1- Un compleanno a base di ricordi
Il mio compleanno è un giorno come tanti. Per me è solo un promemoria che mi ricorda che mi sto avvicinando alla morte, un momento in più che mi fa presente che sono sola.
《Tanti auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri a Sophie, tanti auguri a te!》
Un altro anno è passato e io mi ritrovo a esprimere sempre lo stesso desiderio, mentre spengo una candelina sulla mia fetta di torta preferita comprata da Starbucks durante la pausa pranzo.
In questo giorno compio venticinque anni ed è da otto ormai che festeggio in solitudine, ingoiando lacrime amare in netto contrasto col sapore dolce del pan di Spagna farcito di crema al caramello.
Mi lascio fare compagnia dalla riproduzione video del mio sedicesimo compleanno, l'ultimo festeggiato con i miei genitori, pochi giorni prima che la nostra famiglia si distruggesse per sempre.
Quanto mi mancano, non riesco nemmeno a spiegarlo.
Come si può ben immaginare, da allora la mia vita non è più stata la stessa.
Li ho odiati con tutta l'anima per aver abbandonato me e i miei fratelli e ancora provo del rancore.
Mi ero convinta che non ci amassero come avrebbero dovuto, perché altrimenti non avrebbero messo la loro vita in pericolo per salvare questo mondo infame a discapito della nostra felicità.
A quest'ora saremmo dovuti essere ancora tutti insieme a gioire per altri trecentosessantacinque giorni gettati al vento e invece ancora una volta mi ritrovo a imprecare verso il cielo.
Spengo il televisore e mangio tutta la torta in pochi bocconi, provando a mandar giù tutto il dispiacere bevendo anche un bicchiere di latte.
Più passano i giorni e più odio me stessa per essere in collera con loro; ancora oggi non riesco a perdonarmi nemmeno per questo, la mia delusione è più forte di tutto e va in netto contrasto con i miei sentimenti.
I miei non erano genitori perfetti, ma per me erano i migliori del mondo e non avrei potuto desiderare di meglio.
I loro insegnamenti ci hanno sempre trasmesso il valore della famiglia, dell'unione, dell'esserci sempre e comunque, inondandoci in modo costante di amore, forse esagerando anche e sottovalutando la debolezza dell'affetto.
Infatti è proprio questo che secondo me li ha portati alla rovina.
La loro eterna voglia di amare e essere amati, li aveva assuefatti a tal punto da non riuscirne a fare a meno nemmeno per un secondo, portandoli spesso a perdere il lume della ragione.
La loro aura, il loro entusiasmo, il calore che emanavano, però, era bellissimo.
Era come se tutt'intorno a loro aleggiasse una nuvola rosa e piena di cuori, un'atmosfera magica che addolciva tutto ciò che incontrava il loro cammino.
Spesso mi ritrovavo a osservarli di nascosto, mentre si guardavano come se fosse stata la prima volta.
Mi sentivo in imbarazzo, quando papà sembrava volesse saltare addosso alla mia mamma da un momento all'altro oppure non nascondeva il suo modo di mangiarla con gli occhi quando magari girava per casa solo con l'accappatoio dopo essersi ricordata di aver lasciato qualcosa in forno per troppo tempo mentre era nella doccia.
Erano fieri dell'amore che li legava e non volevano che niente al mondo cambiasse questo dato di fatto.
Anche quando gli capitava di discutere e minacciavano a vicenda di chiedere il divorzio, io mi sedevo accanto ai miei fratelli e aspettavamo insieme il momento che i loro sguardi si incrociassero nuovamente e scommettevamo su chi tra i due ridesse per primo.
Di solito era sempre mamma a cedere ma papà chiedeva scusa senza pensarci troppo.
Spesso li ritrovavo in cucina a ballare.
La mamma canticchiava sempre qualcosa mentre ci preparava da mangiare e puntualmente papà si univa a lei, finendo stretti l'un l'altro a scambiarsi effusioni ondeggiando in un lento.
Hanno sempre mostrato cosa significasse essere una famiglia, ossia essere imperfetti, ma insieme e posso dire con certezza di non avaverli mai visti mancarsi di rispetto.
La loro complicità era invidiabile sotto ogni aspetto.
Il mondo poi si è completamente capovolto quando abbiamo appreso della loro dipartita; chi avrebbe mai immaginato che conducevano due vite parallele.
In nessun momento avrei pensato che erano degli agenti segreti, di quelli invischiati in faccende grosse che vengono anche citate in TV.
Mia madre aveva paura dei ragni, come poteva affrontare dei criminali? Con quale forza riusciva a impugnare una pistola quando non riusciva nemmeno ad aprire un barattolo di marmellata? E soprattutto, come riuscivano a mantenere la calma senza lasciar trapelare un minimo di preoccupazione? La loro copertura è rimasta intatta finché non ci hanno lasciato le penne e ancora adesso, più ci penso e più mi sembra insensato.
Riflettento a ritroso, dovevo però intuire qualcosa.
Il fatto che papà mi costringeva sempre a indossare un orologio da lui regalato, tirando in ballo la scusa di essere sempre puntuale, quando potevo benissimo guardare l'ora sul telefono, poteva essere già un campanello d'allarme.
Solo con il tempo ho capito che invece mi monitorava costantemente con un microchip.
Persino la sua mania costante di annusare i miei capelli al rientro da scuola, per paura che non avessi fumato o addirittura fatto uso di erba.
In quel momento per me era solo mania del controllo e severità, invece stava solo cercando di proteggermi dal male che lui conosceva molto bene, stava attento a ogni minimo dettaglio.
