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Capitolo 6

Marina

Scesi i gradini fino alla porta che doveva portare al seminterrato, la aprii con uno strattone, ma era chiusa a chiave. Tutte le altre porte della casa erano aperte, ma questa era chiusa a chiave.

- Cosa c'è qui dentro? - Mi voltai verso la cameriera che spolverava lì vicino. Il mio italiano non era certo perfetto, ma non potevo nemmeno definirlo pessimo. Soprattutto tenendo conto del fatto che non ero mai stata in Italia.

Non appena raggiungemmo il posto, Victor se ne andò, lasciandomi esplorare la casa da sola. Era quello che avevo fatto nell'ultima ora e mezza. Il volo non è stato diverso: il comfort di un jet privato, un'assistente di volo che sembrava una delle modelle che avevano sfilato in una sfilata di moda non molto tempo prima. Una tazza di caffè nero e le nuvole che fluttuano sotto le ali...

- Se il padrone di casa vuole che tu lo sappia", rispose con una rigida arroganza mentre spazzolava via la polvere da un vaso già lucido, "te lo dirà.

- Vaffanculo", mormorai tra me e me in russo.

- Mi scusi, non capisco..." si accigliò. I suoi lineamenti erano superficiali, ma, come ogni cosa in questa casa, interessanti. Se non fosse per lo sguardo altezzoso, la definirei abbastanza bella. Mentre ci pensavo, una domanda mi balenò nella mente: era solo la cameriera di questa casa o...?

- Ho detto che glielo avrei chiesto", dissi in italiano mentre salivo le scale.

La superai in salotto, sentendo i suoi occhi sulla mia schiena. Geloso? Di certo non dovrebbe esserlo! Tutto ciò di cui avevo bisogno da lei, come lei stessa ha detto, era un'intervista. Anche se ovviamente non glielo avrei detto.

- Chi ti ha fatto entrare qui? - Toccai la testa di un grosso alano che era letteralmente volato nella stanza. Sembrava più un piccolo cavallo. Quando siamo entrati nel parco della serra, si è precipitato verso di noi, guaendo come un cucciolo, ma da allora non l'ho più visto.

Pochi secondi dopo, Miko apparve nella stanza dopo il cagnolino. Mi aspettavo di vedere anche Victor, ma il suo manager era solo.

- Ho bisogno di te", ha detto in un russo disgustoso dopo aver toccato qualcosa sul suo telefono. - Andiamo nella sala business.

- All'archivio? - Facendo finta di niente, gli ho risposto in russo.

Strinse i denti. Sapevo che il famoso Marcello aveva origini russe e parlava molto bene il russo, ma il suo manager era un evidente ignorante.

- Parla lentamente", chiese dopo aver dato qualche altra occhiata al display. - Sono qui per il caso", la moderazione con cui pronunciò ogni parola era una chiara indicazione del suo atteggiamento nei miei confronti.

Alzai lo sguardo verso il piccolo con lo stesso sguardo che mi aveva rivolto all'aeroporto, e poi lo dissi in italiano:

- "Non si preoccupi di tradurre. Parlo italiano. E tu, Miko, dovresti cambiare interprete. È disgustoso.

Feratti si stringe le labbra, gli occhi scuri brillano. Ma non disse nulla. Si avvicinò al tavolo della cucina e vi posò sopra una cartella. La aprì, ne estrasse alcuni fogli e li gettò accanto, seguiti da una penna.

- Che cos'è? - Chiesi, mentre lui annuiva con noncuranza ai fogli.

Presi un foglio e lo guardai rapidamente. Clausole del contratto - la prima, la seconda... Il contratto di non divulgazione.

- L'accordo di non divulgazione", disse subito Miko, come avevo capito. Il mio sguardo si posò sulla riga, dove era scritto l'ammontare delle penalità. Dio... Con questi soldi si può comprare non solo un appartamento a Mosca... Un appartamento di cinque stanze con finestre che danno quasi sulla Piazza Rossa!

- Non firmerò nulla", lo guardai, senza lasciargli il foglio dalle mani. - Victor non mi ha parlato di un contratto.

- Victor..." sorrise imbronciato. - Victor non le ha detto molte cose. Ma è così: se volete restare, firmate. Ma vi consiglio di prendere la spazzatura che avete portato con voi e di andarvene da qui.

- Non lo farai", sibilai, fissandolo a bruciapelo. - Non sono venuto qui per questo", il suo viso era rotondo, ma potevo ancora vedere gli zigomi nei suoi zigomi. I suoi occhietti si scurirono e le sue labbra impallidirono. Il risentimento che avevo provato prima era diventato più intenso.

- Badate", disse a bassa voce, quasi sibilando, minacciosamente, "potete ingannare Marcello, ma non potete ingannare me. Ti osserverò, ogni tua mossa.

- Mi stai minacciando?

- Ti avverto", mi spinse i fogli. - Apponete la vostra firma.

- No", risposi con fermezza.

Si stropicciò le labbra, con gli occhi che scintillavano in modo poco gentile. Mi sentivo a disagio.

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