisse con aria seria: “perché probabilmente ti meriti l’accusa.” Se ne andò a testa alta ignorando le proteste dell’amico.

Dopo che aveva salutato Xiphos, Emil si accorse che si era fatto tardi e quindi era arrivata l’ora di andarsi a preparare per la grande festa. Se Emil avesse detto che non vedeva l’ora, avrebbe detto una grande bugia. Non c’era niente al mondo che odiasse di più che stare in mezzo a una folla di persone. Ora si aggiungeva anche il fatto che non riusciva a togliersi di mente la donna nel dipinto.

Una volta pronto, si avviò verso la sala da ballo. Aprì con un sospiro la porta della sala dei festeggiamenti e venne salutato da una moltitudine di persone. L’unica possibilità che avesse, era quella di attaccarsi alla gonna di sua madre e aspettare che la serata terminasse presto.

A un certo punto sentì che qualcuno gli toccava la spalla, sperava che fosse Xhipos. Invece era il viso raggiante della terza principessa del reame di Agapi, Eritas.

“Carissimi auguroni per il tuo compleanno Emil! Questo è per te!” disse dandogli un pacchetto. “Spero che ti piace, l’ho scelto io. ”

Emil conosceva Eritas da quando aveva cinque anni, i due reami erano in grande amicizia. Eritas era una bambina bellissima. Aveva dei boccoli biondi e degli occhi verde smeraldo. Portava i capelli sempre sciolti, la qual cosa la faceva sembrare una bambolina.

Gli piaceva passare del tempo con lei. Lei a differenza di altri aveva molta pazienza quando Emil talvolta ci metteva un po’ di più a scrivere quello che voleva comunicare. Emil decise di passare il resto della serata con lei.

Il tempo passò e finalmente gli ospiti iniziarono ad andarsene. Emil assaporò il silenzio della sala da ballo, fino a qualche momento ancora pieno di persone. Osservò come i suo genitori salutavano gli ultimi invitati e decise di squagliarsela alla chetichella. Non se ne dovrebbero accorgersene, al massimo potevano pensare che se ne era andato già a letto. Questo era uno dei vantaggi di essere un bravo bambino. I genitori non si preoccupavano che combinasse qualche marachella.

Con passi veloci e silenziosi andò lungo il corridoio fino ad arrivare al suo obbiettivo. Il quadro. Doveva assolutamente scoprire chi era la signora nel dipinto, altrimenti non avrebbe chiuso occhio. Piano, piano scoprì il dipinto. Si accorse che nel pomeriggio probabilmente gli era sfuggito un dettaglio. Una targhetta con il nome.

Passò il dito sopra il nome, Euterpe. Tutto d’un tratto fece un passo indietro.

“Emil? Emil.”

Una voce femminile lo stava chiamando. Si girò in torno ma non c’era nessuno.

“Finalmente mostri un po’ di curiosità.”

Emil assentì vigorosamente.

“Mi fa piacere che stai mostrando interesse. Avevo paura…mi vuoi conoscere no?”

Emil assentì convinto.

“Bene, c’è solo un piccolo problema. Devi cercarmi.”

Cercarla? Perché mai dovrebbe cercarla? Non poteva semplicemente venire lei da lui?

“Non posso fartela così facile. Ti piacciono gli indovinelli?”

Emil ci rifletté su un attimo. Suo padre amava gli indovinelli e ogni tanto dava qualche indovinello da risolvere a Emil, ma da qui a piacergli? Emil non ne era tanto sicuro, comunque annuì.

“Bene. Per arrivare da me, devi risolvere un indovinello.”

Grazie agli insegnamenti del padre Emil era convinto di risolverlo in un batter d’occhio.

“Pronto?”

Pronto.

“Okay ecco l’indovinello: vivo in uno specchio, a molti piace specchiarsi, ma nessuno può portarlo via. Dove sono?”

Era più difficile di quanto avesse pensato. Se lo scrisse per non dimenticarlo.

“Es stato bello averti incontrato, ora però corri a letto, altrimenti Elvira si arrabbia.”

