CAPITOLO 6
Ottimo lavoro, ma ora levati
POV DANIELLE
*sogno*
La strada è buia, illuminata solo da un misero lampione che emette luce fredda.
Una folata di vento gelido mi colpisce in pieno volto, scompigliandomi i capelli lunghi.
Ho i libri appena ritirati dalla biblioteca stretti al petto con il timore che si sciupino. A me piace studiare e leggere.
Una voce maschile, come in una richiesta smorzata d’aiuto, si libra nell'aria. Che fare? Proviene da dietro l'angolo, da quel vialetto buio e umido. Mi appoggio al muro nella speranza di non essere vista. Mi sporgo e sbircio.
«Lasciami» urla il ragazzo a terra tentando di liberarsi dalla presa del tizio moro e mascherato sopra di lui che lo tiene fermo a fatica.
«Sta’ zitto» gli risponde un altro che sta facendo il palo mentre l’aggressore continua a picchiarlo.
Uno, due, tre pugni lo colpiscono al volto prima che il ragazzo mascherato si fermi. Accosta la fronte a quella dell’altro. «Mi dispiace, amico.» Continua a scuotere la testa e a balbettare scuse smorzate. «Chi c'è lì?» grida il palo.
Oh no, mi ha sentito. Mi ha visto. Dal terrore, incomincio a correre. Volo a più non posso verso una meta sconosciuta, voglio andare da qualsiasi altra parte. Il ragazzo non mi rincorre, si arrende appena volto l'angolo. Corro fino a raggiungere il primo vicolo e mi nascondo.
«Uno» dice qualcun altro. Mi volto di colpo e quella che mi si presenta davanti è una scena devastante. Merda.
*fine sogno*
Mi alzo di scatto con il fiatone, terrorizzata dall'ennesimo incubo. Ogni cosa in questa stanza che proietta ombra mi terrorizza. Senza pensarci due volte, decido di chiamare Scott ma, appena cerco a tentoni sul comodino, ricordo che il cellulare è nelle mani di Richard visto che ieri sono scappata senza prenderlo.
Strizzo gli occhi e cerco di calmare il mio cuore galoppante e il respiro accelerato. Ma non ci riesco.
Cavolo, ma che mi sta prendendo?
Tento di scendere dal letto, ma un flash mi colpisce gli occhi.
Una bambina dai lunghi capelli biondi sta scendendo le scale di questa casa. È felice e spensierata mentre vede suo padre che la attende a braccia aperte. All’ultimo scalino, si getta verso di lui che la afferra e la stringe a sé ignorando le lacrime che le rigano il volto.
Percepisco i loro stati d’animo, ma non riesco a capire se quello che avverto è dolore o gioia.
L’uomo la culla, la consola dicendole che è tutto finito e che ora tornerà a casa.
Non esita ad afferrare una coperta termica e ci avvolge la piccola che indossa soltanto un leggero abitino bianco.
Scuoto la testa e lentamente scendo dal letto dirigendomi in cucina per prendere le mie solite venti gocce di tranquillante nella speranza che facciano effetto prima possibile, ma un altro flash mi si presenta alla mente.
«Ho avuto paura, papà» dice la piccola stringendosi al petto dell’uomo che per consolarla le accarezza i lunghi capelli. Avrà all’incirca cinque anni, non di più.
Il padre non parla, non le dice nulla per confortarla o per farle sentire il suo amore. Sembra un blocco di ghiaccio, ma i suoi occhi lo smascherano. Muove un braccio come a incitare qualcuno a entrare.
Alcuni uomini a volto coperto, vestiti di nero dalla testa ai piedi, avanzano e si dirigono al piano di sopra.
«Ora sei al sicuro, piccola mia. È tutto finito. Torniamo a casa e dimentichiamo ciò che è accaduto. Me lo prometti?» sussurra l’uomo tra i capelli della bimba che annuisce con forza. «Brava la mia piccola Dream. Diremo che ti sei nascosta nella mia valigia e nessuno se n’è accorto.» Gli occhi dell’uomo sono spaventati quando guarda verso il piano di sopra.
Riprendo coscienza e respiro a fatica.
Che diavolo ho visto?
Scivolo sul pavimento e mi rannicchio portando le ginocchia al petto. Anche se a rilento riesco a calmarmi, non ho però le forze per alzarmi da terra.
POV RICHARD
Dieci minuti. Dieci minuti di ritardo. Di solito è lei quella puntuale mentre io sono sempre in ritardo. Quando arrivo in auto, lei c'è sempre ed è sempre pronta a sorridermi o a stuzzicarmi con lo sguardo.
