Capitolo 1. Gijsbert Hill
Nello stesso istante in cui Raina Hayes apriva la porta della sua nuova casa, una ragazza dai lunghi capelli biondi, all'altro capo della città, attirò l'attenzione di un passante che la vide imprecare e afferrare con rabbia il cellulare dalla tasca del suo zaino. Era da più di mezz'ora che se ne stava lì, in piedi, sul ciglio della strada e cosa stesse aspettando, non lo sapeva nemmeno lei. Stizzita cercò il contatto del suo ragazzo «Gijsbert, sono io e con questa si arriva a tre chiamate e sei messaggi che non ti sei degnato di considerare. Dove diavolo sei finito, ti ho aspettato invano davanti alla scuola, adesso ha preso a piovere e io sto andando a casa a piedi, ci sentiamo più tardi, chiamami.»
Adriane Russel era solo una ragazza di appena sedici anni, ma sapeva bene cosa voleva dalla vita e quella, non era la vita che si confaceva per lei. Risentita inviò il messaggio, doveva mettere la parola fine a quella storia o, ne era più che certa, ne sarebbe uscita distrutta.
***
Gijsbert Hill, ignaro di quello che stava accadendo, si trovava a duecentocinquanta metri di distanza dalla sua ragazza. Era insieme al suo inseparabile amico, Kyle Clark. I due ragazzi, quel giorno, avevano deciso di saltare le ultime due ore di matematica e si erano dati appuntamento alla sala giochi nel centro della cittadina. I due sedicenni erano amici da sempre, inseparabili. A occhi estranei potevano sembrare così diversi. Gijsbert Hill aveva capelli castano scuro, medio lunghi, occhi grigi, sguardo freddo, i tratti del viso marcati, impulsivo e molto testardo, mentre Kyle Clark era l'opposto dell'amico, calmo, una calma glaciale, razionale e molto intuitivo, i lineamenti del viso delicati, quasi femminei, biondo, amava portare i capelli corti, rasati ai lati, con un ciuffo sbarazzino sul lato destro del volto, occhi azzurri come un laghetto di montagna. Erano alti all'incirca allo stesso modo, un metro e settantacinque abbondante, entrambi fisici scolpiti da anni e anni di allenamenti, prima con il nuoto e poi in palestra. Era innegabile che entrambi fossero belli, troppo belli e fin troppo consapevoli della loro bellezza e dell'effetto che avevano sulle ragazze.
I due in città erano alquanto famosi, più che altro erano i loro cognomi ad avere un certo potere sulle persone. Le loro famiglie erano tra le più importanti e facoltose di Blue Hill, compresa quella della loro inseparabile amica, Chadye Parker. I loro antenati avevano fondato, nel lontano 1789, la cittadina di Blue Hill. Tra i vecchi i racconti sui loro avi si sprecavano, c'era anche una statua, nel centro del parco della città, dedicata ai tre padri fondatori con un cartello che riportava, a caratteri cubitali, i tre cognomi: Hill, Clark e Parker. L'anonimato per loro era pressoché impossibile, tutti li conoscevano, molti in città li avevano soprannominati "i figli di Blue Hill".
Gijsbert si voltò verso il suo migliore amico, lo sguardo accigliato «Io penso che Chadye sia strana in questi giorni.»
«Tu dici?» Kyle stava giocando con il flipper e non si degnò di alzare lo sguardo dal gioco.
«Come fai a non essertene accorto, la conosci quanto me e non hai notato che quando parla con noi evita il nostro sguardo?»
«Si, certo che l'ho notato» gli rispose, cercando di non far finire la pallina di metallo in buca.
«E non trovi che sia strano?»
Kyle alzò la spalla con fare noncurante e imprecando, per aver perso a sua volta la pallina, voltò la testa verso di lui... «E' da Chadye.»
«Già! È da Chadye» ripetette Gijsbert. «E lo fa principalmente quando non riesce a dirci qualcosa che ha fatto, specialmente se pensa di aver fatto una colossale cazzata.»
I due sorrisero concordi, l'amico aveva fatto un'analisi perfetta. La pallina di Gijsbert era andata nuovamente in buca, per questo riuscì a distogliere lo sguardo dal flipper per osservarlo. «Tu che cosa pensi le sia successo?!» Cercò di indagare riprendendo a giocare, sperando che Kyle avesse un'opinione al riguardo.
«Non ne ho la più pallida idea, ultimamente decifrarla è impossibile! Anche se...» Kyle aveva lo sguardo di uno che la sapeva lunga «...Penso che la colpa sia da attribuire a Daren, ho dei seri dubbi sulla loro storia e non credo che lui sia il ragazzo giusto per lei.»
Gijsbert constatò, ancora una volta, quanto fosse diventato polemico Kyle nei confronti del ragazzo di Chadye. Svogliatamente si passò una mano tra i capelli scompigliandoli. «Cazzo, domani ho il compito di Storia e mia madre voleva che oggi, uscito da scuola, tornassi subito a casa per studiare.»
«E noto con piacere che tu, come sempre, le hai dato ascolto ?!». Sorrise divertito. Gijsbert era bravissimo a cacciarsi nei guai, soprattutto quando di mezzo c'era sua madre, pur di contraddirla, era disposto anche a farsi del male da solo. Il ragazzo moro sbuffò spazientito. «Dai Kyle, lo sai cosa penso di mia madre, non la sopporto, ti rendi conto che vorrebbe che io scegliessi tra lei e mio padre? Quale madre chiederebbe una cosa del genere a un figlio!»
«Tua madre!» Fu la semplice risposta di Kyle che, notando la sua espressione afflitta, si affrettò ad aggiungere «Io al tuo posto sceglierei Alfred, per lo meno non è stronzo, ed è un pochino più affettuoso di tua madre, oltretutto Laila non è poi così male come matrigna.»
«Già, ma poi glielo spieghi tu a mia madre. Quella, quando lo viene a sapere, mi uccide.»
«Beh poco male, per lo meno non dovrai più decidere con chi andare ad abitare "se sei morto", che cosa ti interessa!»
«Giusta osservazione, ma ci tengo alla mia vita e che si fottano i miei genitori, alla fine seguo il tuo esempio o quello di mia sorella, me ne vado di casa...a proposito, che ore sono?»
Kyle girò il braccio dove l'orologio, che gli aveva regalato suo fratello, era sempre allacciato al polso, era l'unica cosa che gli era rimasta di lui e non se ne separava mai.
«Sono le 14.30.»
«Cazzo! Devo andare.» Gijsbert si rese conto che era in ritardo.
«Facciamo così, finisco la partita e poi vado a casa. Invio un messaggio a Chadye, se lei non avesse altri impegni le dico che ci incontriamo alla baia per le 17.00.»
«Perfetto, fammi sapere, io scappo.»
«Ok, a dopo. E vedi di non tardare.» Specificò Kyle urlandogli dietro le ultime parole, mentre l'amico correva verso la porta, sapendo che la puntualità non era il suo forte. Rimasto solo, riportò l'attenzione al gioco, il suo intento era quello di battere il record dell'amico, erano mesi che ci provava e sentiva che quello era il suo giorno fortunato.