Capitolo 13.Non finisce qui
La lezione di nuoto era terminata, Gijsbert non aveva avuto più l'opportunità di avvicinarsi a Raina, appena la professoressa aveva suonato il fischio della fine dell'ora, la ragazza era sgattaiolata via dentro gli spogliatoi femminili.
Uscito dalla doccia, afferrò l'asciugamano e si diresse verso il suo stipetto. Aveva incrociato Kyle mentre entrava negli spogliatoi e l'aveva salutato freddamente solo con un gesto del capo. Sapeva che l'amico stava soffrendo, come del resto lui stesso stava male per la situazione che si era creata ma, nonostante le pressioni da parte di Chadye, non era ancora pronto a perdonarlo. Aprì il suo stipetto e tirò fuori i vestiti, indossò i pantaloni e la camicia, stava per abbottonarla quando una voce alle sue spalle lo obbligò a voltarsi.
«Ti ho battuto!»
Sbuffando infastidito alzò gli occhi al cielo. «Per un decimo di secondo! Ti accontenti di poco Miller.»
«Si, visto che per adesso sono io il campione in stile libero della Harbor.»
Gijsbert, disinteressato, scrollò i capelli ancora bagnati e alcune gocce d'acqua finirono addosso a Paul bagnandogli la camicia, il ragazzo, schifato, osservò la sua camicia e con la mano cercò di pulirsi.
«Ti ha avvisato qualcuno che le selezioni sono domani e non oggi? Io se fossi in te non canterei vittoria con tanta facilità.»
Un ragazzino del terzo anno, che stava passando di lì, si fermò osservandoli incuriosito e Miller, notandolo, inveì contro di lui. «Che hai da guardare moccioso, togliti dai coglioni.» Non era un bullo, ma gli piaceva fare il gradasso con i ragazzini delle classi inferiori.
Kyle, era appena uscito dalle docce e a torso nudo, con l'asciugamano legato in vita, si era fermato a pochi passi da loro osservandoli e lo sguardo che vide comparire sul volto dell'amico lo fece preoccupare, quello sguardo spesso aveva intimorito anche lui, perché era il preludio di un colpo di testa da parte del ragazzo. Per questo rimase lì, fermo, in attesa dell'evolversi degli eventi.
«Credo che il ragazzino stesse guardando quel cosino che hai tra le gambe...» Gijsbert alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Kyle. «Ehi Kyle! Com'è che dicono: le dimensioni non contano? Fidati Miller, tutte stronzate...»
Kyle con un sorriso complice sul volto, identico a quello dell'amico, stando al gioco, rincarò «se fosse vero Elsa si sarebbe accontentata, ma il finale di questa storia me lo ricordo diversamente, anche se non ho buona memoria...mm...com'è che diceva Gijs!»
«Se non ricordo male, continuava a ripetere oh sì! Ancora...ancora...!» Gijsbert prese a imitare la ragazza, facendo diventare verde di rabbia Miller. «Se non erro disse anche che, con te, non era mai riuscita a godere in quel modo.»
Miller strinse forte le mani a pugno, era livido di rabbia, stava per colpire Gijsbert, ma Kyle, prevenendolo, si avventò su di lui. Lo bloccò, storcendogli il braccio sbattendolo contro lo stipetto, l'impatto fece rimanere Miller senza respiro. «Ahia cazzo! Lasciami Clark!»
«Non provarci amico se non vuoi che te lo spezzi, domani hai le selezioni e se ci tieni a gareggiare, ti conviene andartene, prima che finisca male per te.» Kyle lo liberò dalla sua presa e Miller, imprecando, massaggiandosi il braccio dolorante, se ne andò con la minaccia che non sarebbe finita lì.
Il capannello di ragazzi curiosi, che si era creato attorno ai tre, si era disperso e rimasti soli Kyle si voltò per tornarsene verso il suo stipetto, ma Gijsbert lo richiamò. «Ehi!»
Il ragazzo biondo tornò sui suoi passi. «Ehi!»
«Grazie per il supporto.»
«È stato un piacere, quando c'è da umiliare Miller mi trovi sempre disponibile lo sai, quel coglione è così insopportabile.»
Il silenzio che scese tra i due era soffocante, non si erano mai trovati a disagio tra di loro, il primo a spezzare quel silenzio fu Kyle. «Gijs, so che sei ancora arrabbiato e so che non sarà facile farmi perdonare da te, ti ho deluso, ma! ...»
Ma Gijsbert lo fermò, prima ancora che Kyle terminasse la frase «Kyle! Ci vediamo all'uscita, devo passare da Mark's music, devo comprare le corde e dei nuovi plettri per questa sera.»
Kyle, senza aggiungere parola, annuì. Sapeva che quello era il modo di Gijsbert di tendergli la mano per metterci una pietra sopra e di certo non si sarebbe lasciato sfuggire l'opportunità che gli era stata data. «Al solito posto?»
«Si amico, ci vediamo tra un'ora.»
«Allora a dopo.»