Il suo telefono nella mia tasca continua a illuminarsi senza sosta e la scritta 'My Love' compare ogni volta sullo schermo.
Sono tentato di rispondere, voglio sapere chi è o, per lo meno, intimare di smetterla a chi sta tartassando di chiamate Danielle. Ma non ne ho davvero il coraggio. Stranamente.
«Ma perché diavolo non risponde al telefono? La sto chiamando da ore!» ringhia Linda gettandosi sul sedile posteriore. Quindi 'My Love' è lei. Come ho fatto a non capirlo?
La portiera si apre di scatto rivelando una ragazzina confusa e molto assonnata. I lunghi capelli scuri sono scompigliati e le occhiaie le sottolineano gli occhi. «Che fine hai fatto? Siamo tutti in ritardo» continua mia sorella attaccandola. Non le dà tregua.
«Scusa. Non ho la sveglia visto che di solito uso il telefono ma ora non so dove sia» balbetta, «non succederà più, lo prometto.»
Quella suoneria infernale è riuscita a svegliare pure me. Chi mai usa l’Harlem Shake come sveglia? Lei, ecco chi.
«Dove diavolo l'hai lasciato questa volta? Davvero, Dan, uno di questi giorni ti dimenticherai persino la testa.»
«Non ne ho idea. Ieri era di nuovo nelle mie mani. Oggi non lo so» spiega stringendosi nelle spalle. Bugiarda. Una bugiarda nata. «Oh, merda» sbotta poi e si affretta a scendere dalla macchina così in fretta che quasi inciampa nei suoi passi per evitare mio padre che si appresta a salire.
A passo veloce rientra in casa lasciando la porta aperta e, dopo qualche minuto, ricompare. Ritorna in auto e ha le guance piene, come se avesse qualcosa in bocca. «Scusate» dice subito dopo aver deglutito, «ho dimenticato anche la testa.» Sorride. Definirla unica è un eufemismo.
Mia sorella ride. «Senti, hai matematica oggi pomeriggio, vero? Adam alla fine ti ha inserita nel corso di recupero di Hansel» spiega mia sorella.
«Cosa?» Diavolo, ho pensato ad alta voce.
«Non lo sapevi? Tu che sai sempre tutto» si azzarda a dire in tono perfido Linda. Mi giro verso di loro. Non posso crederci. «Sì, grazie al compito svolto da te, ha cambiato idea. Se n’è accorto» aggiunge. Non posso crederci, glielo ha detto?
Fisso Danielle, puntando i miei occhi nei suoi che sono inspiegabilmente lucidi, con la speranza che parli. Rivela che ieri sera ha ricevuto la chiamata del preside, che la informava che le ripetizioni sono state annullate dopo la mia irruzione in classe e il sospetto che sia stato io a fare il compito al suo posto. Diavolo, no davvero.
Arrivati a scuola, scendo di corsa dal SUV e mi dirigo in presidenza senza guardare da nessuna parte, eccetto davanti a me.
Rischio quasi di essere investito mentre attraverso la strada.
Particolare irrilevante vista la situazione.
Al guidatore dell’auto sarebbe andata anche bene, avrebbe avuto l'onore d’investire una star.
Davanti alla porta dell'ufficio di quel dannato preside, la sua segretaria mi viene incontro cercando di bloccarmi. Non le do corda ed entro senza preoccuparmi di chi stia seduto davanti a lui.
«Che diavolo credi di fare?» sputo sbattendo i palmi sulla scrivania.
«È la cosa migliore. Ti avevo dato una possibilità, anzi, l’avevo data a lei. Invece d’impegnarsi e imparare, si è fatta fare il compito da te, magari corrompendoti con qualche favore o cose del genere. Non lo posso accettare» risponde lui duro.
La persona di fianco a me, che ha un orrendo colore di capelli, se ne va, intuendo forse che la discussione si sta facendo seria.
«Gliel'ho fatto io, è vero. Aveva dimenticato il quaderno e non potevo restituirglielo in tempo.»
«Se non sbaglio, abitate di fronte. Per caso la strada era diventata un fiume in piena e per quello non riuscivi ad attraversarla?» insinua. Il suo sorrisetto mi dà il voltastomaco.
