Capitolo 6
Non risposi, non volevo.
"Hai sonno?"
"Quando una persona si mette a letto, credo che lo abbia, Ernandez!" risposi.
"Peccato... volevo fare un giretto e magari trovare altre Ensaimadas."
"Passo, grazie."
"Perché sei tanto antipatica?"
"Perché sei tanto insistente?"
"Perché non rispondi mai alle mie domande?"
"Perché continui a farmele?"
"Ahhh!!!" commentò con la solita faccina di corredo.
Bene, mi mancavano i tuoi emoji..."
"Allora ci vieni nella mia camera?"
"Fottiti Ernandez! Trovati un'ombrellina!"
"Lo chiedevo, ma non per la ragione che intendi tu. Comunque se vuoi..."
"Fottiti!"
Terminai la conversazione e non lessi più nulla fino al giorno successivo: Ottantaquattro messaggi di scuse.
La domenica era arrivata, io stavo bene. Tutto quello che ha a che fare con l'America, come già mi pare di aver detto, è maestoso e spettacolare. Le competizioni si aprirono con parate di bande, cheerleaders, caccia militari che sfrecciavano sulla striscia di cielo dell'autodromo ed un solenne inno nazionale, immerso nel più totale silenzio composto. Era estremamente emozionante.
Alex era abbastanza agitato, in pista scambiammo qualche chiacchiera, lo esortai a restare calmo, a perseguire un obiettivo e a concentrarsi. Qualsiasi sarebbe stato il risultato, tutto il team sapeva che avrebbe dato il meglio di sé. Si mise in sella a cinque minuti dalla partenza, sorseggiando un drink energetico, nel più totale silenzio. Noi addetti alle termocoperte eravamo gli ultimi a sgomberare la pista, a trenta secondi dal warm up. Sfilai l'involucro dello pneumatico e corsi a bordo pista attendendo la partenza del giro di ricognizione, osservandolo.
-Vai Alex. - bisbigliai tra me e me, prima di ritornare in fretta al box.
Sedetti accanto a Mattia per godermi la gara dagli schermi interni, dopo aver riposto le termocoperte, giusto in tempo per vedere sfrecciare Ernandez nella pit a bordo del suo monopattino, che mi salutava con la mano.
-Dio! Si ricorda di me?! - balbettò Mattia, stupito.
-Non credo... - risposi evasiva.
Mattia mi conosceva più di chiunque altro in quel team. Eravamo diventati molto amici nei quattro anni precedenti, lui era probabilmente l'unico amico che avessi in Veneto. Mi osservò, quasi studiandomi.
-La partenza! Ora te la perdi! - dissi, nel tentativo di farlo smettere di analizzarmi.
-Ne parliamo dopo, ok? - aggiunsi, rendendomi conto che non la smetteva di guardarmi.
Ebbene sì, Alex era un prodigio. Fece esplodere in ognuno di noi un uragano di emozioni che, personalmente, non mi erano note. Aveva superato per un pelo una scivolata di gruppo alla prima curva, era quasi caduto al quinto giro finendo decimo e poi... era risalito: nono, ottavo, settimo, sesto, quinto, quarto, terzo, secondo a tre giri dalla fine. Last lap, seconda a destra, veloce a sinistra per la terza, passaggio esterno di prepotenza, staccata al limite... ed era primo. Le successive diciotto curve furono un travaglio tipo parto, fino al traguardo. Alex Miles, sedicenne inglese, aveva vinto il suo primo gran premio in moto3.
Non sto qui a dirvi che genere di festeggiamenti ci furono alla vittoria di Alex in Texas, sappiate solo che, la mattina del lunedì, anche Franco era visibilmente a pezzi. Supervisionare il carico della moto e dell'attrezzatura fu un lavoro quasi interminabile.
Quando finalmente sedemmo sui sedili dell'aereo di ritorno, eravamo tutti distrutti. Mattia cercò invano di rimarcare il discorso su Ernandez, ma senza alcun risultato. Evitai anche di informarlo che gli avevo fatto le congratulazioni per aver vinto nella sua categoria e a ciò era seguita una breve conversazione per messaggi. Tirai sugli occhi la mascherina e mi gettai a capofitto tra le braccia di Morfeo.
Una volta tornata a casa decisi che avrei spento il cellulare per almeno due giorni. Purtroppo avevo dimenticato di avere un citofono. Mattia si catapultò a casa mia la sera stessa del rientro.
-Ma che ci fai qui? - chiesi, facendolo entrare.
-Abbiamo un discorso sospeso. -
-Davvero? - chiesi facendo la vaga.
-Già. E l'argomento è Ernandez. Mi nascondi qualcosa. E non è una domanda la mia, lo so e basta. Ricordati che siamo sorelle. La mia parte femminile capisce tutto dei tuoi ormoni. -
Sorrisi divertita.
-Ordiniamo una pizza e parliamo, anche se non ho un granché da dire. -
Un'ora dopo, seduti sul micro divano due posti, della mia piccola cucina-soggiorno, Mattia stava prendendomi per pazza.
-Cioè, ricapitolando: un figo come Ernandez, tenta di rimorchiarti in una gelateria, ti investe in monopattino e ti porta in infermeria, ti porta dei dolcetti in piena notte per fare ammenda e alla fine ti invita nella sua camera e tu? Rifiuti? Ma non ti ho insegnato niente!? Non ce l'hai solo tu tesoro, ci sono tanti ami in giro che aspettano solo l'idiota che abbocchi! -
-Io non ho tirato nessun amo! -
-Appunto! Volevi essere più fortunata di così? Non dirmi che non ti fa gola? -
-Non mi interesso ad un uomo solo perché è ricco, giovane e atletico! -
-Vorresti di più? - domandò, guardandomi di traverso.
Anche se Mattia era serio quando diceva certe cose, io non potevo che sbellicarmi dalle risate alla sola vista della sua espressione di pura disapprovazione.
-Dafne, da quanto non stai con un uomo? - chiese, incrociando le braccia.
Spalancai gli occhi, sorpresa da quella domanda, sentendomi tanto in imbarazzo per la risposta che stavo per dare.
-Tre anni? -
-E lo chiedi a me? Oh mio dio! Tre anni, ma hai fatto qualche cavolo di voto religioso? -
-NO! -
- Praticamente da quando hai lasciato quell'idiota... che faceva... l'avvocato, giusto? -
-Tirocinante. -
-E dopo tre anni, ti si presenta un'occasione del genere e tu? Fai la preziosa?! Gli sarei saltato addosso come una piovra, al tuo posto! -
Risi ancora, amavo le serate con lui.
-Lo sai che ho seri problemi ad avere rapporti occasionali! -
-Perché è più giovane di te? -
-In parte – risposi evasiva.
-Io ti conosco! Sei scostante con gli uomini e fai in modo che ti stiano alla larga. È per quelle diavolo di cicatrici? Sei solo tu che le vedi, mia cara. Gli uomini durante il sesso non pensano ai tuoi passati interventi chirurgici, credimi. Sono un uomo anche io, eh! -
-Ma io ci penso! - sbottai, un tantino irritata.
-e allora smetti di pensarci! Hai trentadue anni! Vuoi finire come una zitella frigida? -
-Non sono frigida! -
-oh, ho i miei dubbi mia cara! -
-Non sono frigida! - protestai sonoramente, battendo i piedi sul pavimento come una bambina capricciosa – Non riesco a essere presa da lui, né a livello umano, né fisico! È un bambinetto!-
