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Prologo - Alice

Famiglia significa casa e casa è protezione, un luogo dove nascondersi quando si è tristi, calore, amore.

Almeno così dice il dizionario.

Peccato che per me e mia sorella di quattro anni non sia così, anzi è peggio di un incubo.

Tutto è iniziato due anni fa quando nostro fratello maggiore Garret si è trasferito a Beverly Hills e nostra madre ha portato a casa il suo nuovo compagno.

Dopo la morte di nostro padre, in quei due anni portò a casa tre uomini.

Ammetto che non mi piace nessuno di loro e non capisco perché deve iniziare una nuova vita con un altro uomo.

È sempre stata lei a dirmi che papà sarebbe stato l’unico amore nella sua vita.

Tornando alla situazione attuale, dopo la rottura con Lucas è la volta di Ryan, è quello che dei tre non mi piace di più e preferisco passare ore lontano da casa.

Non passa giorno che non litigano, o peggio, lui urla mia sorella mentre nostra madre non fa altro che stare a guardare senza dire niente o fare nulla per aiutarci.

Come quella sera.

Sono appena tornata a casa e trovo Emily che piange disperatamente.

«Che cosa è successo?»

Chiedo di più a mia sorella, che si tiene una mano sulla guancia.

«Aly!»

La lascio venire in braccio.

Nasconde la testa contro la mia spalla.

«Stavo guardando i cartoni animati quando ha cambiato!»

Sussurra con la voce rotta dai singhiozzi.

Le accarezzo delicatamente i capelli e guardo l’uomo sdraiato sul divano con i piedi sul tavolino da tè.

«Lo sai che non si mente? Babbo natale non arriva».

Si gira verso di me e incolpa Emily.

Metto a terra mia sorella.

«Vai in camera e prendi Teddy».

Sento la sua paura, trema tenendo la mia giacca con la mano.

«Alice.»

«VAI!»

Sono stufa di questa situazione, di vedere Emily piangere tutti i giorni, di chiamare Ryan papà quando non è nessun per me, non abbiamo nessun legame di sangue. Devo fermare tutto questo e l’unico modo per farlo è prendere mia sorella e andarmene di casa.

«Mamma».

Alzo lo sguardo verso mia madre.

Non so cosa dire, inspiro ed espiro, abbasso lo sguardo per un momento e poi lo rialzo.

«Mi dispiace, questa situazione l’hai voluta tu».

La voce di mia sorella mi chiama alle mie spalle, mi giro a guardarla.

Ha in braccio il suo orsacchiotto di peluche.

Sorrido un po’, anche se il mio cuore sta già esplodendo al pensiero di potarla via da nostra madre, ma come posso lasciare una bambina con un mostro?

«Vai in macchina, arrivo».

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