«Sì, un fiume in piena chiamato Sarah. Sicuramente lo hai detto a Kandeys, dato che viene a letto con te» sbotto. Lui mi guarda ad occhi spalancati restando a bocca aperta. «Credevi che non lo sapessi? Ritieni che io sia così stupido?» continuo. «Se le fai fare quel corso di recupero con Hansel, giuro che il consiglio scolastico lo verrà a sapere, per non parlare dei finanziatori, e ti ricordo che uno di loro è suo padre. E non dimenticherò d’omettere che chiami le alunne nei giorni feriali a orari non consoni» aggiungo. «Per non parare del fatto che continui a chiedermi favori in cambio del foglio del mio diploma. Che ne pensi?»
«Non lo puoi fare.» Sgrana gli occhi e scuote la testa incredulo. È terrorizzato dalle mie parole? Bene, ne sono molto felice.
«Non sfidarmi o te ne pentirai. Lascia le questioni private lontano da quelle scolastiche.» E me ne vado da quel maledetto ufficio fin troppo grande per un semplice preside nullafacente. Sbatto con forza la porta e mi ci appoggio chiudendo gli occhi e sospirando. Devo calmarmi.
Non posso credere di aver messo in mezzo Sarah. Avrei dovuto chiudere con lei già da qualche tempo, invece di continuare con quella stupida relazione aperta. Non mi importa se rimarrò solo, non ne farò un dramma. Ritornerò il ragazzo sfigato che ero un tempo e basta. Posso comunque prendere e andarmene da qualche altra parte nel mondo come ho fatto quest'estate, dopo la litigata con Danielle. Lontano da tutto e tutti.
Sollevo di scatto le palpebre sentendomi osservato. Noto solo ora l'uomo che prima era nell'ufficio del preside, quello con gli orrendi capelli pel di carota; è ancora qui, appoggiato con la schiena al muro mentre sorride divertito gustandosi la scena. I suoi occhi verdi mi bruciano la pelle e quel sorriso falso è la ciliegina sulla torta. «Che cazzo hai da ridere?» scatto irritato persino dal suo stesso respiro. Mi sembra di conoscerlo, ma non so bene dove l’ho visto.
«Nulla» ridacchia e con un’agile mossa si stacca dal muro e mi viene incontro. Poggia la mano sulla mia spalla stringendola lievemente. «Ora levati dai coglioni.» Mi spinge di lato in modo fin troppo arrogante, porta le dita sulla maniglia e i miei occhi sono attratti da qualcosa di familiare. Un Rolex e un grosso anello sul mignolo. Entra nell'ufficio, ma prima di chiudere la porta, il suo sorriso si spalanca ancora di più facendomi davvero paura. Norman Bates in confronto è un dilettante.
Chi diavolo è quell’uomo tutto in tiro con i capelli rossi? Stranito, mi dirigo verso l’uscita, ma nel corridoio incontro Linda. Strano che sia da sola. L’affianco cambiando espressione.
La saluto con il sorriso sul volto, ma lei prima mi scruta pensierosa e poi ricambia in modo irritato.
«Ho risolto. La questione delle ripetizioni, intendo. Ho risolto, te lo giuro. Ora è tutto ok. Tutto come prima» le spiego con un tono abbastanza insicuro e timido. D'un tratto ho paura di mia sorella? Almeno per ciò che riguarda Danielle credo di sì. So come è tremenda e ostinata quando si tratta delle sue amicizie più strette. Basti vedere ciò che ha fatto per quell’imbecille di Logan, seppure non sia suo amico ma il suo...
Diavolo, perché penso a Logan?
Mi guardo intorno, cercando Danielle, voglio dirglielo. Spero solo che non creda che sono arrabbiato con lei visto che ha raccontato a Linda che sarò io a darle ripetizioni. Non m’importa.
«Chi hai picchiato? O hai fatto di peggio?» chiede in tono rabbioso. Alza gli occhi al cielo e si porta le mani sui fianchi. Mugugno. Non può solo credere che ho ottenuto qualcosa senza usare la violenza? «Richard, ti conosco troppo bene per sapere che non sei andato dal preside in modo amichevole. Che gli hai detto?» Cazzo.
«Meglio che tu non lo sappia.» Storco la bocca in una smorfia. Mi volto di nuovo a cercare la sua amica. Ma dove diavolo è? Di solito accorre in pochi secondi. Linda torna ad ammonirmi rassegnata. «No, non è come credi.» Ormai sono come un bambino che deve scusarsi a tutti i costi. «Ho solo usato le mie conoscenze ed ho risolto. Vedi? Non sono un disastro come credi. Giusto, no? Ho risolto. Lei non andrà da Hansel ma verrà da me.»
«Secondo me, tu sei matto. Tu che non fai mai niente per niente, stai aiutando qualcun altro di tua spontanea volontà. Non è che ti è tornata la cotta dopo quella cosuccia in camera sua?»
