Libreria
Italiano
CapitolI
Impostazioni

Capitolo 14.Quello che lui vuole, lui lo ottiene sempre

I suoi compagni si sedettero ai propri banchi e poi, incuriositi, presero a studiarla. Alcuni di loro la conoscevano già, visto che, a ogni lezione di quel giorno, si era trovata nella stessa identica situazione, cioè quella di presentarsi alla classe. Alla faccia della riservatezza pensò stizzita, odiava essere la nuova arrivata, si sentiva sotto esame e lei non sopportata di stare al centro dell'attenzione. «Lei è la vostra nuova compagna, si chiama Raina Hayes e viene da New York.»

Un coro svogliato di ciao e benvenuta si levò nell'aula.

«Signor Hill, la Signorina Hayes non ha ancora il libro pertanto, oggi, lavorerà in coppia con lei, è pregato di aggiornarla sul programma che stiamo facendo e se potesse darle i suoi appunti, sarebbe cosa gradita.»

Raina, sentendo quelle parole, sbarrò gli occhi, spostò lo sguardo dalla professoressa al ragazzo. No cavolo, non lui! Pensò angustiata, tra tutti i suoi compagni, perché proprio lui.

No cazzo! Perché dovrei perdere del tempo con lei... fu il pensiero poco pragmatico di Gijsbert. «Mah prof! Io sono già in coppia con Daren.» Tentò, per cercare di togliersi da quell'impiccio troppo scomodo per lui. In quei pochi attimi che il suo corpo aveva reagito, in quel modo assurdo, alla presenza della ragazzina, aveva deciso che era meglio starle alla larga, era un pericolo troppo grande per la sua eccessiva autostima. «La Wilson è da sola al banco, può metterla in coppia con lei?!» suggerì, nella speranza che, la professoressa, prendesse in seria considerazione la sua soluzione.

«Credo che se per una volta, lei e il signor Chioke, vi dividete non morirete di certo e il signor Chioke, almeno per questa volta, potrà trovare un nuovo suggeritore nella signorina Wilson, magari sarà anche più discreta di lei signor Hill.»

Come la odiava, l'aveva sempre ritenuta una professoressa senza cuore e pure fin troppo stupida per quella materia così impegnativa. Sbuffando, suo malgrado, dovette accettare quell'imposizione e sconfitto annuì. «Come vuole lei.»

Lo sguardo di Raina passò dalla professoressa a Hill, incerta sul da farsi, aveva compreso perfettamente che il ragazzo non aveva il piacere di averla come compagna di banco, ma notando l'espressione severa della professoressa, rassegnata, si avvicinò titubante a lui, nello stesso momento in cui Daren le cedeva il posto. Poggiò lo zaino a terra e poi si sedette, cercando di rimanere il più possibile distante da lui, se in acqua, durante l'ora precedente, si era sentita in imbarazzo, adesso si sentiva agitata, oltretutto Gijsbert odorava di " tabacco" l'aveva sentito quando lui l'aveva tenuta stretta al suo corpo e a lei dava fastidio quell'odore, le rammentava suo padre, ispirò, certa di percepire quello stesso odore forte, sgradevole, ma con sorpresa sentì un profumo diverso, buono, inebriante, più dolce, un'aroma fruttato che sovrastava quello del tabacco... Nervosamente si morse il labbro... a lei piaceva quell'odore.

«Bene, oggi risparmierò il signor Chioke.» La voce della professoressa e l'esultazione di Chioke, la distrassero da quelle sensazioni che non aveva mai provato in tutta la sua vita. Daren esultò, la sua buona stella l'aveva nuovamente salvato.

In compenso, farete un test, avrete quaranta minuti per portare a termine l'esperimento, ricordatevi che, a fine lezione, per questo lavoro, riceverete un voto che vi varrà la valutazione del primo trimestre, cominciate pure.» Daren chiuse gli occhi, ed ecco che la sua buona stella l'aveva nuovamente abbandonato mandandolo a farsi fottere, sbuffò infuriato, se lui non sapeva niente perché non aveva studiato, la Wilson non sapeva niente perché era un'idiota senza cervello, gli unici interessi di quella ragazza erano: quale colore di vestito poteva abbinare alle unghie e al rossetto e poi il suo amico Hill, era veramente un'ossessione per lei. Perfetto! Sono fottuto...