Emil rimase perplesso. Come faceva a conoscere il nome di sua madre? Più ci pensava e più domande da porre alla signora, gli venivano in mente. Ma ora doveva veramente sbrigarsi ad andare a letto.

Aveva fatto tardi. Aveva perso la colazione con i suoi genitori. Cosa che non dava poi tanto fastidio al piccolo principe. Oggi aveva molto da fare. Appena lo ebbero vestito si avviò verso il campo d’allenamento. Lì avrebbe trovato Xiphos.

Una volta arrivato al campo si meravigliò di non trovarcelo. C’erano dei cavalieri che si allenavano, altri che osservavano l’andirivieni, ma niente Xiphos.

Emil si avvicinò a uno dei cavalieri che si inchinò, appena si accorse chi gli stava venendo incontro. “Buon giorno signorino, cosa la porta a farci visita?” Non era un posto dove Emil bazzicava di solito, quindi non conosceva i cavalieri. L’unico motivo di venire qua sarebbe cercare Xiphos, ma di solito veniva lui, a cercare Emil, senza che questi dovesse venire sul campo d’allenamento.

“Buon giorno, non voglio intrattenerla a lungo. Vorrei solo parlare con Xiphos. Per caso è qui?” Il cavaliere fece una risata, “Xiphos quel piccolo diavolo! Oggi gli tocca pulire le stalle, visto che ieri si è presa la libertà di mancare tutto il giorno. Il capo era furioso.” gli disse il cavaliere con un sorriso: “può tranquillamente andare da lui, sicuramente sarà contento che lo viene a trovare. Non rivelerò niente al capo.”

Emil lo ringraziò e si avviò verso le stalle. Xiphos era occupato a dare del fieno a uno dei cavalli mentre borbottava infuriato tra se e se. Era troppo forte vederlo così, quindi Emil rimase lì fermo a osservare l’amico. Fino a che questi si girò di scatto.

“Emil? Da quando sei lì impalato?” Emil sghignazzò. “Per colpa tua devo spalare merda,” mise via la pala. “Il capo è convinto che era stata una scusa, il venire da te. Forse sarebbe il caso di dirgli due paroline”

“Mi dispiace. Comunque mi fa piacere che disobbedisci agli ordini per me.” Questa risposta non se l’era aspettata, infatti si fece rosso come un peperone, “be lo spero. L’ho fatto solo perché sapevo che altrimenti avresti passata tutta la giornata solo. Non si può certo lasciare un principe da solo, il giorno del suo compleanno…. no?”

Emil scossa la testa divertito.

“Volevo chiederti un consiglio, ma visto che sei occupato, è meglio che me ne vado.” Xiphos sembrava affranto. “No, per favore resta! Sei la prima persona che vedo oggi! Non hai idea cosa vuol dire avere, per tutto il giorno, cavalli come interlocutori! Sto andando di matto!”

Questa Emil non se l’era aspettata, era la prima volta che vedeva Xiphos disperato. “Allora vuol dire che mi aiuterai?” La risposta venne fuori sparata dal piccolo cavaliere. “Si, si! Aiuto, aiuto. Ti aiuto in tutto quello che vuoi, basta che mi porti via da qui.” A Emil sembrava un poco esagerata come risposta. Non poteva essere poi così grave, in fin dei conti poteva stare insieme ai cavali, cosa che a Emil veniva permesso solo con accompagnamento.

Questo accadeva per tutte le cose a cui i suoi genitori non avevano ancora dato il loro benestare. Questo il motivo, perché il principino aveva solo avuto contatto con coniglietti o altri piccoli roditori.

“Te la sai sbrigare con indovinelli?”

Xiphos lo guardò con la fronte corrugata. “Sei venuto fino qua per un indovinello?” Sembrava quasi arrabbiato. Non gli piacevano i rompicapi, glielo aveva detto un sacco di volte a Emil. Diceva che gli procuravano solo mal di testa e oltretutto neanche li capiva. Emil doveva trovare il modo di convincere Xiphos ad aiutarlo.