«No» scatto senza pensare. Oh merda... Glielo ha raccontato? Oh mio Dio. Questo manda all'aria la mia regola base: tenere Linda fuori dai miei affari. «Te l'ha detto?» Inizio a respirare con affanno passandomi nervoso la mano tra i capelli. Lei non doveva saperlo. Sono molto agitato e la cosa non promette bene. «Te l'ha detto?»
«Secondo te? So tutto di lei e lei sa tutto di me» mi spiega. «Anche ciò che è successo a Orlando con te e con Nick» continua, «e con Lucas e di quanto ci sia rimasta male. E di...»
«Smettila. Non mi piace che tu sappia così tante cose» replico quasi terrorizzato da quell'idea. Sono io a dovere sapere tutto su di loro e non il contrario. Non esiste. La mia vita, le mie cose, lei non doveva saperle.
«E non mi hai nemmeno chiesto come lo so visto che me lo hai tenuto nascosto. Richard, non è da te.»
«Te lo ha raccontato lei.» Dovevo dire a Danielle di tenere la bocca chiusa.
«Certo, perché il fatto che tu sia entrato in classe per lasciarle il quaderno non mi ha certo messo la pulce nell’orecchio, vero?» Mi giro di nuovo a cercarla con gli occhi, ma non la vedo.
La campanella suona e mia sorella sta per andarsene, però si volta. «Strano, vero? Dico, essere dall’altra parte.» Sorride. «Vedi? Ora la stai cercando. Lasciatelo dire, ti è tornata la cotta, rassegnati» e se ne va saltellando.
Sì, è vero. Mi è tornata la cotta, anzi, non se n’è mai andata.
POV DANIELLE
Chiudo la porta alle mie spalle e faccio un respiro profondo. Prendo coraggio e cammino decisa per il corridoio di questa insopportabile scuola. Il preside mi ha chiamato nel suo ufficio e non è stata la cosa peggiore di oggi.
Mi soffermo nell'angolo dedicato ai trofei scolastici. Provo ribrezzo vedendo la foto che immortala i finanziatori all'ultima cerimonia del diploma. Credo abbiano aggiunto una nuova immagine, perché non ricordo di averla mai vista. Mi avvicino e i miei occhi indugiano a fissare l’uomo di fianco a John. I suoi capelli rossicci sono buffi considerata la sua stazza robusta. I due sono abbracciati in una stretta laterale e sui loro visi c’è divertimento. Non so chi sia e la cosa mi sorprende.
Mi raddrizzo e indietreggio senza badare a ciò che mi circonda. Sbatto contro qualcuno che, per attutire il colpo, porta le mani sulle mie spalle stringendole lievemente. Incuriosita dal gesto premuroso, mi volto e, ritrovandomi davanti lo stesso uomo che ho appena notato nella foto, sgrano gli occhi.
Balbetto delle scuse e lui si limita a sorridermi, mi porge la mano che non esito a stringere, vista la sua aria gentile.
«Sono Carrik, uno dei finanziatori della scuola. Tu sei?» dice molto galantemente. La sua voce è un sussurro delicato. Il suo volto felice mi rassicura e m’invoglia a sorridergli.
Finanziatore?
«Danielle Brown. Molto piacere» mi presento. All’improvviso il suo sorriso si dissolve e stringe di più la mia mano. I suoi occhi si spostano da me alla bacheca che si trova alle mie spalle.
«La figlia di John, giusto?» bisbiglia tornando a fissarmi. Annuisco e divento seria. Cerco di sfilare la mano, ma lui mi attira più vicino a sé. «Sono felice di vedere che sei ancora tra noi. So cosa ti è successo e mi dispiace molto. Se vuoi parlarmene, non esitare.»
«Sto bene, grazie» balbetto. I suoi occhi sono puntati nei miei e incominciano a farmi paura giacché il suo atteggiamento è cambiato in peggio. Cerco in ogni modo di non darlo a vedere ma credo di averlo insospettito.
Chi diavolo è questo uomo? Perché ha cambiato atteggiamento appena ha saputo il mio nome?
A dividerci è la campanella della fine delle lezioni. Lui si distrae ed io riesco a sfilare la mano dalla sua presa. Corro via senza voltarmi con il pensiero di chiedere a Jackson se per caso conosce quell’uomo dai capelli rossi.
In macchina Linda è di umore differente. Sbuffa perché il dottor Breenly ci ha appena dato la notizia che Richard e mio fratello hanno un’intervista e quindi rientreranno tardi.
