Capitolo 8.Lontano da Blue Hill
La serata di beneficenza a casa di Caterina Parker finalmente era giunta a termine, e si era svolta come i tre ragazzi si erano immaginati: "noiosa, troppo raffinata e colma di persone vecchie e bacucche".
A metà della festa, Kyle, con la scusa di essere stanco, aveva salutato i due amici e si era dileguato, mentre Chadye, aiutata da Gijsbert, era riuscita a sgattaiolare via sotto gli occhi della madre, troppo impegnata a intrattenere i suoi ospiti per accorgersi della fuga di sua figlia. I due ragazzi avevano raggiunto la baia e adesso, se ne stavano in silenzio, seduti sulla sabbia, a guardare il mare infrangersi sugli scogli. Dopo una serata come quella, entrambi, avevano bisogno di silenzio e di tranquillità.
Gijsbert mise la mano dentro il taschino della giacca dello smoking, l'ennesimo completo che sua madre gli aveva acquistato e, dopo quella sera, ne era più che certo, avrebbe fatto la fine di tutti gli altri vestiti acquistati dalla donna. Tirò fuori la mano dal taschino e si portò alla bocca uno spinello già rollato, lo accese e aspirò una boccata passandolo poi a Chadye. La ragazza seguì il suo esempio e dopo aver soffiato via il fumo, pensò che, se sua madre avesse scoperto che a lei piaceva fumare, l'avrebbe cacciata di casa, figuriamoci se l'avesse sorpresa con uno spinello! «Cavolo, ne avevo proprio bisogno, non so se la colpa sia mia, ma mi resta sempre più difficile sopportare queste feste organizzate da mia madre. " Tesoro stai dritta con le spalle, tesoro non ti sei sistemata le unghie, tesoro hai le pieghe al vestito, tesoro la postura".» Scimmiottò sua madre in modo ineccepibile, terminando la frase con una boccaccia. «Quando mi chiama tesoro mi sento male.»
«" Gijsbert sei in ritardo, sistemati il cravattino, Gijsbert hai i pantaloni sporchi, Gijsbert potevi anche pettinarti".» La imitò l'amico più cupo del solito. «Vorrei potermene andare via, lontano da tutto questo, lontano da Blue Hill.» Sentenziò il ragazzo e dalla sua voce trasparì tutta la sua insoddisfazione. «Se va bene l'ingaggio della prossima settimana, ce ne andremo per sempre.»
«Non lo so Gijs, non vorrei fare l'uccello del malaugurio, ma credo che nessuno ci darà mai un ingaggio, chi vuoi che ci trovi in questa città sperduta e dimenticata da Dio, su questo Kyle ha ragione, dovremmo fare dei demo e inviarli alle case discografiche, ma lo sai meglio tu di me, non sarà facile.»
«Lo so Chadye, ma non mi posso arrendere, voglio crederci, siamo bravi, perché non dovrebbe funzionare?!»
«Ci proveremo, ma non rimanerne deluso.» Chadye alzò lo sguardo verso il cielo, l'aria era pungente e un brivido la fece scuotere portandola a strusciarsi le spalle in cerca di calore, Gijsbert notandolo, si tolse la giacchetta e la passò all'amica. «Mettila sulle spalle, stai morendo dal freddo.»
Ringraziandolo, la prese e la indossò. «Grazie.» Poi, osservando verso le montagne, espresse il suo pensiero ad alta voce «Credo che questa notte nevicherà!» lo percepiva, da quel "profumo" di "freddo", da quell'aria così frizzante... Quante volte sua madre le aveva detto che la neve non aveva nessun odore, ma lei riusciva a sentirla, ed era l'unica cosa che amasse di quella città...
«Puntuale come sempre.» Fu la laconica risposta di Gijsbert, che osservava, con sguardo inquieto, l'orizzonte. Per questo non notò la smorfia di dolore sul volto dell'amica.
«Dio! I miei piedi, non me li sento più.» La prima cosa che Chadye aveva fatto, appena salita in auto, era stata quella di sciogliersi quell'acconciatura complessa, tanto voluta da sua madre, che le aveva fatto venire un mal di testa atroce, visto che c'erano volute ben tre ore per districare i suoi capelli dalle treccine che ormai portava dall'inizio dell'estate e per finire, aveva volato via le scarpe direttamente dal finestrino dell'auto di Gijsbert certa che non le avrebbe più indossate. «Erano anni che non passavo una serata così paradossale ed estenuante, credo di poterlo dire con certezza, che questa è stata la peggior notte di tutta la mia brevissima vita, con addosso questo vestito assurdo e con mia madre che mi ha mostrata per tutta la sera come un oggetto in vendita ai suoi amici bigotti.» Chadye, non ricevendo risposta dal ragazzo seduto accanto a lei, preoccupata si voltò per osservarlo. Gijsbert era troppo taciturno quella sera, conoscendolo, in altre circostanze, sarebbe stato lì a inveire contro sua madre per quella festa insulsa e la disgrazia di essere un Hill. «Terra chiama Gijs... Ehi!»
Il ragazzo sussultò...«Che dici?»
«Stavo parlando con te, ma che cos'hai, sembri pensieroso.»
«Niente, sono solo stanco.»
«Gijs ricordati con chi stai parlando, puoi raccontarlo a tua madre, ma non a me, cosa c'è che ti preoccupa?»
Gijsbert prese un profondo respiro, più che preoccupato era deluso e molto arrabbiato. «Non ti sei accorta che Kyle è strano? Anche questa sera, è scappato via in quel modo con la scusa di essere stanco. Una scusa molto banale detta da lui.»
