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1/125. Il soldato romano

All'ombra dell'Arco di Tito, la storia di un tempo glorioso iniziò ad intrecciarsi con quella presente.

Un brusio di voci lontane riportò alla realtà il corpo e la mente di un singolare personaggio sdraiato ai piedi di quest’ opera architettonica che accoglie trionfante centinaia di turisti che, in ogni periodo dell’anno, si riversano lungo le vie polverose, tra le rovine dei fori imperiali, testimonianza eterna di un impero glorioso.

Adagiato con la schiena su una delle quattro colonne che sostengono l’arcata del monumento che guarda al Campidoglio, quest’uomo poteva ascoltare, non visto, il lento avvicinarsi della folla di turisti che si sarebbe presto riversata lungo quelle stradine centenarie, calpestate da uomini che fecero la storia e da altri che ne furono sopraffatti.

Mentre raccoglieva tutte le sue energie per riprendere il controllo di sé stesso, il nostro uomo, si guardò intorno cercando di ritrovare qualche elemento a lui familiare per comprendere dove fosse e cosa stesse accadendo intorno a lui.

- ‘Possibile che stia sognando? – fu l’unico pensiero che riuscì a formulare ancora intontito da quella sensazione di disorientamento che si prova dopo un improvviso risveglio.

Nel suo caso non per aver dormito profondamente un sonno ristoratore, in quanto un legionario in missione come era lui non avrebbe mai osato addormentarsi durante una ricognizione, ma piuttosto a causa di uno stato di incoscienza in cui era caduto per un volere superiore, che l’aveva travolto all’improvviso e che gli lasciava addosso la sensazione di aver attraversato secoli in un battito di ciglia.

- ‘Devo riprendermi al più presto!’ - questo fu il suo secondo pensiero, mentre la sua mente pian piano dissipava la nebbia che offuscava i suoi ricordi.

Sì un legionario.

Tale, infatti, si sarebbe presentato ben presto agli occhi curiosi dei visitatori dei Fori.

Completamente rivestito e protetto dalla sua armatura, che lo storico Giuseppe Flavio, descriveva così composta: ‘… una corazza (lorica segmentata) ed elmo (cassis o galea), una spada appesa su ciascun fianco, dove quella di sinistra è più lunga (gladius) di quella di destra (pugio), quest'ultima non più lunga di un palmo. I soldati "scelti", che fanno da scorta al comandante, portano una lancia (hasta) e uno scudo rotondo (clipeus); il resto dei legionari un giavellotto (pilum) e uno scudo oblungo (scutum)…’(1).

Quest’uomo provava un forte dolore alla testa e strani odori, fino a quel momento a lui sconosciuti, confondevano i suoi sensi.

Anche se riparato dall’ombra dell’arco, percepiva già il calore dell’aria riscaldata dai raggi del sole di giugno.

Erano sensazioni che gli dovevano essere note. Non era la prima volta che dormiva all’aperto e si svegliava con il calore del sole che gli scaldava il viso, ma per qualche ragione, che non comprendeva in quel momento, quell’ esperienza gli risultava completamente nuova se confrontata con quelle precedenti.

L’odore che una leggera brezza frizzante trasportava, carica dei profumi degli alberi che lo circondavano, lo inebriava come se ne avesse fatto esperienza per la prima volta.

Fu quella sensazione di freschezza che lo destò completamente, era di nuovo padrone dei suoi ricordi.

Mentre il legionario stava lì, immobile, si rese conto che il suo viaggio nel tempo era appena iniziato.

Sapeva che si sarebbe risvegliato in un posto che avrebbe trovato insolito, forse anche ostile, ma certo non immaginava che anche le normali sensazioni della vita quotidiana gli sarebbero sembrate inusuali.

Nel frattempo il brusio di quelle voci, prima lontane, divenne sempre più forte a causa dell’approssimarsi della folla.

Doveva smettere di divagare, era necessario che si concentrasse sugli avvenimenti imminenti.

Si drizzò in piedi e, dopo essersi guardato velocemente intorno, decise di rimanere immobile nella sua posizione, concludendo che quello fosse il punto migliore in cui trovarsi.