“Pensavo che avevi qualcosa di interessante per me pesciolino rosso.”

“È un indovinello molto semplice, veramente! Se mi aiuti farò in modo che non dovrai mai più prendere in mano una pala!” Il piccolo principe conosceva molto bene il suo amico, sapeva che non amava lavori manuali. La sua passione era allenarsi.

“Convinto, fammi vedere l’indovinello.” Be, era andata meglio del previsto. Gli fece vedere l’indovinello nella speranza che Xiphos ne capisse qualcosa. Il ragazzino dai capelli neri lo studiò un po’, poi disse: “quanti specchi ci sono nel palazzo?” Più di quanti Emil potesse contare. In ogni bagno ce ne era uno, nella sua stanza, nella stanza dei suoi genitori e in ogni stanza degli ospiti.

“Molti.” Scrisse sulla lavagna. Non aveva voglia di stare a nominarli tutti.

“Un po’ più preciso sarebbe un aiuto,” replicò Xiphos pungente. “Quanto sono grandi? Questo almeno lo saprai. Ti manca la voce non la memoria.” Emil lo guardò in cagnesco. Delle volte sapeva essere veramente meschino.

“Quello più grande è nella cabina armadio di mia madre.” Xiphos lo guardò con occhi sgranati. “La regina ha una cabina armadio?! Deve essere bello essere così ricchi, che i tuoi vestiti hanno una loro stanza,” disse in tono tagliente. “I miei vestiti condividono una stanza con vestiti che non sono miei.”

“Vuoi vederlo?”

Xiphos si guardò un attimo in giro e disse sghignazzando: “andiamo a fare visita ai vestiti di tua madre.” Volse lo sguardo verso Emil che lo guardava cattivo. “Intendevo, andiamo a vedere lo specchio.”

Forse Xiphos aveva ragione, la cabina armadio era più grande di quanto se la ricordava. Da un lato c’erano tutti i vestiti della regina. Alcuni Emil non li aveva neanche mai visti. A ogni vestito si abbinavano scarpe e collana.

Sul pavimento c’era un tappeto marrone con lo stemma della famiglia reale stampato in oro: un flauto dorato. A Emil tutto sembrava molto esagerato. Solo perché era la regina non volava dire che doveva possedere così tanti vestiti e gioielli. D'altronde lui cosa voleva saperne di vestiti, neanche si vestiva da solo.

Venne tirato fuori dai suoi pensieri quando sentì un fischio meravigliato. “Niente male, di sicuro è più grande della mia stanza. Chiedi a tua madre se mi fa venire a vivere qui.”

A differenza dei dipendenti e dei cavalieri, la famiglia reale viveva nel lusso puro. Quindi a Emil non gli sembrò strano che l’amico reagisse così.

Lo specchio che cercavano si trovava in fondo alla cabina ed era grande quanto tutto il muro. La cornice era dorata, adornata con piccoli disegni, che sembravano delle piccole rose, a ogni angolo. I due ragazzini stavano davanti allo specchio senza sapere cosa fare.

“Ora che si fa? Abbiamo risolto l’indovinello? Quale è il premio?” Emil scosse solo la testa. “Non c’è premio. Anzi non credo che sia questa la soluzione dell’indovinello.”

La cosa non quadrava. Non lo si poteva portar via, questo si, però vi ci si poteva specchiare solo la regina. Forse non era nel palazzo, bensì da qualche altra parte.

“I cavalieri hanno specchi o simili?”

Xiphos ci pensò su un attimo. “Si in bagno, ma lo si può portare via comodamente.” Erano arrivati in un vicolo cieco. Che specchio avrà inteso? Emil non sapeva più che fare e anche Xiphos era arrivato alla fine delle sue idee. “Potremmo chiedere a mio padre, lui ama gli indovinelli.”

Xiphos lo guardò atterrito. “Scordatelo. Non con me, IO non gli chiederò proprio niente. Tuo padre mi fa paura.” Xiphos non era il primo ad affermare una cosa del genere. Emil aveva osservato spesso come si comportavano gli altri alla presenza di suo padre.