Raina, rimanendo in silenzio e più lontana possibile dal suo compagno, per quanto la lunghezza del banco le permetteva, vide Gijsbert prendere i reagenti e il microscopio. «Potresti passarmi il vetrino per favore?» Le chiese senza nemmeno voltarsi verso di lei, allungò la mano in attesa che la ragazza gli passasse il vetrino per analizzarlo. Raina, dopo averlo individuato alla sua sinistra, lo passò al ragazzo, stando bene attenta a non sfiorare la sua mano, solo l'idea di toccarlo, nuovamente, sentì il suo cuore accelerare i battiti e uno strano calore espandersi dal suo ventre fino al volto.

«Sai quello che fai?» Gli chiese con voce lieve e timorosa.

Gijsbert alzò lo sguardo dal microscopio e voltandosi stizzito verso di lei, la osservò come se avesse appena detto chissà quale eresia. «Ma per chi mi hai preso!»

Le guance della ragazza divennero rosse, quegli occhi, erano così belli, unici, ma al tempo stesso la intimidivano. «Io...io...» Si rese conto che stava facendo la figura della stupida, umettandosi le labbra con la lingua, cercò di recuperare quel poco di lucidità e dignità che le era rimasta. Ma Gijsbert, notando quella reazione della ragazza, sentì il suo corpo reagire, quanto avrebbe voluto essere lui ad assaggiarle, constatare se realmente erano morbide come sembravano. Ma che cazzo stai pensando idiota?! Prese un profondo respiro, doveva restare calmo, distolse lo sguardo, riportandolo sul microscopico. Quella ragazzina era un'attentato al suo autocontrollo.

«Scusami, non volevo offenderti, volevo solo dirti che ho io già fatto questo esperimento nella mia vecchia scuola, se vuoi posso...»

Ma Gijsbert la interruppe, non era per niente intenzionato a lasciarle il posto, scienze, matematica e il nuoto, erano le tre materie dove eccelleva. «Bene, sono felice per te e ora sei pregata di lasciarmi lavorare.»

Ma perché si stava comportando così! Raina non riusciva a comprendere il suo comportamento scontroso, ma era ignara del fatto che nella testa del ragazzo stesse accadendo uno scontro tra il suo carattere impulsivo e il suo ego smisurato, si sentiva minacciato da quella ragazzina e non era abituato a sentirsi così vulnerabile e quando qualcosa andava contro le sue certezze, sapeva diventare un perfetto stronzo.

Raina, non riuscendo a trattenersi, si decise a chiedergli se, per caso, avesse avuto un problema con lei, in fin dei conti, neanche la conosceva e lei, era più che sicura, di non avergli fatto niente. «Scusa, ma, ce l'hai con me per caso? Mi dispiace, credimi, ma non è colpa mia se la professoressa mi ha messo in coppia con te, se vuoi il tuo amichetto, vai, io non ti fermerò di certo, posso benissimo gestire la cosa anche da sola.» La parola "amichetto" era stata sputata fuori con disprezzo e una punta di gelosia, odiava che lui la giudicasse ancor prima di conoscerla.

«Guarda che Daren non è il mio "amichetto "ma per chi ci hai preso!» La scimmiottò Gijsbert con tono infastidito.

«Fate silenzio voi due.» Li riprese la professoressa.

Gijsbert stanco di quel battibecco inutile, spazientito, gettò in malo modo la provetta sul banco, si fece da parte e, con un gesto stizzito della mano, le indico il microscopio. «Vuoi continuare tu? Visto che sei così brava, la postazione è tutta tua!»

Raina notò che il suo tono era alquanto scocciato come se, realmente, fosse infastidito dalla sua presenza. «No, tranquillo, continua pure, stai andando bene.»

Gijsbert sbarrò gli occhi, quella ragazzina lo stava esasperando, si voltò verso di lei, minacciandola con il suo sguardo gelido, reso ancora più incisivo a causa del colore dei suoi occhi. «Mi stai prendendo per il culo?»

«N...no!» Il modo in cui aveva detto quel no era stato di una semplicità disarmante. «Non mi permetterei mai, non volevo fare la sapientona, solo che non mi posso permettere di sbagliare, sono in lista per entrare al college e ho bisogno di un buon voto in questa materia o rischio di essere esclusa.»