Si trattava di una posizione strategica dalla quale poteva rimanere ancora nascosto allo sguardo dalle persone che man mano sentiva avvicinarsi, in quanto aveva le spalle protette dal freddo marmo dell’arco dietro di sé. Lì avrebbe goduto di una protezione che, in quel luogo ancora sconosciuto, non avrebbe saputo come procurarsi altrimenti.

Pur parlando correntemente latino, greco e aramaico, nessuno dei suoni che gli giungevano all’orecchio gli risultò familiare. Come una musica di cui percepiva il suono ma non distingueva lo strumento che ne produceva le note, così comprendeva che quegli idiomi per qualcuno avevano un senso, ma per lui il significato rimaneva sconosciuto.

Chiunque nelle sue condizioni avrebbe provato ansia, angoscia, timore e panico, ma lui no.

Il suo addestramento da soldato romano lo aveva preparato e temprato per superare qualsiasi tipo di difficoltà. La sua armatura l’avrebbe protetto da qualsiasi attacco; la sua presenza di spirito l’avrebbe guidato senza fallo a dispetto di qualsiasi situazione si fosse verificata; il suo fisico forgiato dalle marce senza sosta nel freddo dell’inverno o nel caldo dell’estate, gli avrebbe permesso di resistere, senza soccombere, anche al più feroce dei climi.

Non era per questo che Marte l’aveva scelto? Non era per quella ragione che a lui, il più improbabile tra tutti i legionari, il dio della guerra aveva affidato quell’incarico così temibile? Non era per il suo coraggio, il suo senso del dovere, la sua lealtà all’impero, ma soprattutto al suo comandante Tito, che era stato scelto per affrontare quell’ inimmaginabile viaggio?

Lui, un unico uomo, trasportato attraverso il tempo e lo spazio, in un’epoca tanto diversa dalla sua, un viaggio che avrebbe potuto destabilizzare la mente e far vacillare i sensi, fino a far perdere il lume della ragione, a chiunque, ma non a lui a cui, invece, era stato concesso l’onore di quell’incarico, non solo perché preparato a sopportare una tale sfida, ma soprattutto per la sua determinazione a volerne uscire vincitore, per ottenere il premio che gli era stato promesso.

L’unica forza a sostenerlo era la consapevolezza delle sue capacità, l’incrollabile determinazione nel voler realizzare il suo desiderio e le parole di quel dio in cui aveva riposto tutta la sua fiducia.

La sua missione era di una difficoltà mai affrontata da nessun uomo nella storia che lui conosceva, per questo il premio che avrebbe ricevuto, se l’avesse portata a termine, sarebbe stato di un valore inestimabile.

Era stato trasferito in un luogo ed in un tempo a lui sconosciuti.

La sua sfida, il suo obiettivo titanico, come lo fu per Ercole e le sue fatiche, era capire quella società così diversa dalla sua ed integrarsi completamente fino a trovare lo scopo di quel viaggio che gli avrebbe permesso di ottenere la realizzazione del suo più grande desiderio.

Solo alcune indicazioni, anzi meglio dire avvertimenti, gli furono fornite per sopravvivere in quel luogo sconosciuto: il primo consisteva nella consapevolezza che si sarebbe trovato in un mondo completamente diverso dal suo e che avrebbe visto cose meravigliose, tuttavia non avrebbe dovuto farsi ingannare, permettendo alla sua ragione di essere offuscata dalle credenze o le convinzioni del passato, se voleva comprendere ed integrarsi, doveva abbandonare ogni preconcetto ed essere pronto ad osservare il fantastico con un nuovo approccio più critico; il secondo riguardava il ricordare che si sarebbe trovato davanti esseri umani come lui, con le stesse paure e desideri anche se in un contesto diverso; il terzo, che la società in cui veniva a trovarsi aveva comunque delle regole da rispettare e avrebbe dovuto capire bene le loro leggi ed adattarvisi al più presto per non essere subito emarginato o, peggio ancora, eliminato così da non poter più continuare la sua missione e vedere svanire la sua speranza di vittoria.

Con quelle indicazioni in mente cercò di rimanere calmo ed impassibile nel momento in cui, per la prima volta, gli si fermò davanti una coppia di persone che si rivolsero a lui in modo incomprensibile.