Aveva gli occhi blu e capelli bianchi che accompagnato dalla sua personalità fredda, gli avevano procurato il nomignolo «re ghiaccio». Per Emil questo era incomprensibile. Con lui e sua madre era sempre amorevole e attento alle loro esigenze.

“Non ti preoccupare. Glielo chiederò io.” Xiphos fece un sospiro di sollievo. L’unico problema era che il principino non aveva idea dove trovare sue padre di giorno. Delle volte era in ufficio, altre volte si trovava fuori dal palazzo. L’unico che sapeva sempre esattamente dove si trovava suo padre, era Voitos, la mano destra del re.

“Chiediamo a Voitos dove si trova mio padre.”

Non sapeva dove era suo padre ma sapeva dove trovare Voitos. O nella biblioteca o nel suo ufficio. Xiphos fece una smorfia e si avviò verso la porta. “Solo per la cronaca, a quel tipo non piaccio.” Questo Emil se lo era aspettato. Non erano in molti che trovavano Xiphos simpatico, anche perché aveva la tendenza di rompere sia cose che l’anima. Gli unici a cui era simpatico erano, Emil e alcune delle domestiche, che lo trovavano adorabile.

Uscirono dalla camera da letto dei genitori di Emil passando accanto ad alcune domestiche che li guardarono con stupore.

Erano arrivati alla biblioteca, stavano per bussare quando la porta si aprì da sola. Davanti a loro stava un uomo alto. Capelli biondi, pettinati accuratamente indietro, e due occhi di ghiaccio che guardavano in giù verso i due ragazzini: Voitos. “Giovane principe che…. piacevole sorpresa.” Lentamente si girò verso Xiphos per dire in tono sarcastico: “che bello, anche il ragazzotto delle stalle è qui.” Xiphos lo guardò con disgusto. ”È bello vedere te, servetta sovra pagata.”

Voitos stava per dire qualcosa quando Emil alzò la sua lavagna. “Volevamo solo chiederti una cosa”. Lui si schiarì la gola, e come se niente fosse si girò verso Emil. “Ho molto da fare principino quindi non ho molto tempo.” Ogni parola che disse era impregnata di arroganza. La qual cosa portò Emil quasi ad andarsene. In quel momento parlò Xiphos.

“Stiamo cercando il tuo padroncino.” Voitos divenne così rosso dalla rabbia che a Emil vennero seri dubbi che li avrebbe aiutati. “Senti piccolo moccio-” venne interrotto da una voce che Emil conosceva bene.

“Voitos.”

I tre si girarono e si trovarono il re in persona davanti. “Che succede?” Voitos era diventato bianco come il latte. “S-sua maestà, non l’aspettavo di ritorno così presto.” Il re non badò all’uomo che stava balbettando una scusa. Guardò direttamente a Emil.

“Emil, tutto a posto? Hai bisogno di qualcosa?” gli sorrise dolcemente. Emil assentì e stava per prendere la sua lavagna quando tutt’a un tratto il padre lo prese in braccio.

“Andiamo nel mio ufficio, lì possiamo parlare tranquilli,” disse dando uno sguardo accusatorio a Voitos. Questi assentì e si ritirò di nuovo nel suo ufficio. Emil vide sopra la spalla del padre che Xiphos era rimasto impietrito, sembrava addirittura che avesse smesso di respirare.

Il re se ne accorse e disse: “ti puoi muovere piccolo cavaliere,” Xiphos sospirò sollevato. Suo padre si avviò. Xiphos non sapeva cosa fare a parte guardargli dietro. Il re si fermò di nuovo si girò e disse: “vieni con noi o no?” il ragazzino dai capelli neri annuì e gli corse dietro.