«Quali sono i tuoi progetti dopo il liceo.» Le chiese curioso, non riuscendo a trattenersi, cercando però di non alzare gli occhi dal microscopio, se l'avesse fatto, sicuramente, si sarebbe tradito, l'interesse verso di lei era dannatamente reale.

Quella domanda la spiazzò alquanto, le era parso che lui non volesse avere a che fare con lei, invece, adesso, era lì a chiederle del suo futuro, che strano ragazzo. «Dovrei andare alla Maine College Arte e Design a Portland e laurearmi in architettura.» Gijsbert notò che i suoi occhi si erano spenti, come se non fosse quello il suo desiderio. «Scusa, ma perché dovrai!»

Abbassò timorosa lo sguardo, mordendosi il labbro nervosamente, come poteva dirgli che lei, nella sua vita, non aveva possibilità di poter scegliere un bel niente, no, non voleva parlarne con lui, era un perfetto estraneo, non poteva farlo. «Fa parte dei progetti!»

«A sentirti parlare così non sembrano i tuoi progetti.» Gijsbert buttò fuori quella frase come se fosse un'ovvietà, ma lei, scocciata, gli rispose stizzita.

«Non tutti sono fortunati da poter realizzare i propri sogni perché hanno i mezzi per poterlo fare.»

Gijsbert, alzando le spalle con noncuranza decise che, per il momento, era meglio lasciar correre. Anche se la curiosità lo stava logorando, perché voleva sapere tutto di lei, il suo interesse andava ben oltre al "semplice" desiderio di sapere, voleva comprendere cosa passasse realmente nella sua testa, di regola le ragazze erano sempre state un libro aperto per lui, ne aveva conosciute veramente poche che non era riuscito a comprendere, ma lei era così diversa, così enigmatica.

Per cambiare discorso, senza metterla ulteriormente in difficoltà, provò con un'altra domanda. «Perché vi siete trasferiti qui, in questa piccola città, piovosa, fredda e sperduta nel nulla?» Senza sapere che anche con quella semplice domanda l'avrebbe messa in difficoltà, perché la vita di Raina Hayes era difficile a prescindere e un ragazzo come Gijsbert, non avrebbe mai potuto comprenderla.

«Mio padre non voleva che io crescessi in una grande città come New York, per lavoro, spesso, mi lascia sola a casa e a New York aveva paura che potesse succedermi qualcosa, pertanto, ha ritenuto opportuno che Blue Hill fosse la città che facesse al caso nostro, piccola e più sicura per me, è stato il padre di Adriane a proporgli il trasferimento.»

«E non sei dispiaciuta di aver lasciato New York? Credo che la tua vita lì fosse totalmente differente!»

«S...si...» gli rispose incerta. Per lei non era cambiato niente o lì o a New York, la sua vita faceva schifo in ugual maniera. Notando la sua espressione incerta, si affrettò a dargli una motivazione più che valida. «Mio padre ha deciso di venire qui!» E per lei il discorso era chiuso.

Ma non per Gijsbert che curioso le chiese: «e tu non potevi dirgli di no?»

Raina scosse la testa negando. No, perché quello che lui vuole, in un modo o in un altro, lui lo ottiene sempre... pensò con rammarico. Gijsbert non mancò di notare l'espressione rassegnata che comparve sul volto della ragazza, stava per chiederle ulteriori spiegazioni quando la voce della professoressa li distrasse. «Basta, fermatevi, il test è finito, posate ogni cosa sul banco, scrivete sopra il foglio entrambi i vostri nomi e poi potete andare, i risultati li avrete la prossima settimana.»

Raina non fece a tempo a rispondergli perché furono interrotti dalla voce della professoressa e per fortuna, pensò, che cosa avrebbe mai potuto dirgli, che lei odiava architettura? Odiava vivere in quella città sperduta, piovosa e fredda e che amava la sua vita a New York? Ma suo padre, ancora una volta, aveva trovato il modo di distruggere i suoi sogni e la sua felicità.

Scarica subito l'app per ricevere il premio
Scansiona il codice QR per scaricare l'app Hinovel.