Chadye si era aspettata di tutto, problemi con Adriane, problemi con la sua famiglia, ma non che le parlasse del loro migliore amico. «No! Per me era il solito Kyle, sofferente, incazzoso e molto annoiato. Forse era realmente stanco, la scorsa notte non abbiamo dormito e oggi ha litigato con sua madre, magari...»
Gijsbert annuì. «Forse hai ragione tu.» Anche se, le sue parole, non l'avevano minimamente convinto, quel dubbio che lo assillava ormai da giorni non ne voleva sapere di abbandonare i suoi pensieri. Si alzò in piedi sotto lo sguardo attendo di Chadye e dopo essersi scosso la sabbia dai pantaloni, allungò la mano. «Vieni ti accompagno a casa, anch'io sono stanco ed Heaven è troppo tempo che è sola.»
Chadye, aiutata dal ragazzo, si mise in piedi, quando incrociò i suoi occhi, vi lesse un qualcosa che non riuscì a comprendere. «Sicuro che sia tutto apposto?!»
«Si, si...tranquilla, dai andiamo...»
Ma Chadye capì che le stava mentendo, c'era qualcosa che lo stava innervosendo e quel "qualcosa", non era da attribuire alla festa di quella sera o ai suoi genitori. Ma conoscendolo, se non voleva parlarne con lei, sarebbe stato del tutto inutile insistere. Gijsbert era fatto così, si apriva con difficoltà e con altrettanta difficoltà esternava i suoi sentimenti. Tutta colpa della madre, pensò Chadye. Dorette Hill non era una donna con cui potevi parlare apertamente, tutt'altro. Quella donna sapeva solo pensare a sé stessa e l'unico suo problema era quello di salvaguardare il buon nome della famiglia Hill, i problemi del figlio o del marito per lei erano consuetudini tali da non prendere molto in considerazione.
***
Kyle parcheggiò la macchina nel vialetto di casa, osservò l'orologio sul cruscotto, segnava le 2.40, spense il motore, uscì dall'auto ed entrò in casa, aperta la porta il silenzio lo avvolse ed era proprio in quei momenti che la paura di restare solo lo sopraffaceva, quello era il suo terrore più grande... "la solitudine". Ma poi pensò che, quel silenzio, era quello di cui aveva più bisogno. L'avrebbe aiutato a pensare a tutto quello che gli era successo in quella lunga giornata.
Come un automa, con le scarpe in mano e intento a sbottonarsi la camicia, raggiunse la sua camera. Malamente volò le scarpe in un angolo della stanza e gettando a terra la giacca, si buttò di peso sul letto, ignorando il fatto che, il resto dei vestiti, erano ancora bagnati dalla pioggia.
Fuori stava imperversando un forte temporale. Rimase così, al buio e in silenzio, dopo una serata come quella che aveva appena trascorso, era un toccasana per la sua mente stanca, quel silenzio non solo lo aiutava a pensare, ma anche a calmare quel tumulto di sentimenti contrastanti che lo stavano tormentando.
Sdraiato sul suo letto, prese a osservare le ombre create dalla luce dei lampioni sulla strada, che si riflettevano sul soffitto della sua camera. Pensò alla litigata che aveva avuto quel pomeriggio con sua madre, era sempre più convinto che la donna non provasse alcun sentimento per lui e che lo ritenesse solo una perfetta nullità. E per finire, come ciliegina sulla torta, c'era stata quella stupida festa di beneficenza... dove suo padre non si era neanche sforzato di salutarlo, se sua madre lo riteneva una nullità, era più che sicuro che suo padre non lo ritenesse degno di rispetto e all'altezza di portare il cognome Clark.
La festa si era svolta come si era immaginato: una noia mortale. Era fuggito via a metà della serata evitando accuratamente di salutare i suoi genitori e aveva mentito spudoratamente al suo migliore amico e tutto per cosa?! Per correre da lei.
La situazione gli stava sfuggendo dalle mani, Gijsbert non era uno stupido, prima o poi avrebbe scoperto il loro segreto e non voleva nemmeno immaginarsi la sua reazione apprendendolo. Prese un profondo respiro e mise il braccio sugli occhi. Doveva provare a dormire almeno qualche ora prima di presentarsi a scuola.
«Signorino Clark, signorino!» Kyle aprì gli occhi e notò subito la figura di Maria, il dolce sorriso della cameriera gli diede il buongiorno. «Mi scusi se l'ho svegliata, ma sono le sette, rischia di fare tardi a scuola.» Se la donna fosse stata sorpresa per il suo abbigliamento, non molto consono per dormire, non lo diede a vedere.
Kyle si stiracchiò, sbadigliando sonoramente, poi spostò lo sguardo verso la finestra "strano " sbuffò amareggiato, stava piovendo...di nuovo.
La sera prima, constatò, che si era addormentato con addosso ancora la camicia e i pantaloni dello smoking, si era tolto solo la giacca che era ancora a terra, nel mezzo della stanza, doveva essere veramente stanco, non ricordava nemmeno a che ora si fosse addormentato. Storse il naso dalla puzza dei suoi vestiti ancora umidi, doveva fare immediatamente una doccia, quell'odore era nauseante.
Si voltò per guardare la sveglia e si accorse che la cameriera aveva ragione, era in mostruoso ritardo, aveva appuntamento con Gijsbert e se lo avesse fatto aspettare, conoscendolo, sarebbe andato su tutte le furie.