L’ufficio di suo padre aveva una enorme finestra alla fine della stanza. C’era una grande scrivania con una marea di scartoffie accatastate. Le pareti erano adoranti da librerie. Nel mezzo della stanza si trovava un tavolino con un sofà e delle poltrone. Su una delle poltrone si era accomodato Emil con una bella tazza di latte caldo. Di fronte a lui si era seduto il re con una tazza bollente di tè. Xiphos era rimasto impalato accanto a Emil.

“Xiphos, ti puoi sedere se vuoi.” Il re cercava di mettere a suo agio il ragazzino, ma questi rimase lì. “No signore, questo è il mio compito come cavaliere. Devo essere pronto in caso di un attacco.” Il padre di Emil si fece una sonora risata.

“Va bene così. Proteggi Emil tutto il giorno, ora puoi anche concederti una pausa. Più aspetti e più si raffredda il tuo latte” fece cenno su una tazzona di latte che aveva fatto portare per Xiphos. Il piccolo cavaliere guardò prima il latte poi il re che gli fece gentilmente cenno verso la poltrona.

“Okay.” Si prese il latte e si sedette finalmente. “Allora cosa c’è che vi preoccupa?” Emil appoggiò la tazza sul tavolino e dette la lavagna con l’indovinello al padre. Il re lo osservò attentamente e disse: “avete bisogno del mio aiuto per questo indovinello.” Emil annuì. “Vediamo un po’…. ”si guardò attentamente l’indovinello come se, se lo stesse studiando.

Xiphos mise giù la tazza di latte e guardò Emil il quale sghignazzò perché Xiphos aveva baffi di latte. Il ragazzino dai capelli neri non si rendeva conto perché il principino lo guardasse sghignazzando.

Tutt’a un tratto il re parlò: “dovete sapere che per risolvere gli indovinelli non bisogna necessariamente pensare in modo logico. Ed è proprio questo l’affascinante negli indovinelli." I ragazzi non capirono molto bene cosa intendesse il re. Il padre di Emil spiegò: “qui c’è scritto che le persone si specchiano volentieri in questo specchio. Giusto? Bene, uno specchio non è l’unica cosa in qui ci si può specchiare.” Ora che lo diceva, Emil si mise a pensare freneticamente.

Invece Xiphos che nel frattempo si era pulito i baffi di latte, era entusiasta. “Vero!” guardò l’omone con occhi sgranati. “E a cosa ci porta questa realtà?” il re guardava entrambe i ragazzi con aspettativa.

Emil rifletteva, dove altro ci si poteva specchiare? Guardò sulla sua tazza ormai quasi vuota di latte. Poi ebbe la folgorazione. Si alzò di scatto facendo venire un coccolone agli altri due, che lo guardarono confusi.

Tutto fuori di se prese la lavagna e scrisse con un sorriso da orecchio a orecchio: “Acqua! ora doveva solo capire dove poteva trovarla.”

“Nel giardino delle rose c’è un lago,” disse suo padre. Perfetto! Prese Xiphos per il braccio e mentre correva fuori schiocco un bacione sulla guancia del padre.

“Allora questo è lo specchio che stavamo cercando?” Si trovavano nel bel mezzo del giardino delle rose, dove si trovava un lago bello grande. Emil si guardò in giro ma non vide niente che potesse indicare dove si trovasse la signora misteriosa. Si avvicinò lentamente al lago.

“Se volevi farti il bagno potevi dirlo;” Emil neanche sentì il commento sarcastico dell’amico. Si sentiva attratto dal lago, come se qualcosa lo stesse chiamando. Si stava avvicinando troppo al lago e Xiphos cercava di attirare la sua attenzione.

“Ei pesciolino rosso, non andare troppo vicino all’acqua.”

Il principino continuò a camminare. Ora si che Xiphos cominciava a preoccuparsi. “Emil sto parlando sul serio, torna subito qua.” L’acqua già gli arrivava alle ginocchia.

Non sapeva cosa, ma qualcosa lo stava chiamando. Cercò di guardare verso il fondo quando tutt’a un tratto scattò fuori dall’acqua una mano che lo tirò giù. L’ultima cosa che vide, fu Xiphos che gridava, poi tutto divenne nero.

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