«Ed io, come al solito, non ne sapevo nulla. Ma che ci sto a fare con mio fratello se non mi avverte neppure di queste cose?» mi intrometto.
«Non arrabbiarti. L’hanno saputo poco fa. Ha cercato di chiamarti, ma non hai risposto» replica Andreas. Ma quanta carica ha il mio cellulare?
«Può telefonare quanto vuole, tanto ce l'ha Richard» rispondo seccata gettandomi contro lo schienale del sedile. Basta mentire.
«Allora è davvero tuo. Pensavo che l'avessero rubato da qualche parte. Tieni» e Andreas mi porge il telefono.
«Stai scherzando? Da quando ce l’ha lui?» domanda sbigottita Linda.
«Da quando ha risposto a Nick dicendogli di lasciarmi spazio» confesso. Linda sorride e scuote la testa. «Che c’è?»
«Niente.»
***
Quando arriviamo a casa, decidiamo di fare i compiti insieme. Più che dedicarci ai compiti, parliamo e basta. Più che parlare, spettegoliamo in modo amichevole su tutto. Perché le ragazze sparlano.
«Senti, ma ai vecchi vicini cosa è successo?» chiedo abbastanza incuriosita, visto che l'ultima volta che vi avevano accennato si erano rattristati.
«Nulla d’irreparabile. È una storia lunga e noiosa. Per farla breve, diciamo che per evitare casini, sono andati in Scozia, credo» mi spiega frugando in un cassetto.
Tira fuori una foto di qualche anno prima, in cui ci sono: lei, Richard e una ragazza. «Lei è Jennifer, mi faceva da baby sitter, anche se era poco più grande di Richard» spiega. «Non ti nego che mi manca da morire. Era una ragazza solare e aveva una risata contagiosa, un carattere stupendo e sempre felice. Finché non s’intromise Richard con... Ma quella è un'altra storia che non sta a me raccontarti» mi liquida. Mi chiedo chi mai dovrebbe parlarmene. Nessuno mi dice le cose come stanno e devo per forza arrabbiarmi per ottenere qualche risultato.
Sul suo volto e nella sua voce c'è tristezza. Ci teneva davvero a quella ragazza e si vede. «Comunque, la sento una volta all'anno, sai? È lei a chiamarmi e questo mi fa sperare in un suo futuro ritorno.»
«Ma è la ragazza delle foto di Lucas.» Fisso lo sguardo sull’immagine perché mi sembrava di averla già vista da qualche parte, ma non ricordavo dove. I capelli lunghi di una tonalità abbastanza comune le coprono le spalle. La pelle è chiarissima e sul volto c'è qualche lentiggine. Gli occhi sono di un color ghiaccio, assolutamente unico, come se fossero finti... come... come i miei...
come me... oddio, ma è identica a me!
Oddio, mica lui rivede lei in me? Lui paragona me a lei? Lui...
Poso subito la foto e cerco di calmarmi. Devo scacciare via il pensiero che entrambi i ragazzi vedevano lei in me.
«Dan, stai bene?» Linda mi scuote, richiamandomi alla ragione. Mi volto di scatto verso di lei e vedo i suoi occhi preoccupati. Le offro un sorrisetto sbilenco e annuisco.
«Ma non puoi richiamarla?» chiedo stupidamente mentre torno a fissare la ragazza nella foto.
«Magari, ma nasconde sempre il numero, di solito mi telefona per il mio compleanno.» Abbassa lo sguardo. «È stata la prima che ha creduto in me e Logan, ed è grazie a lei che sono quel che sono. Poi Richard me l'ha portata via» continua.
«E non può rintracciarla lui? È un mago in quelle cose.»
«Assolutamente no. Non deve sapere che la sento, non deve sapere che so dov'è, come sta e del bam...» farfuglia scuotendo la testa. «Ne è uscito distrutto. Si è fatto mesi di terapia per quella storia.» China la testa e gonfia le guance d'aria «Facciamo che non t'ho detto nulla, ok? Ti prego» supplica. «Mi uccide se sa che ti ho parlato di lei.» Mi acciglio e annuisco come sempre. So che mi sta nascondendo qualcosa, ma cosa? Scendiamo per la cena.
Chiacchieriamo del più e del meno, anche dei vari corsi da frequentare per ricevere crediti extra, delle matricole e di Orlando.
Le numerose insinuazioni di Andreas sul mio cambiamento mi sembrano davvero infondate. Non sono poi così diversa. Sono sempre la ragazzina insicura che ero prima di partire, ma lo lascio nella sua convinzione.