Istintivamente poggiò la mano destra sopra l’impugnatura del gladio posto alla sua sinistra, nascosto sotto il mantello porpora che gli copriva parte della schiena, la spalla ed il braccio sinistro.

Prima di estrarlo e dichiararsi ostile ai due individui davanti a lui, decise di osservarne il comportamento, scrutò le loro espressioni facciali ed analizzò il tono della voce, tutti elementi che gli indicarono che era alla presenza, non di una situazione di pericolo, bensì di un contatto amichevole.

- ‘Quanti anni saranno passati per un cambiamento così radicale?’ – non poté fare a meno di chiedersi osservando il modo bizzarro in cui erano vestite e acconciate le persone intorno a lui.

Quella strana coppia si era rivolta a lui con tono di esaltata meraviglia, gli occhi lucenti ed il timbro della voce allegro. La donna infilò la mano in una borsa, evidentemente di fattura diversa da quelle in uso nel suo tempo, ma che, dal modo in cui veniva indossata e dall’uso che intuiva ne venisse fatto, si poteva ugualmente comprendere per quale scopo fosse stata ideata, da quella borsa, appunto, estrasse uno strano oggetto rettangolare.

Il soldato romano non poté nascondere la meraviglia che gli suscitò quello strano manufatto, ma la coppia troppo presa dall’aver incontrato quel pittoresco personaggio non se ne accorse. Lui, d’altro canto, esaminò immediatamente l’oggetto e gli fu chiaro che non poteva essere un’arma, almeno non una di quelle che lasciano ferite sulla pelle, eventualmente solo nei sentimenti, ma lui non era ancora in grado di comprenderlo, infatti, cosa fosse davvero non poteva neanche lontanamente immaginarlo.

Dopo pochi secondi la sua meraviglia si trasformò in stupore ed il suo viso, che era abituato a rimanere impassibile davanti ad un nemico pronto a trafiggerlo in battaglia, davanti a ciò che vide, assunse un’espressione inebetita.

Mai in vita sua, nonostante avesse potuto ammirare le opere scultoree più famose o i dipinti più fedeli, aveva assistito alla raffigurazione così reale ed immediata delle fattezze di un individuo. Eppure era avvenuto sotto ai suoi occhi. Con solo pochi gesti la donna aveva riprodotto su quell’oggetto lei, il suo uomo e lui, uno vicino all’altro, i primi due sorridenti ed il soldato, invece, con un’espressione assolutamente imbecille, almeno così si definì lui dopo essersi analizzato in quei brevi secondi in cui la turista gli mostrò l’immagine.

La donna estrasse dalla borsa un altro oggetto e lo mise in mano al legionario, poi sorridendo agitò la mano in segno evidente di saluto e si allontanò.

L’uomo sorpreso, ma ormai non così tanto, vista l’esperienza precedente, guardò quel pezzo di metallo e, dalla forma e dal disegno che vi era inciso sopra, intuì che doveva trattarsi di una moneta e che quello poteva essere il loro denaro.

Mentre il suo cervello cercava di elaborare quelle strabilianti novità, le persone intorno a lui continuavano a sfilargli a turno davanti, usando quello strano oggetto per riprodurre la loro immagine in compagnia del soldato romano. Effettuata quella procedura, alcuni se ne andavano salutando, altri, come la donna all’inizio, lasciavano nelle sue mani alcune monete.

Non capiva bene perché alcuni dovessero lasciargli del denaro, provò a pensare a qualche motivazione e alla fine solo due gli sembrarono plausibili: una poteva essere un segno di buon auspicio, forse quelle persone straniere lo consideravano un dio da onorare e nella loro cultura lo si faceva lasciando del denaro; l’altra, decisamente più profana e meschina rispetto alla prima, consisteva nel semplice pagamento del servizio che gli rendeva.

In quei soli venti minuti che aveva trascorso a contatto con quegli individui così insoliti, aveva raccolto informazioni tali che vi avrebbe potuto rimuginare per giorni.

Il suo viaggio temporale aveva avuto inizio, o almeno di questo era convinto.

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