Crescendo ho capito tante cose che prima sottovalutavo, perché dopotutto la mia vita era perfetta e non mi soffermavo troppo a rimuginare sulle piccole sfide che mi stava riservando.
Il mio errore più grande invece è stato ignorare i segnali che mi mandava il mio inconcio, quando la mia mente mi riportava a galla dei ricordi come dei dejavù; non si trattava di classici incubi notturni, le figure maligne che erano impresse nel cuore della notte erano esistite.
Sul serio io rapita quando ero solo una bambina e questo trauma fa di ogni fibra di me stessa.
Il ricordo di quella vicenda è quasi nullo, l'unico tormento che ho è quel senso di vuoto che solo una bambina lontana dalla sua mamma può provare.
Una mancanza che ora non potrà essere colmata più nemmeno con il pensiero, perché farebbe solo più male.
Sobbalzo nel sentire il campanello di casa suonare ripetutamente fino a disturbare la mia festa privata con i ricordi di un tempo.
Guardo dallo spioncino e vedo i miei fratelli porgere il dito medio.
Che carini, penso ironicamente.
Sgancio la piccola sicura e dopo aver girato la chiave nella serratura apro il portone e li lascio entrare.
《Finalmente! Stavo pensando che volessi festeggiare la tua vecchiaia da sola!》dice Axel entrando e lasciandomi un sacchetto tra le mani.
《Ax, un po' di comprensione! Quando si ha una certa età, l'udito inizia a calare, non farle pesare il fatto di non aver sentito il campanello!》continua Bradley.
Ovviamente, da bravi gemelli, hanno creato un'associazione a delinquere verso la sottoscritta.
Questo è il ringraziamento per aver vegliato costantemente su di loro.
《Molto divertenti, cosa ci fate qui?》chiedo sorpresa di vederli.
Credevo fossero fuori città, visto che hanno deciso entrambi di seguire le orme di papà, quelle segrete, arruolandosi.
《Siamo i figli di un eroe, ogni tanto un occhio di riguardo ci concede una piccola pausa!》risponde Bradley mentre guarda cosa ho nel frigo, senza fare troppi complimenti.
《Esatto! E pensa quanto sei fortunata! Abbiamo deciso di venire da te per portarti il regalo di compleanno e i nostri auguri!》aggiunge Axel.
Sono sempre i soliti mattacchioni.
Mascherano il loro carattere dolce dietro all'ironia di queste parole.
《Sono entusiasta della vostra visita! Purtroppo però devo lasciarvi, io questa sera lavoro!》ammetto amareggiata, se solo avessi saputo mi sarei organizzata diversamente.
《Oh andiamo! Sei praticamente una freelance, nessuno ti obbliga a uscire da quella porta!》esclama Axel mentre si stappa una birra e apre una busta di patatine alla paprika, stravaccandosi sul divano.
《Caro fratellino, sono una professionista io! Sappi che il lavoro da giornalista non ha orari e nemmeno giorni feriali!》rispondo offesa, mentre metto la mia macchina fotografica in borsa, insieme al registratore con microfono incorporato e il taccuino.
《E nemmeno una paga!》dicono i gemelli in coro per poi battersi il cinque scoppiando a ridere.
《Come vi pare! Sapete bene cosa sto cercando di ottenere! Comunque suppongo che passerete la serata a casa mia, quindi ci vediamo più tardi!》
Esco dal mio monolocale e mi affretto a scendere le due rampe di scale che mi separano dal piano terra.
È una bella serata di Agosto e spero che i miei genitori mi facciano un regalo mandandomi sulla buona strada, scortandomi con una stella propizia.
Quando circa otto anni fa ho ricevuto la notizia della loro scomparsa, tutto il mio interesse per la vita è andato pian piano affievolendosi.
Ero una ragazza studiosa e volenterosa e mi sono ridotta all'essere l'ultima della classe.
Le mie ambizioni si erano annullate completamente, sapendo che ogni sforzo non mi avrebbe mai portata a vedere lo sguardo fiero di mio padre e le lacrime di gioia di mia madre.
Il pensiero che non avrei più potuto chiedere consiglio ai miei unici punti di riferimento, per me non valeva nemmeno la pena di sforzarsi così tanto.
Quel che mi ha sempre affascinata però è il giornalismo.
Il mio lavoro viene sottovalutato, ma io e i miei colleghi siamo come detective senza distintivo.
Abbiamo la sfacciataggine di andare in giro a stanare pezzi grossi e portare alla luce scandali in grado di farci guadagnare un gran numero di lettori e quindi anche una buona ricompensa.
Il motivo principale che porta me a seguire tante piste però, è il senso di giustizia, la sete di vendetta.
Mia mamma e mio padre sono stati assassinati senza pietà e mentre tutti noi continuiamo a piangere sulle loro tombe, qualcuno con le mani sporche di sangue continua a vagare indifferente nel mondo, vivendo senza averne diritto.
Mi dicono che trovare il colpevole non riporterà indietro i miei genitori, ma chi ha seminato tutto questo dolore nel mio petto deve pagare, deve pentirsi di quel che ha fatto e rimpiangere di essere ancora in vita.
Si dice che la vendetta è un piatto che va servito freddo, ma questo ragionamento viene fatto da chi si siede ad aspettare che il karma faccia il suo corso.
Io sono stanca di starmene con le mani in mano e prima o poi si saprà che in giro, c'è una Sanchez pronta a rivendicare l'onore della sua famiglia.
Al mondo non c'è nulla che mi spaventi e come ha sempre fatto mia mamma, io, porterò la verità alla luce del sole.