Dopo essersi vestito e aver salutato Kyle, Gijsbert si avviò insieme a Daren verso il terzo piano. Avere all'ultima ora, la lezione di scienze, dopo la lezione di nuoto, era inconcepibile. Entrambi, con passo svogliato, salirono le scale. Daren, per la sfortuna di Gijsbert, non la finiva più di lamentarsi. «Sono fottuto.»
«Daren finiscila, vedrai che andrà bene.»
«Gijs, come fai a non capire, non so un cazzo e ho già un'insufficienza in questa materia, se lo scopre mia zia mi uccide.»
«Se sapevi che dovevi essere interrogato, perché non hai studiato?» Avevano raggiunto l'aula di scienze e Gijsbert si era fermato con la mano sulla maniglia della porta.
«Domanda da un milione di dollari?» Lo prese in giro il suo compagno a pochi metri dietro di loro.
Daren si voltò e vedendo da chi arrivava la battuta, imprecò «cazzo Miller, ma tu sei sempre tra i coglioni? Ma perché non ti fai i cazzi tuoi...?!»
La disputa avvenuta nelle docce tra Gijsbert e Miller era già di domino pubblico e Daren, logicamente, patteggiava per l'amico, anche perché, se Gijsbert e Kyle non lo sopportavano, Daren proprio non lo tollerava, quel bastardo aveva provato, per tutta l'estate, a portarsi a letto Chadye, nonostante sapesse che era la sua ragazza.
«Comunque, mi scoccia doverlo dire, ma ha ragione lui, sei un coglione, lo sapevi, potevi studiare almeno per questa volta.» Rincarò Gijsbert che, suo malgrado, era stato costretto a dare ragione al suo nemico più acerrimo.
«Ehi! Ma tu da che parte stai!» Si risentì Daren.
Ignorandolo, aprì la porta e Daren, seguendolo, gli andò a sbattere contro. «A... Ahia! Cazzo mah! Gijs... Gijsbert!» Il batterista constatò che l'amico si era bloccato lì, davanti alla porta, impedendo ai suoi compagni, proprio dietro di lui, l'accesso all'aula.
Gijsbert, aperta la porta, aveva fatto un passo dentro l'aula e poi si era fermato, incredulo era rimasto ad osservare la ragazza che era lì, ferma, in piedi accanto alla professoressa Franzie. Senti il suo cuore accelerare i battiti, era una strana sensazione, a lui sconosciuta, nessuna ragazza era mai riuscita a farlo sentire così vulnerabile. Cazzo! Pensò, anche lei frequenta questa lezione.
Preoccupato Daren, si sporse per guardare la sua faccia e per cercare di capire quale impedimento ci fosse per non farlo entrare nell'aula. «Gijs! Tutto ok? Che diavolo ti prende?»
Gijsbert, recependo la voce dell'amico, fece un passo avanti. «N...niente...» mentì. Ma di Daren Chioke si poteva dire molte cose, ma non che fosse uno stupido, seguì lo sguardo del ragazzo e notò che era rimasto imbambolato a guardare la nuova arrivata. Gijsbert non riusciva a distoglierle gli occhi, la ragazza teneva lo sguardo basso e sembrava molto a disagio. Risentito per la sua reazione assurda, scosse la testa, come a voler cacciare via un pensiero troppo scomodo, doveva cercare di scrollarsi l'immagine della nuova arrivata dalla mente, che diavolo gli stava succedendo, sembrava un poppante alle prime armi, di solito era lui che faceva perdere la testa alle ragazze non il contrario.
Coglione, cazzo Gijs è solo una ragazza. Si ripeté nella mente, sempre più infastidito dal suo comportamento ridicolo. Entrando nell'aula e prendendo posto al banco, non le tolse gli occhi di dosso. Osservandola più attentamente, comprese che, non c'era niente di interessante in lei, oltretutto, oltre a essere insulsa, era anche troppo timida, no si ripeté con più convinzione, non era interessato a lei, ma la sua coscienza si fece sentire dandogli del bugiardo, lui era attratto da quella ragazzina anche se non riusciva a capirne il motivo.
La porta si era aperta con un tonfo sordo, Raina aveva alzato impercettibilmente lo sguardo verso l'entrata e il respiro le si era mozzato in gola. Hill era proprio lì, davanti a lei, fermo, immobile, gli occhi puntati su di lei. Cavolo, anche lui frequenta questa lezione. Fu un attimo, i loro occhi si erano incrociati, di nuovo, l'aveva visto osservarla attentamente, come a volerla esaminare fin nel profondo dell'anima, poi l'aveva visto scuotere la testa contrariato, come se, quello che stesse guardando, non fosse di suo gradimento.
Neanche lei sapeva per quale assurdo motivo le avesse dato fastidio vederlo fare quel gesto, non poteva essere colpa sua, lei neanche lo conosceva! Abbassando lo sguardo, si dette mentalmente dell'idiota, adesso era diventata anche paranoica, perfetto, quella città aveva una cattiva influenza sulla sua psiche, doveva essere colpa di tutta quella pioggia e delle sue notti insonne.
A interromperla, da quelle sue riflessioni illogiche, ci pensò la professoressa. «Bene, adesso che siamo tutti presenti, prendete posto.»